Birgit Oberkofler, a capo della IDM Film Commission Südtirol, rappresenta un punto di riferimento per lo sviluppo dell'industria cinematografica locale e internazionale. Con una carriera costruita nel cuore dell'Alto Adige, terra di confine che unisce influenze italiane, tedesche, austriache e svizzere, Birgit Oberkofler ha sempre avuto una visione aperta e inclusiva.
La missione dell'IDM Film Commission Südtirol non si limita al finanziamento dei progetti cinematografici, ma abbraccia anche la crescita di nuovi talenti e la creazione di spazi per voci emergenti e per produzioni che sfidano le convenzioni, come dimostrato da iniziative recenti quali MASO, un progetto innovativo che punta sulla produzione di cortometraggi, coinvolgendo 130 candidati da 45 Paesi.
Birgit Oberkofler, da noi raggiunta, sottolinea l'importanza dell'inclusività, non solo attraverso l’equilibrio di genere, ma anche promuovendo una maggiore rappresentazione delle minoranze e delle persone con disabilità nel mondo del cinema, riconoscendo che c'è ancora molta strada da fare. Questa visione si riflette anche nel suo team, composto principalmente da donne, e nel suo impegno verso la sostenibilità sociale, una sfida che la IDM Film Commission Südtirol ha già iniziato ad affrontare.
Essere una leader femminile in un settore dominato spesso da uomini non è mai stato un ostacolo per Birgit Oberkofler. Conciliare la carriera e la vita privata come madre di due gemelli, continuando a guidare con determinazione l'IDM Film Commission Südtirol verso il successo, dimostra la sua dedizione e flessibilità. Grazie a questo approccio, la IDM Film Commission Südtirol continua a finanziare progetti coraggiosi e innovativi, ampliando i confini del cinema indipendente europeo.
Intervista esclusiva a Birgit Oberkofler
“La nostra mission è quella di rafforzare e incrementare l’industria locale, scoprire nuovi talenti e, molto più in generale, di investire e supportare il cinema indipendente europeo”, risponde Birgit Oberkofler quando le si chiede di spiegare in maniera semplice quali siano i compiti e gli obiettivi della IDM Film Commission Südtirol di cui è a capo.
“Ma ci occupiamo anche di assistenza alle produzioni che girano sul territorio e sulla promozione ai festival dei talenti che scopriamo e coltiviamo, come Maura Delpero, un’autrice che abbiamo accompagnato nel suo percorso fino al Gran Premio della Giuria a Venezia con Vermiglio. Non si trattava di un’opera prima: per arrivare a un risultato come quello, non basta solitamente un solo film ma ce ne vogliono altri prima, che vanno sostenuti e incoraggiati guardando oltre”.
Quanto sono importanti fiuto ed esperienza in una film commission per la valutazione dei progetti da finanziare?
Molto. L’IDM si avvale di un team di esperti che selezionano i film insieme a noi: si tratta di esperti locali che hanno alle spalle esperienza nazionale e internazionale. Cerchiamo di essere il più vicino possibile alla domanda, proponendo delle consulenze per studiare insieme i documenti a disposizione in modo da portare all’attenzione del fondo progetti che abbiano già una buona preparazione, pronti per essere finanziati. Chiaramente, non tutti i progetti accederanno al finanziamento ma cerchiamo ugualmente di stare vicino alla formazione dei talenti, creando anche dei programmi nuovi.
Proprio come è avvenuto quest’anno con il progetto MASO: insieme a dei partner internazionali, abbiamo puntato la nostra attenzione sullo sviluppo, sul finanziamento, sulla produzione e sulla distribuzione di cortometraggi. Sono arrivate domande da 130 candidati di 45 differenti Paesi!
Come ogni lavoro, anche il nostro richiede formazione, esperienza, fiuto ma anche dedizione, tempo e desiderio di voler farlo bene, mettendo da parte quando richiesto anche la propria sfera privata.
Ovviamente, ogni progetto presentato all’attenzione dell’IDM avrà una sua peculiarità. Cosa vi porta a finanziarne uno anziché un altro? Qual è la discriminante?
I criteri che adottiamo sono fondamentalmente tre. Il primo, quello più importante, è l’attenzione al contenuto e alla sua qualità; il secondo guarda all’aspetto culturale dell’opera e ai suoi legami con il territorio attraverso i contenuti o i talenti; e il terzo ha a che fare con l’aspetto finanziario ed economico, concentrandoci sulle altre forme di finanziamento che il film ha già in essere, sul potenziale pubblico e su un eventuale piano sensato di distribuzione.
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Vermiglio: Le foto del film
1 / 29Tre diverse call all’anno: 21 gennaio, 06 maggio e 16 settembre le scadenze per il 2025. Perché non una unica?
Abbiamo adottato un sistema che osserviamo molto all’estero e che permette ai richiedenti di pianificare in sicurezza le loro mosse. I produttori sono pur sempre imprenditori che hanno bisogno di poter pianificare i progetti e noi cerchiamo di essere un partner affidabile in tutto e per tutto: rispondiamo entro 6-8 settimane proprio per dir loro che ci siamo e che possono contare su di noi.
L’IDM ha seguito negli anni un piano di gender balancing, teso a ridurre il gender gap all’interno della produzione cinematografica. Si è mai pensato a dei piani che siano anche inclusivi delle persone con disabilità, a cui spesso il cinema sembra essere interdetto?
Abbiamo cominciato a pensarci, è un tema che ci sta molto a cuore. Abbiamo pensato al gender balancing qualche anno fa ma adesso è arrivato il momento di andare oltre e guardare a programmi che mirino all’inclusione e alla diversità. Già MASO punta in tale direzione e, dopo aver sviluppato insieme ad altri partner il green certificate con attenzione sull’ambiente, abbiamo chiaro che il prossimo step da attuare è quello della sostenibilità sociale.
Non è un caso che nel valutare le sceneggiature e la loro qualità la nostra attenzione si concentri su come vengono incluse nel racconto le cosiddette “minoranze” ma abbiamo intenzione di concentrarci anche sulla rappresentazione delle persone con disabilità: abbiamo avuto nel nostro team una collega con una forte disabilità e da lei siamo stati sensibilizzato molto sul tema. Siamo al contempo però consapevoli di quanto ci sia da lavorare: c’è purtroppo ancora tanta strada da fare davanti a noi, a cominciare dall’adeguamento del nostro stesso sito internet. Procederemo passo dopo passo ma l’obiettivo è quello di non aver barriere di alcun tipo.
La voglia di abbattere le barriere, di qualsiasi tipo esse siano, nasce dal fatto che l’IDM è figlia di una zona di confine e quindi come tale non facilmente etichettabile?
Sì, forse sì. Credo che dipenda anche dalle influenze che provengono dall’estero e dal confronto con gli altri. Lavorando nel direttivo dei fondi regionali europei, non posso non osservare quello che fanno altri. Mi sembra corretto che i fondi pubblici che abbiamo in mano vadano diversificati: non possono sempre andare a uomini di una certa età… è nostro dovere garantire pari accesso a tutte le alle minoranze socio-culturali: per MASO, collaboriamo con associazioni che si occupano di persone con un certo background o contesto alle spalle, di quelli che nei ristoranti di lusso o negli hotel a cinque stelle difficilmente entrerebbero.
Vogliamo andare oltre ogni barriera per trovare chi ha veramente talento e qualcosa da dire che non sia stato ancora detto. Fin troppo spesso, davanti a certe sceneggiature mi chiedo chi avrebbe bisogno di quel film o perché dovrebbe vederlo, ragione per cui nostro dovere è andare in cerca di storie che provengano non dalle stesse persone che abbiano visto negli ultimi anni. È necessario un bel ricambio sia generazione sia identitario: non vogliamo dar soldi sempre alla stessa gente.
Avere qualcosa da dire, come nel caso dello straordinario Polvo serán, uno dei due film che, prodotti con il contributo di IDM, saranno presentati alla Festa del Cinema di Roma. Affronta un tema come l’eutanasia: quanto è il rischio di non essere compresi nel finanziare un progetto di questo tipo in Italia?
È una domanda che ci facciamo spesso ma negli ultimi anni abbiamo sostenuto film che fin troppe volte non avevano nemmeno un distributore italiano. Quella della distribuzione italiana non può essere per noi una discriminante (forse lo diventerà per il tax credit): investiamo su film che reputiamo coraggiosi quando il loro lato artistico è convincente. E nel caso di Polvo serán lo era assolutamente: è stato anche al Toronto Film Festival e si è visto come è andata (è stato designato ‘Miglior film’ della sezione Platform, ndr).
E sempre a Roma sarà presentato La valanga azzurra, un documentario da voi sostenuto. È più semplice che si finanzi un documentario o un progetto di fiction?
Noi veniamo un po’ dal documentario: abbiamo una scuola, Zelig, che da 35 anni opera nel settore, ragione per cui abbiamo sempre tanti progetti legati al genere. La valanga azzurra ci ha convinti sia a livello di contenuto sia per la presenza di Gustav Thöni, un protagonista legato al nostro territorio. Ma, in questo caso, siamo stati tra gli ultimi a finanziare il progetto, facendo sì che partissero le riprese e coinvolgendo i tanti giovani e i professionisti locali che lavorano nel cinema.
L’IDM è anche reduce da alcuni prodotti internazionali di cui si parlerà anche in un panel al MIA, come le serie tv Brennero e Davos 1917. Quanto è per voi importante guardare oltre i confini geopolitici?
Ci sono tante sinergie da poter sfruttare, a partire dal target e dal bacino di utenza che ogni progetto può avere: più il pubblico è vasto, più un progetto ha possibilità di essere finanziato. Pur consapevoli di come tutti dovremmo finanziare meno film con somme più sostanziose, crediamo che a livello europeo le nostre singole lingue, culture e storie, vadano sostenute e diffuse. Ragione per cui abbiamo ad esempio finanziato Davos 1917, un progetto svizzero da 16 milioni di euro che la Svizzera da sola non avrebbe potuto affrontare. Ma un investimento così elevato è giustificato solo dall’avere un pubblico di una certa ampiezza.
Il tuo team alla IDM è composto soprattutto da donne: è un caso?
Lo è, non c’è stato nessun retropensiero. Quando ricerchiamo personale, ricorriamo agli annunci ma non so per quale motivo si sono candidate sempre donne molto valide. Ma abbiamo anche dei colleghi di cui siamo molto contenti, come Moritz Bonatti (con noi da tempo) o Giacomo Pomelli, un tirocinante con cui ci troviamo molto bene. Tra l’altro, mi stupisco quasi sempre della domanda: se fosse il contrario, sono sicura che nessuno mi chiederebbe come mai il team sia composto da soli uomini.
Incontri difficoltà quando da donna devi sederti al tavolo delle trattative con altre istituzioni o enti, occupato per la maggioranza da uomini?
Onestamente? Nessuna. Non ho mai avuto la sensazione che qualcuno mi considerasse all’altezza per via del mio genere di appartenenza. Forse anche perché ho il privilegio di avere comunque un certo campo di azione e la possibilità di fare tante cose in autonomia.
L’unica volta in cui qualcuno si è prodigato in commenti fuori luogo è stato qualche settimana fa quando in occasione della messa in onda di Brennero ho rilasciato una breve intervista a un giornale locale: è stata riportata online, dove qualcuno ha pensato bene di scrivere che occupavo la mia posizione perché arrivavo da una famiglia benestante molto di sinistra e che ero fallita come attrice. Ma mi avrà confusa con un’altra persona: non ho mai fatto l’attrice o nutrito tale aspirazione... e non provengo da una famiglia ricca di sinistra (ride, ndr)!
Quante ore di lavoro richiede una posizione come quella da te occupata?
Sono anche madre di due gemelli che adesso hanno otto anni per cui devo conciliare lavoro e vita privata. Ma mi è d’aiuto la possibilità di avere flessibilità, un benefit caro e prezioso che mi permette di lavorare molto e di poter essere madre. Anche le nostre mamme e nonne lavoravano molto ma rispetto ai loro tempi le aziende hanno fatto passi in avanti così come le stesse nostre famiglie, aiutandoci con la crescita di quelli che saranno i cittadini di domani.