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Christian Roberto: “Essere se stessi senza pensare al giudizio altrui” – Intervista esclusiva

Christian Roberto
Ballerino e attore sin da quando era bambino, Christian Roberto è tra i protagonisti del film di Rai 1 Mascaria. Reduce dal successo del musical Mare fuori, si racconta a The Wom per la prima volta in maniera intima e profonda restituendo l’immagine del giovane uomo che è diventato.
Nell'articolo:

Mascaria è ispirato a una vicenda realmente accaduta, ma ho potuto far mio il personaggio di Riccardo”, esordisce Christian Roberto, parlando del suo ruolo nel film di Rai 1 in onda il 23 maggio in occasione della Giornata della Legalità. Diretto da Isabella Leoni, il film racconta la storia di Pietro Ferrara, un costruttore siciliano che denuncia il racket del pizzo, solo per trovarsi poi accusato di associazione mafiosa. Christian interpreta Riccardo, il figlio maggiore di Pietro, un giovane che vive un arco di trasformazione significativo nel corso della narrazione.

Christian Roberto, noto per il suo talento e versatilità, porta sullo schermo un personaggio complesso, attraversando le fasi dell’adolescenza fino alla maturità. “La regista Isabella Leoni mi ha concesso molta libertà e ho cercato di mettere molto del mio, ma sempre al servizio della storia e del personaggio,” racconta Christian. Interpretare Riccardo ha significato per lui affrontare la doppia fase di vita del personaggio, dai sedici anni della giovinezza ai ventidue dell’età adulta, un periodo cruciale in cui le priorità cambiano profondamente. “Da adolescente, le problematiche possono essere legate alla fidanzatina, agli amici o alla scuola, mentre da adulto per lui diventano il padre, l’azienda di famiglia e la mafia,” spiega Christian.

Riccardo è un ragazzo di indole buona, profondamente legato alla sua famiglia. Christian Roberto si è ispirato ai teenager e alle proprie esperienze giovanili per costruire il personaggio, trovando in lui un riflesso delle proprie responsabilità familiari. “Mi sono rivisto in lui nell’assumersi tutte le responsabilità e le difficoltà familiari sulle spalle, trasformandosi in una sorta di padre di famiglia. Spesso mi sento e mi comporto come lui anch’io: quando in famiglia c’è un problema, sono uno dei primi a mettersi in discussione e a cercare di risolvere e aiutare. Siamo molto simili,” dice.

La storia di Riccardo ha anche un parallelo nella vita di Christian Roberto, che ha lasciato la Sicilia da piccolo per trasferirsi a Roma. “A differenza di Riccardo, io volevo andarmene. Non perché non amassi Messina, ma perché sapevo che Roma avrebbe potuto darmi di più a livello di possibilità per il mio percorso di ballerino prima e di attore dopo,” racconta Christian. Trasferirsi a Roma a dieci anni è stato per lui come partire per una grande avventura, una transizione che ha vissuto con entusiasmo e senza pensare ai problemi reali che poteva comportare.

Adattarsi alla nuova vita a Roma non è stato privo di sfide. Christian ricorda aneddoti come quello della tovaglietta a scuola, che lo rese oggetto di ilarità tra i compagni, e la necessità di modulare il suo accento siciliano. Tuttavia, la sua determinazione e sicurezza gli hanno permesso di superare questi ostacoli e di integrarsi rapidamente, diventando un leader tra i suoi coetanei. “Se prendi la vita con il sorriso, la vita ti sorride: è sempre stato il mio motto,” afferma.

La passione per la danza, iniziata grazie all’incoraggiamento del padre, ha giocato un ruolo fondamentale nella formazione di Christian Roberto. Nonostante i possibili pregiudizi, ha sempre seguito la sua strada con convinzione, ottenendo successi come la partecipazione a Italia’s Got Talent e ai musical Billy Elliot e Mamma Mia!. L’esperienza nel musical dei record Mare Fuori ha, tuttavia, ulteriormente consolidato il suo percorso, permettendogli di esplorare nuovi aspetti della sua arte e di stringere legami profondi con il cast.

Christian Roberto vede il suo lavoro non solo come una carriera, ma come un mezzo per trasmettere messaggi importanti. Con Mascaria, spera di sensibilizzare i giovani su temi cruciali come la legalità e la lotta contro la mafia. Il suo impegno, la sua determinazione e la sua capacità di adattarsi e crescere fanno di lui un giovane attore con un futuro promettente e una fonte d’ispirazione per molti.

Ma lasciamo che a parlare sia Christian Roberto in un’intervista esclusiva che sonda non solo il suo già straordinario percorso artistico ma anche la sua esperienza di giovane degli anni Duemila che al giudizio degli altri ha sempre anteposto la sua autodeterminazione.

Christian Roberto (Press: La Palumbo Comunicazione).
Christian Roberto (Press: La Palumbo Comunicazione).

Intervista esclusiva a Christian Roberto

Mascaria è ispirato a una vicenda realmente accaduta ma ho potuto far mio il personaggio di Riccardo”, esordisce Christian Roberto quando gli chiedo di raccontarmi chi interpreta nel film di Rai 1 in onda per la Giornata della Legalità. “La regista Isabella Leoni mi ha concesso molta libertà e, quindi, ho certo di mettere molto del mio ma sempre al servizio della storia e del personaggio”.

Qual è stata la difficoltà maggiore?

Il portare in scena la doppia fase di vita che Riccardo vive, passando dai sedici anni dell’adolescenza ai ventidue che, nel suo caso, segnano l’ingresso nella vita adulta. È un arco di tempo in cui cambiano le priorità: da adolescente, le problematiche possono essere legate alla fidanzatina, agli amici o alla scuola, mentre da adulto per lui diventano il padre, l’azienda di famiglia e la mafia.

Riccardo è un ragazzo semplicissimo, di indole buona e molto legato alla famiglia. Mi sono dunque ispirato a tutti i teenager e a quello che sono stato anch’io. Ma mi sono rivisto in lui anche nell’assumersi tutte le responsabilità e le difficoltà familiari sulle spalle che lo trasformano in una sorta di padre di famiglia. Spesso mi sento e mi comporto come lui anch’io: quando in famiglia c’è un problema, sono uno dei primi a mettersi in discussione e a cercare di risolvere e aiutare. Siamo molto simili…

E avete anche un’altra similitudine in comune. Mentre Riccardo nella prima parte della storia “rischia” di vedersi sradicato dalla sua terra, tu hai lasciato la Sicilia da piccolo per trasferirti a Roma.

In quella situazione non mi sono rivisto molto per una differenza che considero notevole: a differenza di Riccardo, io volevo andarmene. Non perché non amassi Messina ma perché sapevo che Roma avrebbe potuto darmi di più a livello di possibilità per il mio percorso di ballerino prima e di attore dopo. Ero entusiasta di trasferirmi e non vedevo l’ora di farlo: la situazione era molto diversa. Mentre Riccardo sarebbe stato costretto a seguire i genitori, a me è accaduto il contrario: sono stati i miei a seguire me.

Avevo dieci anni allora e trasferirmi a Roma era ai miei occhi come partire per New York, la grande città, ero euforico e non pensavo di certo, anche per via dell’età, ai problemi reali che poteva comportare: quando si è piccoli non si pensa a determinate cose come il lavoro dei genitori o lo stare lontano dai nonni. Riccardo, invece, ha un’età per cui pensa a quali possono essere le conseguenze concrete dell’andar via: lasciare la città, gli amici, la prima fidanzata… per me, l’unico problema di rilievo era invece il dover cambiar scuola. Per il resto, vedevo solo il bello che poteva arrivarmi.

Ed è stato facile poi per te adattarti a un mondo che era sicuramente diverso da quello a cui eri abituato?

Ho dovuto adattarmi ad abitudini nuove. Un esempio, se vogliamo anche stupido: il primo giorno di scuola media, per la merenda ho seguito ciò che facevo quand’ero a Messina… ho sistemato la tovaglietta sul banco, ho fatto la preghiera e ho mangiato seduto generando ilarità nei miei compagni di classe. Erano lì tutti a ridere e a prendermi in giro, non era loro usanza. Ricordo che tremavo per quanto accaduto e che la prima cosa che, arrabbiatissimo, ho detto a mamma tornando a casa è stata di non darmi mai più la tovaglietta.

Al di là della tovaglietta, ho dovuto anche modulare la mia dizione. All’inizio, il mio accento siciliano era molto forte, l’ho modulato successivamente con apposite lezioni, e il parlare in maniera diversa dagli altri faceva sì che questi mi guardassero male.

Mascaria: Le foto del film

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Ti sei sentito considerato come diverso dagli altri?

Sinceramente, mi sono sempre sentito diverso. E non solo per le mie origini. Mentre tutti i miei amici giocavano a calcio o con la PlayStation, io stavo già sul set o a danza, ragione per cui sono sempre stato “diverso” ma non me n’è fregato mai molto. Mi capita spesso di sentire racconti di ragazzi che, avendo avuto percorsi simili al mio, sono stati vittima di bullismo con tutte le sofferenze che ciò comporta ma non è stato il mio caso proprio perché non davo importanza al giudizio altrui.

Anche quando qualcuno ha messo in atto atteggiamenti di discriminazione a livello di presa in giro più o meno pesante, ho sempre tirato dritto per la mia strada a testa alta: non c’è mai stata una volta in cui sono rientrato a casa triste o demoralizzato proprio perché sono sempre stato convinto di quello che dovevo fare nella mia vista e niente e nessuno avrebbero potuto minare la mia identità o la mia autodeterminazione. La mia sicurezza è stata forse la chiave per cui sono riuscito a farmi rispettare molto: nel giro di un mese, a scuola, sono diventato un po’ il leader della classe, l’amico di tutti.

Se prendi la vita con il sorriso, la vita ti sorride: è sempre stato il mio motto. Sono riuscito così a farmi rispettare ma non menando o bullizzando a mia volta ma semplicemente facendo vedere agli altri che il loro giudizio non aveva ripercussioni su di me. Togliendo loro il “divertimento”, si sono stancati presto perché spesso il bullismo si alimenta mostrando la paura che genera.

Nel tuo caso il giudizio poteva nascere dall’essere un ballerino. Non deve essere stato facile per un bambino, nella Sicilia di quasi vent’anni fa, dire di andare a lezioni di danza.

Per quanto io sia giovane, era decisamente diverso da oggi. C’è stato nel frattempo un piccolo grande cambio generazione e oggi sarebbe molto più semplice di quando ho iniziato io. Vent’anni i social non avevano preso ancora così tanto piede, ad esempio. La mia generazione era quella che da piccola giocava ancora con le costruzioni o le macchinine e non con gli smartphone o i tablet come vedo invece fare ora, cosa che aiuta a smantellare cliché o stereotipi molto presto. Il balletto su TikTok, ad esempio, stupido per quanto possa sembrare, normalizza il ballo, allo stesso modo in cui lo normalizza un programma come Amici, che spopola tra i giovani senza alcuna distinzione di genere quando invece in passato era solo un programma “per ragazzine”.

I maschi della mia età andavano a giocare a calcetto e l’ho fatto anch’io. Mio padre era un fan sfegatato del calcio e mi ci ha portato. Ma la mia fortuna è che è stato un padre da sempre controcorrente, con passioni variegate: non amava solo il calcio ma anche Michael Jackson, gli piaceva ballare, aveva un negozio di abbigliamento e lavorava nella moda. Ho quindi avuto un padre double face, come lo definisco io, che mi ha permesso di capire che la vita non aveva una visione o una direzione unica. E, quindi, andavo a calcetto e mi piaceva segnare non tanto per il goal ma quanto per avere quel minuto in cui, esultando, potevo ballare e stare al centro dell’attenzione.

Ed è stato sempre mio padre a portarmi per la prima volta a un corso di danza…

È sempre molto bello quando i genitori capiscono le aspirazioni dei figli e le sposano senza preconcetti.

Avere avuto il suo ok, mi ha permesso di capire che anch’io, da maschio, potevo ballare. È come se mi avesse infuso consapevolezza e sicurezza, le due caratteristiche che poi mi hanno portato a non avere timore quando gli altri sollevavano qualche perplessità. Se fosse andata diversamente, forse avrei dato più peso al giudizio altrui… credo che le due cose siano concatenate e conseguenza l’una dell’altra: è come ti crescono che permette di corazzarti. E io devo la mia corazza alla mia famiglia, che da sempre mi ha sostenuto.

Christian Roberto con Sabrina Ferilli nella serie tv Baciamo le mani.
Christian Roberto con Sabrina Ferilli nella serie tv Baciamo le mani.

Quand’è stata la prima volta che ti sei sentito riconosciuto dagli altri e che hai capito di aver fatto la scelta giusta?

La prima volta è stata quando ho partecipato come ballerino a Italia’s Got Talent ma ero talmente piccolo da non averlo vissuto nemmeno come un grande traguardo: era successo tutto così in fretta che non ho avuto la percezione di essermela sudata. Avevo sette anni, avevo un corpo di ballo e mi sentivo veramente come quel Michael Jackson che, come mio padre, adoravo: era la concretizzazione del mio sogno e dopo quello potevo anche tornare a casa.

Non mi interessavano né i soldi né il successo: ero già contentissimo e felicissimo, non mi rendevo nemmeno conto di stare andando in diretta su Canale 5 nel programma di punta del sabato sera… forse, se me l’avessero detto, mi avrebbe fatto paura e non sarei stato così tranquillo: un minuto e mezzo prima di salire sul palco mi preoccupavo solo di andare a fare pipì mentre tutti gli altri concorrenti erano agitatissimi e in preda al panico.

È crescendo che capisci il vero valore delle cose, il motivo per cui sei lì o il posto in cui ti trovi, non a quell’età: per me, era un gioco. Mi sentivo a Disneyland, provavo felicità e adrenalina al tempo stesso ma non terrore o ansia…

…sentimenti che invece provi alla vigilia del tuo esordio con un film su Rai 1 con una tematica così importante?

Posso essere sincero? No, perché comunque rappresenta qualcosa che ormai ho fatto e che vivo a distanza. L’unica preoccupazione, in questo caso, è il giudizio sul mio lavoro proprio perché, affrontando una tematica così delicata, si avverte sulle spalle la responsabilità e, recitando a fianco di mostri sacri come Fabrizio Ferracane o Manuela Ventura, corri il rischio di essere oscurato dalla loro bravura.

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Mafia è una parola con cui noi siciliani impariamo a confrontarci, obtorto collo, molto presto. Quand’è stata la prima volta in cui, seppur bambino, ne hai sentito parlare vivendo in Sicilia?

Nonostante fossi piccolo, ho il chiaro ricordo di come il problema fosse più sentito al sud che qui a Roma: mentre ancora oggi al sud si fanno manifestazioni contro soprattutto in occasioni di tristi ricorrenze come quella legata alla strage di Capaci, a Roma raramente mi è capitato di vedere ragazzi che scendono in piazza per tale motivo. Ma ricordo anche di aver sentito parlare di mafia soprattutto dai racconti di mio nonno, anche lui negoziante e per questo conoscitore, anche se non direttamente, delle dinamiche legate al pizzo…

Ero affascinato dalle sue storie e da come si cercava di opporsi a un sistema malato, da quegli aneddoti che chi è cresciuto a Roma forse ha vissuto meno da vicino. L’argomento è forse più sentito a Napoli: bastano poche ore di macchina per rendersi conto di come la percezione cambi. E ne ho avuto la prova concreta relazionandomi con i ragazzi del musical Mare fuori, del cui cast ho fatto parte.

Christian Roberto nel musical Mare fuori.
Christian Roberto nel musical Mare fuori.

Mare fuori, appunto, ti ha cambiato di sicuro la vita. Avevi preso già parte a diversi musical importanti per cui hai anche avuto dei notevoli riconoscimenti, da Billy Elliott a Mamma mia! ma l’appeal e l’attenzione suscitati da Mare fuori non hanno eguali.

È stata di sicuro un’esperienza completamente diversa dalle precedenti proprio perché già il titolo parla da solo. Più che del musical, aveva la dimensione dell’evento che arrivava nelle grandi città: sold out a ogni tappa e il pubblico che attendeva noi attori sotto gli alberghi per manifestare il proprio affetto. E sì, ammetto che mi ha cambiato ma non tanto per la popolarità ma quanto per la magia di Napoli e dei napoletani.

Produzione e cast erano composti in prevalenza da napoletani ed io, interpretando ‘O Chiattillo, il milanese Filippo, ero uno dei pochi a non esserlo. Ma ciò non è stato un ostacolo, anzi… credo di aver fatto più amicizia in quest’anno di Mare fuori che in tutta la mia vita, trovando al mio fianco persone talmente calorose e dal gran cuore che mi hanno fatto riavvicinare alle mie radici meridionali. Mi mancava quella calorosità del sud, quella roba per cui ad esempio la mamma dell’altro prepara la pasta in più anche per te… a distanza di due mesi dalla fine dell’esperienza, continuiamo a sentirci ancora tutti quanti, segno che l’amore che sentivamo nell’animo gli uni per gli altri non si limitava ai 62 spettacoli portati in scena ma andava ben oltre.

Sei quello che si definisce un ragazzo di oggi. Se ti guardi intorno, cosa ti fa paura?

Ciò per cui stiamo combattendo tutti quanti, dalla guerra al cambiamento climatico. Ma anche la perdita dei valori e il dare peso ad aspetti frivoli, a cui prestiamo fin troppa attenzione. L’aver perso i nonni, ad esempio, mi ha fatto capire quanto sia stato lontano da loro e non averli vissuti a pieno: avrei potuto in passato visitarli più spesso e stare con loro. Motivo per cui, quando so che i miei amici vanno a pranzo dai nonni, li invito a stare con loro il più a lungo possibile o a scattarsi delle foto: so quanto poi peserà la loro assenza… tutte le volte che incontro un nonno di un mio amico, parlo più col nonno che con l’amico stesso (sorride, ndr).

E chi vedi invece quando ti guardi allo specchio?

Un ragazzo super semplice, super determinato e che ha voglia di fare tanto e bene nel suo piccolo. La cosa che amo del mio lavoro è quella di poter lanciare messaggi. Nel caso di Mascaria, il messaggio è ad esempio forte e spero che la mia presenza permetta che arrivi il più possibile ai miei coetanei, a tutti quei giovani che sentono meno la problematica rispetto a chi la vive da vicino.

Ti piace esteticamente la persona che vedi?

Se mi guardo in quell’ottica, sono molto sicuro di me. Formarsi come ballerino significa conoscere il proprio corpo, i propri limiti e i propri punti di forza. E da quel punto di vista non intravedo problemi: mi piace allenarmi, tendere a un certo rigore anche estetico e vedermi in forma. Non lo faccio per il giudizio altrui ma per piacere a me stesso e stare bene. Anche se in realtà voglio andare in palestra per metter su un po’ di massa muscolare.

Christian Roberto nel film Sulla stessa onda.
Christian Roberto nel film Sulla stessa onda.

Hai mai avuto la sensazione, cominciando così piccolo, di aver bruciato le tappe?

A oggi no. E ne sono anche felice perché mi rendo conto di quanto importante sia nel mio settore cominciare a formarsi sin da piccoli e farsi riconoscere dagli addetti ai lavori. E, comunque, da piccolo non ho mai vissuto la danza come un lavoro: ho sempre scelto liberamente cosa fare… c’era il ballo così come c’era la partita a calcio, le uscite con gli amici come il film da guardare. Forse l’unica limitazione che ho avuto è stata a livello estetico: volevo rasarmi i capelli per essere un po’ più alla moda con gli amici ma non ho potuto perché, se fosse arrivata la possibilità di interpretare un film in costume o Il Paradiso delle Signore, come poi avvenuto, sarebbe stato un bel problema (ride, ndr). Per il resto, ho sempre vissuto tutto come un gioco e mi sono divertito.

Quando hai capito che non era solo gioco ma anche lavoro?

A diciotto anni, quando è finita la scuola. Per la prima volta, quando tutti si confrontano con cosa vogliono fare da grande, è stato allora che ho capito che era un lavoro.

…non perché hai avuto il controllo anche economico di quello che facevi?

No, di quello non mi è mai importato molto. So che faccio un lavoro redditizio rispetto alla maggior parte dei miei coetanei ma non ho mai avuto chissà quali pretese o capricci da soddisfare. Per me, i soldi servono semplicemente a garantirmi un futuro stabile: non mi va di spendere denaro in cavolate perché so quanto il lavoro dell’attore sia precario o come possa finire da un giorno all’altro. Preferisco, dunque, stare attento… Ogni lavoro è come se fosse l’ultimo: è un pensiero che mi sono inculcato in testa e che mi spinge a far sempre meglio, impegnandomi al massimo e non dando mai nulla per scontato. Quando consideri il tutto scontato, non ti godi nulla e bruci le esperienze.

Cos’è per te l’amore?

Penso che sia il sentimento più bello che esista al mondo. Provandolo, so che ti genera emozioni come nessun’altra cosa è in grado di fare. Lo rispetto molto come sentimento e, francamente, faccio fatica a capire chi riesce con facilità nel passare da una storia all’altra in un mese: non ce la farei mai perché prima dovrei elaborare cos’è successo, capire cosa c’è stato di positivo o di negativo. È un sentimento a cui do molto valore, peso e importanza: se chiudo gli occhi, mi vedo in futuro con una compagna e dei figli. Potrei star bene anche da solo ma è così che mi vedo.

E come lo vivi nel momento in cui finisce?

Nei momenti di fine o di down in una relazione cerco di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno non lasciandomi andare alla sofferenza. Preferisco in quei casi ritrovare me stesso, provare a dedicarmi a me partendo anche solo dall’aspetto fisico, allenarmi, dipingere e creare. Non resto chiuso in casa a deprimermi ma continuo, come farei anche a fianco dell’altra persona, a vivermi la vita col sorriso.

Ho sempre cercato di farlo, sia nel bene che nel male: per quanto possa stare male o piangere (non sono Superman!), cerco di essere psicologo di me stesso e di autoaiutarmi… e fino ad adesso sono sempre riuscito a cavarmela da solo, sebbene abbia una famiglia che mi supporta, che mi fa star bene e che mi distrae, e degli amici su cui poter contare. Fa un po’ parte della mia indole: non mi piace molto parlare dei fatti miei, sono molto chiuso ma sono perché dopo mi scoccia dover dare una spiegazione.

È per questo che mostro anche poco della mia vita privata sui social: le persone chiederebbero e scatterebbe la stessa dinamica, preferisco che ciò che di bello e intimo vivo rimanga tale.

Christian Roberto nella serie tv Luce dei miei occhi.
Christian Roberto nella serie tv Luce dei miei occhi.

Se dovessi dire “grazie” a qualcuno, chi sarebbe?

Lo direi a mia sorella perché non credo che si esista persona al mondo che mi ami e mi sostiene quanto lei. Per via del mio lavoro, sono sempre stato al centro dell’attenzione di tutta la mia famiglia (non parlo dei miei genitori che ci amano entrambi alla follia) ma mia sorella non ha mai mostrato segni di insofferenza, invidia o gelosia: è sempre stata felice per me… così come io sono felice di lei e di qualsiasi sua esperienza o qualsiasi cosa faccia, che sia in tv, nella danza, a scuola o col fidanzatino.

Quindi, sì, ringrazierei lei per avermi fatto mai pesare nulla e per essere la persona che anch’io amo più al mondo: se non avessi il suo sorriso, non potrei mai essere felice.

Più piccola o più grande di te?

Più piccola ma ha la testa di una trentenne! C’è sempre stato un bel rapporto ed è sempre stata l’unica persona, con cui a differenza di altri, ho sempre parlato molto, anche in casa. Tra noi c’è una confidenza diversa da quella che potrei avere con mia madre, c’è vicinanza e comprensione su dinamiche che un genitore per via dei background diversi non potrebbe mai capire: se chiedessi a mia madre cosa si cela dietro una certa storia su Instagram, non saprebbe rispondermi… mia sorella sì!

Christian Roberto.
Christian Roberto.
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