Club Zero di Jessica Hausner è uno dei pochi film a Cannes 2023 diretti da una donna in concorso. Distribuito in Italia dal 9 novembre da Academy Two dopo il passaggio al Festival di Roma, conta sulle interpretazioni di Mia Wasikowska, Sidse Babett Knudsen, Amir El-Masry, Elsa Zylberstein, Mathieu Demy, Ksenia Devriendt, Luke Barker, Florence Baker, Samuel D’Anderson e Gwen Currant. E si preannuncia per tematiche e argomenti trattati come uno dei più forti in gara per la Palma d’Oro.
Relazioni tra genitori, figli e insegnanti, manipolazione, ideologia, digiuno, controllo del corpo attraverso il cibo, religione e fede sono solo alcuni dei temi trattati dal film Club Zero. E ce li racconta la regista Jessica Hausner.
Nata a Vienna nel 1972, Hausner non è nuova al mondo dei festival, dal momento che ogni sua opera è stata presentata in grandi contesti internazionali. Lovely Rita, il film di debutto, è stato accolto nel 2001 a Cannes nella sezione Un Certain Regard, dove è tornata anche nel 2004 e nel 2014 rispettivamente con Hotel e Amor Fou. Lourdes, il suo terzo film, è stato invece presentato nel 2009 in concorso al Festival di Venezia mentre aveva già partecipato in concorso a Cannes con il suo penultimo film, Little Joe, nel 2019.
Il fallimento genitoriale
Club Zero, sesto film della regista Jessica Hausner, comincia nel momento in cui Miss Novak si unisce allo staff di un collegio internazionale per tenere un corso di alimentazione consapevole. Sostiene che mangiare meno è salutare. Gli altri insegnanti non notano cosa sta succedendo in realtà e, quando i genitori distratti iniziano a rendersene conto, il Club Zero è diventato una pericolosa realtà.
“Club Zero racconta di come i genitori consegnino la responsabilità dei loro figli in mano a un’insegnante che abusa della loro fiducia”, ha commentato Jessica Hausner. “Miss Novak manipola i ragazzi e li allontana dai genitori. E, una volta che questi decidono di salvare i loro figli, è già troppo tardi. Si ritrovano così costretti a sopravvivere al più grande incubo di ogni genitore: perdere il proprio bambino. Club Zero affronta tale paura esistenziale e pone una domanda: Come possono i genitori controllare i loro figli quando semplicemente non hanno abbastanza tempo per loro?”.
“Non si tratta di un problema individuale ma sociale, che potrebbe interessare anche me così come voi”, ha continuato Hausner. “I genitori non sanno tutto quello che accade a scuola e non hanno né il tempo né i mezzi per appurarlo. Viviamo in un sistema meritocratico che ci spinge a lavorare sempre di più: ho come l’impressione che il fallimento genitoriale sia ormai sistemico”.
“Club Zero è un film ambientato in un collegio proprio per sottolineare la dipendenza dei genitori dagli insegnanti. Nella nostra società, l’insegnamento è spesso mal pagato e non abbastanza apprezzato quando dovrebbe essere esattamente il contrario. I genitori dovrebbero fidarsi completamente degli insegnanti o dovrebbero assumersi maggiori responsabilità? E come potrebbero farlo in una società basata sul lavoro e sul successo?”.
Il rifiuto del cibo
Non solo soltanto i genitori di oggi ad avere problemi per la società in cui vivono ma anche i giovani, come Jessica Hausner ha tenuto a sottolineare con il suo film Club Zero. “I giovani di oggi hanno paura per il loro futuro. Combattono per esso. Vogliono agire, assumersi responsabilità e avere potere sulle loro vite per fare la differenza e trovare un senso. Vogliono salvare il pianeta e, di riflesso, il loro futuro. Alcuni diventano politici, altri si uniscono a gruppi radicali: non vogliono aspettare che sia troppo tardi per farlo. Lo capisco e ho profondo rispetto per questa nuova generazione”, ha dichiarato.
“In Club Zero, Miss Novak sfrutta le paure e i desideri dei ragazzi per fare la differenza. Li usa per fonderli nella sua ideologia. Crede davvero di salvarli e di cambiare lo stato delle cose. E questo la rende pericolosa e convincente: le sue convinzioni incontrano il desiderio dei giovani di cambiare il mondo e aumenta la pericolosa inclinazione a sviluppare disturbi alimentari in alcuni di loro”.
“Ho frequentato una scuola femminile cattolica negli anni Ottanta e prevaleva l’idea di mangiare poco”, ha ricordato Hausner. “Facevamo a gara tra di noi. Masticavamo solo chewing-gum senza zucchero ed eravamo disgustate da una ragazza che mangiava un panino durante la ricreazione. Eppure, in segreto, l’ammiravamo perché non le importava di quello che pensavamo. Per noi, invece, si trattava di senso di appartenenza al gruppo e alle sue regole prestabilite da rispettare: una dinamica presente anche in Club Zero, in cui è difficile staccarsi dal branco”.
“Durante quel periodo, una mia amica è diventata anoressica e a volte trascorreva diverse settimane in un ospedale. Mi ha però fatto capire come quel disturbo alimentare rappresentasse una minaccia per la vita stessa. Ho realizzato che l’anoressia è davvero una dipendenza: non è facile smettere di mangiare e poi ricominciare a farlo”.
“Non mangiare è anche un modo per punire gli altri”, ha proseguito la regista. “Per i genitori, è molto doloroso vedere il proprio figlio rifiutarsi di mangiare: è un rifiuto che si traduce in rifiuto di vivere. Da dove viene tale rifiuto è una domanda molto importante da porsi. Quando ho scritto Club Zero, pensavo agli scioperi sulla fame: il rifiuto del cibo è anche un atto politico, una forma estrema di resistenza passiva contro i genitori o contro la società”.
Il controllo del cibo non è solo un atto politico ma anche parte integrante della religione, dove spesso si ricorre al digiuno per incoraggiare l’illuminazione spirituale. “Il controllo dell’assunzione di cibo diventa sinonimo di controllo del proprio corpo: rafforza la sensazione di potere e del sentirsi speciali”, ha annotato Hausner.