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Corona Sunsets Festival World Tour: Tramonto, musica e natura, senza alcun confine

Corona Sunsets Festival World Tour
Il Corona Sunsets Festiva World Tour ha fatto tappa in Italia. Eravamo presenti alle dieci ore di concerto e intrattenimento per verificare quanto l’evento rispettasse la sua policy legata all’ecosostenibilità e al rispetto per l'ambiente. E la prova è stata più che superata.

Si è tenuta sabato 22 luglio a Lajatico, in provincia di Pisa, la tappa italiana del Corona Sunsets Festival World Tour, un evento unico nel suo genere che, coniugando natura, tramonto e musica, ha come obiettivo quello di ergersi a luogo di aggregazione per disconnettersi dalla routine quotidiana.

La location scelta è quella del Teatro del Silenzio, che ha ospitato oltre dieci ore di musica, food corner, diverse attività di intrattenimento e molte altre legate al rispetto per l’ambiente. Sì, perché una delle caratteristiche del Corona Sunsets Festival World Tour è l’attenzione all’ecosostenibilità ma, come abbiamo potuto appurare prendendovi parte, anche alle diversità e al rispetto delle identità.

Un “momento” di disconnessione

Cosa rappresenta il tramonto per tutti noi non è difficile raccontarlo. Il tramonto è quel momento della giornata in cui, tramontando a ovest, pone fine a quelle che sono le nostre giornate ordinarie. Giornate scandite da impegni di lavoro, obblighi familiari, telefonate che ci costringono a fare i salti mortali e incombenze al limite del burnout. Al calare del sole, tutto ciò improvvisamente svanisce e, come per magia, ci si disconnette mentalmente da tutto ciò che ci assilla: torniamo a essere noi stessi e a dare priorità al nostro benessere mentale.

Se ci riflettiamo, il tramonto è il momento in cui possiamo andare in palestra a eliminare lo stress della giornata, organizzare un aperitivo con gli amici magari per bere una birra in compagnia o semplicemente lasciarci andare ai nostri pensieri più rilassanti. Tutte attività molto pratiche che trovano la loro radice nel significato che il tramonto ha assunto sin dalla notte dei tempi nelle varie culture mondiali. Basti pensare come a ogni latitudine, il tramonto è stato sempre celebrato come un momento di riflessione e di pace interiore o come un simbolo di fine e di rinascita, con un richiamo alla bellezza e all’effimero della natura.

“Per noi di Corona, il Corona Sunsets Festival World Tour è veramente importante per il brand”, ha spiegato Arnaud Hanset, Country Director di AB InBev per l’Italia. La nostra strategia è quella di avvicinarci alle esigenze dei nostri consumatori e alle esigenze che vogliono vivere a livello globale. Abbiamo iniziato in Sudafrica con la prima tappa e siamo poi andati alla ricerca dei tramonti più belli del mondo e, tra questi, non poteva mancare un tramonto italiano. Dopo tante ricerche e tanto lavoro, siamo arrivati in Toscana, una delle regioni più belle d’Italia, nella magnifica cornice del Teatro del Silenzio”.

“C’è tanta musica ma non è solo un festival musicale. Abbiamo cercato di portare tutta l’esperienza del percorso di Corona, a oggi uno dei pochi brand a utilizzare ingredienti naturali al 100%: la sostenibilità e il rispetto per l’ambiente rimangono il punto di partenza. La line up ha una vocazione sia globale (chiudono i Lost Frequencies, di origine belga, ndr) ma anche locale, con artisti come Francesca Michielin, Venerus, Kety Fusco e Bobo Rondelli, che sono toscani. Ma è il tramonto a rimanere il momento più importante della giornata, quello della disconnessione dalla routine”.

Il tramonto al Teatro del Silenzio durante il Corona Sunsets Festival World Tour.
Il tramonto al Teatro del Silenzio durante il Corona Sunsets Festival World Tour.

La sostenibilità, una promessa mantenuta

La prima cosa che appuro, quando prendo parte a un evento, come nel caso del Corona Sunsets Festival World Tour, si definisce “ecosostenibile”, è quanto in realtà lo sia. Basta poco per accorgersi dell’attenzione all’ambiente e del rispetto di alcune delle più semplici regole. Fondamentale, per me, è ad esempio che non ci sia plastica di alcun tipo in circolazione. E cercare di verificarlo in più di dieci ore non è semplice.

Tuttavia, basta partire dalle varie postazioni bar presenti in tutta l’area del Teatro del Silenzio: tutte le bevande vengono servite in bicchieri di carta riciclabile e le stesse provengono da bottiglie in vetro o lattine in alluminio. Lo stesso dicasi del cibo, accuratamente confezionato in vassoi di carta e delle posate. Sembra un dettaglio di poco conto ma non lo è, se pensiamo ai danni che bicchieri e posate di plastica, seppur banditi, continuano a fare. Per capirlo, basterebbe ricordare come Corona, primo marchio globale con una net zero plastic footprint, abbia affidato la progettazione del festival a Oceanic Global e al suo Blue Standard premiato agli NGO Awards.

Se il problema “plastica” è quindi superato a monte da un’organizzazione che non lascia scampo alle eccezioni, resta da capire qual è l’impatto ambientale dell’evento. La risposta è pressoché zero per via di una scelta consapevole della location. Il Teatro del Silenzio si trova a Lajatico ed è un luogo unico nel suo genere, creato su iniziativa del tenore Andrea Bocelli (che del paese è originario).

Si tratta di un anfiteatro naturale incastonato tra le verdi colline toscane e prende il nome dalla sua principale caratteristica: durante gran parte dell’anno, il teatro rimane appunto nel silenzio, immerso nella quiete della campagna circostante. Il paesaggio intorno è spettacolare e lo sfondo ben si presta agli spettacoli, complice anche un’acustica che ha pochi eguali. Si tratta dello stesso luogo in cui ogni anno Bocelli tiene un suo concerto accompagnato da altri musicisti e artisti di fama internazionale.

A differenza di altre location scelte per eventi blasonatissimi sparsi per l’Italia, il Teatro del Silenzio ben si integra con la natura e non va a deturpare né flora né fauna. Padrona rimane la natura che detta leggi e condizioni, tanto che ammirare il tramonto da tale postazione restituisce una sensazione quasi alienante, in grado di farci sentire parte di un universo molto più grande di quello che già è.

Niente cemento intorno al Teatro del Silenzio, tanto che vi si arriva da una stradina sterrata di campagna, ma alberi e piante. E per il Corona Sunsets Festival World Tour nulla è stato modificato, tanto che smontato il palco allestito per l’evento tutto tornerà nell’ordine naturale delle cose, senza alcun intervento di manutenzione o di ripopolazione vegetale. E non ci sembra un inutile dettaglio.

L’Eco-Village allestito per l’evento inoltre ha ospitato diverse attività legate al mondo della sostenibilità. Una delle più “esportabili”, che così vogliamo definirla, era la creazione di originali e personalizzate seed bomb, palline di polvere di argilla e semi di fiori selvatici che, plasmate con le proprie mani, potevano essere portate ovunque dagli spettatori per essere lasciate fiorire su un campo o un giardino. E a giudicare dalla fila davanti allo stand da domani ci saranno migliaia di fiori pronti a ripopolare i nostri terreni.

Ma non solo. Tra tanta musica, era possibile osservare anche il lavoro di SCART, il progetto artistico del Gruppo Hera che trasforma da un quarto di secolo i materiali di scarto in opere d’arte e di design, o quello di ZeroW, che ha esposto una selezione di prodotti upcycled, realizzati dai designer del gruppo a dimostrazione di come la creatività nel mondo della moda possa passare anche da materiali in disuso. Presente anche Seaqual Iniziative, comunità che collabora per contribuire alla pulizia dei nostri oceani: un’hostess in inglese, attraverso un simpatico gioco a premi, aiuta a capire quanto importante sia il tema della pulizia dei mari sensibilizzando sull’inquinamento da plastica.

I semi per creare la seed bomb.
I semi per creare la seed bomb.

Un’esperienza senza alcun confine

Un altro aspetto che considero prima di pensare al divertimento è quanto un evento sia attento alla diversity & inclusion. Sin dall’ingresso, il Corona Sunsets Festival World Tour è chiaro: una mappa, di facile lettura, indica dove si trovi l’area riservata a persone con disabilità motoria. Sin dall’acquisto del biglietto, si invitava infatti a contattare l’organizzazione per capire la logistica e come muoversi e occorre constatare come alta sia l’attenzione riservata a chi ha disabilità varie. Non solo motorie, aggiungo: personalmente, ho constatato come gli steward accompagnassero con una certa disinvoltura (sinonimo di esperienza) fino al loro posto a sedere tra gli spalti i non vedenti.

Ma anche l’inclusività non è messa in discussione. Tutte le attività collaterali erano infatti all’insegna del non binarismo. Chiunque, senza distinzione di genere, poteva accedere alle postazioni di Hair Lab, in collaborazione con L’Oréal Professionnel Paris e il gruppo Class Hair, per avere delle acconciature speciali, o di Make Up Lab, con il suo staff pronto a realizzare un trucco iconico con preponderanza dei colori giallo e blu, gli stessi che segnano il brand di una delle birre più bevute al mondo.

“Ho deciso di truccarmi per sottolineare ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, tra donne e uomini non esistono confini e differenze”, mi racconta uno dei ragazzi in fila. “Non è una questione di preferenza o di identità sessuale: sono un maschio etero cisgender ma in una dimensione come questa conta essere tutti uguali. È retorico ma è fondamentale pensare che la musica abbraccia da sempre tutti quanti e come la natura in sé premi le unicità”.

“Ho apprezzato molto invece che le treccine proposte non avessero nulla che riportasse a tradizioni altre”, mi ha invece sottolineato un’adolescente nera. “Niente fa pensare a fenomeni di appropriazione culturale, anzi. Parliamo di treccine realizzate in maniera sobria, che potrebbero essere nate a Parigi come a L’Havana”.

Tra il pubblico, inoltre, è possibile notare come convivano colori, abbigliamenti e fasce d’età tra loro molto diverse. Mi colpisce in particolare un’intera famiglia: papà, mamma, zie e figlia adolescente, arrivati fino a Lajatico da Torino per l’esibizione dei Subsonica, gli headliner della parte musicale. “La musica non fa distinzioni”, commentano. “Ognuno di noi ha scoperto ad esempio i Subsonica in un momento diverso della propria vita, senza che nessuno contaminasse l’altro. Il gap generazione scompare quando si condividono gli stessi valori: boomer, millennial o gen Z sono termini che di fronte a un evento come questo scompaiono”.

E hanno ragione. Perché comunque la line up del Corona Sunsets Festival World Tour è riuscita a far comunicare il pubblico di Bobo Rondelli con quello di Francesca Michielin, ad esempio. Entrambi gli artisti sul palco hanno colto l’occasione per lanciare quei messaggi e quei credo su cui da sempre puntano, raggiungendo sia i genitori sia i figli in quella che era a tutti gli effetti una festa pensata nel nome dell’unione e non della separazione.

Portare sullo stesso palco uno dopo l’altro Kety Fusco, Rondelli, Michielin, Venerus, Planet Funk, The Zen Circus, Subsonica e Lost Frequencies era sulla carta un rischio. I target del loro pubblico erano talvolta agli antipodi. Eppure, per dieci ore di fila nessuno si è sentito solo sul cuore del Teatro del Silenzio trafitto da un raggio di sole: è stato subito sera ma in un’atmosfera di così tanta armonia da augurarsi che tale esperienza possa ritornare il prossimo anno sul suolo italico.

Al momento, dopo il Sud Africa, la Colombia e l’Italia, il Corona Sunsets Festival World Tour proseguirà in Cile, Perù, Giappone, Cina, Brasile, Repubblica Dominicana e Regno Unito. Il tramonto continuerà a essere esaltato in giro per il pianeta con la consapevolezza che forse anche una birra può contribuire a rendere il mondo un posto migliore in cui vivere. Lo rimarcano metaforicamente le due gigantesche altalene installate a metà “prato” (termine usato impropriamente, dal momento che sarebbe meglio parlare di “sabbia”), il cui moto è proteso sempre al guardare avanti.

Corona Sunsets Festival World Tour: Le foto dal Teatro del Silenzio

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