Carmen Pommella, conosciuta da tutti per il ruolo della guardia Nunzia nella serie televisiva Mare Fuori, la cui quarta stagione è appena approdata su Netflix, ci accoglie calorosamente dal caldo e vibrante cuore di Napoli. "Sto bene, grazie. Mi trovo a Napoli e fa davvero caldissimo oggi,” ci racconta con un sorriso attraverso il telefono. “È una giornata piena di sole e calore, tipica di questa città. È una di quelle giornate in cui senti l'energia e la vivacità della città, ma allo stesso tempo il caldo ti toglie un po' di forze. Però, tutto sommato, va bene così”.
Il recente terremoto che ha scosso alcune zone di Napoli ha creato un'atmosfera di preoccupazione, ma Carmen Pommella, come tanti napoletani, mostra una resilienza sorprendente. E, per uno strano scherzo del destino, è il terremoto che si spinge a parlare di Superluna, il nuovo film di Federico Bondi, attualmente in sala, che vede Carmen Pommella tra i protagonisti. La sua interpretazione della benzinaia, una donna pratica e fragile, alle prese con le conseguenze di un terremoto, ha già raccolto consensi.
Con un sorriso, Carmen Pommella ci parla della sua carriera e delle sfide che ha affrontato. Dal successo di Mare Fuori al ritorno a teatro con il musical omonimo diretto da Alessandro Siani, la sua dedizione all'arte è evidente. Carmen Pommella è non solo un’attrice talentuosa, ma anche una donna che ha saputo trasformare le difficoltà in opportunità, creando connessioni profonde con il pubblico attraverso la sua arte.
Intervista esclusiva a Carmen Pommella
“Sto bene, grazie. Mi trovo a Napoli e fa davvero caldissimo oggi”, mi risponde Carmen Pommella dall’altro lato del telefono. “È una giornata piena di sole e calore, tipica di questa città. È una di quelle giornate in cui senti l'energia e la vivacità della città, ma allo stesso tempo il caldo ti toglie un po' di forze. Però, tutto sommato, va bene così”.
Non posso non chiederti del terremoto della scorsa notte.
Sì, c'è stato un terremoto, ma io non l'ho sentito direttamente. È successo in alcune zone di Napoli, e in effetti, alcune persone l'hanno sentito molto forte. Poco fa, mi trovavo fuori dal medico e sembrava una scena di un film: tutti chiedevano "L'hai sentito? L'hai sentito?" e noi non abbiamo sentito nulla. Tuttavia, ci sono state delle zone in cui il terremoto si è sentito molto forte e ha causato un po' di spavento. Però, sai, il popolo napoletano è abituato a questi eventi. Siamo un popolo resiliente e sappiamo come affrontare le difficoltà con forza e spirito di adattamento.
Il terremoto ci porta inevitabilmente a Superluna, il film di Federico Bondi attualmente al cinema e che ti vede tra i protagonisti.
Quando Federico mi ha offerto il ruolo, ho detto subito di sì: si sarebbe girato in un luogo a me caro, le colline reatine, dove c’è la casa di mio nonno materno. È lì che sono in parte cresciuta fino a quando il terremoto dell’Ottanta ci ha spinto a trasferirci a Napoli proprio per la paura che accadesse di nuovo. Paura che non era infondata considerando il terremoto del 2016, di cui si racconta in Superluna.
Nel film interpreto la benzinaia, un ruolo che potrebbe sembrare strano a prima vista. Federico ha voluto raccontare la storia dal punto di vista di due bambine che vivono una grande amicizia e vedono il mondo attraverso i loro occhi innocenti. I personaggi sono identificati con i nomi delle loro professioni, come se avessero perso la loro identità a causa della devastazione di un terremoto, appunto.
Io sono la benzinaia, ma poi ci sono anche la parrucchiera, il muratore, e così via. È un modo per mostrare come ognuno di noi possa perdere la propria identità in momenti di grande crisi. Il mio personaggio è una donna di montagna, con un aspetto rude, ma che in realtà è molto fragile dentro. Vive con il marito e una figlia grande con cui ha un rapporto difficile. Il terremoto porta alla luce tutte queste piccole tragedie familiari e lei fatica a trovare una via d'uscita, non riuscendo a vedere un futuro. Tuttavia, alla fine del film, riscopre la sua femminilità e inizia un processo di rinascita, dimostrando che anche nelle situazioni più difficili si può trovare la forza per ricostruirsi.
Rinascita è una bella parola. Se vogliamo, il 2023 è stato per te un anno di rinascita dal punto di vista lavorativo.
Il 2023 è stato un anno davvero importante per me. È stato un anno in cui ho raccolto i frutti di tutto il lavoro svolto l'anno precedente. Ho lavorato su progetti significativi, come Finalmente l'alba, il film di Saverio Costanzo, La storia di Francesca Archibugi, Sara di Carmine Elia, Le indagini di Lolila Lobosco, Mare fuori… È stato un anno intenso, pieno di impegni e sfide, ma anche di grandi soddisfazioni. Partecipare a questi progetti mi ha dato molta gioia e mi ha permesso di crescere ulteriormente come attrice. Ho anche ricevuto riconoscimenti che mi hanno fatto capire che tutto il duro lavoro stava pagando. È stato un anno di fatica, ma anche di grandi risultati: è come se avessi raccolto i frutti di ciò che avevo seminato.
E hai faticato molto negli anni?
Sono molto fatalista: se credi veramente in qualcosa, prima o poi accadrà. Come diceva Paulo Coelho nell’Alchimista, ‘quando desideriuna cosa, tutto l'Universo trama affinché tu possa realizzarla’. In effetti, ho fatto tanta fatica e ho coltivato soprattutto da ragazza molta rabbia perché, per citare Pasolini, bisogna averne tanta per avere successo.
Vengo da una famiglia molto modesta. Mio padre era infermiere e mia madre casalinga. Non ho mai avuto nessuno in famiglia che facesse l'attore o che avesse contatti nel mondo dello spettacolo. Ho dovuto costruirmi tutto da sola e questo mi ha dato una grande soddisfazione personale, più che vincere un David di Donatello (ride, ndr).
Ho iniziato a lavorare subito dopo essere stata accettata all'Accademia d'Arte Drammatica del Teatro Bellini e da allora non ho mai smesso. Mio padre voleva che facessi l'avvocato e inizialmente l'ho accontentato, ma poi la passione per il teatro ha prevalso. Mio padre è poi scomparso prima di vedere la mia affermazione.
Ma, anche se i miei genitori purtroppo non ci sono più, sento che sono sempre con me: come se avessero messo lo zampino nel mio percorso, portando da me autori come Paolo Sorrentino, Alice Rohrwacher, Pietro Marcello, Francesca Archibugi, Saverio Costanzo e così via. La mia famiglia attuale, mio marito e mia figlia, mi sostengono molto e questo è fondamentale per me. Mia figlia è il mio piccolo coach e mio marito è il mio più grande fan. Questo sostegno mi dà la forza di andare avanti e di affrontare ogni nuova sfida con determinazione.
Hai menzionato la tua esperienza con Saverio Costanzo. Ti ha permesso di uscire dalla tua zona comfort e di non portare in scena una ‘napoletana’.
Lavorare con Saverio Costanzo è stata un'esperienza unica e molto formativa. Ha un approccio molto particolare, quasi "americano", nel modo in cui lavora con gli attori. Mette dei paletti e delle regole molto precise, che inizialmente possono sembrare restrittive, ma che alla fine si rivelano essere una grande scuola. Mi ha insegnato a trovare una grande precisione nei dettagli e una profonda comprensione del personaggio, ci siamo confrontati molto ad esempio sulla camminata di Elvira. Durante le riprese, recitavo anche in dialetto romano, che per me era una sfida aggiuntiva.
Mia figlia, che ha 16 anni, mi ha aiutato molto durante quel periodo, facendo come accennavo prima da coach e aiutandomi a memorizzare le battute: tornavo a casa distrutta dalla stanchezza e lei era lì a darmi una mano di sua spontanea volontà. Questo mi ha fatto capire quanto sia importante il supporto della famiglia e quanto sia bello condividere queste esperienze con loro. Saverio mi ha davvero lasciato un segno indelebile e ha contribuito molto alla mia crescita come attrice.
Qual è stato il tuo approccio nel bilanciare televisione, cinema e teatro?
La televisione e il cinema hanno dinamiche molto diverse rispetto al teatro. Il teatro è dove mi sento più a mio agio, è il mio ambiente naturale. Il cinema e la televisione richiedono un tipo di recitazione diversa, più contenuta e naturale. Ho iniziato con il teatro e ho avuto la fortuna di cominciare a lavorare al cinema con un grande regista come Pietro Marcello, che ha voluto attori teatrali per il suo film Martin Eden. Devo dire grazie a Marita D’Elia, casting director che mi aveva visto più volte a teatro (ho recitato anche con sua madre, la regista Laura Angiulli) e che ha suggerito il mio nome a Stefania De Santis, responsabile casting di quel film.
Ciò mi ha permesso di entrare nel mondo del cinema quasi per caso, senza avere agenti o contatti. La televisione è arrivata poi con Mare fuori e altri progetti. Ognuno di questi ambiti ha le sue sfide e i suoi vantaggi, e cerco sempre di adattarmi al meglio a ciascuno di essi. Mi piace variare e imparare da ogni esperienza, sia essa sul palcoscenico o davanti alla macchina da presa.
La tua fisicità ha influenzato il tuo percorso?
La mia fisicità è stata sia una sfida che un'opportunità. Quando ero più giovane, avevo un aspetto molto diverso, più conforme ai canoni tradizionali di bellezza. Con il tempo, il mio corpo è cambiato e ho dovuto accettare questa nuova realtà. Questo mi ha aiutato a capire meglio chi sono e ad abbracciare la mia identità con serenità: certo, sarei stata un po’ più fortunata se fossi nata all’epoca di Fellini, a cui piacevano le donne burrose.
La mia fisicità mi ha permesso di interpretare ruoli diversi, spesso più maturi e complessi. Credo, però, che l'industria stia cambiando e che ci sia più spazio per diversi tipi di bellezza e fisicità. Sono contenta di poter portare sullo schermo e sul palco una rappresentazione più autentica e variegata delle donne. Ma è anche vero che sono passata dall’interpretare la giovane ragazza o la donna matura a teatro all’impersonare la nonna o la mamma al cinema o in tv: non ho mai vissuto nel lavoro tutto ciò che ci può stare nel mezzo… l’ho vissuto solo nella vita reale!
Mare fuori 4: Le foto
1 / 51Cosa rappresenta per te il personaggio di Nunzia che porti in scena anche nella serie tv Mare fuori?
Nunzia è un personaggio che sento molto vicino a me. È una parte di me amplificata, una figura materna che accoglie tutti con calore e affetto. Mi piace pensare a Nunzia come a una mamma per tutti, non solo per i personaggi della serie, ma anche per i fan. Spesso questi mi scrivono per chiedermi di intercedere per ottenere un saluto da altri attori della serie, come se fossi davvero la mamma di tutti e non solo dei ragazzi dell’IPM. Per non parlare di come, camminando per Napoli, sono per tutti Nunzia.
È un ruolo che mi ha dato molta soddisfazione, soprattutto vedendo l'accoglienza del pubblico. Anche se piccolo come ruolo, Nunzia è diventata una figura fondamentale nella serie. Il riscontro del pubblico mi ha fatto capire che questo personaggio è molto amato e riconoscibile. È bello sapere che il lavoro fatto è apprezzato e che Nunzia ha un posto speciale nel cuore degli spettatori.
Ho saltato la terza stagione perché stavo vivendo il mio anno di inferno paradisiaco con tanti lavori che fortunatamente si accavallavano e mi ha stupito come il pubblico mi ha riaccolta nella quarta stagione, facendomi intuire come ci fosse affezione nei miei confronti, nonostante la marginalità nella complessità del racconto corale.
Come amo ripetere, Nunzia e Gennaro sono come figure genitoriali che infondono con la loro maturità un senso di protezione: sono gli unici a essere meno tormentati degli altri personaggi. Tant’è che io Nunzia me la sono immaginata come proveniente da una famiglia come tante altre, senza particolari problemi, e come una donna che ama il lavoro che fa. Non so se poi sarò smentita dalle prossime stagioni: iniziamo a breve a girare la quinta ma noi attori non abbiamo ancora ricevuto la sceneggiatura… è sempre una sorpresa!
Nella scorsa stagione, l’abbiamo vista alle prese con Alina, che le ha dato un po’ di filo da torcere, e credo che si continuerà sulla scia dei nuovi ingressi, che porteranno una grande ventata di freschezza.
Come si vive sul set l’addio di un volto storico?
L’abbandono di personaggi importanti porta chiaramente un po’ di scompiglio e disorientamento. I ragazzi inevitabilmente socializzano tra di loro, stanno e crescono insieme. È, quindi, chiaro che separarsi non è facile. Dall’altro lato, però, c’è la consapevolezza che si deve lasciar via chi matura ed è pronto per altro, come nel caso di Nicolas Maupas, ad esempio: un attore così preparato, se ha delle opportunità per uscire dalla serialità, deve coglierle. I ragazzi lo capiscono, comprendono che importante farlo e sanno che prima o poi anche loro dovranno andare via.
Quello che mi colpisce è comunque il rapporto che si crea tra di loro: ancora oggi alcuni attori delle prime stagioni vengono a trovarci sul set o in teatro a vedere il musical. Io non ricordo nemmeno chi fossero i miei compagni dell’Accademia, i legami erano ben diversi: significa che qualcosa sta cambiando all’interno del sistema. Ed è qualcosa che dopo il CoVid è diventato più forte: si ha voglia di stare insieme e di creare amicizie reali, non solo di stare attaccati ai propri smartphone.
E già, perché Nunzia ti ha riportata anche a teatro con il musical Mare fuori, un genere da cui mancavi da quasi vent’anni.
Tornare al teatro è stato come tornare a casa. Il teatro è la mia vera passione, il luogo dove mi sento più a mio agio. Lavorare con Alessandro Siani nel musical è stato fantastico. Ogni giorno era un mix di risate e lavoro intenso, ma sempre con grande armonia. Il teatro per me è un luogo dove tutto sembra più facile, dove posso esprimermi liberamente e sentirmi veramente a casa. Il cinema è ancora un mondo nuovo per me, un mondo da esplorare e in cui devo ancora imparare molto. Ma il teatro è dove mi sento davvero me stessa, dove posso fare tutto quello che voglio con semplicità e naturalezza. È stato un ritorno alle origini, un modo per ritrovare quella connessione profonda con il pubblico e con me stessa.
Da piccola, sognavo di fare la cantante: non facevo altro che cantare in casa… ma Alessandro non mi fa cantare, anche se mi diverto tantissimo! Il canto in qualche modo mi ha salvato, così come l’arte in genere. Dopo il trasferimento da Rieti a Napoli, a sette anni, non avevo nessun amico e crearsene di nuovi non era semplice. Erano anni molto difficili per la città e restavo costantemente segregata in casa perché mamma aveva paura. Ho fatto dunque fatica a socializzare ed ero quello che oggi si direbbe una ‘disadattata’. Fino a quando al terzo anno di liceo una mia compagna mi chiese di accompagnarla a un laboratorio teatrale che stava per frequentare. Sono andata e sono stata folgorata.
Il teatro mi ha permesso di riprendermi la mia vita e di stringere amicizie. Mi ha salvato ed io credo molto nella capacità dell’arte, del cinema e del teatro di salvare. Molti ragazzi, a volte, si rifugiano nell’arte proprio per rifuggire la solitudine.
Ed è per questo bisogno di aggregazione che hai fondato una scuola di recitazione?
Ho fondato una scuola di recitazione ad Aversa, una zona che ha bisogno di molta attenzione e supporto sul piano sociale. La scuola si chiama MusiDantea 2.0 e accogliamo ragazzi di strada, cercando di dare loro una possibilità di riscatto attraverso l'arte. Lavorare con questi ragazzi mi restituisce tanta energia e creatività. Mi aiutano a rimanere creativa e a migliorare come attrice. Ogni giorno è una nuova sfida e una nuova opportunità di imparare.
Mi sento molto gratificata quando vedo i loro progressi, quando vedo che riescono a trovare la loro strada nel mondo del teatro e del cinema. Molti dei miei studenti ora frequentano accademie importanti e iniziano a lavorare nel settore. Questa è una delle parti del mio lavoro che mi dà più soddisfazione. Il rapporto con i ragazzi è speciale, mi arricchisce e mi ispira continuamente: mi restituisce l’energia necessaria per lavorare bene sia a teatro sia al cinema. E per me che sono pigra non è poco!