Per Claudia Potenza sono settimane lavorative importanti. L’11 luglio è arrivato in sala il film L’anima salva di Federica Biondi di cui è protagonista mentre il 18 luglio arriveranno Madame Luna di Daniel Espinosa, in cui interpreta Nunzia, una donna calabrese complessa e di dubbia moralità, e Indagine su una storia d’amore di Gianluca Maria Tavarelli, in cui è Marisa, una vicina di casa dei due protagonisti, Barbara Giordano e Alessio Vassallo. Ma la nostra intervista esclusiva a Claudia Potenza non è di natura strettamente promozionale: la sua ragione d’essere sta nello scoprire la personalità di Claudia stessa, un'attrice che riesce a rompere ogni schema prestabilito.
Claudia Potenza si distingue per la sua capacità di interpretare ruoli complessi e profondi, come dimostra ad esempio il personaggio di Nunzia. Non si tratta semplicemente di interpretare la cattiva della storia, ma di esplorare anime umane con tutte le loro sfaccettature. Ed è questo il cinema per Claudia: uno spunto di riflessione e un mezzo per indagare la natura umana.
In un mondo cinematografico spesso caratterizzato da rapporti superficiali o inesistenti, Claudia Potenza si distingue per la sua autenticità e trasparenza, qualità che emergono anche nei momenti di difficoltà. La sua forza interiore e la capacità di restare fedele a se stessa sono qualità rare che la rendono una persona prima ancora che un’attrice o una donna speciale.
Nonostante i successi, Claudia Potenza rimane infatti ancorata alla sua umanità e alle sue radici, sempre pronta a esplorare nuovi ruoli e a sfidare se stessa. È questa combinazione di talento, empatia e determinazione che la rende una figura così affascinante da sondare, complice anche una sincerità a volte spiazzante.
Intervista esclusiva a Claudia Potenza
“Sono stata in quell’isola per un film stupendo, Viola di mare: avevo un piccolissimo ruolo ed era fine novembre, non ci torno da moltissimo tempo”, mi risponde Claudia Potenza quando le spiego il perché la chiamo su WhatsApp anziché sul cellulare, dal momento che mi trovo in una zona di Favignana in cui non c’è molto campo, quasi nullo, per la telefonia mobile. “Mi sa che allora sei in paradiso, in questo momento”, scherza. E come darle torto?
Finalmente io e Claudia Potenza riusciamo a incontrarci almeno telefonicamente. E il motivo della nostra intervista non è solo riconducibile ai tre progetti a cui Claudia Potenza ha preso parte arrivati o in arrivo al cinema: L’anima salva (uscito la scorsa settimana) e Madame Luna e Indagine su una storia d’amore, nei cinema entrambi dal 18 luglio. La ragione vera sta semmai nella personalità di Claudia e nel suo essere attrice fuori da ogni schema prestabilito.
In Madame Luna, ti ritrovi a interpretare il ruolo di Nunzia, un personaggio abbastanza decisivo per il corso della storia e molto diverso da quelli a cui ci hai abituati: l’antagonista, la cattiva della situazione.
Certe tipologie di donne mi hanno sempre toccato e ispirato. Non parlerei tanto di cattive ma di donne complesse, di animi umani da esplorare e indagare. Il cinema è, del resto, da sempre spunto di riflessione per chi guarda e per chi sta dall’altra parte dello schermo.
Cosa ti ha spinto a dire di sì a Nunzia, una donna che milita nell’illegalità pur rivestendo un ruolo da ufficiale?
Sicuramente il regista Daniel Espinosa ha giocato un grande peso. È un grande autore e sin dal nostro primo incontro ci sono state affinità umane che hanno finito per decretare il mio sì. Non si è trattato di una questione solo di stima professionale ma anche di chimica ed empatia, che si è protratta anche sul set. Da uomo molto libero, lasciava molta libertà anche a noi attori sin dal provino, circostanza in cui ci siamo studiati a vicenda e che ha portato a innamorarmi del suo modo di vedere le cose e a sentirmi a mio agio.
È qualcosa che non sempre accade: ci sono provini dopo i quali si torna a casa e si aspetta la risposta non aspettando, proprio perché non si riesce a captare lo stesso segnale radar personale. Si finisce per accettare perché si deve comunque lavorare ma nel profondo la domanda rimane sempre la stessa: “Chi me l’ha fatto fare?”, soprattutto quando il contatto non è piacevole.
E quando ti è capitato di lavorare a dei progetti in cui il rapporto umano non era così empatico a cosa hai fatto appello per resistere?
C’è voluta molta forza, anche perché non sono capace di simulare. Sono una persona estremamente trasparente e aperta, mi si legge così tutto in faccia che anche l’altro giorno il signore del genere alimentari mi ha chiesto se andasse tutto bene. Eppure, né stavo piangendo né chissà quale atteggiamento avessi.
E quindi si intuisce facilmente quando qualcosa non mi va a genio. Quando accade invece il contrario e ho la fortuna di vivere incontri magici, volo. Mi è successo di recente dopo un provino: la mia mente è andata così altrove che ho camminato per chilometri e chilometri senza rendermene conto, come se fossi veramente a tre metri da terra. Ma non mi ricordo nemmeno di averlo fatto: è come se lo avessi rimosso dalla memoria.
Tutti i personaggi di Madame Luna si adoperano nel bene e nel male per il sogno di una vita migliore. Claudia quanto si è adoperata in tal senso?
Per Claudia è una battaglia quotidiana. Mi piace molto scherzare e ironizzare ma ci sono giornate in cui sento molta fatica addosso, soprattutto quando mi si riversano sulle spalle responsabilità non mie ma di qualcun altro. Uso spesso un paragone che restituisce bene l’idea: se la mia vita fosse una serie tv, sarebbe Ally McBeal. E mi piacerebbe anche comportarmi come lei, con tutte le sue stranezze e le sue visioni.
Madame Luna: Le foto del film
1 / 11Le aspettative che avevi da ragazza sul tuo lavoro di attrice sono state poi mantenute dai fatti? Sei diventata l’attrice che volevi essere?
Ma sono ancora una ragazza che ancora vive quella fase cruciale che è il passaggio dell’adolescenza (ride, ndr). La risposta in realtà è molto più complessa e varia a seconda dei giorni o delle fasi della giornata: mi reputo in continua evoluzione. Chiaramente, oggi ho dei punti fermi rispetto a quando ero giovanissima e ho raggiunto traguardi che nemmeno mi aspettavo, come l’aver ad esempio messo su una bella famiglia.
Tra l’altro, la domanda mi fa ripensare a qualcosa che mi è accaduto qualche giorno fa. Sono stata invitata a Manfredonia, la mia città, per un premio che viene conferito ai cittadini che si sono distinti in qualche campo (tra i premiati, c’era anche Fabrizio Gifuni, che ha fatto veramente tanto a livello culturale). Nel raccontarmi, mi hanno chiesto alcune cose di quando ero piccola e vivevo lì, mi sono ricordata del liceo classico che oggi non c’è più e di ciò che facevo.
Ed è in quel momento che mi sono resa conto della strada che ho finora fatto, una strada che sono triste non riesco a vedere per via del buio. Mi sono sentita molto fiera.
Ne hai vissuti molti di momenti bui? Se sì, dettati da cosa?
Da fattori di vario genere. Compiere quarant’anni, ad esempio, è stato molto tosto, come un giro dal commercialista con l’Iva arretrata ancora da pagare. Non era legato al numero in sé ma a una serie di circostanze che sono coincise, con il mio corpo che ha richiesto anche il conto e che ora sto mettendo a posto. È come se mi si fosse presentato qualcuno con un cartello che diceva “Benvenuta tra i grandi!” ma mi sono, con molta lucidità, rimboccata le maniche, il tutto sempre all’interno di un contesto lavorativo che non è per niente facile in un periodo storico molto complesso.
Alcune delle difficoltà del tuo lavoro sono date dall’essere una donna?
Assolutamente sì. Noi donne viviamo sempre con la spada di Damocle dell’insicurezza sulla testa. Ma nei momenti di sconforto, difficoltà o fragilità, occorre sempre ritrovare la forza dentro di sé, una forza che va continuamente alimentata. Proprio Gifuni a Manfredonia elogiava la lentezza e la fragilità con un discorso molto, molto bello, in opposizione a un’epoca storia in cui è tutto una rincorsa ansiogena alla perfezione, all’essere performanti e al dare costantemente il meglio di te… qualcosa che non mi piace per niente e che mi repelle.
Un po’ quasi in sintonia con ciò che affronta il film Indagine su una storia d’amore di Tavarelli, in cui interpreti Marisa. Dopotutto, racconta anche delle difficoltà che vive un attore oggi in piena epoca social. Daresti in pasto la tua privata a un programma à la Temptation Island per il successo, come fanno Paolo e Lucia, i due protagonisti?
Oddio, no. Per me, non è mai stato il tutto a tutti i costi.
È stato difficile o facile bilanciare il privato con il tuo percorso professionale?
Non ho mai visto i due ambiti in opposizione e ho lasciato che, come tutte le cose che mi appartengono, confluissero e si incastrassero alla perfezione. Non ho mai avuto particolare ansie su come, ad esempio, la maternità potesse inficiare negativamente il lavoro: da persona molto pratica, non ho mai schiacciato una sfera per favorire l’altra e viceversa, non fa parte del mio modo di pensare.
Chiaramente, col tempo ho capito che avrei semmai dovuto dare delle priorità ma è accaduto solo quando sono entrata in contatto con me stessa. Ma è normale che sia così crescendo: quante cose facciamo a sedici anni di cui ci rendiamo conto dell’assurdità solo da grandi?
Cosa combinavi a sedici anni?
Tutto ciò di cui si poteva lamentare mia madre. A pensarci bene, non ho mai fatto grandi bravate…
Che adolescente eri?
Un’adolescente che a un certo punto è incappata in una storia sentimentale sbagliata, di quelle che oggi si definiscono tossiche: lo era e all’ennesima potenza, a cominciare dalle imposizioni su quello che avrei o non avrei dovuto fare. L’ho capito mentre già la vivevo e per uscirne sono scappata via, partita da Manfredonia per andare a studiare recitazione a Roma. E non è stato così scontato che riuscissi a partire, viste come vanno le cose oggi con tutto questo scempio di donne uccise: diciamo che sono stata molto fortunata.
Come hanno preso i tuoi genitori la tua decisione di andar via?
Bene. Anche perché già a casa mia si respirava l’arte: mia sorella è una cantante lirica e già a sette anni era andata via di casa. Era prevedibile che potesse accadere anche a me: giù da piccola, il mio più grande desiderio era quello di fare l’attrice. Se fosse stato per me, sarei andata via anche prima ma non potevo per questioni di età!
A parte la libertà da quel legame, cosa significava per te la recitazione?
Domanda molto, molto complessa. Sin da piccolina, mi sono sempre sentita fuori posto, un po’ anche dentro casa mia. Recitare e dare vita a molte personalità per me era come rimettere insieme i pezzi di un puzzle e sentirmi finalmente dentro quel posto che mi mancava. E la prima volta che mi sono sentita nel posto giusto è stata sul set di Basilicata Coast to Coast ma anche a teatro, che sicuramente mi è molto congeniale da quel punto di vista.
Di recente, è approdata su Netflix la serie tv Non mentire, del cui cast fai parte. In che caso Claudia non mente agli altri e, soprattutto, a se stessa?
Quando ho a che fare con i sentimenti. Al cospetto delle persone che amo, non riesco a mentire. Ed è anche il motivo per cui la menzogna dell’altro mi uccide. Di conseguenza, non posso permettere a me stessa di mentire e, se qualche volta è capitato, sono subito tornata indietro.
E sul lavoro torneresti mai indietro? Ti sei mai pentita di qualcosa a cui hai preso parte?
Sì, ma perché il progetto non rispondeva a ciò che era sulla carta. Ma già lo avevo intuito sin dall’inizio perché non mi sentivo a mio agio… responsabilità mia!
A proposito di progetti invece riusciti, hai interpretato Agnese Borsellino in quel bel film che è Era d’estate di Fiorella Infascelli.
È un altro di quei ruoli a cui sono molto legata e che mi sono sudata tantissimo con due lunghi provini, dopo il primo dei quali mi ha sottoposta a una decisiva trasformazione fisica. Agli occhi della regista sembravo troppo giovane, una bambina, ma con l’aiuto di un mio amico e di una parrucca sono riuscita a sembrare più grande di dieci anni, convincendo Fiorella a rivedermi e scegliermi. Porterò per sempre con me quell’esperienza, anche perché abbiamo girato nell’isola dell’Asinara, un luogo quasi disabitato che mi ha richiesto ben tre settimane prima di abituarmi: tanto incredibile quanto pazzesco, lasciava traspirare tanto dolore. Al mio percorso sono grata anche per i posti peculiari in cui mi ha condotto…
…come peculiare era del resto l’ambientazione di Monte, il film di Amir Naderi che ti ha richiesto anche di sacrificare la tua bellezza. Che rapporto hai con il tuo corpo?
Molto strano e molto altalenante. Sarà anche per questo che mi piace la trasformazione, diventare completamente qualcun altro e divenire irriconoscibile. Essere me stessa non avrebbe senso!
Molto spesso, per i tuoi ruoli, ti diverti a giocare con accenti e inflessioni dialettali non tuoi. Ma se ne avessi la possibilità dove ti piacerebbe lavorare al di fuori dell’Italia?
Risposta netta: in Francia, dove vige un grandissimo rispetto per il cinema e per le attrici, dove non ci si preoccupa della bellezza e dove ci sono storie per le donne di qualsiasi età. Mi sono sempre riproposta di farlo ma poi ogni volta la pigrizia prende il sopravvento. Ma mai dire mai: la vita e il lavoro che ho scelto sono pieni di magia e di sorprese…
Ti rivedremo in Vita da Carlo 3?
Piccolo spoiler: stanno già girando e no, non è prevista la mia presenza.
Ti diverte di più la commedia o il dramma?
La mia cifra è sempre quella di mettere commedia nel dramma: mi vedo sempre come la bambina a cui scappa da ridere ai funerali e che dà di gomito al cugino.