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Antonio d’Aquino: “Ragazzi, non abbiate paura: nulla è impossibile” – Intervista esclusiva

Antonio d'Aquino serie tv Mare fuori
Arriva su RaiPlay prima e su Rai 2 dopo, Mare fuori 3, la nuova stagione della serie tv diventata un cult. TheWom.it ha incontrato in esclusiva Antonio d’Aquino, il giovane attore che dà corpo a Milos, il personaggio chiamato a sorprendervi maggiormente nel corso delle nuove puntate.

Milos è uno dei personaggi che avrà un’evoluzione incredibile nel corso delle puntate della serie tv Mare fuori 3 e a interpretarlo è sempre il ventitreenne Antonio d’Aquino. Scelto tre anni fa quando ancora la recitazione era per lui un sogno, Antonio d’Aquino è presente nella storia della serie tv Mare fuori sin dal primo episodio ma mai come ora è chiamato a dimostrare cosa nasconde quel suo Milos così tanto silenzioso e nell’ombra.

Di origine sinti, il Milos della serie tv Mare fuori è sempre stato all’interno dell’IPM di Nisida al servizio di chi comanda, come ci ricorda Antonio d’Aquino nel corso di quest’intervista esclusiva. Ma la morte del giovane Ciro riscriverà inevitabilmente gli equilibri di potere all’interno dell’istituto penitenziario. Passato dal controllo di Ciro a quello di Edoardo, Milos avrà tempo e spazio per capire chi è realmente, grazie a qualcosa che sconvolgerà del tutto la sua esistenza.

E la parola “sconvolgimento” Antonio d’Aquino la conosce bene. Cresciuto in fretta in una realtà che non ti lascia molte alternative, prima di diventare il Milos della serie tv Mare fuori Antonio d’Aquino ha imparato a conoscere il significato del sacrificio. A 14 anni, mentre ancora studiava, ha cominciato a lavorare per non essere un peso per quella famiglia a cui è tanto attaccato. Sempre nel segno dell’umiltà, non si è tirato indietro di fronte alla fatica: si è sempre rimboccato le maniche e non si è mai seduto sugli allori.

Non lo fa nemmeno oggi. Il successo della serie tv Mare fuori non ha spostato una virgola del carattere di Antonio d’Aquino né tantomeno ha modificato i suoi ideali. Dietro a un semplice “Peace & Love” si nasconde un giovane della Generazione Z la cui paura più grande è quella di essere “infelice”. Quella stessa infelicità che ha provato quando per questioni di sceneggiatura ha vissuto sulla propria pelle gli insulti e le discriminazioni che ancora oggi vivono tanti ragazzi, la cui diversità non viene accettata.

Ma più che le parole di chi scrive a restituire Antonio d’Aquino sono quelle che ci affida con schietta sincerità e spiazzante delicatezza.

Antonio d'Aquino serie tv Mare fuori
Antonio d'Aquino.

Intervista esclusiva ad Antonio d’Aquino

Come si evolve Milos, il tuo personaggio, in Mare fuori 3?

Nelle prime due stagioni, Milos è stato un personaggio molto misterioso. Quasi non si vedeva, usciva fuori solo per aiutare chi comandava in qualcosa di losco. Nella terza stagione, fortunatamente, si scopriranno le sue carte e si cominceranno a capire alcune sue sfaccettature e le sue debolezze. Non vedo l’ora di mostrare al pubblico cosa nascondeva Milos.

Anche perché, all’interno dell’IPM, con la morte di Ciro sono cambiati gli equilibri.

Dal controllo di Ciro, Milos è passato a quello di Edoardo. Con lui, Milos ha un bel rapporto, anche se viene trattato più come un servo, se vogliamo metterla lì, che come un amico. Tuttavia, Milos si sottomette a lui perché gli vuole bene come voleva bene a Ciro. Milos è un personaggio che, comunque, ha sofferto tanto: vive da solo, è senza famiglia e non ha una guida. Per lui, Edoardo rappresenta una sua famiglia: anche se si muove dal lato sbagliato, Milos lo segue volentieri proprio perché non riesce a capire cosa sia giusto e cosa no.

Quando quattro anni fa ti è stato affidato il personaggio di Milos hai provato a immaginare il suo percorso di crescita prima di arrivare all’IPM?

No ma nella terza stagione ho scoperto tanto di lui. Viene raccontata la sua storia e capiremo com’è andata e come mai è finito nell’IPM. Per come è stato scritto, in me è nato un forte attaccamento al personaggio: ho visto la sua debolezza e tutta la sua solitudine a causa di una famiglia che lo ha abbandonato per le strade di Napoli per andare in Romania. Ha vissuto dunque da solo per un bel paio di anni, costretto ad arrangiarsi, a dormire per strada e a trovare cibo, fino a quando non troverà la sua luna, come vedrete nei prossimi episodi.

Milos è un sinti. Interpretare un personaggio che non era originario di Napoli ti ha causato qualche problema?

No, anzi… anche perché comunque non è mai stato declinato in questa sua forma. Tutti quanti nella storia lo hanno sempre visto come un napoletano. Anche Edoardo, nonostante lo tratti come un servo.

Antonio d'Aquino in una scena della serie tv Mare fuori 3.
Antonio d'Aquino in una scena della serie tv Mare fuori 3.

Mare fuori ha avuto la sua esplosione lo scorso anno dopo il passaggio sulle piattaforme, RaiPlay prima e Netflix dopo. È cambiata la tua quotidianità?

No. Mi reputo fortunato perché sono un ragazzo umile, che è rimasto tale e che vuole rimanerci qualsiasi cosa la vita gli offra. Continuo a vivere la mia vita come facevo prima quando lavoravo ai cantieri navali… vado a prendere il caffè al solito bar e frequento le solite amicizie. E, secondo me, è questo il segreto per stare bene. Restare con i piedi per terra è la cosa più bella. Vantarsi o darsi delle arie non serve a nulla, può farti solo male.

Lavoravi prima ai cantieri navali?

Si, mi occupavo di aria condizionata per una ditta che si appoggiava ai cantieri navali. Ho lavorato all’estero, a Miami, a Marsiglia, alle Bahamas…

E come sei arrivato alla recitazione?

Ho cominciato a lavorare all’età di 14 anni, andavo a scuola e lavoravo. A 18 anni sono andato a lavorare con mio padre al cantiere navale e vedevo la mia vita uguale alla sua. Mio padre fa questo mestiere da quarant’anni ed è molto, molto stanco: ha fatto tantissimi sacrifici per noi, lavorando quasi sempre fuori e tornando a casa solo per un paio di giorni prima di ripartire.

Quando ha visto che avrei replicato la sua stessa strada, mio padre mi ha chiesto se fossi sicuro di volerla seguire: “è una vita abbastanza sacrificata, star lontano dalla famiglia non è né facile né bello e non è nemmeno un lavoro pulito”. E in effetti tornavo tutti i giorni a casa che ero nero dalla testa ai piedi. In quella stessa occasione, aggiunse anche: “Se vuoi fare qualcosa che ti piace e che ti fa emozionare quando lavori, falla prima che sia troppo tardi. Ricordati che solo facendo ciò che più ti piace non lavorerai mai”.

È stato in quel momento che ho rivelato di voler recitare ma ho continuato a lavorare con lui. Ricordo che tutte le volte che rientravo in Italia, cercavo su internet provini, agenzie o tutto ciò che potesse comunque farmi recitare. Ma per un anno intero non ho trovato nulla, avevo solo perso tempo e soldi andando persino ogni settimana a Roma. Fino a quando non mi è arrivata la telefonata da parte di una scuola di recitazione: mi avevano preso.

L’ho frequentata per un paio di mesi prima di abbandonarla per una questione economica. E non è passato nemmeno un anno prima che poi ricevessi una telefonata che mi ha stupito: “Abbiamo un provino per te”. Era quello per Mare fuori. Non frequentavo più la scuola da sette mesi, mi chiedevo perché mi avessero chiamato. Senza perder fiducia, sono andato al provino: ero molto emozionato, credo che sia stato quello il momento in cui ho capito che quella sarebbe stata davvero la strada che volevo prendere.

È stato un bellissimo provino ma per venti giorni non ho ricevuto nessuna risposta. Ero in ansia, controllavo continuamente mail e telefono ma niente: anche un no sarebbe stata una risposta che mi avrebbe tranquillizzato. La telefonata è infine arrivata ma era per un altro provino, questa volta per il ruolo di Milos. Sono andato a farlo e dopo nemmeno 24 ore ho ricevuto la notizia che ero stato preso.

Ho pianto quel giorno dal tragitto dall’agenzia fino a casa. Singhiozzavo. E una volta aperta la casa di casa c’era ad attendermi la mia famiglia: piangevano tutti con me. È un ricordo che rimarrà impresso nella mia testa per tutta la vita. È stata veramente un’emozione incredibile, non me l’aspettavo, arrivata quando stavo per mollare. Mi ero dato un anno di tempo e stavo per rinunciare al mio sogno. Ho preso il treno il volo…

Antonio d'Aquino.
Antonio d'Aquino.

Vieni da una realtà, quella della provincia napoletana, che non offre molte prospettive ai giovani. Le strade solitamente sono due: quella del sogno da realizzare o quella dell’incubo. Conoscevi prima di Mare fuori la realtà dell’IPM?

A grandi linee, sì. Avevo visto documentari e alcuni film che trattavano il tema del carcere minorile. È una realtà molto forte perché si tratta di ragazzi che alle volte non hanno una scelta davanti a loro. Finiscono in carcere perché non possono scegliere diversamente ma la colpa non è loro. È semmai degli adulti: non hanno avuto guide positive ma solo guide sbagliate, che hanno fatto credere loro che quella della criminalità sia la via più semplice o giusta quando poi così non è. Quella è una strada che porta solo a due destinazioni: galera o morte. Paradossalmente, la galera è la cosa più bella che possa capitare…

Ma ripeto addosso la responsabilità non ai ragazzi ma ai genitori e alla società, al contesto in cui vivono e crescono. Anch’io vengo da un quartiere popolare e so di cosa parlo. Quando scendo per strada, posso trovare il delinquente così come la persona giusta. Sta a me capire dove andare ma posso riuscirci solo se è le spalle forti o comunque qualcuno dietro che mi indirizza sulla via giusta.

Spesso anche la scuola potrebbe essere d’aiuto…

Ho frequentato la scuola pubblica ma quella era tutto tranne che scuola.

Cosa ti è mancato maggiormente quando crescevi?

Posso dire di essere stato fortunato perché ho avuto due genitori che mi hanno sempre sostenuto su tutto. Non mi hanno mai fatto mancare nulla e mi hanno insegnato cosa sia giusto e cosa sbagliato. Mi hanno tramandato i giusti valori della vita.

Figlio unico?

No. Ho due sorelle più grandi.

E come hanno preso l’avere un fratello che oggi viene riconosciuto da tutti per strada?

Molto bene. Parlano tutti i giorni di me e di Mare fuori con tutti. Ma la prima a farlo è mia mamma. Quando incontra qualcuno per strada o va in salumeria, fa in modo che si parli di me, del figlio attore. Anche se io mi definisco ancora aspirante attore. Attore si diventa con l’esperienza.

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Qualche esperienza stai cominciando a farla. Oltre a Mare fuori, ti abbiamo visto in un film, anche molto bello, Come prima.

Interpretavo lo stesso personaggio di Francesco Di Leva ma da giovane. Mi hanno fatto tanti complimenti per quel film, complimenti che non mi aspettavo. Quel ruolo mi ha aiutato ad avere fiducia in me stesso: era un personaggio forte, deciso, che sapeva cosa voleva e dove arrivare, si era posto un obiettivo e doveva raggiungerlo. Non rispecchiava i miei ideali, era un fascista, ma mi colpiva la sua determinazione.

Ancor prima che uscisse Mare fuori 3, è uscita la notizia che nella sceneggiatura era stata introdotta una storyline a sfondo omosessuale. Come avete reagito voi ragazzi nel momento in cui lo avete saputo? Come pensi che reagirà il pubblico?

Quando ho ricevuto la sceneggiatura e ho letto la storia, sono stato molto contento. Si trattava di un tema che ancora non era stato raccontato nella serie tv e che andava fatto. Anche perché Mare fuori ha sempre affrontato temi sociali importanti come la violenza contro le donne o lo spaccio di droga. L’omosessualità ancora mancava ed era una grande assenza perché riguarda molti ragazzi e ragazze.

Non nascondiamoci dietro un dito: l’omosessualità è ancora un tabù per molti, così come altri generi di amore. Spero che guardando Mare fuori in molti capiscano che non c’è nulla di sbagliato: la nostra vittoria sarà quella di far cambiare idea alla maggior parte di coloro che ancora si indignano.

Tu stesso in prima persona hai potuto sperimentare quanto pregiudizio ci sia ancora riguardo a certe realtà. Nella seconda stagione di Mare fuori, è emersa una presunta storia di Milos, il tuo personaggio, con una persona trans. Cosa è successo dopo?

Purtroppo, ho ricevuto messaggi da ragazzi e ragazze che offendevano il mio personaggio con epiteti che non ripeto. All’inizio, ci sono rimasto male di fronte a quella carrellata di insulti: sono entrato come in una specie di bolla e mi sono sentito come tutti quei ragazzi che vivono quella situazione e vengono costantemente giudicati. Mi sono sentito malissimo. Ecco perché mi auguro che Mare fuori aiuti i giovani a capire che l’amore non ha genere, che ci si può innamorare tutti di tutti e che la discriminazione non porta da nessuna parte. Mai nessuno deve essere giudicato. Mai discriminare il prossimo: capiamo gli altri e rispettiamoli sempre.

Eppure, anche nella prima stagione c’era stata una scena a sfondo omosex sotto la doccia, una sequenza in cui Filippo era costretto a praticare “qualcosa” a Pino ‘o Pazzo.

In quel caso nessuno ha detto nulla perché si trattava di un atto di violenza, non subentravano in gioco i sentimenti. Era avvertito come un gesto di potere o di violenza psicologica e per tale ragione nessuno ha mai pensato che Pino potesse essere gay. È difficile da capire. Ma ritorniamo al discorso di prima: la colpa è degli adulti che etichettano cosa è normale, una parola che odio, e cosa no. Devono cambiare mentalità prima di tutto loro ed è un pensiero che può essere esteso a tutte le facce dell’inclusività, dalla disabilità al razzismo.

https://www.instagram.com/p/COaL38wgYy7/

Sul tuo profilo Instagram campeggia una foto: una scalinata con le scritte “no racism, no homophobia, etc”.

Sono sempre stato “peace & love”. Non giudico e non voglio essere giudicato. Non mi piace discriminare: non porta a nulla sentirsi migliore degli altri. Viviamo tutti nello stesso mondo: perché farci la guerra? Occorre amare tutti incondizionatamente.

E tu ami in questo momento?

Amo. Sono fidanzato da cinque anni con una ragazza che si chiama Jenny. Fortunatamente amo. E dico fortunatamente perché amare è una cosa bellissima. Il vero amore arriva quando dell’altra persona ami anche i difetti: i pregi sono bravi tutti ad amarli! Lei mi sostiene su tutto. Se non fosse stato per lei, adesso non sarei nemmeno a fare quest’intervista. Quando lavoravo ancora con mio padre, è stata Jenny – oltre alla famiglia – a sostenermi e a spingermi a non mollare, dandomi la forza necessaria. Le devo molto.

Non hai paura che chi guarda la serie tv Mare fuori non riesca a fare lo switch tra persona e personaggio, tra Antonio d’Aquino e Milos?

Diciamo che non è il massimo, anche per chi mi circonda, soprattutto quando si verificano casi incresciosi. Ritornando alla presunta storia trans di Milos nella passata stagione, lo scorso anni passeggiavo con altri due ragazzi di Mare fuori, gli interpreti di Edoardo e Mimmo. Ci hanno fermato degli ammiratori. Dopo i complimenti a Edoardo (e un po’ anche a me), si sono rivolti a Mimmo definendolo “l’infame” e dopo a me: “tu sei quello che andava con le trans”. Mi sono cadute le braccia a terra in quel momento. C’è chi crede che tutto quello che vede sia realtà: se quelli di Gomorra erano tutti camorristi, noi siamo tutti detenuti.

La regia di Mare fuori 3 è affidata in toto a Ivan Silvestrini, arrivato dopo Carmine Elia e Milena Cocozza. Cosa è cambiato?

Nella prima stagione, con Carmine Elia mi sono trovato molto bene: è un regista molto professionale oltre che bravo. Giravamo con tre macchine e quindi eri sempre in campo, anche non volendo. Così facendo, avevi la possibilità di entrare ancora di più nel personaggio. Nonostante il mio fosse un ruolo piccolo, Carmine mi ha aiutato tantissimo: mi inseriva anche nelle sequenze in cui non ero presente in fase di scrittura e per questo non smetterò mai di ringraziarlo, mi ha aiutato a sbloccarmi.

Anche con Milena, nella seconda stagione, mi sono trovato molto bene. È una regista fantastica, che lasciava molto spazio per l’improvvisazione. Avevo poche battute e molte volte me le scrivevo io di notte. Le portavo sul set e le proponevo. Finivano quasi sempre per essere accettate. È qualcosa che facevo anche con Carmine. Ricordo che quasi tutti avevano paura a relazionarsi con lui, sempre molto attivo e focalizzato sul set. Motivo per cui non “doveva” essere disturbato. Ero l’unico ad avvicinarmi a lui: sapessi quante sgridate!

E pure nella terza stagione ho utilizzato la stessa strategia con Ivan, anche se il mio copione era molto più scritto rispetto agli anni passati, per ragioni che poi vedrete.

Aspirazioni per la scrittura?

Un giorno, perché no? Mi piacerebbe confrontarmi anche con l’altra faccia della medaglia. Più che altro, scriversi le battute è stato un po’ come rimboccarsi le maniche. È stato un lavoraccio ma se non lo avessi fatto non so se Milos sarebbe ancora lì. Siamo davvero in tanti e per forza di cose non possiamo essere tutti protagonisti. Però sono contento dello spazio che avrà Milos nella terza stagione e non vedo l’ora di farlo vedere a tutti. In primis, a me stesso: dopo due anni è stata una grande soddisfazione!

Che tipo di clima si respira sul set tra voi giovani?

Il clima è molto disteso. Più che colleghi siamo amici, ci vogliamo proprio bene. Ho legato tantissimo con tutti ma un po’ di più con alcuni, dal momento che condividevamo lo stesso residence. Ci ritrovavamo a casa dopo il set. A parte dormire, facevamo tutto insieme quasi 24 ore al giorno. Con Matteo (Paolillo, ndr), abbiamo anche preso il CoVid insieme: seppur nella bruttezza del virus, è stata una bella esperienza!

E con gli adulti?

Siamo stati molto bene. In particolare, con Beppe, Vincenzo Ferrera. È molto simpatico, mi fa ridere tantissimo: ha sempre la battuta pronta e mi basta sentir la sua voce per star bene. Siamo andati spesso a cena con Carolina Crescentini ma anche con Vincenzo e quando giravamo ci hanno dato molti consigli. Li ringrazio molto.

Carolina interpreta la direttrice dell’IPM, per certi versi la “nemica” dei ragazzi.

Nonostante sia la nemica, i ragazzi hanno sempre molto rispetto nei suoi confronti. Non faccio spoiler ma c’è una scena della terza stagione in cui le mostriamo tutto il nostro rispetto. Una scena in cui la vediamo con occhi diversi, gli stessi che si potrebbero avere per una nostra amica. Come dire, cade in quell’attimo definitivamente la barriera che ci separa.

Antonio d'Aquino in una scena della serie tv Mare fuori 3.
Antonio d'Aquino in una scena della serie tv Mare fuori 3.

Tornando ad Antonio, cos’è la prima cosa che hai comprato con il primo contratto firmato?

Non ricordo nello specifico ma non ho comprato un granché. Non ho comprato nulla ma ho aiutato tantissimo la mia famiglia: mi ha dato tutto ed era il minimo. Il mio sogno è quello di riuscire a comprare un giorno una casa per tutta la mia famiglia. Spero di realizzarlo ma dovrà essere una casa grandissima, dove far vivere anche le mie sorelle, i loro mariti e i figli. In molti credono che la felicità risieda in altro ma per me è stare con le persone che ami e volersi bene l’uno con l’altro. Quella di essere infelice è la mia paura più grande, insieme all’avere delle perdite.

Mi dici tre tue caratteristiche personali?

Sono testardo quando serve. Sono romantico. E sono troppo buono. Ma quest’ultima è spesso un difetto perché concedi agli altri la possibilità di farti male. Non riesco a portare rancore, ad esempio. Facendolo, si corre il rischio di ritrovarsi un giorno con il rimpianto di non aver perdonato. E io preferisco una vita senza rimpianti.

Mi fa male quando mi fermo per strada a parlare con dei ragazzi sentire che non hanno un sogno. Come si fa a vivere in un mondo senza sogni? Non si vive bene, vivere senza sogni non è vita. Ragazzi, sognate, vivete, esprimetevi e non abbiate paura: nulla è impossibile. Non lasciate mai che qualcuno vi dica cosa fare, imponetevi e imparate se qualcuno vi dice che non sapete cosa fare.

Quanto sei cresciuto in fretta?

Tanto. Ma mi hanno portato a crescere in fretta. A 14 anni lavoravo non essere di peso alla mia famiglia e ai miei genitori. I soldi erano quelli che erano, mi sono rimboccato le macchine e ho fatto una quindicina di lavori diversi prima di arrivare a quello che faceva mio padre: cameriere, piastrellista, barista, falegname, fabbro… Il lavoro di mio padre mi piaceva anche ma non rispecchiava i miei ideali: mi avrebbe tenuto troppo lontano dalla famiglia, valore a cui sono molto attaccato. Il solo pensiero mi faceva soffrire.

Non è stato comunque facile lasciarlo: significava perdere un mestiere. A Napoli si dice “impara l’arte e mettila da parte”. Mia madre aveva qualche timore: mi sosteneva ma aveva paura del tempo che sarebbe passato. Nel caso in cui non avrei realizzato il mio sogno, quanto difficile sarebbe stato una volta adulto trovare un lavoro?

E la scuola in tutto ciò?

Avevo lasciato definitivamente scuola al quarto anno di superiore per dedicarmi solo al lavoro, dopo anni di scuola e lavoro. Ma ne sono pentito subito. Non sono ritornato indietro in quel momento solo perché ormai avevo perso l’anno. Ma dopo la prima stagione di Mare fuori sono corso a prendere il diploma: non volevo sentirmi diverso dagli altri e avere problemi in futuro.

Mare fuori 3: Le foto della serie tv

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