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Crush – La storia di Diego, la serie tv per ragazzi tra auto-affermazione e baby gang

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Attraverso la storia di un tredicenne, prosegue il racconto della collana Crush con La Storia di Diego, in cui si affrontano temi come l’identità, l’appartenenza e la ricerca di sicurezza. Ce ne parla in esclusiva la regista Valentina Bertuzzi.

La nuova serie tv per ragazzi Crush - La Storia di Diego è disponibile su RaiPlay dal 18 marzo e su Rai Gulp dal 21 marzo, tutti i giorni alle 20:00. Importante racconto, realizzato da Stand By Me e Rai Kids, segue le avventure di Diego, un ragazzo di 13 anni che naviga tra la scuola, l'amicizia, e il suo primo innamoramento, mentre cerca di capire chi vuole essere. La storia si addentra nel tema delle baby gang, mostrando le sfide che Diego affronta quando si ritrova vicino a un gruppo guidato dal carismatico e nuovo compagno di classe, Leo.

Obiettivo della serie tv Crush – La Storia di Diego è quello di far riflettere sui motivi che spingono alcuni ragazzi a unirsi alle baby gang, un fenomeno in espansione, esplorando questioni di identità, appartenenza e la ricerca di sicurezza fuori dalle strutture tradizionali come la famiglia e la scuola. Con un cast di giovani talenti e storie che parlano di amicizia, amore e crescita, la serie tv Crush - La Storia di Diego promette di essere un viaggio emozionante e istruttivo nell'adolescenza, affrontando argomenti seri con sensibilità e attenzione.

Diego, all'inizio un normale studente, vede la sua vita cambiare con l'arrivo di Leo. Tra amicizie intense e sfide, Diego si trova a dover fare scelte difficili riguardo alla sua identità e ai suoi valori. La situazione si complica quando le azioni della gang mettono Diego in difficoltà, portandolo a riflettere sulle proprie decisioni e sulle conseguenze delle sue azioni. La serie si conclude con Diego che, grazie all'aiuto di veri amici, affronta le sfide, impara dai suoi errori e cresce come persona.

Crush - La Storia di Diego è una serie tv che parla ai ragazzi con autenticità e cuore, invitandoli a pensare alle proprie scelte, all’importanza di crearsi un’identità e alla ricerca di protezione e sicurezza. Realizzata con la consulenza della dottoressa Paola de Rose (neuropsichiatra infantile), è composta da dieci episodi da 25 minuti ciascuno e si avvale di un cast di giovanissimi ma promettenti attori, a cominciare da Massimo Quagliata (Diego), tra i personaggi principali dell’ultimo film di Enrico Brignano, Volevo un figlio maschio.

Accanto a lui Edoardo Miulli (Leo), già visto nei film Time is Up 2 e Improvvisamente a Natale mi sposo, Fiorella Pacelli (Erika) anche nel cast della seconda stagione di Christian, Vittoria Parente (Sara), Filippo Riotta (Fabio), già nella serie La Fuggitiva e Lorenzo Spadorcia (Michele, membro della baby gang), non solo attore di cinema e teatro ma anche doppiatore.

Crush – La Storia di Diego è la terza stagione della collana originale Crush, ideata da Simona Ercolani: la serie tv sfrutta il doppio senso del termine inglese, che vuol dire innamoramento, ma anche schiacciare, per esplorare luci ed ombre della vita dei preadolescenti e raccontare una fase insieme delicata e travolgente, di fondamentale importanza nel percorso di crescita verso l’affermazione della propria identità e la conoscenza di sé stessi. Nei primi due capitoli – Crush - La Storia di Stella e Crush - La Storia di Tamina - la serie tv ha trattato altri due temi rilevanti e di stretta attualità quali quello del sexting e del cyberbullismo, e dello sport come strumento di integrazione e crescita personale.

Vediamone insieme una clip in esclusiva.

La regista, in esclusiva

A dirigere la serie tv Crush – La Storia di Diego è la regista Valentina Bertuzzi, già al timone delle precedenti due stagioni. Ed è a lei che abbiamo chiesto di raccontarci in esclusiva le origini del progetto e gli intenti.

“Diego ci racconta un viaggio che non è solamente il suo, perché attraverso la sua iniziazione in una baby gang, la serie ci porta a indagare quei momenti della vita in cui ci sentiamo spinte/i a compiere e perpetuare azioni che non ci rappresentano, di cui non siamo convinte/i, e che a volte riteniamo effettivamente sbagliate. Capita di farlo per quieto vivere, o per accontentare qualcuno che non abbiamo apparentemente la forza di contraddire, o perché altre persone ci fanno credere che sia ‘giusto’ o che sia il meglio per noi una direzione piuttosto che un’altra.

In queste occasioni, che possono essere innescate dalla società come dalla famiglia, dal lavoro come dalle amicizie, la scelta fra un ‘no’ e un ‘sì’ definisce chi siamo, ci permette di conoscerci e riconoscerci, di auto-affermarci, e a costo anche di passare attraverso lo scontro, il rifiuto e la solitudine, di raggiungere infine gli equilibri che ci spettano, e che sono necessari ad affrontare con entusiasmo la vita.

Quello dell’auto-affermazione è un processo lungo e sempre in divenire, nonostante i capi saldi che possiamo aver stabilito richiede la necessità costante di mettersi in discussione, e di mettere in gioco anche la parte più ribelle della nostra personalità, provando a direzionarla e gestirla nel modo migliore. Inizialmente Diego soffoca questo aspetto di sé, cercando di accontentare chiunque, i genitori, i professori, il migliore amico, ma silenziare la propria voce, accantonare i propri desideri, lo porterà a provare un certo gusto nel compiere azioni ‘trasgressive’, pensando di dare spazio alla ribellione, mentre quello che sta facendo è solo passare dall’obbedire ai genitori all’obbedire al branco.

Solo provando ad attingere a una forma sana, intima e personale di ribellione, Diego potrebbe riuscire invece ad affermare il suo rifiuto a tutto quello che lo allontana da sé senza veramente avvicinarlo agli altri, dall’oboe alla baby gang, dal sogno stereotipato della ragazza ‘più popolare della scuola’, al noioso torneo di videogames con l’amico nerd. Nascondendosi, trasformandosi, rivelandosi, Diego ci porta ad esplorare e a interrogarci su dinamiche relazionali e identitarie che riguardano anche il mondo degli adulti, genitoriale e non, perché il divario fra chi siamo e come veniamo percepiti è un tema ricorrente nella vita, e più che mai attuale anche considerando le smerigliature e i caleidoscopici riflessi del nostro io nei social media”.

Il quad della serie tv Crush - La Storia di Diego.
Il quad della serie tv Crush - La Storia di Diego.

Il tema delle baby gang registicamente mi portava la possibilità di introdurre nel linguaggio intimista, teen-drama di Crush, scene e codici propri di altri generi quali l’action e il crime. Avendo sempre lavorato con l’innesto di generi, questa opportunità mi ha ispirata molto, e ho quindi visualizzato subito, già dalla prima lettura del soggetto, Crush - Storia di Diego come un Love/Crime in terza media, dove amore e amicizia si intrecciano ai ‘colpi’ della gang tra furti e altalene, agguati e video-games, ricreazioni e poliziotti. 

Visivamente, la nuova stagione si arricchisce di split-screen, jump cut, rampe di velocità, telecamere di sicurezza, time-lapse estremizzati e passaggi a schiaffo ispirati a quel crime grafico, dinamico e internazionale del cavallo fra gli anni ’90 e primi 2000. Ho lavorato quindi dall’inizio, in pre-produzione (ma anche molto in fase di riprese) in contatto costante con il montatore Claudio Cittadini, con cui ci siamo allineati all’istante, e che ha ottimizzato questa mia visione di partenza grazie proprio al suo stile spinto, deciso, dinamico, ma capace di andare a fondo anche nel respiro più intimo del personaggio.

Idem per la scelta delle musiche, montate ad arte sempre da Cittadini, e che, oltre alle produzioni del compositore Filadelfo Castro, includono il singolo High Heels realizzato dal duo italo-danese Istap, composto dalle musiciste Cristina Carlini e Anna Lidell, che hanno rivisitato in un universo moderno, elettronico e dreamy anche l’aspetto più anni ’90 e ironico del genere.

La scelta di lavorare su questo tipo di crime, di impostazione comunque più divertente e leggera rispetto al crime più classico, è relativa alla necessità di suggerire anche un senso di speranza: l’idea che in qualche modo gli errori che si commettono a questa età sono riparabili, le cose si possono aggiustare anche quando sembrano la fine del mondo, e a volte con meno difficoltà di quanto ci si aspetti, magari grazie anche a po’ di humor e spirito di ribellione, come prova a fare Diego.

Con tutti i capi-reparto quindi ci siamo allineati su questi codici ed è stata in questo senso determinante la proposta della scenografa Erisilda Mirofci di coprire le finestre della scuola con pellicole colorate, in modo da aggiungere alla palette concordata un tono su tono più ‘elettrico’, che vivacizzasse anche gli interni giorno rendendoli più in linea con il sapore dell’action su cui avevamo stabilito le coordinate.

Dentro alle abitazioni dei ragazzi, invece, ho dato più spazio alle loro inquietudini con un respiro più fermo ed esteso, campi stretti sui primi piani che indagano il mondo interiore di Diego, i suoi pensieri, le paure, le insicurezze. Diego e Leo in questo si somigliano molto: entrambi vengono da storie di solitudini familiari, Leo è lasciato a sé stesso mentre Diego è fin troppo seguito, e porta sulle spalle il peso delle aspettative e delle pretese dei suoi genitori, che non capiscono le sue priorità.

Diego e Leo per me erano infatti un po’ le due facce della stessa medaglia, vicinissimi, opposti ma solo in apparenza, tanto che Diego inizierà a somigliare sempre più a Leo nei modi, e Leo a un certo punto inizia a perdere le sue certezze diventando più fragile, come Diego. Questa dicotomia che coabita nel protagonista e nel suo antagonista, ideati dall’autrice della serie Simona Ercolani e scritti con Angelo Pastore, Maria Scoglio, Serena Cervoni, Ivan Russo, Filippo Gentili e Olimpia Sales, li rendeva da subito verosimili, realistici ma anche archetipici, per me porte attraverso cui esplorare conflitti interiori quotidiani, avulsi da ogni stereotipo, propri non solo degli individui narrati ma di un quotidiano intimo.

Lavorare con e per i più giovani non significa escludere il mondo degli adulti quanto piuttosto smuoverlo, metterlo in luce e in discussione attraverso lo sguardo delle nuovissime generazioni, richiamando la loro attenzione sui problemi reali dei più piccoli, provando a individuare strategie e soluzioni a problematiche che a volte infestano e tormentano la vita dei più piccoli. Anche per questa ragione, simbolicamente ho devoluto parte del mio compenso all’associazione di volontariato di pediatria d’urgenza Pollicino, che lavora no profit per i piccoli e per le loro famiglie. (www.pollicinobologna.it)”.

Crush - La Storia di Diego: Le foto

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