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Corro da te: Intervista esclusiva al regista Riccardo Milani

Arriva nelle sale Corro da te, il nuovo film di Riccardo Milani che tratta il tema dell’inclusione e della diversità in maniera inedita, divertente e onesta. Con protagonisti Pierfrancesco Favino e Miriam Leone è una storia d’amore ma anche il racconto di un uomo chiamato prima di tutto a scoprirsi, eliminando le sue barriere mentali. Ne abbiamo parlato con il regista.

Corro da te è il nuovo film di Riccardo Milani, in uscita nelle sale il 17 marzo distribuito da Vision Distribution. Con Pierfrancesco Favino e Miriam Leone a capo di un cast che comprende nomi come quelli di Vanessa Scalera, Pietro Sermonti, Pilar Fogliati, Giulio Base, Michele Placido e Piera Degli Esposti, è una commedia romantica che guarda al mondo delle diversità con sguardo lucido e inedito per l’Italia.

Adattamento di una commedia francese, Corro da te propone la storia di Gianni, un uomo cinico, bugiardo e, se vogliamo, meschino, che affronta un percorso di scoperta del sé e di valorizzazione dell’altro dopo l’incontro con Chiara, bellissima ragazza paraplegica che non si è mai arresa alle difficoltà della vita. Abituato a mentire e a passare da una donna all’altra, Gianni non è quello che si dice “un tipo raccomandabile” e il suo interesse per Chiara è motivato da una stupida scommessa con gli amici.

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Le scommesse, però, spesso hanno dei risvolti inattesi. Con Chiara vicino, Gianni scoprirà che la diversità è solo negli occhi di chi la guarda e la percepisce come tale. Chiara, costretta su una sedia a rotelle, ha un’esistenza più piena della sua, fatta di sogni, passioni, lavoro, affetti, amici e, soprattutto, normalità. Una normalità che invece manca in Gianni, reso insensibile da un lavoro volto al profitto continuo e da un rapporto non risolto con la figura materna. Pian piano, Gianni si renderà conto di essere lui il vero “diverso” e che gli ostacoli più difficili da superare non sono quelli fisici ma quelli psicologici.

Il pregio di Corro da te, diretto da Riccardo Milani, è quello di essere un film onesto che non cerca scappatoie di fronte a un tema di grande attualità. Nel Terzo Millennio ci ritroviamo ancora una volta a parlare di inclusione nei confronti di chi è diversamente abile. Dimentichiamo però che tale processo passa prima di tutto dall’abbattimento di preconcetti e pregiudizi che, politicamente corretto o no, ci costruiamo solo per mancanza di conoscenza diretta di un universo sì problematico ma anche splendidamente normale, ironico e divertente.

Non è un caso che alla lavorazione di Corro da te abbiano preso parte persone e atleti diversamente abili e associazioni per la difesa dei diritti degli stessi. A essere coinvolta nel progetto dal produttore Wildside è stata la PEBA Onlus, ente no-profit impegnato sui temi dell’inclusione sociale delle persone con disabilità e nella lotta all’eliminazione delle barriere culturali e architettoniche nel nostro Paese.

Di Corro da te abbiamo parlato con Riccardo Milani, regista e sceneggiatore del film. Raccontare brevemente chi sia Riccardo Milani avrebbe poco senso. Si può però tranquillamente dire che è considerato uno dei re Mida del box office italiano. A lui si devono titoli come Mamma o papà, Come un gatto in tangenziale e Scusate se esisto!: tutte commedie che in sala hanno fruttato milioni di euro. Nel 2021 il suo Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di Morto è stato il secondo film italiano più visto dell’anno, dietro solo al fenomeno Me contro Te.

INTERVISTA A RICCARDO MILANI

Corro da te è l’adattamento italiano della commedia francese Tutti in piedi di e con Franck Dubosc. Il soggetto del regista e dell’attore francese nasceva da uno spunto accorso nella vita di sua madre: l’uso per un periodo limitato della sedia a rotelle. Dove nasce in te l’idea di trasporre la storia proponendone una versione italiana che usa lo spunto della carrozzella per parlarci di inclusione in maniera divertente e divertita?

Cerco sempre di approcciare a un tema “importante” in chiave di commedia. Più un film è aperto, largo, più c’è la possibilità di raccontare a più persone che molto probabilmente non andrebbero a vedere un film sullo stesso tema ma con un altro registro. A parte il discorso strategico, si tratta di predisposizione personale. Mi piace raccontare in questo modo, anche se il tema – come nel caso di Corro da te – è poco trattato dal nostro cinema. Mi ha aiutato moltissimo, nel percorso di realizzazione del film, l’avere accanto le persone, le associazioni e le federazioni sportive per diversamente abili. Ci hanno seguito sia durante la scrittura sia durante la preparazione del film e le riprese.

C’è Giulia Capocci, giocatrice di wheelchair tennis, in scena, ad esempio.

Esatto. E i sette ragazzi diversamente abili, che nella storia sono gli amici di Chiara, la protagonista. La stessa Miriam Leone si è sottoposta a una preparazione molto lunga. L’impatto con loro ci ha un po’ spiazzato all’inizio perché da subito ci hanno fatto capire di essere ferocemente ironici con loro stessi. Ma in maniera anche molto, molto politicamente scorretta, se vogliamo. Hanno un modo di interagire tra di loro e di rapportarsi con il mondo esterno che è costellato di battute continue sulla loro condizione. Questo qui è stato per noi un parametro che abbiamo seguito per tutto il percorso del film, dalla sceneggiatura in poi, per avere, intanto, un minimo di credibilità e per poter trattare l’argomento senza filtri, senza freni e senza l’ossessione della correttezza. Abbiamo potuto chiamare le cose con il loro nome.

È uno degli aspetti di Corro da te che si apprezza maggiormente, in un’epoca in cui il politically correct blocca anche i pensieri sul nascere. Le polemiche sono all’ordine del giorno come quella legata al personaggio di Chiara, interpretato da Miriam Leone. Perché non scegliere un’attrice che fosse realmente diversamente abile?

Da quando faccio il mestiere di regista ma anche quando facevo l’assistente alla regia, ho visto gli attori e le attrici far finta di essere qualcosa o qualcuno, un personaggio. È un meccanismo elementare del cinema e della rappresentazione scenica in generale. L’importante, credo sia fondamentale, è avere credibilità. Volevo l’idea di una persona che, seppur bellissima, vive una condizione che può anche frenarla, come succede a Chiara quando Gianni la vede per la prima volta. Chiara è una ragazza meravigliosa fino a quando sta dietro al finestrino della macchina ma, quando per scendere ha bisogno della sedia a rotelle, acquista un’altra identità.  L’importante è che Corro da te abbia la sua credibilità e la sua onestà.

Riccardo Milani con Pierfrancesco Favino e Miriam Leone sul set di Corro da te.
Riccardo Milani con Pierfrancesco Favino e Miriam Leone sul set di Corro da te.

Hai appena citato il concetto di identità. Mi piace pensare a Corro da te come a un film di coming in e coming out, di rivelazione ma anche di scoperta di sé. In particolar modo, Gianni, interpretato da Pierfrancesco Favino, va incontro a una profonda trasformazione con gli altri dopo aver capito chi è realmente e aver risolto i suoi complessi irrisolti. Da cinico e superficiale delle prime sequenze, lo vediamo cambiare dopo aver scoperto la forza dell’amore e aver fatto i conti con la figura materna, scoprendo chi è.

È un’analisi molto corretta. Cerco di fare film sperando che le persone che vanno a vederli siano molto distanti da me. Cerco di parlare alle persone che sono diverse per cultura, ideologia, formazione o convinzioni. Spero che vadano a vedere Corro da te molti “Gianni”, molte persone che hanno l’atteggiamento del personaggio nei confronti della vita. È una cosa, purtroppo molto diffusa, la scarsità di valori. Spero che le persone che lo vedranno, anche le peggiori, abbiano dentro di sé, in un briciolo della loro testa o del loro corpo, una sacca di positività in cui andare a pescare, in cui accendere un dubbio.

Il personaggio di Gianni potrebbe essere sintomatico della cosiddetta “crisi del maschio moderno”. Scegli però di farlo interpretare da un attore che in realtà è un sex symbol. Perché hai scelto Pierfrancesco Favino?

Quando ho parlato con Pierfrancesco del progetto, era alle prese con due film enormi: Hammamet e Il traditore. Due opere molto drammatiche in cui Pierfrancesco si sottoponeva anche a una trasformazione fisica. Corro da te, invece, doveva essere un film molto leggero. Lui avrebbe dovuto recitare con il suo viso, con se stesso, e interpretare un personaggio molto negativo: Gianni è veramente orribile, è una persona scostante, irritante, di quelle che non vai a cercare. Sta qui la capacità dei grandi attori: mettersi in gioco con la stessa identica passione in ogni progetto. Credo faccia parte del bagaglio di ogni grande attore misurarsi con registri molto distanti. Ovviamente, sono convinto che recitare in commedia necessiti di qualità importanti. Non penso che si possa recitare in commedia con la mano sinistra.

La commedia è fatta di ritmo e contrappunto. Se non sei un bravo attore non riesci a reggere la scena. E, a proposito di bravi attori, non posso non sottolineare la prova di Vanessa Scalera. Scelta quando ancora non era Imma Tataranni è irresistibile nei panni di Luciana, assistente di Gianni scorbutica ma dal cuore d’oro.

Vanessa era già impegnata nella lavorazione della serie Imma Tataranni, che non era ancora stata messa in onda. L’avevo vista a teatro con Silvio Orlando e mi aveva colpito moltissimo. Da lì in poi l’ho cercata e ci siamo cercati. Abbiamo finalmente trovato un punto di incontro. Oggi sentivo qualcuno dire che, per comicità, Vanessa è una specie di cecchino: ogni volta che apre bocca per una battuta, scatena una risata. Ed è vero: lo abbiamo verificato in sala durante l’anteprima milanese di Corro da te. E parliamo di Milano, una città anche distante per cultura dalla comicità romana. Non c’è stata una sua battuta a cui il pubblico non ha riso. Negli attori e nelle attrici diventano importanti anche i controcampi, i piani di ascolto. E Vanessa sa come gestirli.

Il cast di Corro da te è arricchito dalla presenza di diversi attori che sanno come tenere la scena, da Pietro Sermonti a Pilar Fogliati. Ma anche dalla partecipazione straordinaria di Michele Placido, a cui ti lega un rapporto che va avanti da parecchio tempo. Nonostante sia in scena per pochissimi minuti nei panni del padre di Gianni, lo riporti a una dimensione comica. Com’è stato ritrovarsi sul set?

Bello. Voglio bene a Michele. A lui devo tanto. Ci siamo incontrati molte volte sul set, è uno degli attori con cui ho lavorato di più. In Corro da te, lavoro con un cast per me totalmente nuovo, a eccezione di due attori: Michele Placido e Piera Degli Esposti.

Riccardo Milani con Pierfrancesco Favino e Michele Placido sul set di Corro da te.
Riccardo Milani con Pierfrancesco Favino e Michele Placido sul set di Corro da te.

Corro da te è anche l’ultimo film di Piera Degli Esposti, purtroppo. Il suo personaggio, nonna Margherita, è una sorta di deus ex machina a un certo punto della storia. Se non fosse per nonna Margherita, Chiara e Gianni non si sarebbero più ritrovati. Com’è stato quello che sarebbe divenuto l’ultimo periodo su un set con Piera?

Purtroppo, per noi tutti sì, è il suo ultimo film. Intanto, c’è una cosa che dovete sapere. Il personaggio di nonna Margherita non era presente quando abbiamo scritto la sceneggiatura. Un giorno, mi ha chiamato Dacia Maraini, molto amica di Piera e mia vicina di casa, per dirmi che Piera era a casa sua. Con Piera avevo lavorato tantissimo e sapevo quanto stesse male.

Sono andato, ci siamo seduti sul divano e l’ho vista con i tubicini dell’ossigeno al naso. Mi ha allora detto: “Senti, Riccardo, ma secondo te con questi tubicini che devo portare sempre posso continuare a fare il mio mestiere?”. Le ho risposto: “Ma tu sei Piera Degli Esposti! Puoi fare tutto quello che vuoi. Ma che scherziamo?”. “Che bello sarebbe!”, ha ribattuto diventando bambina in un secondo. Mi sono poi recato dai miei colleghi sceneggiatori Furio Andreotti e Giulia Calenda e abbiamo aggiunto il personaggio di nonna Margherita, una nonna cattiva, cinica, consapevole, ironica e feroce: un territorio in cui Piera, anche in chiave di commedia, è sempre stata straordinaria.

Ci siamo divertiti tanto con Piera, tante volte. Siamo stati bene e lei è stata bene. Non poteva stare in piedi, poteva stare solamente seduta. C’è stato però un giorno in cui, sul finale del film, nella scena in cui ballano tutti, Piera – dopo che avevo dato il “motore” – è scattata in piedi. Non poteva farlo ma si è alzata e ha cominciato a ballare, trovando la forza non so dove, dentro se stessa. E quello è stato il suo saluto, il suo ultimo saluto.

Michele Placido e Piera Degli Esposti in Corro da te.
Michele Placido e Piera Degli Esposti in Corro da te.

La lavorazione di Corro da te è stata ritardata dall’emergenza CoVid. Se e quanto ha influito la pandemia sulle riprese e sulla narrazione? In scena, non abbiamo mai la percezione dell’epidemia che ci ha toccati.

Avevamo quasi finito tutto il film a ridosso della chiusura, del primo lockdown. Ci mancava solo un giorno di riprese. Il blocco ci ha tenuti lontani per quattro mesi dal set. Ci siamo ritrovati a distanza di tempo sul ponte, al gasometro, in cui ha luogo l’incontro tra Gianni e Chiara prima del finale. È stata una grandissima emozione: siamo stati rinchiusi in casa tantissimo tempo e tutta la troupe si è ritrovata lì. Ci scorderemo molto difficilmente di quella giornata.

Hai diretto Mamma o papà, remake di un film francese. Porti in sala Corro da te, libero adattamento di un altro film francese. E hai appena concluso la lavorazione di Buon viaggio ragazzi, remake del francese Un anno con Godot. Perché il cinema francese è così interessante dal tuo punto di vista?

Sono i temi trattati che sono interessanti. Mamma o papà aveva come tema la famiglia, un elemento molto poco trattato in chiave comica. L’ho girato in un periodo in cui in Italia si sentiva parlare incessantemente di violenze domestiche o di figli che picchiavano i genitori. La famiglia attraversava un momento di grande fragilità e, quindi, mi è sembrata una bellissima opportunità poterne parlare con una commedia. Lo stesso è accaduto con Buon viaggio ragazzi.

Tra Corro da te e il film con Antonio Albanese, c’è stato però di mezzo Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di Morto. È una causalità la trilogia francese ma non è detto che Buon viaggio ragazzi esca subito dopo Corro da te. Prima ancora c’è un altro progetto a cui ho lavorato nel frattempo: la storia del calciatore Gigi Riva. È un film tra il documentario e la finzione, attinge anche a materiali di repertorio. È stato realizzato per la televisione ma uscirà anche al cinema.

Possiamo sperare di rivedere Giovanni e Monica, i protagonisti di Come un gatto in tangenziale, in un terzo capitolo delle loro avventure?

Sei la prima persona che me lo chiede. Quello che trattano le storie di Giovanni e Monica è un tema che non ha mai fine, purtroppo. In Italia, c’è uno scontro tra classi sociali e socioculturali ancora in atto e presente, che mi pare offra ancora ampi margini di racconto. Chissà, vedremo. Sono personaggi ai quali sono legato anch’io molto. Sono due anime del mio Paese, due facce di un Paese diviso e un po’ lacerato, che mi è piaciuto molto raccontare e mi piacerebbe ancora raccontare.

Riccardo Milani sul set di Come un gatto in tangenziale con Paola Cortellesi e Antonio Albanese.
Riccardo Milani sul set di Come un gatto in tangenziale con Paola Cortellesi e Antonio Albanese.

Raccontano più di un Paese le commedie che generi diversi, i cosiddetti film d’autore. Come se poi le commedie non fossero film d’autore.

Non siete così tanti a pensarla in questo modo.

Ed è sbagliato. La tradizione del cinema italiano deve molto alla commedia. Come facciamo a dimenticare i film della commedia all’italiana di Risi o Monicelli? I volti di Tognazzi, Totò, Manfredi, Mastroianni o Sordi? Se ci pensiamo, nell’immaginario collettivo ci sono più le scene comiche che quelle drammatiche.

A distanza di quarant’anni, si parla addirittura con nostalgia di quella pagina del cinema italiano. Si parla con grande rispetto di quegli attori e di quei registi. Ma non è stato così quando i film di quei registi erano nei cinema italiani. C’era un atteggiamento di grande distacco: mentre la gente li amava moltissimo, la critica non li considerava autori. Non consideravo nemmeno mostri sacri gli attori. Erano attori che spesso, come nel caso di Sordi, venivano “nascosti” nelle locandine dei film.

Sei uno dei re Mida del box office italiano ma hai lavorato molto anche per la televisione. Mi piace ricordare Assunta Spinta, Una grande famiglia, Atelier Fontana, Volare, Tutti pazzi per amore. E potrei continuare all’infinito.

Mi è piaciuto molto fare televisione. E spero di tornare a farla, con progetti che abbiano quella forza che avevano quei titoli. Tutti pazzi per amore, dodici anni fa, è stato una specie di squarcio nel panorama più statico della serialità italiana. Mi piacerebbe, soprattutto, farla per il pubblico generalista. La vera scommessa, secondo me, sta lì. Andando in piattaforma, si può trovare spazio ovunque e arrivare a un numero di persone che ci appaghi dal punto di vista della nicchia. Siccome non ho quel piacere lì, penso che le vere scommesse si vincano sui grandi numeri: se dovessi tornare a fare la serialità, mi piacerebbe farla per la tv generalista.

Riccardo Milani sul set di Corro da te.
Riccardo Milani sul set di Corro da te.
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