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Chiara Francini: “Non esiste la regola perfetta per essere felici in amore” – Intervista esclusiva

chiara francini
Produttrice, sceneggiatrice e interprete del film Coppia aperta quasi spalancata, Chiara Francini ci racconta in un’intervista esclusiva direttamente dal Festival di Venezia il suo viaggio dantesco nel mondo del poliamore, tra finzione e verità.
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La vita, il teatro, il cinema e l’amore si intrecciano in un viaggio emozionale e complesso in Coppia aperta quasi spalancata, il film con cui Chiara Francini ha aperto le Giornate degli Autori al Festival di Venezia e che mette in discussione le dinamiche delle relazioni umane e le convenzioni sociali. Chiara Francini, attrice poliedrica, scrittrice e presentatrice unica nel suo genere, ci guida attraverso questo percorso, dove finzione e realtà si confondono e fondono, creando una narrazione che affonda le radici nel profondo delle emozioni umane. Quando le chiediamo perché portare al cinema una storia come quella di Coppia aperta quasi spalancata, Chiara Francini risponde con la passione di chi ha fatto di questa opera non solo un progetto artistico, ma una vera e propria esplorazione della natura dell'amore e delle sue infinite sfumature.

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"Perché come tutti i classici è profondamente attuale", esordisce, sottolineando come i temi affrontati da Dario Fo e Franca Rame nel 1983 siano ancora incredibilmente rilevanti nel nostro tempo. Per Chiara Francini, portare in scena e poi sul grande schermo la storia di Antonia, una donna che attraversa l'abisso del tradimento e della disperazione per riscoprire se stessa e la propria forza interiore, è stato un atto necessario, un modo per riflettere su cosa significhi davvero amare e vivere in una società in continua evoluzione.

La sua interpretazione, nel film distribuito in sala da I Wonder Pictures e prodotto da Nemesis e Ballandi con Rai Cinema, non è solo un atto recitativo ma una vera e propria immersione nella complessità delle relazioni umane. Chiara Francini, nel suo ruolo di attrice, produttrice e sceneggiatrice, ha voluto che ogni scena di Coppia aperta quasi spalancata rispecchiasse la verità della vita, includendo anche spaccati della sua realtà personale, portando sul set sua madre e il suo compagno, persone che hanno contribuito a rendere questa storia ancora più autentica e sentita.

Mentre il film sfida le idee preconcette sulla monogamia e il poliamore, Chiara Francini ci ricorda che non esiste una formula magica per la felicità: ognuno deve trovare la propria strada, libera da ideologie e stereotipi. E in questo viaggio, la sua interpretazione di Antonia diventa una metafora del percorso di consapevolezza e autoaffermazione che ogni essere umano è chiamato a intraprendere.

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Chiara Francini, con la sua consueta sincerità e profondità, ci accompagna in un mondo fatto di dubbi, risate, dolore e riscoperta, dimostrando ancora una volta come l'arte possa essere uno specchio della vita, in tutte le sue contraddizioni e bellezze. E ci promette che tornerà presto sulle nostre pagine per continuare un percorso di conoscenza che va oltre e che l’ultima risposta a quest’intervista quasi preannuncia.

Chiara Francini.
Chiara Francini.

La trama del film

Tratto dall’omonimo spettacolo di Franca Rame e Dario Fo, Coppia aperta quasi spalancata è un film sul desiderio di felicità. Un’esplorazione sulle modalità e le forme dell’amore nel mondo contemporaneo, all’insegna del whatever works - basta che funzioni, attraversato dallo sguardo ironico e curioso della protagonista.

Chiara, attrice e scrittrice di successo, porta in scena da anni il testo di Coppia aperta quasi spalancata, lo spettacolo che racconta la sempiterna favola o il sempiterno martirio dell'amore quando è coppia, o quando si diventa molti di più. È una storia sull’evoluzione di Antonia (il personaggio scritto da Franca Rame), alla quale il marito propone di spalancare la coppia, imponendole un nuovo codice.

Antonia accetta pur di non perdere l’uomo. Ma tutto cambia nel momento in cui lei comincia ad ascoltarsi e a guardare oltre il divano di casa. Così Chiara/Antonia – divisa fra il suo compagno Fredrik e il suo partner in crime e in scena Alessandro – deciderà di scoprire un universo, figlio della coppia aperta del 1983, fatto di poliamorosi, di giovani (e meno giovani) “contro” il concetto di monogamia, di gruppi di femministe e party sex positive. Incontrerà tra gli altri Sara, Daniele, Efrem e Ali, che vivono felicemente in una polecola, cioè una famiglia poliamorosa.

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Un viaggio e un cammino dentro se stessa, dentro la vita e i suoi affetti, farcito delle domande, dei dubbi, delle risate, del dolore e delle granitiche certezze a cui tutti noi ci appigliamo per non tracimare.

Intervista esclusiva a Chiara Francini

“Perché come tutti i classici è profondamente attuale”, mi risponde Chiara Francini quando le chiedo perché portare al cinema una storia come quella di Coppia aperta quasi spalancata, il film che da attrice, produttrice e sceneggiatrice ha ricavato dall’ononima piece teatrale di Dario Fo e Franca Rame scritta nel 1983. “La porto in scena a teatro da quattro anni e, vedendo la reazione del pubblico, ho potuto notare quanto fosse una storia che arricchisce e porta a nuova contezza. È la storia di Antonia, una donna che all’inizio pensa al suicidio perché distrutta dal tradimento del marito”.

“Per superare l’impasse, il marito le propone di spalancare la coppia per continuare in realtà a fare il proprio comodo”, continua Chiara Francini. “Antonia accetta perché pensa di non poter vivere e di non valere niente senza un maschio accanto. Ma, quando lei comincia ad ascoltarsi e addirittura si innamora di un altro, il marito impazzisce perché comprende come la donna non sia un pezzo di divano inamovibile, senz’anima. Di fronte a questa storia scritta quarant’anni fa, mi sono chiesta quale fosse la situazione di oggi, se la coppia aperta quasi spalancata esistesse e quali sono le modalità, al di là della monogamia, tramite cui gli esseri umani provano ad agguantare la felicità”.

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“Come una sorta di Caronte o di Virgilio, io e il mio partner di scena, Alessandro Federico, si siamo addentrati nel mondo delle coppie aperte”, prosegue Chiara Francini, raggiunta da noi telefonicamente mentre si trova ancora al Lido di Venezia, nel turbinio della presentazione del suo film alle Giornate degli Autori. “Abbiamo frequentato i circoli poliamorosi, siamo andati ai party sex positive, abbiamo conosciuto il poliamoroso più vecchio d’Italia (un uomo di 96 anni con tre fidanzate!) e siamo andati a dibattere nei circoli femministi. E tutto ciò ci ha fatto capire come in realtà non ci sia una formula specifica o perfetta per la felicità della coppia”.

In questa sorta di viaggio dantesco, cosa è stato Inferno, cosa Purgatorio e cosa Paradiso?

Non c’è stata una discesa agli Inferi e poi una risalita come avviene nella Divina Commedia ma è stato un percorso ascendente caratterizzato nel finale dalla completa acquisizione della consapevolezza di come tutti gli esseri umani siano affamati nel cercare di agguantare l’amore e la felicità, un bisogno che caratterizza tutti quanti dalla notte dei tempi. È stato quindi un Paradiso… Anche riguardandolo, Coppia aperta quasi spalancata non è un film che dà risposte: pone semmai domande, le uniche possibilità a mio avviso di aspirare alla conoscenza in maniera filologica.

Il poster del film Coppia aperta quasi spalancata.
Il poster del film Coppia aperta quasi spalancata.

Porti all’interno del film parte della tua vera vita privata: con te ci sono ad esempio anche tua madre e il tuo compagno. È stato facile convincerli a partecipare al tuo viaggio?

Non è stato per niente facile, però volevo davvero che fosse un film non bugiardo. Non avrei avuto i soldi per prendere degli attori che avrebbero potuto raccontare così bene mia madre come avrebbe potuto farlo lei: quello che si vede è uno spaccato di vita assolutamente spontaneo (ovviamente, sapevo le domande da farle affinché venissero fuori quelli che sono i suoi colori).

Ho cercato con la nostra produzione, la Nemesis, di dare a questa prima opera tutto il meglio che avevo: non poteva esserci uno scenografo capace di costruire una casa di paese o un pranzo della domenica che avesse gli odori e i sapori dei miei pranzi della domenica da bambina, così come non poteva esserci un costumista che avrebbe saputo vestire con l’incrociatino di mia madre un’attrice.

Ho spiegato a chi ha preso parte al film che mi serviva la loro verità e che non avrebbero dovuto recitare: volevo spaccati di vita reali utili a mettere insieme il puzzle che stavamo costruendo.

Coppia aperta quasi spalancata corre sul binario parallelo del film di finzione e del documentario. Definirlo docufilm è quasi riduttivo, dal momento che a un certo punto ci si chiede se la Chiara in scena fosse la vera Francini o se fosse la versione di scena alle prese con la piece a teatro…

…ed è bellissimo che accada perché la bellezza del cinema dovrebbe risiedere proprio nel non comprendere e nel rivivere la verità attraverso il verisimile: è esattamente quello che abbiamo provato a fare.

È la tua prima esperienza da produttrice: hai incontrato delle sfide particolari?

Eh, sì: è stato un lavoro incredibile fatto anche di tante notti insonni: abbiamo messo i nostri soldi per farlo. Non ci potrebbe essere termine più azzeccato di “produttore”, perché fare un film è una vera creazione, un dar vita a qualcosa di bellissimo che ha bisogno però di tanta attenzione, di tanta concentrazione e di tanto coraggio… come in tutte le cose belle della vita.

Hai voluto come regista Federica Di Giacomo, che proveniva da un altro film molto particolare, anch’esso presentato al Festival di Venezia, Liberami, un documentario in cui si raccontava di esorcismi. Perché proprio lei?

Volevo che Coppia aperta quasi spalancata avesse un alfabeto diverso che Federica Di Giacomo aveva già sperimentato. Non poteva essere un film canonico proprio perché, ribadisco il concetto, non avevamo i soldi per un film di finzione. Abbiamo dunque fatto di necessità virtù.

Chiara Francini nel film Coppia aperta quasi spalancata.
Chiara Francini nel film Coppia aperta quasi spalancata.

Per rimanere in tema di virtù e vizi, non hai paura che quello che viene rappresentato nel film possa cambiare la percezione del giudizio che la gente ha su di te? Il riferimento va soprattutto alla parte forse più dura di tutto il progetto, quella in cui ti scontri con un gruppo di femministe.

No, perché in realtà credo di aver espresso uun concetto molto, molto semplice: ciò che rende finita una donna afferisce soltanto alla donna stessa, non si deve andare a perorare un conformismo conformista. Ribadisco che Antonia rinasce grazie al figlio dalle proprie ceneri e che ciò non è sinonimo di patriarcato… ho espresso nel film concetti che in realtà sono profondamente in linea con quello in cui credo io: nessuno può dire che una donna non sia felice perché sta in casa o fa la calza se è una sua scelta.

Mia madre, ad esempio, è una donna che ha lavorato tutta la vita ma è anche una donna che, per le sovrastrutture e la cultura che ha, detesta andare in vacanza e, quindi, ama stare a casa sua. Anch’io, che sono comunque cresciuta in un paese, se mi invitassero in vacanza su uno yacht, non andrei. Non significa che sono vittima della società patriarcale: semplicemente, mi ascolto. Non si può sindacare su quello che può rendere una donna tale: non esiste una regola che deve necessariamente fare felici tutte.

Come tutte le opere di Fo e Rame, anche Coppia aperta quasi spalancata conteneva forti critiche alla società del periodo in cui è stata scritta. Vuole il tuo film rispondere alle stesse esigenze?

Si riflette di fronte a tutti gli affreschi. Ragione per cui mi auguro fortemente che il nostro sia un film che faccia discutere, che ponga domanda e che metta in luce delle criticità: significherebbe evoluzione, progresso, muoversi. Lo spero fortemente, però mi pare che per ora chiunque lo abbia visto abbia dibattuto molto.

Guardandolo, semvra quasi che il poliamore sia diventato la nuova conformità e la monogamia un’eccezione.

Molte volte, le “avanguardie” hanno delle caratteristiche di dirompenza: penso che sia importante parlare degli altri modo con cui legittamente gli esseri umani tentano di agguantare l’amore. Certo, non bisogna mai sfociare nell’ideologia perché l’ideologia è una gabbia: di mio, sono sempre per l’uso dello spirito critico… mai per le ideologie ma sempre per le idee.

C’è una scena di Coppia aperta quasi spalancata che mi ha particolarmente colpito: in uno dei circoli poliamorosi, ci sono dei tredicenni che sposano in toto l’ipotesi del poliamore. Non ti fa paura che degli individui non ancora del tutto formati abbiano delle convinzioni così ferme?

Il film racconta gli spigoli e le idiosincrasie che inevitabilmente esistono in ognuna delle scelte fatte. Nella scena che citi, si vede la mia reazione del tutto spontanea, tanto che alzo la mano per esprimere la mia e ottengo come risposta dal ragazzo “me l’ha detto lui cosa significa”, indicando il padre, il capo del circolo. Ciò che a prima vista può sembrare “strano” è in realtà la normalità per un ragazzo che vede e vive l’esempio dei propri genitori, quelli che sono le sue persone di riferimento…

E, quindi, no: non mi fa paura ma mi fa riflettere dandomi un’ulteriore conferma di come non ci sia un metodo perfetto. Non esiste, siamo tutti perfettibili. E qui ritorna l’idea dello spirito critico. Come dico in quella scena, non ci si può far ingabbiare in una definizione o in un’ideologia: le parole servono a liberarsi e non a farsi chiudere in gabbie.

Alessandro Federico e Chiara Francini nel film Coppia aperta quasi spalancata.
Alessandro Federico e Chiara Francini nel film Coppia aperta quasi spalancata.

In una delle scene più toccanti del film, ti vediamo piangere all’uscita del teatro, rivelando tutta la tua umanità.

Ho voluto mantenere la scena perché secondo me era fondamentale. Per tutto il film, sono molto assertiva mentre in quella sequenza si rivela tutta la complessità di ogni essere umano: è un momento in cui mi rompo. E mi rompo perché ho perso il mio compagno di teatro che è andato vita e perché la vita prevde anche dei cedimenti emotivi. Ed è una scena anche per me particolarmente toccante perché si vede come molte volte sia difficile, di fronte a una persona palesamente rotta, che le altre persone percepiscano il crollo. Quello che vedete è realmente accaduto: la gente continuava a chiedermi i selfie nonostante io piangessi.

Quand’è stata l’ultima volta che hai pianto?

Ho pianto anche ieri alla prima proiezione del film perché Coppia aperta quasi spalancata è dedicato al mio primo fidanzato che non c’è più (la voce di Chiara viene rotta dalla commozione, ndr).

Coppia aperta quasi spalancata: Le foto del film

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