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Caterina Cropelli: “Sono solo una ragazza che prova a vivere di musica” – Intervista esclusiva alla cantautrice

caterina cropelli
In queste stanze piene è il titolo del secondo album di Caterina Cropelli, undici tracce in cui, dopo il successo del disco di esordio, racconta di sé e delle sue sensazioni. In quest’intervista esclusiva, la ventiseienne cantautrice trentina ci parla del suo lavoro ma racconta molto anche di sé.

Caterina Cropelli ha da poco pubblicato il suo secondo disco, In queste stanze piene (Fiabamusic / Ada Musi Italy). Dopo il successo del primo album, l’ex concorrente di X-Factor da 3 milioni e mezzo di ascolti su Spotify, è tornata con un nuovo lavoro in cui, come nel precedente, ha potuto contare sugli arrangiamenti di Clemente Ferrari e sulla collaborazione di colleghi come Gio Evan e Anansi.

Nelle undici canzoni, un viaggio tra leggerezza, empatia, sensibilità e consapevolezza, Caterina Cropelli ci accompagna all’interno della sua “casa disordinata”, la stessa che negli ultimi due anni le è mancata per come è cambiata la sua stessa vita.

Ed è dai cambiamenti che sono avvenuti che partiamo da questa intervista in esclusiva in cui Caterina Cropelli lascia spazio alla giovane donna che è in lei per raccontarci di amore, paure, mancanze e presenze. Ma anche di come ha combattuto i disturbi del comportamento alimentare, tema che torna in Sempre più piccola, la prima canzone che ha scritto in vita sua che spera “possa esser d’aiuto per una ripartenza a chi l’ascolterà”.

Caterina Cropelli.
Caterina Cropelli.

Intervista esclusiva a Caterina Cropelli

“Scusami ma non ti sento bene. Abito in un palazzo vecchio e quindi i muri sono spessi: ci sono punti in cui non prende”. Esordisce così Caterina Cropelli nel momento in cui la raggiungo telefonicamente per l’intervista. Neanche a farlo apposta la conversazione verte subito sulla casa, uno dei temi ricorrenti del suo nuovo disco, In queste stanze piene.

Contrariamente a quanto si fa di solito, parto dalla fine del suo disco. Chi lo ha comprato il supporto fisico, si sarà accorto di una traccia in più, in cui Caterina Cropelli canta – letteralmente – i credits. “Lo avevo fatto anche nel mio primo album, anche se erano stati realizzati da mia sorella. Ho pensato che fosse carino tornare a ripetere l’esperimento”, mi dice.

Da dove nasce il titolo dell’album, In queste stanze piene?

Il titolo è nato quasi per caso. L’accoglienza riservata al primo disco mi aveva messo addosso molte pressioni psicologiche, pressioni che in certi casi ci inventiamo noi stessi per renderci la vita un po’ più complicata. Dal primo lavoro, non mi aspettavo nulla: non avevo mai scritto canzoni prima e non sentivo il peso delle aspettative. Questo secondo lavoro, invece, mi faceva capire che c’era una certa attenzione nei miei confronti da parte delle persone che sono venute a vedermi in concerto o hanno ascoltato la mia musica. Mi sentivo un po’ responsabile nei loro confronti.

Ho dovuto capire che il peso andava messo da parte e che dovevo essere me stessa: magari qualcun altro poteva ritrovarsi a vivere quello che stavo provando io in quel momento o comunque dargli una sua chiave di lettura. Ho cominciato allora a scrivere senza pensare al circolo vizioso che si era creato nella mia testa. Non avevo deciso un titolo: sono un po’ una scappata di casa, quella dell’ultimo minuto. Ma, una volta avute tutte le canzoni sotto il naso, ho realizzato che avevano una sorta di fil rouge: il bisogno di una casa. È qualcosa che ho avvertito parecchio negli ultimi due anni e che in maniera inconscia era filtrata nei miei testi.

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Casa per te è fondamentalmente il Trentino, la regione in cui sei nata?

Si. Abito ora a Trento da circa un anno e mezzo. Si tratta comunque di una città molto verde tra le montagne, da cui in poco tempo si può essere in posti meravigliosi. Sono originaria della Val di Sole.

E di cosa erano piene le stanze di cui volevi raccontare?

Erano piene di tante cose. Alcune però si sono anche svuotate per lasciar posto a qualcos’altro. Ho avuto una vita abbastanza piena.

E cosa ti ha dato maggior pienezza?

Forse non ho mai raggiunto un senso di pienezza totale, non so se ci arriverò mai a quella sensazione. Sento in qualche modo di dover fare ancora altro. Tuttavia, posso dirne una: l’aver superato i disturbi del comportamento alimentare per me è stata una tappa fondamentale della mia esistenza. Poi, ci sono tantissime altre cose che mi in qualche modo mi riempiono, tanti piccoli traguardi – lo dico sottovoce perché mi fa paura – come ad esempio questo secondo disco. Spesso non me ne rendo conto ma fino a cinque anni non scrivevo nemmeno. Spero di poter continuare a farlo ancora, incrocio le dita, sto zita e vado avanti a testa bassa.

Hai citato la scrittura: quasi tutte le 11 tracce portano la tua firma come autrice.

Un paio mi sono state regalate. Una porta la firma di Gio Evan e l’altra di Anansi. Me le sono sentita subito addosso anche se non le avevo scritta io, non avrei altrimenti potuto cantarle.

Groenlandia di Gio Evan è anche una canzone abbastanza difficile, oltre che bella, in cui la Groenlandia viene descritte come una terra a pezzi.

È stato il mio sentirmi a pezzi nel momento in cui l’ho ricevuta a farmela sentire come cucita addosso. La prima volta che l’ho cantata e l’ho ascoltata con la mia voce, ho realizzato che le parole venivano fuori in modo molto naturale.

Caterina Cropelli.
Caterina Cropelli.

Mentre Non so dove abito è una delle canzoni che non lasciano adito a dubbi, mi sono chiesto chi fosse la persona che aleggia in Casa mia.

Ho pensato a mia nonna e, fondamentalmente, a tutto l’amore che ci circonda e alle nostre radici, elementi che ci vengono anche dalle persone che in una casa ci sono state prima di noi: noi siamo loro, in qualche senso. I miei nonni sono venuti a mancare tutti molto giovani e l’unica di cui ho qualche ricordo è la nonna materna: quando è morta, avevo dieci anni. Me la ricordo ancora come una persona molto pacata ma mi sarebbe piaciuto godermela per molto più tempo. Se penso a lei, penso a una ninna nanna che mi cantava: mi fa sorridere pensare a come fosse molto stonata ma mi mette anche malinconia.

Dai testi di In queste stanze piene mi sembra di capire che in amore non sia un momento particolarmente facile.

Diciamo pure che ho un rapporto un po’ complicato sull’amore. Penso di dover lavorare su me stessa e di dover sistemare delle cose. Cerco sempre di capire come si possa essere altruisti in amore o voler il bene dell’altra persona, anche a discapito del proprio. Ci ho scritto su un paio di canzoni su quanto sia difficile rimanere coerenti con se stessi e contemporaneamente non esserlo. A volte riesco a essere altruista, altre volte no.

In Causa affetto, la canzone che fa da singolo di lancio, canti che hai un anno in più ma meno coraggio.

Eh, sì. Guardandomi intorno, mi sono resa conto che crescere ci toglie un po’ di incoscienza: sembra quasi che si diventi troppo vecchi per fare delle cose, come se ci imponessi degli schermi mentali. Mi dà fastidio sapere che crescendo ci ancoriamo più alla sicurezza o alle certezze, diventando dei fifoni. Non facciamo più le cose che ci piacciono: abbiamo più esperienza sulle spalle ma non la usiamo bene. La canzone è una sorta di promemoria per me stessa: se devi far qualcosa, fallo ora perché più cresci più perdi il coraggio di diventare cosa vuoi.

Nel testo di La promessa, ci si chiede a cosa serve una carezza. Ti sei data una risposta?

La sto ancora cercando. Non ho ancora trovato una spiegazione.

Quali sono le carezze che ti mancano maggiormente?

Tutte quelle che ruotano intorno al bisogno di casa.

I tuoi genitori hanno sentito il disco? In qualche modo, casa sono anche loro.

Ho sempre avuto il loro supporto ma sono sempre stata sulle mie. Anche quando vivevo con loro, quando c’era da andare a suonare, prendevo un autobus piuttosto che farmi accompagnare. Mi son sempre detta che la musica era una cosa mia anche se ogni tanto mi è capitato di trovare mio padre che guardava un mio video o ascoltava una mia canzone. Però, non ho mai chiesto loro cosa pensassero. Porterò di sicuro loro il nuovo disco ma non chiederò cosa pensano! So che sono contenti.

Il mio bisogno di casa, comunque, non credo sia dipeso da loro. È un’urgenza mia: vivo da sola da un anno e mezzo e, quindi, penso che la mia sia una crisi con me stessa.

E in questo lasso di tempo hai trovato tue nuove abitudini, per citare il titolo di un’altra delle tracce?

Ho trovato alcuni posti dove andare. Nei primi tempi, mi chiedevo dove andassero le persone a passeggiare in città ma poi ho trovato i miei spazi verdi dove andare a prendere ossigeno. Inizialmente, non è stato facile integrarsi, anzi… mi spostavo da un paesino a una città ed era per me tutto nuovo.

E perché proprio Trento e non Milano, ad esempio, città in cui avresti potuto essere più vicina al mondo musicale?

Perché non volevo spostarmi di molto dalle mie origini e star lontana dalla montagna. Trento è sicuramente più comoda di dove vivevo prima, un luogo difficile per i collegamenti. Da Trento, invece, sei subito in autostrada e arrivi dove vuoi. Non ho mai amato il caos delle grandi città: la vita mondana non fa per me. Non sono tipo che incontra gente o va agli eventi tanto per farlo: sarei finta. Per me, gli incontri più belli sono quelli che capitano per caso. Che ne so? Andare in un concerto in montagna, mangiare polenta con i funghi e nel frattempo conoscere qualcuno. Sono un po’ più casereccia!

Caterina Cropelli.
Caterina Cropelli.

Nell’album hai voluto inserire anche Sempre più piccola, la prima canzone che hai scritto e in cui parli apertamente dei disturbi del comportamento alimentare che hai vissuto. Hai anche dichiarato che la musica è stata per te terapeutica.

La mia voce è stata il mio campanello d’allarme. È lo strumento più vicino al corpo che abbiamo. Quando mi è venuta a mancare, ho realizzato finalmente che al mio corpo stava succedendo qualcosa. Ero arrivata a non avere più voce e non avere più le forze per cantare e per esprimermi. Ho studiato scienze umana e chiaramente sapevo cosa fossero i disturbi del comportamento alimentare. Da un certo punto di vista ero consapevole di cosa mi stesse succedendo ma psicologicamente non era facile reagire.

Chi non ha mai vissuto un disturbo alimentare non ha consapevolezza di quale sia la voce che si instilla nella testa.

C’è un continuo scontro di volontà perché, comunque, la parte razionale di te dice che stai sbagliando e ne capisce la pericolosità. È un continuo fare a cazzotti con se stessi. Credo che l’essere passata da una malattia come l’anoressia mi abbia sensibilizzata molto sull’empatia verso gli altri e sul desiderio di capirli il più possibile.

Sei riuscita a risalire all’origine del disturbo? Hai chiesto aiuto?

Penso di sì, penso di essere arrivata in qualche modo a capire i punti chiave e ciò che psicologicamente lo aveva scatenato. Sono stata molto fortunata perché ho trovato delle persone che, entrando nella mia vita, mi hanno aiutata a capire cosa stesse accadendo, sebbene io ne avessi consapevolezza. Non sono mai stata in un centro ma sono sempre andata da una psicologa. Già a tredici anni non mi facevo problemi ad andar da lei e a parlare di quanto mi accadeva, nonostante poi sia finita con il vivere in prima persona un disturbo alimentare.

Ho capito quanto grave fosse il mio problema quando ho imparato a vedermi con gli occhi degli altri: è questo che mi ha dato la forza di uscirne e venirne fuori.

E ne sei uscita del tutto?

Si, sono riuscita a farcela. Anche perché per me era un paradosso soffrire di un disturbo del comportamento alimentare. Sono sempre stata una buona forchetta e ho sempre fatto tanto sport: mi sono privata di qualcosa che per me piaceva e mi serviva per reintegrarmi. Una delle mie più grandi paure era quella di non riacquistare il gusto per il cibo. Ho capito che la causa non era il cibo ma ciò che vedevo allo specchio. Oggi sono tornata a vivere il cibo con serenità: sedermi a tavola a mangiare è un momento bello per me: è una gioia potersi nutrire, poter assaggiare e sentire il gusto di questa vita, che è bellissima.

Non hai paura che un evento scardinante possa riportarti indietro?

No, per ora non ho questa paura. E infatti ho messo la canzone nel secondo disco e non nel primo proprio perché c’è stata una guarigione completa. Dai disturbi del comportamento alimentare si può e si deve veramente guarire, senza aver paura di rivolgersi a degli specialisti, a cominciare dagli psicologi: è importante prendersi cura della propria felicità.

E chi sei ora?

Sono semplicemente una ragazza che sta provando a vivere di musica, che si pone delle domande essenziali e che nel frattempo cerca di viversela bene affrontando anche le sfide.

Caterina Cropelli.
Caterina Cropelli.
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