Anche solo guardare le foto di Chiara Maggenti e dell’Atelier Damiano Carrara a Lucca mette gioia. Dolci, torte e pasticcini di ogni tipo precludono a quell’inclusività alimentare che Damiano Carrara, uno dei maestri pasticcieri più noti e amati d’Italia, da sempre cerca di portare avanti: tutto ciò che si trova nel suo atelier può essere mangiato da tutti, come ci spiegherà nel corso di questa intervista esclusiva Chiara Maggenti, general manager e moglie dello stesso Carrara.
Il loro matrimonio, del resto, è stato oggetto di una prima serata su Real Time così come l’Atelier Damiano Carrara ha fatto la sua comparsa in Casa Carrara, delizioso e pulito programma andato in onda su Food Network. Ma è limitante descrivere Chiara Maggenti solo come “la moglie di”. Non che le dia fastidio ma restituirebbe un’immagine patriarcale che ben poco ha a che spartire con quella che è in realtà una giovane business woman, tanto determinata nel suo lavoro quanto attaccata alle sue origini e alla tradizione familiare.
Cresciuta in un piccolo borgo a mezz’ora da Lucca, Chiara Maggenti ha la passione per la cucina sin da piccola, da quando osservando mamma e nonna ai fornelli ha imparato il sacro rito del ragù, con il nonno che l’accompagnava nei campi a scoprire i segreti delle verdure. E quella stessa passione per la cucina l’ha aiutata a conquistare Damiano Carrara senza però farle perdere di vista chi era e i tratti salienti della sua personalità.
Dolce ma anche tosta, Chiara Maggenti ha poi studiato da geometra, gettando inconsapevolmente le basi per quello che sarà il suo futuro quando, in barba a ogni stereotipo legato al gender gap, si sarebbe confrontata con uomini che, ancora nel XXI secolo, faticano a relazionarsi professionalmente con le donne. Oggi, in accordo con il marito, Chiara Maggenti segue ogni aspetto dell’Atelier Damiano Carrara e su una cosa non transige: il rispetto per le esigenze altrui.
Un dolce, dopotutto, può anche regalare la felicità a un bambino con un’intolleranza a qualche particolare ingrediente o affetto da celiachia. Un morbo, quello della celiachia, che Chiara Maggenti conosce in prima persona: ha scoperto infatti nel 2011 di essere celiaca, ritrovandosi a dover da adulta rivedere le sue abitudini alimentari. Ma lasciamo che a parlare di tutto ciò sia direttamente lei, in una delle rare interviste in cui viene interpellata per raccontare chi è: un’imprenditrice che, in nome dell’autodeterminazione, non ha mai dimenticato la sua femminilità e il suo essere donna a 360°.
Intervista esclusiva a Chiara Maggenti
“Sono in atelier dalle 7 di stamane e probabilmente non ne uscirò prima di stare alle 21”, è la prima cosa che Chiara Maggenti mi risponde quando le chiedo dove si trova mentre mandiamo avanti l’intervista. “Solitamente è sempre così: c’è sempre molto da fare ed io trascorro la mia giornata qua dentro a lavorare ai progetti, insieme a Damiano quando c’è. Quando invece non c’è, cerchiamo anche a distanza di scambiarci i pensieri”.
Di cosa ti occupi nello specifico all’interno dell’Atelier Damiano Carraro? Cosa significa essere la general manager di un’attività che presta grandissima attenzione alle intolleranze alimentari, a partire dalla celiachia?
Dell’Atelier, il cui progetto è nato durante il periodo della pandemia da una conversazione con Damiano, gestisco un po’ tutto. Mi occupo dalla parte più amministrativa, d’ufficio, a quella più pratica, fino alla gestione degli allergeni. Mi assicuro che ci sia molta attenzione e conoscenza anche da parte dei dipendenti e controllo anche tutto ciò che viene fatto, anche a livello di sito web. Della grafica si occupa uno studio ma sto sempre dietro ad esempio alle mail che riceviamo, che non sono poche. Il tutto sempre con il benestare di Damiano ma non perché non si fidi di me: per tutte le decisioni più importanti, ci sosteniamo a vicenda.
L'Atelier Damiano Carrara: Le foto
1 / 12Interessarsi ai fabbisogni di chi ha un’intolleranza alimentare o un’allergia è sinonimo di inclusività alimentare, qualcosa su cui ancora non si è puntato bene l’attenzione.
Con il nostro lavoro sottolineiamo come sia essenziale al giorno d’oggi stare attenti ed essere informati su cos’è un’intolleranza piuttosto che una celiachia: parliamo di due cose differenti, dal momento che la seconda è un morbo. Per un’azienda come la nostra ma anche per tante altre, diventa un’esigenza conoscere e sapere prima di tutto di cosa si parla per riuscire a includere tutti e far sì che tutto sia giusto per tutti. Abbiamo quindi voluto creare una pasticceria che fosse di partenza inclusiva andando incontro alle esigenze sia di chi è celiaco sia di chi è intollerante.
Basti pensare che abbiamo più del 50% dei prodotti senza lattosio. Ho incontrato proprio in questi giorni la presidente dell’associazione latto-intolleranti, l’Aili, con cui stiamo per avviare un progetto ancora più concreto con il quale speriamo di ottenere il loro bollino blu che certifica come una torta, ad esempio, contiene solo lo 0,01% di lattosio, un contenuto minimo e perfetto per tutti.
Cerchiamo da sempre di andare incontro alle richieste di tutti i clienti perché, ricordiamolo, le intolleranze posso essere di vario tipo, dalla frutta secca all’uovo. La sicurezza e la salute del cliente è il nostro imperativo: chiunque lavori all’Atelier, anche chi banalmente non maneggia cibo, ha seguito un corso sul gluten free. Tutti sanno quindi di cosa si sta parlando: abbiamo voluto creare un ambiente in cui chiunque ha contezza di cosa sta facendo, vendendo o proponendo al cliente.
Tu stessa sei celiaca. Quando hai scoperto di esserlo?
Nel 2011. Sono una celiaca che fino a un certo momento della sua vita non ha mai avuto problemi e che poi di punto in bianco ha cominciato a sviluppare tutta una sintomatologia che già conoscevo per via dei celiaci già presenti nella mia famiglia. Di fronte ai primi sintomi, ho capito sin da subito che probabilmente si trattava della celiachia che stava bussando anche alla mia porta. Dopo le varie analisi, il risultato non ha lasciato dubbi.
In una prima fase, non è stato facile: nel 2011 non c’era tutta l’attenzione che c’è oggi sul tema. Oggi, bene o male, è più facile trovare prodotti gluten free ma credo manchi ancora un po’ di conoscenza e di sensibilizzazione in merito, sia tra gli addetti ai lavori sia tra le persone in generale: può capitare a tutti, prima o poi, di avere a cena un celiaco e di non sapere cosa fare o come comportarsi.
A casa, forse, potremmo anche fare maggiore attenzione ma in un ristorante non sempre è così semplice evitare anche le più piccole disattenzioni, come un mestolo che passa da una padella all’altra…
L’errore banale commesso da un cameriere potrebbe risultare pericoloso. Magari, il cuoco, informato dell’allergia, dell’intolleranza o della celiachia, ha fatto correttamente il suo lavoro ma poi la disattenzione di un cameriere o di qualcun altro può contaminare il piatto. Non è semplice gestire tutta la filiera di lavoro e controllare che nessuno commetta errori: questo è anche il motivo per cui noi all’Atelier abbiamo deciso di azzerare l’errore umano con i corsi di conoscenza del gluten free obbligatori per tutti i nostri dipendenti.
Chiara Maggenti: Le foto
1 / 10Ti capita di stare al contatto con i clienti e di vedere la gioia soprattutto negli occhi dei bambini che finalmente possono avere il loro tanto agognato dolce?
Assolutamente sì, tutte le volte che passo. In settimana mi dedico di più alla parte d’ufficio ma nel weekend sono spesso a contatto con i clienti e cerco di starci il più possibile. Il contatto con loro, il confronto e il vedere le persone felici che mangiano i loro dolci è per me impagabile: mi ripaga di tutti gli sforzi fatti ogni giorno. È inspiegabile poi quando quella felicità si emana dagli occhi di un bambino… la celiachia in un bambino significa fondamentalmente sacrificio: deve stare attento alle feste di compleanno dei compagni, non può essere libero di assaggiare ciò che vuole e non può mai abbassare per un attimo la guardia.
Ricordo un bambino che, nato celiaco, non credeva ai suoi occhi quando, entrando all’Atelier, i suoi genitori gli hanno che poteva mangiare tutto. Gli sembrava quasi surreale: mentre mangiava i dolci, qualcosa che forse non aveva mai assaggiato prima, aveva sul viso un’espressione di meraviglia che non dimenticherò facilmente. E la meraviglia è una delle emozioni più belle che si vedono dentro all’Atelier, dove la gente può mangiare un prodotto per loro sicuro e, per di più, di ottima qualità.
Sulla qualità, conoscendo il lavoro di tuo marito, non avevamo dubbi…
Damiano in primis punta tantissimo sulla qualità e sulla stagionalità degli ingredienti, uno dei punti cardine della nostra attività.
Come fate a coniugare attività lavorativa e matrimonio? Non vi scontrate sul luogo di lavoro per visioni differenti? E riuscite a lasciare le divergenze fuori dalla porta di casa?
Ma si devono lasciare le divergenze lavorative fuori casa… Riusciamo fortunatamente a staccare dal lavoro quando entriamo in casa. Siamo bravi a ritagliarci i nostri spazi e lasciare il lavoro e tutto ciò che ne consegue fuori dalla porta. E sì, al lavoro capita anche di confrontarci ma è qualcosa in cui credo fermamente: ogni volta che si confronta o scontra, nasce sempre qualcosa di buono. Non sarebbe nemmeno giusto che dessi comunque per forza ragione a lui su qualcosa su cui la penso diversamente: è dal raffronto che derivano cose costruttive o soluzione a cui non si era pensato.
Francamente, poi, non è che si abbiano grandi discussioni: per carattere, entrambi non arriviamo mai a discutere animatamente, preferiamo parlarci, trovare insieme la soluzione più giusta e andare avanti per la nostra strada senza perdere di vista i nostri obiettivi: non perdiamo troppo tempo a discutere in modo accanito. Ci garba, come si dice da noi, “far ciccia”.
Il “ci garba” sottolinea, qualora ce ne fosse bisogno, le vostre origini toscane. Potevate scegliere di far nascere l’Atelier in qualsiasi parte del mondo ma avete optato per casa vostra, Lucca. Sinonimo del vostro attaccamento alle vostre origini e alla vostra terra.
Con il suo percorso di vita e professionale, Damiano ha fatto un grandissimo giro partendo dagli Stati Uniti. Una volta tornato in Italia, ha sempre manifestato il desiderio di ripartire proprio dalla sua città: l’idea dell’Atelier a Lucca è stata sua ed io non potevo che non essere d’accordo. A oggi, sono più contenta della scelta perché ci permette anche di lavorare con tutte le primizie che ci fornisce il nostro territorio: in Garfagnana crescono ad esempio certi mirtilli favolosi…
Personalmente sono molto legata a Lucca, che è anche la mia città, e a tutta la Toscana. Avrei probabilmente vissuto con difficoltà l’ipotesi dell’Atelier a Milano: mi sarebbe sembrato di levare una parte a qualcosa che, comunque, il cuore ce l’ha qua.
Avevi la passione per la cucina da ancora prima di conoscere Damiano Carrara. Da dove nasce?
La mia passione per la cucina nasce dalla mia passione per il cibo. Sono stata da piccola una bimba mangiona: mia madre mi racconta che a neanche due anni di età mangiavo già le cipolline sott’olio! Ho sempre mangiato tutto, tanto e di gusto. Nonostante avessero anche impegni di lavoro, mia mamma come mia nonna ha sempre cucinato e, quindi, ho avuto la fortuna di avere in famiglia la possibilità di vedere preparare e armeggiare in cucina.
Sono loro che mi hanno trasmesso la passione per la cucina. Una passione che è sempre stata fine a se stessa e che non si è mai trasformata in un lavoro. È una passione che va coltivata tutti i giorni: tuttora cucino. Ed è proprio la passione per la cucina che ho usato anche per conquistare mio marito: ai tempi, ho cucinato dei bei manicaretti che lo hanno lasciato estasiato. La cucina, del resto, è sempre stato un ingrediente importante della nostra relazione…
Qual è quel piatto che ogni volta che prepari ti fa sentire a casa anche se ti trovi altrove?
Sono diversi i piatti che potrei elencare ma quello che ha questo particolare sapore, non chiedetemi il perché, è qualcosa che mi rimanda all’infanzia: la pasta con il ragù fatto in casa, mi ricorda mia nonna o mia mamma. Mi è capitato, anche mentre ero a Milano con Damiano, di prendere una pentolina, preparare il ragù e cucinare un bel piatto di pasta… o anche di preparare delle belle fette di pane con sopra il ragù e del parmigiano.
Anche dalle tue foto sul tuo profilo social si intuisce che sei molto legata alla tua famiglia.
Ho avuto la fortuna di avere intorno una famiglia veramente meravigliosa. Una famiglia che continua a essere al mio fianco: mia mamma è tutto il mio mondo: mi ha cresciuta anche con sacrificio, dal momento che è stata una mamma lavoratrice che non ha mai fatto mancare nulla a sua figlia. Nonostante gli impegni e la fatica, c’è sempre stata tutte le volte in cui ho avuto bisogno della sua presenza. Il mio attaccamento alla famiglia è dovuto anche al bellissimo rapporto che ho con lei, un rapporto quotidiano che perdura anche adesso: lavora con noi all’Atelier.
I miei nonni, poi, sono stati un tesoro prezioso. Sono stata molto da piccola anche con loro: mio nonno era quello che mi portava con sé nell’orto e mi faceva conoscere le verdure mentre mia nonna mi insegnava a cucinare, anche piatti buoni ma semplici. Sono cresciuta a Valdottavo, una frazione nel comune di Borgo a Mozzano, a mezz’ora circa da Lucca: la mia è stata un’infanzia vecchio stampo, molto genuina… mio nonno mi accompagnava a piedi alla scuola elementare, mano nella mano, e le amicizie nate allora sono quelle che ancora oggi sono le mie più care.
Infanzia molto genuina che non ti ha vietato oggi di diventare una business woman, che quotidianamente si confronta per lavoro con il gender gap.
Inizialmente, non è stato semplice. Chi arrivava in Atelier e si ritrovava a parlare con un manager donna finiva quasi sempre per chiedere di Damiano. Ma ho un carattere estremamente forte e tosto: senza mai dimenticare l’educazione, so come farmi valere e non farmi mettere i piedi in testa. Non ho mai avuto timore del confronto con gli uomini: quando ho deciso di buttarmi in quest’avventura con Damiano, mi sono ripromessa di fare sempre del mio meglio. E continuo a farlo: metto tutte le mie energie in quello che faccio… posso sempre migliorare e me lo ripeto ogni giorno.
E la tua autodeterminazione non cozza di certo con il tuo desiderio di femminilità. Ti vediamo su Instagram alle prese con una sorta di piccolo tutorial su come truccarsi…
Ricoprire una posizione da manager o comunque di una donna in carriera impegnatissima con il suo lavoro non preclude di avere passioni come la mia per il make-up. Sui social, mi diletto da non professionista, non lo sono di certo: rimane per me però uno svago e un divertimento a cui mi piace non rinunciare. Sono due diversi aspetti di me che possono tranquillamente convivere: si può essere lavoratrici e al tempo stesso dedicarsi a se stesse una volta a casa. Come ripeto spesso alle dipendenti dell’Atelier (sono in prevalenza donne) e ai dipendenti e sostiene anche Damiano, l’importante è sempre credere in se stessi e cercare tutti i giorni di migliorarsi e guardare avanti.
Del resto, sempre meglio il make-up del giardinaggio…
Eh. Nel caso di quel video, ci eravamo appena trasferiti in una casa nuova e dovevo trapiantare una piantina che era un po’ infelice e trascurata. Ho preso gli attrezzi da giardino e ho provato a farlo io: occorre essere multitasking, no? Ma anche in Atelier non ho paura di sporcarmi se le mani: se si guasta un frigorifero, sono la prima a buttarcisi sotto per vedere dov’è il guasto.
Nasco principalmente come geometra e, anche se quella sfera non rientra più nell’ordine della mia vita, ogni tanto viene fuori: quando si costruiva l’Atelier, ero quasi tutte le mattine in cantiere, anche d’inverno con meno tre gradi fuori. Anche se sembriamo avere una vita patinata, io e Damiano facciamo davvero un po’ di tutto. Damiano è colui che per primo ha iniziato a lavorare nel cantiere stesso con il martello pneumatico per buttare giù le prime pareti ed io ero lì a dargli una mano.
È pericolosa l’immagine che restituisci di Damiano…
Pericolosissima. Come dico sempre io, ha le mani guaste per certe cose… tanto che quando si mette a fare lavori di un certo tipo, gli mostro la mia titubanza e cerco di sconsigliarlo.
Pericolosa non solo per quello. Già è di suo un sex symbol, figuriamoci se lo dai in pasto nell’immaginario vestito da operaio con il martello pneumatico.
Per quello, direi che già la giacca da chef ha il suo bel fascino. Ma va bene così: non sono gelosa. L’ho conosciuta che era comunque già popolare e quindi non conosco la differenza. Chiaramente, se mai dovesse darmi concretamente occasione di essere gelosa, conoscendomi, non sarebbe così facile… di mio, sono una persona molto tranquilla e bonacciona, una caratteristica che ho ritrovato in mio marito: entrambi non vediamo mai il male e al bicchiere mezzo vuoto preferiamo quello mezzo pieno.
Paco, il vostro cane, vi accompagna all’Atelier?
Non potrebbe essere diversamente: anche ora è qui con me. Anche lui al mattino si alza, fa la sua colazione e arriva in ufficio, tanto che oramai chiunque venga in Atelier mi chiede di lui. Non sopporto l’idea che possa stare a casa da solo, mi renderebbe le giornate troppo tristi. Paco è con me da ben dodici anni, è arrivato ancor prima di Damiano e da sempre so che la prima cosa importante da dare a un animale, cane o gatto che sia, è se stessi: devi cercare di farlo vivere al meglio, di dargli il massimo e di non sacrificarlo.
E Paco era presente in Casa Carrara, di cui abbiamo visto la prima edizione Continuerà?
Chissà, non lo sappiamo ancora. Sicuramente ce lo auguriamo perché restituiva uno scorcio carino di ciò che accade tutti i giorni nell’Atelier, dove tutto ciò che accade – spesso tragicomico – andrebbe ripreso tutti i giorni! Quella dell’Atelier è una grande famiglia, che va ben oltre l’attività commerciale dal momento che tutti noi amiamo condividere insieme anche del tempo extra lavoro. E il più grande grazie per tutto ciò lo devo a Damiano che ha creduto in me sin dall’inizio.