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Costantino Seghi: “Per essere felice, esploro altre vite” – Intervista esclusiva

costantino seghi
Nel film di Rai 1 La Rosa dell’Istria, Costantino Seghi interpreta il fratello maggiore della protagonista, Niccolò. Lo abbiamo incontrato per un’intervista esclusiva in cui ci racconta del suo percorso da attore e studente, delle sue aspirazioni, delle sue paure e dei suoi desideri, e della sua idea di recitazione.
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È solo guardandolo dritto nel profondo dei suoi occhi che vedi quanto impegno abbia messo Costantino Seghi in La Rosa dell’Istria, il film in onda su Rai 1 il 5 febbraio in prima serata. Dietro a quel suo sguardo, che incute timore ma che rivela tutta la sua timidezza e il suo candore d’animo, c’è tutta la sensibilità di chi non solo interpreta un personaggio ma lo vive a fondo, interiorizzandone sentimenti, urgenze e pensieri.

In La Rosa dell’Istria, Costantino Seghi interpreta Niccolò, il fratello della protagonista Maddalena. Figlio maggiore dei Braico, Niccolò ha vent’anni, ama la scrittura e la poesia ma è pronto a mettere da parte le sue ispirazioni per seguire le orme del padre Antonio. A differenza della sorella, non ha la forza per imporre i suoi desideri ma ciò non vuol dire che sia succube delle decisioni altrui. È forse vivendo sulla sua pelle le conseguenze del Secondo conflitto mondiale e dell’abbandono della natia Istria che Niccolò trova la sua vocazione.

Non tutti nascono con le idee chiare su quello che sarà il loro futuro. Non è successo al Niccolò di La Rosa dell’Istria e non è successo a Costantino Seghi, che fino all’ultimo anno di liceo non aveva nemmeno idea che un giorno sarebbe diventato attore. Anzi, aveva fino a quel momento rincorso aspirazioni ed esperienze che nulla glielo facevano presagire: l’atletica sembrava la sua strada e un quasi record italiano lo testimoniava.

Ma, poi, come in una bella fiaba in cui a risvegliarsi è stavolta il principe, qualcosa è cambiato. Ed è lo stesso Costantino Seghi che ripercorre i suoi passi durante la nostra conversazione, che va ben oltre La Rosa dell’Istria. Il tutto avviene su Zoom un paio di giorni dopo uno scambio di messaggi diretti (per via di una story su L’ombra del giorno, il suo primo film in assoluto), sui social una dimensione che Costantino Seghi vive nella più assoluta normalità. Senza atteggiarsi a star consumata o riportare servizi fotografici patinati che nulla hanno a che fare con il suo modo di intendere la recitazione e un mestiere, quello di attore, diventato una ragione di vita.

Costantino Seghi (Fotografo: Mirko Morelli; Stylist: Gianluca Cococcia; Publicist: MPuntoComunicazio
Costantino Seghi (Fotografo: Mirko Morelli; Stylist: Gianluca Cococcia; Publicist: MPuntoComunicazione).

Intervista esclusiva a Costantino Seghi

“Oggi mattina libera”, mi risponde Costantino Seghi quando gli chiedo come mai non sia a scuola, alla Gian Maria Volonté di cui è allievo. “Riesco a studiare e lavorare contemporaneamente: la scuola lo permette, ci sono ovviamente delle regole da rispettare in termini di presenze e trovo anche corretto che sia così. La scuola è un percorso serio da prendere seriamente”.

Ti stiamo per vedere nei panni di Niccolò, il fratello della protagonista Maddalena, nel film tv di Rai 1 La Rosa dell’Istria. Si parla di esuli istriani e il rischio sulla carta è che il risultato fosse ideologico. Rischio, però, scansato.

È un aspetto di cui mi sono ritrovato a parlare una sera con la regista Tiziana Aristarco a cena durante le riprese. Mi disse che sicuramente sarebbero arrivate osservazioni in tal proposito e, da previsione, sono arrivate le domande in merito anche alla conferenza stampa di presentazione del film. L’ideologia è qualcosa che rimasta fuori dalla nostra storia: basti pensare a come il protagonista, Andrea Pennacchi, sia uno degli attori politicamente più attivi del nostro Paese.

Niccolò, con tutta la sua famiglia, è costretto ad andare via dalla sua terra per una guerra che finisce con il coinvolgerlo in prima persona. Com’è stato per te, ragazzo del XXI secolo, calarsi nei panni di qualcuno che vive gli effetti del conflitto in prima persona? Quali elementi di contatto hai trovato con lui?

Tutte le volte che mi approccio allo studio di un personaggio, faccio sempre una cernita, innanzitutto dal punto di vista caratteriale, prendendo me come riferimento. Valuto quali caratteristiche hanno i personaggi in più o in meno rispetto a me: se è più o meno coraggioso, impulsivo, riflessivo e via di seguito. Mi era già capitato di interpretare personaggi appartenenti a un’altra epoca, come il Corrado del film L’ombra del giorno: pur trovandosi in contesti completamente diversi, sia Corrado sia Niccolò sono succubi della situazione. Niccolò, però, ha degli ideali molto puri e sinceri soprattutto sulla famiglia: vuole bene al padre e vuole tantissimo bene alla sorella. Ciò mi ha spinto a voler puntare sull’amore incondizionato di un fratello verso la sorella e di un figlio verso i genitori.

Nella costruzione del personaggio, mi hanno poi aiutato tantissimo i video, accessibili a tutti e interessanti, delle interviste agli istriani, a gente che parla di come abbia dovuto cambiare persino il proprio cognome senza sentirsi mai né italiana né croata.

Costantino Seghi nel film La Rosa dell'Istria.
Costantino Seghi nel film La Rosa dell'Istria.

Niccolò è costretto dalla circostanze a lasciare casa un po’ come hai fatto tu per dedicarti alla recitazione: fiorentino, ti sei trasferito a Roma. Cosa significa per te oggi la parola “casa”?

È un concetto su cui sto riflettendo in questo periodo, interrogandomi molto su ciò che io considero “casa”. Per me è quel posto che rappresenta il rifugio sicuro a cui voler tornare e forse per questo non lo assocerei alla città in cui sono nato. Per certi versi, lo è perché lì vivono i miei genitori, i miei amici e le mie sorelle, ma per altri non lo è: non è lì che voglio stare adesso. Lo stesso discorso lo farei per Roma: è vero che è qui che sto gettando le basi per il mio lavoro, sto con la mia ragazza e mi sono ricreato una vita sociale, ma c’è un’incertezza del futuro che mi porta a non sapere se potrò definirla casa.

Non so come andranno le cose, se continuerò a fare il mestiere di attore con regolarità o meno. Non ho alcuna certezza ed è forse per tale ragione che non riesco ancora a trovare effettivamente un posto in cui mi sento in pace con me stesso. Del doman, del resto, non v’è certezza.

Così recita la frase che Dante attribuisce a Lorenzo de’ Medici. Com’è che ancora non ti hanno chiesto di recitare in fiorentino?

Una delle primissime cose che mi hanno detto quando ho cominciato il mio percorso verso la recitazione è stata “Togliti di testa il fiorentino perché al cinema non si usa”. Ed effettivamente avevano ragione: a parte qualche titolo, il fiorentino non si trova così facilmente come il romano o il napoletano. E così ho fatto: chiaramente riemerge quando torno a Firenze e ritrovo i miei amici.

Tant’è che nel film La Rosa dell’Istria sembri realmente friulano, grazie a un accento più che realistico.

Per me gli accenti sono importantissimi: rappresentano qualcosa su cui voglio impegnarmi.

“Impegnarmi”: da un paio di risposte emerge già quanto pretendi da te stesso sul lavoro.

Pretendo molto da me stesso perché mi piace da matti questo mestiere e lo vivo intensamente. Sto dedicando ogni mio singolo giorno alla recitazione per un domani praticarla come la intendo io, con la possibilità di scegliere i progetti da sposare come fanno i grandi attori. So che è un percorso che non dipenderà solo dalla mia volontà: a volte non basta impegnarsi tantissimo o essere bravi, spesso occorre fortuna, una componente che nessuno può controllare. Di mio, però, voglio dare il massimo: la considero una ragione di vita (ma senza che si trasformi in un’ossessione).

Quando si è accesa in te la fiamma della recitazione?

Non da molto tempo. Fino all’ultimo anno di liceo non sapevo ancora cosa avrei voluto fare da grande. Mi sarebbe piaciuto raccontare storie o entrare nel cinema, è sempre stato un mio pallino, ma non sapevo ancora nulla di recitazione. Nella mia famiglia, non ci sono artisti: mamma è medico e papà ingegnere, due professioni lontane dal mondo dello spettacolo, e io non avevo appigli.

Un giorno, però, la mia insegnante di italiano e latino, Alessandra Corsini, invitò degli attori amatoriali a tenere una lezione di recitazione in classe: qualcosa di molto semplice ma simpatica per dei ragazzi come noi che non conoscevano nulla di quell’ambito lavorativo. In quell’occasione, ho recitato insieme a loro e… mi è piaciuto tantissimo farlo. Era qualcosa di per me inedito, eppure aveva sortito un certo effetto su tutti quanti, tanto che hanno cominciato ad applaudirmi.

Quella prova ha segnato il giorno zero, il punto di non ritorno. Non è stato un colpo di fulmine vero e proprio ma la scintilla ha cominciato a insinuarsi dentro me. È stata poi quella professoressa a suggerirmi di tentare questa strada, secondo lei avevo talento, intravedendo ciò che oggi mi riempie di gioia.

È stato facile far capire ai tuoi genitori con un’impostazione più concreta le tue aspirazioni artistiche?

In un primo momento è stato un po’ complicato: non era facile per loro, entrambi laureati, ritrovarsi con un figlio che parlava di voler fare l’attore. È solo quando hanno capito che la mia passione era fortissima che se ne sono fatti una ragione, lasciandomi andare per la mia strada. Ma lo scetticismo, comunque, era generale: non è che i miei amici ci credessero molto…

Mi sono sempre chiesto come reagiscono gli scettici quando si rendono conto che qualcosa che credevano impossibile si concretizza.

Per me, uno dei momenti più belli della mia vita è stato quando i miei amici e la mia famiglia sono venuti al cinema a vedere L’ombra del giorno. Vedermi lì con tutti loro e sapere che erano lì per me è stata un’emozione fortissima, ne sento ancora il batticuore: non riesco nemmeno a spiegare con le parole come mi sono sentito. Anche perché in tutto ciò quella è stata la prima e finora mia ultima volta al cinema.

Cosa hai pensato quando ti sei visto per la prima volta sullo schermo? Eri contento del risultato?

Mi sono visto per la prima volta durante una proiezione privata di L’ombra del giorno, avevo addosso un’ansia di prestazione che non si può capire. È stato terribile ma bellissimo al tempo stesso: dopo l’impatto iniziale, ho cominciato pian piano a dirmi che non stava andando poi così male e solo così ho potuto godermela. Ma l’emozione anche in quel caso era palpabile.

Costantino Seghi nel film L'ombra del giorno.
Costantino Seghi nel film L'ombra del giorno.

Ti abbiamo poi visto come interprete principale nei panni di Lo della serie tv Eppure cadiamo felici. Ti sei divertito più a lavorare per il cinema o per la televisione?

Sono state due esperienze molto divertenti ma, trattandosi di prodotti diversi, non posso non considerare più interessante per me l’esperienza sul set di L’ombra del giorno: recitare con quegli attori lì in una storia firmata da un autore come Piccioni non ha prezzo, soprattutto per chi come me ama il cinema d’autore. Mi sentivo come dentro una favola: era la mia prima esperienza in assoluto, ero molto meno bravo di oggi e probabilmente l’ho affrontata anche con una certa dose di incoscienza con splendide persone come Vincenzo Nemolato (per me, è stato un po’ il mio maestro in tutti i sensi), Giuseppe Piccioni e Riccardo Scamarcio.

Scamarcio che sembra essersi ricordato di te fino al punto di rivolerti, da produttore, nel suo nuovo film Race for Glory - Audi vs Lancia, in uscita nelle sale il 29 febbraio.

Probabilmente, sì. Ci siamo sentiti ogni tanto ed è incredibile che un attore come lui si sia ricordato in qualche modo di me: mi ha lusingato. Tra l’altro, era anche il produttore di L’ombra del giorno e ricordo ancora come una volta Piccioni a una cena mi disse che Riccardo mi aveva scelto perché ero tra i provinati il più bravo a morire!

Non so ancora se il personaggio sarà mantenuto o tagliato al montaggio ma Race for Glory – Audi vs Lancia mi ha permesso di lavorare su un set multilingue composto da un cast dalla nazionalità variegata. Nella storia si parla in inglese, in tedesco e in italiano: da factotum del personaggio di Scamarcio, ho recitato in italiano e ho lavorato su un set gigantesco e girato a Torino in posti stupendi. Mi sentivo un po’ come l’ultima ruota del carro, un turista nel paese delle meraviglie: osservavo tutto ciò che accadeva per assorbire il più possibile.

Nel film La Rosa dell’Istria, Niccolò ha un rapporto quasi filiale con la sorella Maddalena. Che rapporto hai invece tu con le tue sorelle?

Un bellissimo rapporto. Sono più grandi di me e siamo stati insieme per tanto tempo. Oggi nessuno di noi figli vive più a casa dei nostri genitori, ognuno di noi ha intrapreso il proprio cammino e quella parte di vita condivisa sempre appartenere a un capitolo concluso. Continuiamo a volerci bene ma abbiamo tutti la consapevolezza che le litigate per il bagno libero fanno ormai parte del passato. E fa un certo effetto: l’importante è però che ognuno di noi sia felice di quello che sta facendo.

Cos’è per te la felicità?

Quest’ultimo anno di vita in un monolocale a Roma mi ha permesso di capire che la felicità è star bene con se stessi anche quando si è da soli. Ho realizzato che la mia felicità non dipende da eventi esterni ma dall’equilibrio che posso trovare in me indipendentemente da ciò che mi capita. Tutto ciò che accade è solo un accrescimento o una diminuzione: la chiave della felicità va ricercata dentro me. Sembra scontato dirlo ma non ce ne rendiamo conto fino a quando non viviamo veramente da soli. E per me questa è la prima volta.

Qual è la difficoltà pratica maggiore che si incontra nel vivere da soli per la prima volta?

Di sicuro non il mettere in ordine o a posto le cose. Farlo ad esempio mi permette di mantenere anche un senso di ordine mentale. Se la mia casa è in ordine, sto bene anch’io: è una concezione che mi ha passato mia madre. Pensandoci, oggi non potrei più tornare indietro e condividere casa con qualcuno!

Costantino Seghi e Gaja Masciale nella serie tv Eppure cadiamo felici.
Costantino Seghi e Gaja Masciale nella serie tv Eppure cadiamo felici.

Da attore, ti abbiamo anche visto trasformarti fisicamente. Che ruolo ha per te il corpo nella recitazione?

Importantissimo. Per La Rosa dell’Istria, quando ho letto la sceneggiatura, ho ad esempio cominciato a immaginare Niccolò molto più magro di quello che ero io in quel momento. Ho allora sottoposto il mio corpo a una fatica molto dura perdendo qualcosa più di dieci chilogrammi nel giro di un mese e mezzo. È stata per me un’esplorazione inedita e profonda che mi ha permesso di rendermi conto di quante energie ero solito introdurre nel mio corpo senza che mi servissero.

Sono solito portare i capelli lunghi ma per il film li ho tagliati molto corti. La prima volta che mi sono rivisto allo specchio a lavoro finito con quei capelli corti in quel corpo così magro è stata una bella botta non solo dal punto di vista estetico ma anche di percezione di me stesso. Non vedo l’ora che mi ricapiti un’altra occasione che mi permetta di mettermi alla prova così a fondo: la recitazione dipende molto da come ti senti e il corpo in questo esercita un ruolo determinante.

Ovviamente, ci tengo a precisare che il dimagrimento è avvenuto in sicurezza, prestando massima attenzione al mio stato di salute. Ho praticato atletica per una vita, di base sono uno sportivo, e so cosa vuol dire avere una buona alimentazione.

Praticavi atletica?

Si, per tanto tempo, per una decina d’anni, e a livello anche serio. Mi sono tolto qualche soddisfazione: nel 2015 non sono arrivato per poco a vincere il titolo italiano nei 2000 metri piani… persi all’ultimo secondo!

Lo sport ti fa confrontare presto con l’ipotesi del fallimento, una parola che a volte si fa strada nella testa di un attore quando un provino non va per il verso giusto. Ti sei mai chiesto cosa potessi avere tu che non andava di fronte a un “no”?

Mi è capitato in questi giorni. Sono arrivato all’ultima fase a due per un ruolo da protagonista di un film ma hanno scelto l’altro. Quando si vive una situazione del genere, la testa fa dei viaggi incredibili: la verità è che si rosica tantissimo, chi sostiene il contrario mente. È solo dopo che cominci a vedere il lato positivo del “no”: fa parte del processo di crescita e servirà a qualcosa in futuro… devo ancora capire a cosa (ride, ndr).

Non rimette un “no” in discussione la tua identità di attore?

No, perché sono consapevole che dipende dalla visione che ha un regista per il suo personaggio. Non tutti possiamo essere adatti per qualcosa. Anche a me è capitato di vincere dei provini a discapito di attori bravissimi: la scelta non ha a che fare con la bravura. Spesso non si scegli chi è il più bravo ma chi è il più giusto.

Cosa ti ha spinto a tentare la strada della scuola nonostante tu avessi già cominciato a lavorare? Perché hai sentito l’esigenza di metterti a studiare?

La risposta è semplice: vorrei durare nel tempo. L’Italia è piena di ragazzi che non hanno alcuna formazione alla spalle, che lavorano tantissimo per tutta una serie di circostanze ma che poi, a lungo andare, dimostrano tutte le loro falle, finendo sempre con il ripetere se stessi o scomparire. Vorrei evitare ciò, ragione per cui mi sono detto che, anche se fossi rimasto fermo per due anni e mezzo, sarebbe stato per un motivo più che valido: studiare e farlo in una delle migliori scuole d’Italia.

Si è rivelata la decisione migliore che potessi prendere: ho imparato e sto imparando tantissime cose che un domani mi serviranno per avere una formazione che mi permetta di fare l’attore non solo a 23 anni ma anche a 40 o 50 senza stancare il pubblico ripetendomi all’infinito. Il mio desiderio è quello di mostrarmi sempre in maniera diversa sia esteticamente sia professionalmente.

Quale pensi che sia la tua peculiarità come attore?

Credo di comunicare molto con gli occhi. Dirò una banalità ma, per me, si comunica molto più con gli occhi che con la bocca. E poi, Madre Natura, mi ha donato questi miei due occhi azzurri… non posso che ringraziarla con tutto me stesso (ride, ndr). Battuta a parte, mi auguro che un giorno la gente si possa rendere conto della mia versatilità: è quello a cui ambisco e per cui sto lavorando.

Voglio vivere le vite dei personaggi che interpreto. Non mi basta la mia vita, è come se ci fosse un’insoddisfazione latente che mi porta a voler esplorare parti lontanissime da me. Vorrei grazie al lavoro di attore allargare le mie possibilità, i miei orizzonti, la mia natura e la mia sensibilità, per scoprire un giorno di aver vissuto come mi hanno insegnato i miei genitori o come pensavo fosse figo fare ma da una prospettiva totalmente diversa. Recitare porta alla scoperta di se stessi… non potrei essere più felice: sto scoprendo di essere io lo strumento di me stesso.

La Rosa dell'Istria: Le foto

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