Carolina Benvenga entra nelle case di tutte poi portando allegria e divertimento nei più piccoli. Ma non solo. definire Carolina Benvenga come una tata 2.0 è riduttivo di fronte alle 800 milioni di visualizzazioni dei suoi video su YouTube e ai sold out del suo nuovo spettacolo teatrale, Un Natale favoloso… a teatro. Youtuber e volto della Rai dei ragazzi, Carolina Benvenga è la star dell’influencing più famosa tra le famiglie italiane. Ed è un dato di fatto incontrovertibile.
I prodotti realizzati da Carolina Benvenga sono pensati sì per intrattenere ma anche per spingere i nostri bambini a riflettere sul mondo che li circonda. Non solo giochi ma anche messaggi sull’inclusione, sull’ambiente, sull’amicizia e sulla crescita. Gli stessi argomenti che Carolina Benvenga in maniera originale tratta nel suo nuovo libro, Il girotondo delle stagioni, pubblicato da Electa Kids (Mondadori). Tramite quattro favole che hanno per protagoniste le stagioni dell’anno, Carolina Benvenga usa la fantasia per aprire squarci su argomenti con cui tutti noi dovremmo confrontarci.
Ecco perché Carolina Benvenga non è solo la bionda col cerchietto amata dai bambini. È anche una fedele alleata dei genitori che di lei, del suo linguaggio e dei suoi gesti si fidano. La raggiungiamo allora per un’intervista esclusiva con al centro temi come le famiglie di oggi o il rapporto dei più piccini e dei genitori con i social.
E cominciamo l’intervista a Carolina Benvenga con un complimento. Come molti di noi, ho due bambini che mi girano per casa e che hanno letto il suo Il girotondo delle stagioni in piena autonomia. E sono stati loro a farmi notare qualcosa che mi era sfuggito. In Gocciola porta la pioggia, la storia dedicata alla Primavera nel nuovo libro di Carolina Benvenga, c’è è un personaggio che si chiama Ahmed. Il più piccolo dei miei nanerottoli ha esclamato: “Ha lo stesso nome di Mohamed, il mio compagno di classe”. È riuscito a riconoscere l’unicità di un altro bambino senza che Carolina Benvenga abbia avuto bisogno di sottolinearlo o di specificare che non ha origini italiane.
“A me viene naturare farlo”, ci rivela Carolina Benvenga. “Non dobbiamo necessariamente mettere l’accento sulle unicità. Non ho mai specificato se un bambino è bianco, nero, cattolico o musulmano: siamo tutti uguali. Ognuno con la propria religione, il proprio colore di pelle, la propria nazionalità e via dicendo, ma tutti uguali. Non c’è nulla da sottolineare”.
E quanto sia importante l’inclusività per Carolina Benvenga è chiaro sin dalla copertina del suo libro, Il girotondo delle stagioni. Basta guardare il tratto con cui sono realizzate le quattro stagioni per vedere come ognuna di esse sia unica.
Intervista esclusiva a Carolina Benvenga
Carolina, sono del parere che il tuo sia un libro indirizzato ai bambini ma che necessita di essere letto prima dai genitori: imparerebbero molte cose.
Un po’ come tutti i miei prodotti, dovrebbero essere visti prima dai genitori e poi dai bambini. Servirebbe a evitare determinati danni: i bimbi sono lo specchio delle proprie famiglie. Se i bambini non mostrano integrazione o tolleranza è perché nelle loro case non ce n’è. Bisogna andare a ricercare le problematiche alla radice. Sono cresciuta in una casa dove ognuno è sempre stato libero di essere chi si sentiva di essere e di fare quello che si sentiva di fare, ovviamente sempre nel rispetto del prossimo sia fuori casa sia dentro casa.
L’importanza che ha avuto la tua famiglia è chiara sin dalle prime pagine del tuo libro. Lo dedichi a tua nonna, definendola la più bella delle stagioni.
Mia nonna è scomparsa a metà agosto di quest’anno. È venuta a mancare per un tumore molto aggressivo che, purtroppo, se l’è portata via in soli due mesi e mezzo. Avevo un rapporto molto particolare e simbiotico con lei. Fino ai quattordici anni ho abitato con lei e dormivo persino nel suo letto. È il motivo per cui, quando si è ammalata, ho annullato tutti i miei impegni di lavoro. Sono rientrata a Roma per starle vicino, nella casa che avevo da poco comprato appositamente per lei e per la sua vecchiaia, di fronte a casa di mia mamma. Siamo state lì dentro per due mesi e mezzo, anema e core. Purtroppo, la sua malattia aveva un destino già segnato sin da quando ci hanno dato il primo referto, non abbiamo mai avuto speranze. Abbiamo solo cercato di vivere il tempo che avevamo a disposizione nel modo migliore possibile.
Il libro è dedicato a lei. Se dovessi scegliere qual è la stagione preferita della mia vita, non avrei dubbi: è quella vissuta finché c’è stata mia nonna. Ora sono entrata in un’altra stagione: non è che non mi piaccia – la vita va sempre ringraziata – ma mi piaceva di più quella con lei. È il gioco della vita, tutti ne facciamo parte e va accettato. La morte è una di quelle regole che ci accomuna tutti: è giusto così e va bene…
Resto, però, una persona molto positiva e propositiva: è cambiato tutto ma occorre trovare altri modi per essere felici, altri scopi e altri punti di riferimento. Chi rimane, a un certo punto, fortunatamente va avanti. La vita è anche altro. Non è solo morte ma è anche vita, appunto: figli, relazioni, amore. C’è tanto di bello per cui vivere. Mia nonna, ne sono certa, mi avrebbe detto che non vale la pena soffermarsi troppo sul dolore: c’è, fa parte del percorso, è giusto viverlo, sentirlo e attraversarlo, ma ci si deve anche rialzare, rimboccarsi le maniche e andare avanti perché ci sono tante cosa belle per cui svegliarsi la mattina.
Come il tour teatrale che sto preparando e che parte l’8 dicembre: ci sono già 26 mila bambini che non vedono l’ora di assistere allo spettacolo. Devo fare allora del mio meglio perché li voglio stupire: voglio vedere le loro facce felicissime e sentirli dire alle loro mamme “Wow, che bello! Grazie per avermici portato”. Tutto si riduce alla loro felicità: ogni sforzo e fatica del lavorare nonostante un umore non proprio idilliaco è ripagato da loro.
Hai appena citato i bambini e non posso non chiedertelo. Ti si definisce una “tata 2.0”. Non pensi che sia riduttiva come definizione per il ruolo di responsabilità che ricopri nei loro confronti?
Nì… quello di tata è un ruolo di grande responsabilità (sempre che uno lo affronti in maniera responsabile, ovviamente). Io mi prendo la responsabilità al 100% dei bambini ed è un qualcosa che mi riempie di orgoglio e mi sprona a fare sempre meglio. Creo per loro prodotti davanti ai quali i genitori possono stare tranquilli. Ogni genitore deve poter star sereno, contare su di me e abbassare la guardia. Penso io ai loro figli perché sto attenta a ogni dettaglio della mia produzione: mi faccio da organo di controllo da sola.
Seguo la post produzione, sto attenta al testo, valuto i messaggi diretti o indiretti che trasmetto, prendo in considerazione i colori che uso e gli strumenti che veicolo. Ho imparato quanto la fascia dei bambini sia molto delicata e da tutelare: parlare ai bambini in modo irresponsabile è da irresponsabili. I bambini imitano qualsiasi cosa tu faccia e prendono per vera o giusta qualsiasi cosa tu dica. Proprio per questo ragiono in termini di previsione: non posso fingere che non potranno esserci conseguenze a ciò che propongo. Chi non se ne preoccupa, si limita a creare contenuti solo per le visualizzazioni non pensando al cattivo servizio che fa ai genitori e alla famiglia.
Quello delle conseguenze dovrebbe essere argomento di discussione per chiunque crei contenuti digitali. Ricordiamo sempre il caso della bambina di Palermo morta per asfissia per aver emulato una challenge su TikTok.
Ricordo molto bene quella storia. Se ci penso, mi vengono ancora i brividi addosso. È mai possibile che noi content creator, mi ci metto in mezzo anch’io, si arrivi a creare contenuti che tolgono la vita? Non dormirei più la notte sapendo che il mio cattivo esempio abbia messo fine alla vita di qualcuno, non potrei mai vivere con quel senso di colpa. Noi dobbiamo insegnare ai bambini le gioie della vita, come farle proprie, affrontarle o scoprirle, o come superare i momenti di difficoltà con il sorriso o la gioia. Non dobbiamo essere noi a metterli in pericolo. Non esiste.
In un momento in cui si parla tanto di disagio, in La fuga di Inverno, sottolinei l’importanza del parlare dei propri problemi quando questi si verificano.
Non è un caso che se ne parli nella storia dedicata all’inverno. Statisticamente, è dimostrato che i bambini e le bambine con personalità più introverse provano difficoltà maggiore nell’esprimere i propri sentimenti in inverno. Quelli sono i bambini e le bambine che vanno tutelati ancora di più, capiti e spronati al dialogo. Non vanno obbligati a parlare ma occorre rispettare i loro tempi e far sentire loro la nostra presenza. I genitori devono stare attentissimi ai segnali che lanciano.
Dal canto mio, posso però creare dei contenuti che propongono delle situazioni verosimili a quelle che vivono i bambini, che facciano da esempio. Quando io e Lallo alla Posta di Yoyò su RaiGulp litighiamo, non lo facciamo per far solo ridere o divertire: il nostro obiettivo è quello di mostrare ai bambini come superare un conflitto che si viene a creare con la comunicazione, la collaborazione e il ragionamento.
I genitori devono stare attenti ai segnali che i loro figli lanciano ma anche all’uso che i loro figli fanno degli smartphone, mi viene da aggiungere.
Non demonizzo affatto gli smartphone, i social o internet: ci sono anche tante belle cose o realtà. Come dicevo anche prima, dobbiamo essere noi adulti a indirizzare i nostri bambini verso i contenuti adatti a loro. Io sono responsabile di ciò che propongo io su YouTube e non di tutto ciò che c’è su YouTube: sta al genitore avere il controllo della situazione, della qualità e del prodotto che viene visto dal bambino, o del tempo da destinare all’uso della piattaforma. Siamo noi le loro guide e infondere loro un senso di sicurezza rimanendo anche fermi nelle nostre decisioni. Chiaramente, se imponiamo delle regole, i bambini in un primo momento piangeranno o si dispereranno ma più siamo fermi più loro si sentiranno tranquilli.
Uno dei tuoi pregi è quello di rivolgerti ai bambini come se fossero davvero figli tuoi.
Sento la responsabilità di trattarli veramente come figli miei e di insegnare loro le cose in cui credo e che vorrei che loro imparassero. Alla fine, capisco anche gli insegnanti. Viviamo in un’epoca in cui un insegnante deve persino stare attento per aver sgridato un bambino per paura della reazione del genitore. È chiaro che serve sempre una via di mezzo: non voglio né santificare né demonizzare la categoria. Ci sono insegnanti esagerati però ci sono anche genitori che tendono a giustificare i figli piuttosto che riconoscerne eventuali problematiche. Affrontarle richiederebbe loro attenzione e genererebbe fatica. Ma la fatica che superi oggi rende tuo figlio un adulto competente domani, in grado di avere a che fare con l’ambiente che lo circonda.
La parola ambiente mi fa pensare all’attenzione che in Il girotondo delle stagioni dedichi alla questione ecologica, sia nel racconto con protagonista Primavera sia in quello con al centro Inverno.
È fondamentale trasmettere ai bambini la giusta consapevolezza dell’ambiente e dei temi ecologici. Dobbiamo puntare a loro perché stiamo parlando del loro futuro: sono gli unici che possono salvare questo pianeta e per farlo hanno bisogno della giusta sensibilizzazione. Già il mio primo libro parlava del prendersi cura dell’ambiente ma ho voluto toccare nuovamente la questione perché ci tengo particolarmente che i bambini imparino il rispetto per tutto ciò che li circonda in maniera totalmente naturale.
Faranno così meno fatica a mettere in atto determinati comportamenti: se ai bambini insegni che la carta va gettata nel cestino della carta e la plastica in quello della plastica, lo faranno sempre troppi sforzi. Spero che le similitudini introdotte nelle mie storie possano lavorare nel loro subconscio: provo a gettare un sasso nello stagno con la speranza che l’onda concentrica generata diventi sempre più grande.
In Il fantasma spaventino, il racconto che ha come protagonista Autunno, affronti un altro tema spinoso: il bullismo. Quanto è difficile affrontare l’argomento con i bambini?
Bullismo è un termine che noi adulti utilizziamo ma che i bambini non conoscono. Se un bambino impara che esiste una diversità è solo perché tale diversità viene sottolineata negli ambienti che frequenta. Se invece l’ambiente è sano, il bambino non vedrà differenze tra chi è più paffutello o magro, chi ha un colore di pelle o un altro, e tra chi ha un’unicità e chi un’altra, per allargare il discorso. Il concetto di diversità non è insito nel bambino: il bullismo nasce là dove c’è qualche tipo di alterazione della comunicazione a livello familiare o in un contesto in cui è molto marcato il fattore discriminatorio.
A mio avviso, in tutte le scuole si dovrebbe affrontare l’argomento, al di là del fatto che possa essere presente o meno qualche fenomeno di bullismo. Dovrebbe diventare argomento di educazione civica: sai, quella materia che studiavamo un tempo noi e che adesso è scomparsa. Anziché insegnare ai bambini come funziona un motore (tanto lo ristudierà quando dovrà prendere la patente), insegniamo loro come si sta in società.
Rispolveriamo l’educazione civica e parliamo loro di ambiente e di non diversità. Insegniamo come avere rispetto per il prossimo e per l’ambiente significhi di fatto diventare un essere umano completamente in grado di poter vivere in questa società e in questo mondo. Insegniamo che siamo tutti uguali e unici, insegniamo che, anche se qualcuno ci sta antipatico (è umano che accada), non va trattato male. E insegniamo, infine, come non ci si debba regolare con la vendetta quando capitano dei disguidi: occorre che in quei casi subentri la persona adulta ad aiutare i bambini nella risoluzione della problematica che si è creata.
Elvira Mondogira, il racconto che ha al centro Estate, è un invito a godersi la bellezza che ci gira intorno ma anche a riscoprire l’importanza di un buon libro, che può aiutarci a viaggiare anche solo con la fantasia.
Mi rivedo molto in Estate. Caratterialmente siamo molto simili: propositive, solare, giocose e avventurose. La storia di Elvira è molto simpatica: mi rivedo molto nel suo desiderio di viaggiare intorno al mondo, anche se il mondo vero e proprio purtroppo non l’ho girato quanto avrei voluto. Ho avuto però modo di visitare l’America, il Giappone e l’Europa in lungo e in largo. Mi piace scoprire nuovi posti, nuove culture, nuovi modi di essere: solo allora realizziamo quanto in realtà siamo solo un’infinitesima parte di un mondo gigantesco pieno di personalità totalmente differenti.
Quel racconto è un modo per far avere ai bambini la misura di quante possibilità hanno davanti a loro. Per raggiungerle, l’importante è impegnarsi e cercare di mettercela tutto: la costanza e l’impegno sono alla base di qualsiasi realizzazione. Non esiste solo la realtà a cui siamo abituati: c’è un mondo intero che ci aspetta!
Un plauso particolare va al tratto e ai colori del personaggio di Estate.
Essere diversi è un pregio. Siamo tutti diversi così come diverse sono le famiglie di oggi da quelle del passato. Non importa che una famiglia sia “tradizionale”, monogenitoriale, omogenitoriale: l’importante è che ci sia l’amore. Se c’è amore, siamo tutti felici. Che a crescere un bambino siano un uomo e una donna, due donne, due uomini, un uomo o una donna e basta, i nonni o gli zii, non importa se c’è alla base l’amore. I bambini devono essere amati, il resto è solo un discorso politico che niente ha a che vedere con loro.
Lo abbiamo accennato prima. Stai per partire con il tour del tuo spettacolo incentrato sul Natale (qui tutte le tappe). Cos’è per te il Natale?
Il Natale per me è sempre stato famiglia. Mia nonna era il nostro punto di riferimento attorno a cui ci riunivamo tutti per Natale ma anche la domenica. Quello che verrà sarà il primo Natale senza di lei ed è un Natale a cui tutti ci stiamo avvicinando con timore perché non sappiamo realmente come lo affronteremo. Sono contenta di avere un tour in partenza: mi lascia poco tempo per pensarci. Comunque sia, il Natale rimane per me un momento di famiglia e condivisione. Lo era con nonna e lo sarà ancora di più senza di lei: sono sicura che ci stringeremo ancora di più.
Sono da sempre una grande fan delle tradizioni. Per me non c’è nulla di più gratificante che trascorrerlo con tutti i miei zii, i miei cugini e i miei nipoti. Sento il Natale più di qualsiasi altra cosa: è famiglia.
E una famiglia tutta tua?
Volentierissimo. Se non fosse che ogni tre per due mi imbarco in un progetto nuovo, probabilmente avrei già una miriade di figli. Rimando di anno in anno ma il tempo passa. Con il mio compagno, ci siamo detti che a un certo punto occorrerà fermarsi prima che arrivi quel momento in cui, guardandoci in faccia, ci renderemmo conto di aver rimandato troppo.