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Clelia Zanini: “Alla scoperta di me stessa” – Intervista esclusiva

Clelia Zanini
Mentre sullo schermo indossa i panni dell’imperatrice romana, Clelia Zanini nella vita di tutti i giorni è una giovane ragazza alla ricerca di se stessa e del valore aggiunto che può dare a chi la circonda. L’abbiamo incontrata in un momento particolare della sua vita, tra nuove aspirazioni e consapevolezza di sé.
Nell'articolo:

L'incontro con Clelia Zanini, giovane attrice che ammiriamo nei panni di Marcia nella serie tv Prime Video Those About to Die, non è un'intervista convenzionale, ma un'immersione nel suo universo complesso e affascinante. Clelia Zanini incarna alla perfezione il ritratto di una giovane donna dei nostri tempi: poliedrica, determinata e alla ricerca costante di una sua verità personale e professionale.

A soli ventisei anni, Clelia Zanini non si accontenta di seguire un unico percorso, ma si lancia con entusiasmo e curiosità in nuove avventure, esplorando il mondo della ristorazione con la stessa passione che riserva alla recitazione. La sua, del resto, è una generazione che non si lascia incasellare facilmente, che rifugge le etichette e che cerca sempre nuovi stimoli per definire se stessa.

Clelia Zanini vive la sua vita con una curiosità quasi febbrile, una fame di conoscenza e di esperienze che la porta a sperimentare e a mettersi continuamente in discussione. Il suo spirito critico, affinato da una formazione internazionale e da una vita trascorsa tra culture diverse, la rende una giovane donna consapevole e riflessiva, capace di muoversi con disinvoltura tanto sul set quanto in un ambiente diplomatico o tra i tavoli di un ristorante.

Questa continua ricerca di nuove sfide non è solo un desiderio di crescita personale, ma anche un modo per mantenere vivo il suo spirito creativo, per trovare nuove fonti di ispirazione e per non cedere alle insicurezze e alle difficoltà che inevitabilmente si presentano lungo il cammino di una carriera artistica. Clelia Zanini, con la sua determinazione e la sua apertura al mondo, rappresenta una voce autentica e vibrante della sua generazione, una figura che sa come trasformare le sue esperienze e i suoi dubbi in strumenti di crescita e di esplorazione del sé.

Clelia Zanini (Foto: Gabriele Franceschi; Press: Upgrade Artist).
Clelia Zanini (Foto: Gabriele Franceschi; Press: Upgrade Artist).

Intervista esclusiva a Clelia Zanini

“In questo momento sono impegnata in altro”, mi risponde Clelia Zanini quando le chiedo se sta trascorrendo l’estate sul set. E quest’altro risponde al nome di ristorazione, un ambiente che da qualche tempo la interessa molto. “Sto lavorando in un albergo e sto scoprendo una passione molto forte, con un’immersione emotiva nello stato culinario che non credevo possibile”.

Lo consideri come un piano B per il futuro?

Non lo so: il settore della ristorazione è ancora più pericoloso di quello della recitazione (ride, ndr). Far l’attrice con il passare degli anni dà sicuramente maggiori risultati perché si hanno maggiori possibilità di lavorare: ci sono più persone che mollano e la concorrenza per ovvie ragioni si restringe. Nel mondo della cucina, invece, le insidie sono tante, soprattutto quando si è titolari di un locale: la possibilità di chiusura è sempre dietro l’angolo. Nonostante tale consapevolezza, rimane un universo che mi affascina.

In questo momento, tuttavia, è possibile vederti su Prime Video nella serie tv Those About to Die, il kolossal diretto da Roland Emmerich in cui interpreti Marcia. Come la descriveresti?

Marcia è la cugina neanche troppo lontana di Tito e di Domiziano. È colei che viene scelta per essere la futura sposa di Tito: si tratta di un matrimonio combinato e di convenienza, anche perché Tito è in realtà innamorato di Berenice, la regina dei Giudei rifiutata dal popolo romano per questioni razziali. Le nozze con Marcia non sono altro che un escamotage per sedare i malumori romani ma con il tempo tra i due si instaura un rapporto molto bello con lei che diventa iper protettiva nei confronti di Tito, nonostante lui rimanga sempre molto freddo e distante con il suo atteggiamento da militare.  Una dimensione, comunque, di tenerezza che mi è sempre piaciuta anche nei film che guardavo, da La Bella e la Bestia in poi.

Marcia ti somiglia in qualche modo?

Più che altro, avendone rivestito i panni per sette mesi, ho avuto grandi difficoltà a lasciarla andare via… Mio padre è stato ambasciatore per molti anni e sono cresciuta circondata da persone come Tito: presidenti, generali, primi ministri… sin da piccola, venivo introdotta a determinati tipi di ambiente e mi ritrovavo a colloquiare con alte cariche, tanto che quando capitava che ne combinassi qualcuna la mia punizione era non andare a cena con il presidente X. Ciò mi ha permesso, ad esempio, di capire come si dovesse muovere Marcia intorno a Tito e il suo ambiente diplomatico e quali fossero i suoi doveri, non facili, da matrona.

Con lei condivido anche il capire cosa volere dalla vita per sé ma di sicuro non condividiamo la complessa gestione dei rapporti sentimentali: il suo era un mondo talmente distante da quello che viviamo oggi che solo immaginarlo diventa complicato. Probabilmente, se fossi nata 150 anni fa, avrei sposato anch’io un uomo che non mi amava ma credo che oggi possa tranquillamente evitarlo. Mi piacciono però gli uomini ambiziosi.

Come sono stati i sette mesi di convivenza con Marcia?

Sono stati molto belli ma anche strani perché a un tratto mi sono sentita molto combattuta. Ero molto dentro al personaggio ma, trattandosi della mia prima esperienza lavorativa di una certa lunghezza, ho avuto un po’ di difficoltà ad approcciarmi al personaggio e a ritornare dopo nei panni di Clelia. Non è che pensassi di essere realmente l’imperatrice Marcia ma avevo qualche problema quando mi relazionavo con gli altri: era come se non vivessi più il presente e fossi proiettata al passato.

E mi capitava anche quando in autobus passavo davanti al Colosseo, al punto che scoppiavo a piangere nel pensare che era stato realizzato da “mio cognato” Domiziano. Succedeva almeno due volte a settimana, tra l’altro nel tragitto che da casa mia mi porta allo studio del mio terapeuta. Eppure, da romana, il Colosseo lo conosco da sempre!

Non ti creava ansia da prestazione il ritrovarsi in una produzione internazionale dal cast così imponente?

No, perché sono stata molto fortunata: tutti gli attori, anche quelli dai nomi altisonanti, erano tutti molto alla mano. Con alcuni di loro con cui ho lavorato più a stretto contatto, da Tom Hughues ad Alice Lamanna e Moe Hasmim, si è creata anche una solida amicizia, collegati forse dall’avere più o meno la stessa età.

Il clima era sempre molto rilassato e i pochi nervosismi che potevano nascere erano legati ad aspetti che poco avevano a che fare con la recitazione: non era facile indossare a volte tre chili di capelli o costumi fatti a mano che non potevano essere lavati o stirati per via delle tipiche pieghe da toga romana mentre la temperatura fuori toccava i 40 gradi. Però, quei capelli e quei costumi erano necessari per entrare nei personaggi, capirli e comprenderli: il reparto tecnico ha fatto un lavoro meraviglioso!

Clelia Zanini nella serie tv Those About to Die.
Clelia Zanini nella serie tv Those About to Die.

Hai esordito nella recitazione nel 2020 con un film diretto da Vincent Paronnaud, celebre anche in Italia per i lavori con Marjanne Statrapi, come Persepolis e Pollo alle prugne. Hai lavorato ora con Emmerich. Si tratta di due nomi molto altisonanti. Cosa hanno intravisto in te?

Quando penso alla mia fortuna/sfortuna in ambito lavorativo, la mente vola a quando avevo 15 anni ed ero a Gstaad, in Svizzera, con i miei genitori: sono entrata in una parafarmacia che mi piaceva molto e ho chiesto se avessi potuto lavorare lì. Al sì del proprietario, ho trascorso tutta l’estate lì dentro ma, dopo quell’esperienza, per anni non ho trovato nessun’altra occupazione. A nulla servivano i curricula mandati in giro, anche solo per far la cameriera: non mi richiamava mai nessuno.

E tale situazione si sta ripetendo anche nella recitazione: mi capita di lavorare con registi di un certo calibro e poi per anni di non prendere più alcun ruolo. E forse, quando vengo riscelta, notano come quasi non ci creda più di tanto o non mi interessi come vada a finire il provino proprio perché arrivata al limite dell’estenuazione. Tutti parlano della fame o della volontà di affermarsi ma non è la mia visione: più che affamati, a volte si sembra disperati.

Nel caso della serie tv, mi ero però preparata molto per il provino e mi sono in qualche modo meritata la scelta. Altrettanto non potrei dire per il provino con Paronnaud, arrivato quasi per caso.

Cos’è che ti ha fatto innamorare della recitazione?

Anche in questo caso devo tornare al passato. Avevo otto anni e a scuola si è messo in scena Il piccolo principe: laddove c’erano un miliardo di piccoli principi c’era solamente una rosa e quella rosa ero io. Ricordo ancora la sensazione meravigliosa provata quando sono salita sul palco: prima di andare in scena, mi scappava la pipì ma al momento dell’uscita in scena non sentivo più l’esigenza di andare in bagno. Lì per lì non riuscivo a capire il perché ma anni dopo ho compreso che quella provata era in realtà adrenalina e non rispondeva a un bisogno fisiologico…

Ed è una sensazione bellissima che ho provato anche pochissimo tempo dopo. Senza volerlo o cercarlo, a nove anni mi sono ritrovata insieme ai bambini della mia scuola a far da comparsa nel film Dieci inverni di Valerio Mieli. La sola battuta era di un bambino non della mia classe ma non riusciva a pronunciarla: armata di faccia tosta, sono andata dal regista chiedendo di poterla dire io. E così è stato: ho conservato per anni la molletta che mi hanno messo sui capelli.

Clelia Zanini nella serie tv Those About to Die.
Clelia Zanini nella serie tv Those About to Die.

Papà ambasciatore: si è messo le mani nei capelli quando gli hai comunicato che volevi far l’attrice?

Assolutamente. Ma non ho dovuto convincerlo io: l’ha convinto il fatto di essere stata scelta per un progetto con Anthony Hopkins! Battuta a parte, sto vivendo un momento in cui sono molto in crisi riguardo al mio lavoro di attrice e, paradossalmente, la persona che mi è più vicina è proprio mio padre, colui che si è sempre opposto: “Al posto tuo, sarei disperato all’idea di abbandonare eventualmente un sogno” sono state le sue parole.

E, dette da un uomo cresciuto con una formazione militare da un nonno generale dell’Aeronautica, quelle parole mi hanno toccato particolarmente, facendomi comprendere quanta comprensione ci fosse da parte sua. Tra l’altro, sono convinta che anche lui abbia sempre voluto fare l’attore: negli anni ho scoperto che faceva teatro… siamo tutti figli dei nostri genitori e senza saperlo abbiamo i loro sogni insiti dentro noi e ciò mi dà forza.

A cosa è dovuta la tua crisi?

Alle difficoltà legate al mercato del cinema. Mi reputo una ragazza molto alla mano, tranquilla ed energica, ho studiato anche a Londra e parlo quattro lingue da madrelingua, eppure il mercato tende a toglierti e non a darti soprattutto fiducia in te stessa. Da quando ho cominciato a lavorare nella ristorazione, in un prestigioso albergo romano, ho invece scoperto tratti nuovi di me stessa e ho riacquistato fiducia anche nel mio aspetto fisico.

L’ambiente cinematografico finisce con il distruggerti a volte portandoti a non sentirti mai abbastanza bella o magra e in sintonia con te stessa. Sono alta 1 metro e 80, peso 58 chili ma c’è chi mi ha offerto un ruolo per una donna ‘obesa’: non avrei dovuto prendere peso, per loro ero perfetta così in barba a tutti i discorsi che facciamo oggi sulla rappresentazione o sulla body positivity.

Ma la passione per la ristorazione non mette in crisi la tua identità e chi ti sei pensata fino a oggi?

No, anche perché quando si affronta un percorso terapeutico non ci si mette necessariamente in crisi ma ci si pongono domande. Provengo da una famiglia molto ambiziosa, con un fratello CEO a Londra, una sorella antropologa e un’altra psicoterapeuta. Come loro, anch’io penso di avere molto da offrire al mondo ma devo solo trovare ancora il modo di farlo. Vorrei trovare il modo di mettermi in luce e ci sono vari ambiti a cui vorrei dare il mio contributo, a partire dal volontariato. Mi preoccupano ad esempio le persone senza fissa dimora, totalmente schifate dalla società civile per via dell’ipocondria che affligge tutti e la paura della sporcizia.

Clelia Zanini nella serie tv Those About to Die.
Clelia Zanini nella serie tv Those About to Die.

Esser figlia di un ambasciatore ha fatto sì che cambiassi case, paesi e culture, varie volte. Come l’hai vissuta?

Abbastanza bene, anche perché sono stata in grado di mantenere negli anni anche i rapporti che creavo: ho ancora oggi amiche che ho conosciuto in Irlanda quando avevo dieci anni. Certo, la distanza spesso è un problema quando desideri stare vicino a qualcuno che è lontano, come è accaduto di recente con una mia amica che ha vissuto un momento difficile.

E poi è sempre bello poter viaggiare, tanto che oggi sento quasi di non riuscire più a stare in maniera stanziale a Roma, dove vivo da quattro anni. Curiosamente, quattro anni era il tempo massimo delle missioni di mio padre: è come se fosse dunque finito il mio tempo a disposizione in città e sento il desiderio di andare da qualche altra parte.

Tra le varie lingue che parli c’è anche l’ebraico, scelta insolita…

Parlo inglese, francese (mamma è belga) e spagnolo (ho passato la mia infanzia a La Paz) da madrelingua ma ho anche le basi di lingue che ho studiato e approfondito per interesse personale. Parlo anche arabo ed ebraico perché sono molto legata al Medio Oriente: è in Libano, ad esempio, che vive un mio fratello adottivo che fa il prete e da cristiana credente ho un rapporto molto stretto con quei luoghi, dove sono stata diverse volte. La laurea in Scienze politiche mi porta a essere molto attenta ad alcune questioni e aree e tra le lingue che conosco c’è anche il russo… Sì, lo so: sembro un genio ma non lo sono affatto (ride, ndr)!

Come vivi ciò che sta accadendo in quelle zone?

Con preoccupazione, di sicuro. Parliamo di quello che viene definito “l’Ombelico del Mondo” per il crocevia di religioni e culture, un’area in cui i conflitti sono quasi inevitabili con situazioni più che scandalose come quella attuale.

Se dovessi descriverti con solo tre aggettivi, quali useresti?

Sicuramente curiosa, libera e indipendente, con uno sguardo critico, antropologico, molto spiccato. E forse anche stilosa: mi piace come mi vesto!

Clelia Zanini
Clelia Zanini (Foto: Paolo Stucchi; Press: Upgrade Artist).
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