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Chiara Bordi: “I fantastici 5: un cambio di prospettiva sulla rappresentazione” – Intervista esclusiva

Chiara Bordi serie tv I fantastici 5
The Wom incontra Chiara Bordi alla vigilia della messa in onda su Canale 5 della serie tv I fantastici 5, in cui interpreta Laura, una ragazza che dopo un incidente scopre la passione per lo sport.

Chiara Bordi, nella nuova serie tv di Canale 5 I fantastici 5, interpreta il personaggio di Laura, una ragazza che all’inizio della storia si gode la spensieratezza dei vent’anni, ignara del destino che da lì a poco l’attende. Bel sorriso, fisico longilineo e una bontà che non ha eguali, Laura una sera mentre rientra a casa a bordo del suo scooter ha un incidente che cambia per sempre il resto della sua vita.

Quella sera, Laura perde infatti una gamba, che le viene amputata. Ciò che per molti rappresenterebbe la fine di tutto per la Laura della serie tv I fantastici 5 segna invece l’inizio di un nuovo percorso, un’esperienza molto simile a quella che la stessa Chiara Bordi si è ritrovata a vivere poco più che tredicenne.

Chiara Bordi non era nemmeno adolescente quando un incidente in motorino (“che fatica girare quella scena”, ci racconta) ha riscritto le sue priorità e il suo carattere spingendola a tirare fuori tutta la sua forza e la sua determinazione. Mentre la Laura della serie tv I fantastici 5 scopre il mondo dell’atletica paralimpica per caso, Chiara Bordi ha maturato il desiderio di diventare attrice guardando una serie tv come Braccialetti rossi in cui nel racconto, per quanto bello che fosse, mancava la giusta rappresentazione delle persone con disabilità.

Forse con l’ingenuità che solo quando si è adolescenti e pieni di vita si può avere, Chiara Bordi ha scritto allora alla produzione della serie tv che tanto amava ma, purtroppo, non ha mai avuto risposta. Tuttavia, il suo sogno era talmente grande che, passo dopo passo, Chiara Bordi è riuscita ad agguantarlo, prima con il ruolo di Carola nella serie Prisma e ora con quello di Laura nella serie tv I fantastici 5.

Di lei, della sua esperienza a Miss Italia (dove si è classificata terza), delle difficoltà, delle ansie e delle gioie che la serie tv I fantastici 5 ha per lei comportato, abbiamo parlato direttamente con Chiara Bordi, in un’intervista in cui rivela le sue mille sfumature di giovane donna, il suo amore per gli animali e le sue scelte, non sempre facili, che hanno persino rischiato di farla risultare antipatica…

Chiara Bordi (foto: Erica Fava; Produzione: Muro Productions; Si ringrazia: COTRIL; make-up: Alessan
Chiara Bordi (foto: Erica Fava; Produzione: Muro Productions; Si ringrazia: COTRIL; make-up: Alessandro Joubert per Simone Belli Agency; Styling: Stefania Sciortino; Location: Double Tree Roma Monti, Coraline Luxury Concierge).

Intervista esclusiva a Chiara Bordi

Chi è Laura, la giovane atleta che interpreti nella serie tv di Canale 5 I fantastici 5?

Laura è l’ultima a entrare nella società sportiva e, quindi, a far parte del gruppo dei cinque atleti attorno a cui ruota la storia. Dopo l’incidente di cui è vittima, nasce in lei la passione per l’atletica, una passione che la spinge ad avere come obiettivo quello di entrare a far parte della società sportiva più rinomata d’Italia, la NovaLux. E ci riesce proprio perché è molto determinata: quando vuole qualcosa, farà di tutto pur di raggiungerla.

Tuttavia, al suo arrivo nella società sportiva che ha fino a quel momento sognato si scontra con una realtà diversa da quella che immaginava, con un clima tutt’altro che accogliente. I ragazzi che la compongono sono infatti tutti molto competitivi e, soprattutto, molto individualisti, per cui ognuno guarda soltanto al proprio risultato.

Dopo un iniziale momento di sconforto, Laura prende un po’ la palla al balzo per dimostrare quanto vale. Nelle sue stesse condizioni, si trova inizialmente e fortunatamente anche Riccardo, il nuovo allenatore interpretato da Raoul Bova: il condividere lo scontro con la stessa realtà, anche se per motivi diversi, fa sì che i due riescano a empatizzare molto.

Hai appena usato un aggettivo fondamentale per descrivere Laura: determinata. Una determinazione che, se vogliamo, troviamo anche in te quando qualche anno fa hai deciso di presentarti al concorso per Miss Italia. Anche quello è un ambiente molto competitivo in cui si punta più all’individualismo che al collettivo.

Non avevo mai pensato a quest’aspetto. Prima di vivere la mia esperienza a Miss Italia, anch’io pensato che fosse un contesto molto competitivo ma, fortunatamente, ho scoperto che così non era, stringendo amicizie e legami. È vero, comunque, che in un primo momento mi sono sentita spaesata ma perché mi trovavo in quel concorso con obiettivi diversi da quelli delle altre ragazze: ero lì un po’ per gioco e un po’ per mandare un messaggio.

Ero molto piccola, ho compiuto 18 anni proprio su quel palco, e non sapevo ancora bene quale forma dare al mio futuro: avevo sì come idea e sogno quelli di fare l’attrice ma non ci avevo mai pensato concretamente. Tra l’altro, è stato proprio a Miss Italia che ho conosciuto Fiorenza D’Antonio, la ragazza che nella serie tv I fantastici 5 interpreta Marzia: siamo entrambe arrivate sul podio e, quando ci siamo riviste sul set, una delle prime cose che mi ha detto è che si ricordava come già cinque anni fa dicessi di voler fare l’attrice.

Con Laura, il mio personaggio, ho sicuramente in comune la determinazione: anch’io ero determinata nel voler raggiungere il mio scopo, che in quel caso era quello di mandare un forte messaggio alle persone. E fortunatamente ci sono riuscita.

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Di Laura sappiamo per certo che è una sorta di Madre Teresa: la bontà è uno dei suoi tratti caratteristici.

Laura è molto buona. La definisco sempre come molto pura ed è un suo lato che mi piace tantissimo, soprattutto per il contrasto che si crea con l’ambiente in cui si ritrova: gli altri sono tutt’altro che persone buone inizialmente.

La bontà, però, è qualcosa che può assumere anche una connotazione negativa, soprattutto quando sfocia nella finta compassione. Che valore dai alla bontà quando ti rendi conto che non è sincera?

La bontà è una qualità che cerco molto negli altri. Anch’io mi definisco una persona molto buona, tanto che molto spesso le persone che fanno parte della mia vita mi dicono di esserlo fin troppo. È una caratteristica che ho preso dai miei genitori: come me, anche loro sono molto, molto buoni. Tuttavia, hai detto bene: la bontà a volte può avere i suoi risvolti negativi. Quando si è troppo buoni, a volte ci si scontra con delle situazioni che ti portano ad abbassare troppo la testa: l’importante è comunque conservare una sorta di dignità di se stessi e di orgoglio.

Tutt’altra storia è il finto buonismo, qualcosa che ho vissuto sulla mia pelle con le parole e gli sguardi degli altri. È un aspetto che la serie tv I fantastici 5 non racconta proprio perché vuole uscire dallo stereotipo e dal pregiudizio che gli altri hanno riguardo le persone con disabilità, da quell’abilismo interiorizzato che porta gli altri a pensare “poverino, dopo tutto quello che gli è successo”, accompagnato da sguardi pietistici: è quanto di più sbagliato possa esistere. E lo è perché si parte dal presupposto che una persona con disabilità abbia per forza una vita peggiore della tua quando non è assolutamente così. La disabilità è solo una caratteristica in più di una persona: non vuol dire che abbia una vita brutta o che vada guardata con pietà.

Di questa serie, mi ha colpito come sin dai primi minuti i personaggi con disabilità, a parte il mio, siano presentati come molto tosti e duri. Nel vederli, vien da pensare ‘Madonna, che stronzi questi qui!’, sebbene sia una cosa normale a tutti gli effetti: anche le persone con disabilità hanno mille sfumature e mille caratteristiche differenti. Come chiunque altro, possono anche starci antipatiche, qualcosa che per bias difficilmente si è portati a pensare. Dovrebbe essere normale pensarlo ma è ancora rivoluzionario…

Mi viene in mente in tal proposito il personaggio di Isaac, un ragazzo in carrozzina, nella serie Sex Education. Sono rimasta sconvolta nel leggere sui social come, dopo un suo gesto alla fine della prima stagione, in molti scrivessero che era la prima volta che una persona con disabilità stava loro sulle palle per qualcosa che aveva fatto. Com’era possibile? Siamo tutti caratterizzati da infinite e diverse sfumature: è normale che anche le persone con disabilità possano non piacere… quindi, che ben vengano i racconti che smontano i pregiudizi e gli stereotipi che ancora ci sono.

I fantastici 5 è rivoluzionaria perché per la prima volta evita di raccontare la persone con disabilità ricorrendo alla metafora del super eroe. Da questo punto di vista, in termini di rappresentazione, segna un importante passo avanti: la disabilità diventa una componente del racconto ma non la componente.

Sono d’accordissimo. In genere, le persone con disabilità vengono presentate in due modalità standard: vittime o supereroi. Due tipologie di archetipi che inevitabilmente o colpiscono alla pancia e fanno tenerezza o portano alla tipologia di personaggio necessariamente saggio, positivo e forte. Niente di più sbagliato: si finisce in questo modo per appiattire una persona e non considerarne tutte le sue peculiarità. I protagonisti della serie tv I fantastici 5 sono raccontati sotto tante luci: le loro vite sono contornate dalla passione per lo sport ma anche da relazioni e moltissimi altri aspetti che non sempre riguardano la loro diversità. Ragione per cui chiunque può empatizzare con loro e può sentirsi rappresentato: a definirli non è la loro disabilità.

Chiara Bordi nella serie tv I fantastici 5.
Chiara Bordi nella serie tv I fantastici 5.

Le dinamiche con cui Laura si ritrova con una disabilità sono molto simili a quelle che hai vissuto tu in prima persona quando eri poco meno che adolescente: le viene amputata una gamba dopo un incidente in scooter. Quanto ti sei sentita chiamata in causa nell’interpretare Laura?

Io e Laura, anche se in età diverse e in contesti differenti, condividiamo un’esperienza molto simile: entrambe abbiamo un incidente ed entrambe affrontiamo tutte le difficoltà che si presentano a seguito dello stesso. E non mi riferisco solo alla disabilità: molto spesso un incidente ti lascia conseguenze emotive, brutti ricordi e quant’altro, che nel corso del tempo devi affrontare.

A livello di emozioni, è indescrivibile quello che ho provato quando abbiamo girato la scena dell’incidente. Inizialmente, mi metteva molta ansia farlo. Quando si recita, nel raccontare qualcosa dobbiamo fare appello a delle emozioni che possono essere distanti da te o che possono riguardarti. In questo caso, le emozioni in gioco erano le mie: sentivo l’angoscia di dover rivivere a tutti gli effetti un momento che ho ormai metabolizzato. Sono passati dieci anni da allora ma il ricordo è sempre molto vivido, per cui è stato complicato: avevo veramente il cuore a mille prima del ciak ma, una volta girata la scena, credo che sia stato uno dei momenti più forti, intensi e belli, che mi sia capitato di vivere.

Nel rivedere il risultato, si percepisce che le emozioni in scena mi appartengono. Si potrebbe pensare che sia facile riproporre qualcosa di vissuto ma così non è. Proprio perché le ho vissute realmente è stato complicato inscenarle: rappresentano un tasto per me ‘leggermente’ dolente ma, paradossalmente, è stato veramente stupendo farlo. Ho dovuto ripescare e ritirare fuori quelle emozioni che erano dentro di me e che sono molto, molto forti.

Il momento più drammatico è stato il ritrovarsi distesa su un pavimento in una situazione molto simile a quella che avevo vissuto ma sono rimasta piacevolmente colpita dalla mia capacità (mi do da sola una pacca sulla spalla) di scindere le due situazioni e di non permettere all’ambivalenza della circostanza di distruggermi a livello emotivo. Ho dovuto riportare nel presente le emozioni del passato ma allo stesso tempo ho dovuto distaccarmene per evitare che prendessero il sopravvento: c’è voluto molto controllo ma mi ha permesso di capire che, se si vuole, si possono rivivere anche certe emozioni ponendo però loro dei limiti.

I fantastici 5 rappresenta la tua seconda prova da attrice dopo l’esperienza in Prisma lo scorso anno. Laura, a differenza di Carola, ti ha richiesto uno step in più: la corsa. Ti sei ispirata a qualcuno?

Mi sono ispirata molto ad Ambra Sabatini: è una ragazza giovane e rivedo in lei tantissima passione e determinazione, aspetti che connotano anche Laura. Ho avuto la fortuna di conoscerla e di passarci del tempo insieme varie volte: ho preso da lei tutti gli aspetti legati allo sport e anche Ambra lo sa, gliel’ho detto quando ci siamo incontrate per presentare la serie tv allo scorso Festival di Venezia.

Da un punto di vista di preparazione sportiva, ho chiesto consiglio a diverse persone per far sì che il mio risultato fosse il più veritiero possibile. Oltre ad allenarmi da sola, mi sono allenata con altre ragazze cercando ogni volta di rubare il più possibile con gli occhi o di chiedere per avere qualche informazione in più anche su aspetti pratici. Molto banalmente, cercavo di carpire con lo sguardo cosa potessi riportare nella mia Laura, dal capire come si entra in pista al realizzare in quale momento ci si toglie la protesi. L’ho fatto perché sono i piccoli dettagli quelli che fanno la differenza e rendono ogni aspetto del personaggio vero.

Sul set, ho potuto contare anche su Alessia Donizetti come controfigura. È stata un’atleta agonista ed è a lei che mi rivolgevo nel momento in cui sul set avevo dei dubbi: non sono stata lasciata sola! Ognuno di noi attori a livello fisico è stato chiamato a un lavoro abnorme: ci siamo sottoposti a diversi mesi di preparazione atletica per imparare a correre nella maniera più decente possibile (ride, ndr) e per rappresentare la disabilità del proprio personaggio. Io ho dovuto ad esempio imparare a utilizzare una protesi da corsa, Vittorio Magazzù una carrozzina, Enea Barozzi a muoversi in un determinato modo e Fiorella D’Antonio a correre senza fare affidamento sulla vista.

Molto banalmente, ricordi cosa ti spingeva a voler diventare attrice?

Mio padre mi racconta sempre che quand’ero piccola cantavo sempre I wanna be famous, il motivetto di un cartone animato che guardavo: avevo le idee chiare già allora (ride, ndr). In realtà, ho cominciato a pensare all’ipotesi di diventare attrice quando, pochi mesi dopo il mio incidente, Rai 1 ha trasmesso la prima stagione della serie tv Braccialetti rossi. Raccontava le storie di un gruppo di ragazzi giovani in ospedale che, nonostante vivessero momenti ovviamente difficili, portavano avanti le proprie passioni e non perdevano la voglia di divertirsi anche tra i reparti in cui erano ricoverati.

Tra i vari personaggi, ce n’erano due che avevano subito l’amputazione di una gamba ed io contentissima nel vedere qualcosa che per la prima volta raccontasse anche di me: mi sentivo finalmente rappresentata. Tuttavia, sebbene guardassi con molta passione le loro vicende, gli attori che li interpretavano non erano persone con disabilità. ‘Perché non ci sono attori con disabilità vere?’, mi chiedevo e a quel punto mi sono detta che avrei voluto esserci io: ho mandato una mail, con tanto di foto, video e presentazione, alla redazione della produzione proponendomi per un provino. Ma non ho mai ricevuto risposta: ovviamente ero senza un’agenzia e avevo 14 anni…

I fantastici 5: Le foto di Chiara Bordi

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Per quanto riguarda i protagonisti della serie tv I fantastici 5, non tutti gli attori sono con disabilità.

Quando mi hanno chiamato semplicemente per un incontro con i registi, ero molto titubante: è molto difficile rappresentare la disabilità senza cadere vittima degli stereotipi. Penso anche di essere risultata molto antipatica in quell’occasione perché ho posto tremila domande e preteso in parte che il tutto fosse raccontato nel modo più giusto. Ho anche sostenuto che andavano assolutamente provinate persone con disabilità e so che la produzione si è mossa per trovare attori e attrici con disabilità anche per gli altri ruoli e non solo per il mio.

La volontà, tuttavia, si è scontrata con la realtà e qui occorrerebbe aprire una parentesi enorme. Sebbene ci sia stata la volontà di cercare attori e attrici con disabilità, nella realtà ce ne sono pochissimi. Purtroppo, non capita spesso che le persone con disabilità si avvicinino a questo mestiere perché per troppo tempo c’è stata poca rappresentazione della disabilità per cui chi ne ha una non pensa di poterlo fare. È come se la mancanza di rappresentazione avesse precluso la possibilità di diventare attori e attrici: ecco perché spero che una serie tv come I fantastici 5 (ma anche come Prisma prima) porti a un cambiamento effettivo.

La rappresentazione è importante: nel vedere in scena una persona che abbia le sue stesse caratteristiche e faccia quel lavoro, può portare una persona con disabilità a pensare di poterlo fare anch’essa. Mi auguro che tra dieci anni chiunque voglia realizzare un prodotto del genere con tanti personaggi con disabilità possa attingere a un bacino d’utenza molto più grande di quello di oggi.

Tra gli altri attori con disabilità della serie tv I fantastici 5, c’è anche Nina Rima, nei panni di Greta. Vi eravate conosciute tempo fa in una circostanza che è l’esatto opposto di ciò che vediamo nella serie, dove è Laura a chiedere consiglio a Greta. Com’è stato vivere questa sorta di capovolgimento della realtà?

Da un lato, è stato sicuramente comico. Io e Nina ci siamo conosciute quando, dopo il suo incidente, ha deciso di scrivermi. Ci siamo parlate per diverso tempo e mi aveva anche chiesto della mia esperienza appena intrapresa nella moda. È stato molto strano quando ho scoperto che avrebbe dovuto lei interpretare Greta e che avremmo dovuto dare vita a una situazione che era esattamente l’esatto opposto di ciò che era successo nelle nostre vite.

Oggi possiamo dire che sei un’attrice e che non è più un sogno. Cosa ne pensano i tuoi genitori?

Sono molto orgogliosi e felici. Tra l’altro, non vedono l’ora che vada in onda la prima puntata della serie tv! Come ogni genitore, sono felici dei traguardi della propria figlia e, nel mio caso, lo sono molto di più perché consapevoli del tempo che ho dovuto impiegare per arrivarci e delle complicazioni dovute proprio alla poca rappresentazione.

E a Tarquinia, la tua città?

Sono appena stata eletta personaggio dell’anno: sono tutti molti contenti e orgogliosi di me. Vivere in un paese di provincia è molto particolare: quando sei piccolo, è una realtà che ti sta molto stretta ma che, quando cresci, ti fa sentire accolta e abbracciata da persone che, in un modo o nell’altro, ti supportano. Quando il tuo paese è con te, il tuo traguardo è un po’ quello di tutti… ed è qualcosa che non ho vissuto solo io: mi viene in mente ad esempio Alessio Bernabei, l’ex leader dei Dear Jack (ora Follya) che, dopo aver partecipato ad Amici di Maria De Filippi, ha tenuto un concerto in paese in cui eravamo tutti presenti per condividere il suo traguardo.

Ed è sempre stata così Tarquinia nei tuoi confronti?

Sì, devo dire di sì: mi sono sempre sentita molto supportata dal mio paese.

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Mentre parliamo, sento un cane abbaiare. Chi è?

È Gina (sorride, ndr). Ha cinque anni e siamo nate lo stesso giorno. È una meticcia, presa da un’associazione in Calabria. In realtà, a prenderla è stato il mio fidanzato ma, da quando stiamo insieme, è diventata anche mia.

Dal tono in cui ne parli si evince il tuo amore nei confronti degli animali. Come hai reagito di fronte alle terribili notizie di cronaca arrivate in questi giorni di gesti disumani nei confronti di cani e gatti?

Eh. Qui, si apre un’altra parentesi ancora. Non mangio da anni carne e pesce per una questione di diritti degli animali. Da una parte, non riesco a spiegarmi questi gesti inconsulti nei confronti di cani e gatti, gli animali che più di ogni altri entrano nelle nostre vite e dentro le nostre case. Dall’altra parte, però, in tutta sincerità e onestà, intravedo molta ipocrisia tra coloro che manifestano sdegno di fronte a tali gesti nel vedere in tv le notizie mentre stanno mangiando la loro bistecca: la sensibilità dovrebbe essere la stessa. Purtroppo, c’è uno specismo molto interiorizzato che porta a pensare che ci siano animali privilegiati e altri nei confronti dei quali non manifestiamo la stessa sensibilità, che ci siano vite che valgono più di altre.

Riccardo, il coach di Laura e degli altri ragazzi, pronuncia una frase molto bella: “Si vince se si è felici”. È troppo chiederti se sei felice?

Credo che la felicità sia un insieme di tanti fattori. Può essere quella sensazione che ti pervade e poi passa o uno status quo che ti accompagna nella vita. Diciamo pure che in questo momento mi reputo felice, anche se tendo a ricercare maggiormente la gratitudine. Quando vivo dei momenti più difficili, cerco di vedere le cose per cui sono grata e ciò mi porta a essere felice.

Professionalmente, sto avendo tante soddisfazioni per cui sono felice ma anche, in questi giorni, in preda a un po’ di ansia: sta per essere trasmessa I fantastici 5 e sono curiosa di avere conferma o meno su ciò a cui ho lavorato per tanto tempo. Non mi interessano i dati di ascolto: potranno vedere la serie anche in cinque persone ma l’importante per me è che le spinga alla riflessione e a un cambiamento di prospettiva. Solo allora avrò vinto… Poi, se saranno in più di cinque a vederla, ne sarò ancora più felice.

Chiara Bordi (foto: Erica Fava; Produzione: Muro Productions; Si ringrazia: COTRIL; make-up: Alessan
Chiara Bordi (foto: Erica Fava; Produzione: Muro Productions; Si ringrazia: COTRIL; make-up: Alessandro Joubert per Simone Belli Agency; Styling: Stefania Sciortino; Location: Double Tree Roma Monti, Coraline Luxury Concierge).
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