BigMama è una delle artiste della line up dell’Indiegeno Fest 2023, il festival organizzato da Leave Music insieme a Più Live e Associazione Clap, che si terrà dal 31 luglio al 7 agosto in quattro suggestive location selezionate tra i fantastici luoghi del Golfo di Patti, in provincia di Messina. A lei si aggiungeranno alcun degli artisti che hanno conquistato i migliori palchi dell’ultimo anno - Carmen Consoli, Luchè, Bresh, Carl Brave, La Sad, Mezzosangue, Rose Villain e Nayt – ma anche le migliori promesse dell’urban pop italiano (Neima, Ezza, Asteria, Ele A, Samia e Clara).
Di come sarà il live che terrà abbiamo parlato con BigMama ma, quando hai dall’altro lato del telefono Marianna Mammone, non puoi limitarti alla sola musica. Occorre concentrarsi semmai sui messaggi che lancia perché di tutto quello che canta BigMama è consapevole: sin da bambina, ha provato sulla propria pelle il bullismo per il suo corpo che non era conforme agli standard dettati dalla maggioranza. Quegli anni hanno lasciato un profondo segno nella rapper e non possono essere bypassati, soprattutto quando i carnefici non hanno ancora chiesto “scusa” per ogni parola, gesto e violenza esercitata.
Ci siamo confrontati sul significato di tre parole che tornano nel suo percorso: provocazione, forza e femminilità. E per ognuna di essa BigMama ha una definizione sua che è figlia delle cicatrici che si porta appresso. Raccontare dei soprusi subiti, dell’autolesionismo o dell’ansia sociale non è pornografia del dolore, no. È semmai monito affinché l’inclusività non sia solo una parola di cui tutti ci si riempie la bocca: se anche uno solo dei bulli capisse quanto male fa, avremmo già vinto tutti.
Il gran cuore di BigMama (nonostante lei ci scherzi sopra) emerge a ogni parola. Ha solo 23 anni, eppure sembra che di vite ne abbiamo vissute più di una, soprattutto nell’ultimo anno, cominciato con uno spiazzante discorso da applausi al Concerto del Primo Maggio 2022, proseguito con un’apparizione a Sanremo 2023 da antologia in coppia con Elodie sulle note di American Woman e appena coronato dal ruolo di madrina dell'Irpinia Pride ad Avellino, la sua stessa città d’origine.
Intervista esclusiva a BigMama
“C’è chi sostiene che ho copiato il titolo di un film e chi invece dice che ho preso spunto da One Piece”, mi risponde BigMama quando le chiedo a cosa si deve il suo nome d’arte. “In realtà, è molto più semplice. Il mio cognome è Mammone e con la traduzione più brutta che sono riuscita a fare è venuto fuori BigMama”.
Sei una delle artiste di punta dell’Indiegeno Festival. Che tipo di performance hai pensato per l’occasione?
Quella che faccio di solito, niente di speciale. Porto sul palco della musica che fa ballare la gente, che per me è la cosa più importante. Mi piace far divertire le persone perché, dal mio punto di vista, la musica – pur rimanendo una roba seria - è sempre stata un momento per staccare. Vedo la musica live come quella dimensione utile a divertirsi: le parole importanti possono essere ascoltate in cameretta con la cuffia.
Sei reduce da un’esperienza particolarmente importante: il ruolo da madrina dell'Irpinia Pride ad Avellino, la tua città. che corto circuito si è creato nella tua testa?
Giocare in casa è una delle cose più difficili da fare. Presenziare al Pride di Milano o a quello di Roma è bello ed è utile a livello di esposizione ma è anche più facile: sono città nelle quali vige già una determinata visione del mondo, quella che invece manca in una provincia più piccola. Nelle metropoli è possibile vedere al Pride tantissime persone che non appartengono nemmeno alla comunità LGBTQIA+, che si uniscono al corteo per rivendicare quei diritti che ancora mancano e non vengono riconosciuti. Ad Avellino, invece, ho visto quasi solo esclusivamente ragazzi appartenenti alla comunità perché purtroppo c’è ancora lo stereotipo che chi partecipa ai Pride è automaticamente gay: dobbiamo fare di tutto per abbatterlo.
Per me è stato fondamentale il Pride nella mia città. Ho portato con me i miei fratelli, due ragazzini stupendi, e i miei genitori. Hanno sfilato entrambi fieri non solo della loro figlia ma anche del fatto che mi sono battuta con tutta me stessa per quei diritti che non sono facili da ottenere. Erano due persone eterosessuali che manifestavano al Pride, un padre e una madre: credo che sia questo il messaggio più importante da sottolineare.
Il tuo ultimo singolo, Ma che hit, uscito in tempi non sospetti aveva una cover a tema Barbie…
Lo scopo era quello di far capire che tutti possiamo essere una Barbie. E poi adesso è uscito un film che lancia lo stesso identico messaggio: sono stata una grandissima visionaria! (ride, ndr).
Forza, femminilità e provocazione possono essere le tre parole chiave utili per descrivere BigMama.
E sai qual è quella che preferisco di più? Provocazione. Amo provocare e sfidare i giudizi della gente. Può sembrare una cosa normalissima ma l’essere una persona “grassa” porta con sé lo stigma secondo cui per alcuni non potrei far determinate cose o determinati lavori. Mi si giudica a partire dal mio peso e in automatico si lanciano osservazioni del tipo “è sicuramente una persona pigra perché è grassa”.
Ecco, io sono l’esatto opposto di questo orrendo stereotipo. Nel lavoro sto dando il 100% di me stessa: sul palco sono una continua scheggia: salto, ballo, mi butto a terra, mi rialzo… e questo perché ho un colpo allenato, vado in palestra tutti i giorni e non sono di certo pigra. Non faccio solo musica: mi manca un solo esame e mi laureo. Ho sostenuto esami mentre portavo la mia musica in gira. Possiamo parlare di accettazione, body positivity e quant’altro, ma solo dopo aver scalfito la mela marcia alla base: si deve finalmente capire che anche una persona grassa può far di tutto.
In cosa stai per laurearti?
In Urbanistica.
Una cosa semplice, no?
A me piace complicarmi la vita proprio per dimostrare a me stessa che posso fare di tutto.
E questo rientra nella forza, se vogliamo.
Ma non solo. La forza nel mio caso, quella che definisco forza sociale, consiste nel dover sopportare quotidianamente il peso dei brutti commenti, del pensiero secondo cui vorrei promuovere l’obesità e della cattiveria di chi non ha altro di meglio da fare. In un cero modo, faccio da scudo a chi come me vive la stessa situazione e non ha la forza di reagire. Se non avessi forza, non potrei fare la mia musica: farei comunque musica ma di tutt’altro genere, senza provocare nessuno.
La provocazione porta automaticamente a ricevere commenti negativi e trattenerli non è facile, soprattutto quando, come mi capita spesso, fanno riferimento alla mia salute e al mio modo di vivere: senza che sappiano nulla di ciò che faccio, si esprimono sul mio stile di vita o sulle mie scelte. Purtroppo, quasi tutta la popolazione è grassofobica per cui ognuno si sente in dovere di commentare la mia salute, l’igiene e quant’altro ancora.
Al di là della forza sociale, non posso non fare appello alla mia forza personale. Nella vita ho passato dei momenti terribili, attimi che nessuna bambina, ragazza o donna dovrebbe mai vivere. Mi sono fatta carico di tutte quelle energie negative che venivano dagli avvenimenti e le ho trasformate in energie positive per la mia musica. E per farlo serve forza.
Serve anche forza per non odiare, un sentimento che è lontanissimo da te.
Chi odia ha qualcosa da risolvere con se stesso. Io non riesco a provare odio, soprattutto nei confronti di chi non conosco. L’odio è il sentimento più forte di tutti, anche dell’amore stesso: ti brucia. Alla fine, tendo a vedere i commenti di odio come attività che tornano utili ai miei profili social, generando interazioni. Trovarsi nei panni di una persona che dà così tanto fastidio è in qualche modo anche un buon segno: vuol dire che sto smuovendo qualcosa e il cambiamento forse comincia a diventare sempre più concreto.
Rimane ancora la parola “femminilità”. Ti abbiamo vista sul palco di Sanremo esibirti con Elodie sulle note di American Woman e di femminilità ce n’era molta.
Il discorso sulla femminilità per me si incrocia con quello sulla personalità. Spesso, una ragazza che come me ama le donne viene considerata mascolina. Nessuno pensa ad esempio che io porti i capelli corti perché li ritengo molto più comodi o che faccia rap perché sia il genere a me più affine. E non perché voglia sembrare un maschio.
Per femminilità non intendo indossare i tacchi alti o altri stereotipi del genere. Femminilità è essere riconosciuti per quello che si è a prescindere da come appaio. Porto i capelli corti ma sono comunque femminile; sono fidanzata con una donna e sono comunque femminile; indosso le sneakers con il pantaloncino e la camicia e sono comunque femminile. Nessuno potrà mai togliermi la femminilità: voglio avere la libertà di essere chi voglio io e allo stesso tempo essere riconosciuta in quanto donna perché sono una donna e tale mi sento a prescindere da come appaio all’esterno.
È un concetto per cui combatto sin da quando ero piccola. Mi sono sempre sentita privata della libertà di essere me stessa a causa dei commenti che uscivano dalla bocca di tutti quotidianamente. Dentro di me sono sempre stata libera ma erano gli altri a volermi ingabbiare: il mio desiderio più grande era che mi lasciassero in pace.
E quando ti sei sentita per la prima volta veramente libera?
Nel momento della mia vita in cui ho cambiato città, ho cambiato amicizie e ho cambiato la mia quotidianità. Ho capito allora che a essere sbagliata non ero io ma chi mi stava attorno. Dopo aver cambiato quello, la mia missione è poi diventata un’altra: far capire a quelle persone e a quel posto che tanto mi ha fatto soffrire il loro grandissimo errore. Ciò che hanno fatto non va fatto a prescindere: non va fatto a una ragazzina, non va fatto a un ragazzino, non va fatto a una donna, non va fatto a un’anziana… non va fatto a nessuno.
Ti è capitato nel tempo di incontrare quelli che erano i tuoi aguzzini?
Sono gli stessi che oggi chiedono elemosina nei DM, che mi chiedono featuring o che mi propongono per vederci per un caffè. Mi contattano scrivendomi “ricordi quando stavamo sempre insieme? Ti ho sempre voluto molto bene”. Non rinnegano il passato ma semplicemente non si sono resi conto che ciò che hanno fatto nei miei confronti è sbagliatissimo: nessuno che mi abbia mai chiesto “scusa”… mi invitano per un caffè come se non mi avessero mai bullizzato pesantemente. Io sarò pronta ad aprire le mie porte (si perdona tutti) ma solo quando capiranno la gravità dei loro gesti e delle loro parole.
Gesti e parole che possono condurre al suicidio, all’autolesionismo, al rinchiudersi in casa…
Ma anche a quell’ansia sociale che ancora mi accompagna. Ho paura ancora oggi di stare in mezzo alla gente: il timore è quello di essere sempre giudicata. Ho sempre sofferto di ansia sociale e ancora oggi che sono più adulta quando passo davanti alle persone ho paura che possano parlare di me, del fatto che sono grassa, del mio culo grande, delle mie tette grandi o della mia pancia… è una roba che ti distrugge da dentro.
Ma quand’eri piccola parlavi con qualcuno di ciò che ti accadeva?
No, non ero capace. Immagina quanto difficile poteva essere tornare a casa e dire ai tuoi genitori di essere quella “sbagliata” che viene presa in giro quotidianamente. Mi sarei sentita letteralmente una persona fallita. Non ne parlavo nemmeno con gli amici: anche quando determinati episodi accadevano davanti ai loro occhi, nessuno ha mai cercato di scavare nel mio profondo. L’unica frase di conforto che ricevevo era “vabbè, non ci pensare, sono scemi”… nessuno che mi avesse mai chiesto “Marianna, ma stai bene?”.
Charlotte, il primo pezzo che ho scritto, è stata la mia prima richiesta d’aiuto. Ma né genitori né amici l’hanno accolta. Credevano tutti che fosse un bel testo dedicato ad un’altra ragazza, anche quando era ovvio che parlassi di me in terza persona. Allora non era come oggi che si sta cercando di sensibilizzare tutti quanti non solo a odiare di meno ma anche a interessarsi della salute mentale. Si lasciava tutto al caso… “è una roba che succede a tutti” era la risposta, tanto che pensavo che fosse normale per una persona grassa essere presa in giro dalla mattina alla sera. Il messaggio era chiaro: se fossi dimagrita, non lo avrebbero fatto.
È vero che si parla più frequentemente di salute mentale ma secondo te esiste ancora lo stigma per cui se vai dallo psicologo o dallo psichiatra sei pazzo?
Molto di meno rispetto al passato. Ho tanti amici con malattie psichiatriche: bipolarismo, disturbo borderline, disturbo istrionico del comportamento… e sono tutti ragazzi “normali”, anche se qualcuno deve sempre spiegarci che cos’è normale. Il problema si crea quando sono gli altri a non voler avere a che fare con loro perché di base non esiste.
I loro sono disturbi importanti ma ce ne sono altri di cui soffriamo tutti, come l’ansia. Sono la prima a soffrirne, così come ho sofferto di depressione, spesso provo ansia da prestazione e ho dei disturbi che definirei da stress post traumatico a causa di quello che ho vissuto. Se c’è da normalizzare l’andare dallo psicologo, facciamolo. Tutti quanti possiamo andare a farci una chiacchierata con un esperto e, una volta fatto, scopriremo di avere dei problemi che tali per me non sono: in realtà, sono solo tendenze del cervello. Lo stigma c’è solo quando vogliamo crearlo.
Il tuo status su WhatsApp recita “Se non sei con Big, sei solo uno Small”.
È una frase che mi porto dietro da anni. È stato il mio primo slogan e non l’ho mai abbandonato. Alcuni pensano che faccia riferimento all’essere grasso o magro… sbagliato, big non significa “grasso” così come small non significa “magro”: i termini inglesi per indicare quelle due connotazioni sono fat e slim. Riguarda semmai la personalità: sono big perché ho una grande personalità, ho sempre la mente aperta che abbraccia sempre cose nuove e grandi, e mi impegno. Se non segui la mia stessa direzione, allora semplicemente “piccolo”.
È facile per una donna fare rap in Italia?
Il rap è un genere che è sempre stato frainteso, sin dalla notte dei tempi. I miei messaggi spesso risultano scomodi e me ne rendo conto nelle serate in cui si esibiscono altr* rapper. Senza volerne fare una questione di genere, il rap è un campionato a chi ha il cazzo più lungo e le donne, ahimè, non hanno il cazzo, ragione per cui il genere è così tanto maschilista e noi partiamo svantaggiate. Basta un dato per capirlo: in Italia, abbiamo un’infinità di rapper uomini e pochissime donne.
Dal mio canto, ho sempre cercato di andare oltre il genere. Sono prima di tutto un’artista e solo dopo una donna, Marianna, una persona forte o sensibile, una ragazza grassa o stronza… Il mio obiettivo principale è trasmettere la mia arte e comunicare qualcosa.
Sei serena in questo periodo?
Ho una certa dose di serenità. Come per tutti, c’è sempre qualcosa che mi turba.
Indiegeno Fest 2023: Il programma
Questo il programma completo dell'Indiegeno Fest 2023:
IKAN HYU, ELEPHANTS IN THE ROOM, BASILISCUS P
31 luglio - Centro Storico di Patti (ingresso gratuito)
SAVANA FUNK, MILLE, DELVENTO
1 agosto - Centro Storico di Patti (ingresso gratuito)
CARL BRAVE, BRESH, ASTERIA, SERGIO ANDREI
After Party in collaborazione con La Pineta, Coconut e Bellavista
2 agosto - Spiaggia di Patti Marina
LUCHÈ, BIGMAMA, SAMIA
After Party in collaborazione con Unlocked Festival
3 agosto - Spiaggia di Patti Marina
MEZZOSANGUE, ROSE VILLAIN, NEIMA EZZA, ELE A
After Party di Indiegeno Selecta
4 agosto - Spiaggia di Patti Marina
LA SAD, NASKA, NAYT, CLARA
After Party di MERK & KREMONT
5 agosto - Spiaggia di Patti Marina
SECRET ARTIST, NESLI, CARBONE
6 agosto - Riserva di Marinello
concerto al tramonto (ingresso gratuito)
CARMEN CONSOLI, EMMA NOLDE
7 agosto - Teatro Greco di Tindari
concerto all'alba