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Crush – La storia di Stella: Intervista esclusiva alla regista Valentina Bertuzzi

crush la storia di stella serie tv
Rai Gulp propone la serie tv Crush – La storia di Stella, che racconta luci e ombre degli adolescenti nell’era della condivisione digitale. Sexting e cyberbullismo sono i temi della prima stagione. Ne abbiamo parlato con la regista Valentina Bertuzzi.
Nell'articolo:

Valentina Bertuzzi è la regista della serie tv Crush – La storia di Stella, in onda tutti i giorni su Rai Gulp alle 19.10 e disponibile per intero on demand su RaiPlay. Prodotta da Stand By Me in collaborazione con Rai Kids, Crush – La storia di Stella è il primo capitolo della collana Crush, pensata per esplorare i cambiamenti profondi provocati nei teenager dal primo amore affrontando in ogni capitolo una tematica di forte attualità.

Nella serie tv Crush – La storia di Stella si ripercorre la storia di Stella (Anita Serafini), una tredicenne alle prese con i turbamenti sentimentali della prima cotta, che deve crescere in un mondo governato dal web, vivendo sulla sua pelle i rischi e le potenzialità che la sua generazione sperimenta quotidianamente nell’era della condivisione digitale, in cui anche un gioco innocente può trasformarsi in un incubo.

Stella vede un suo video, privato e intimo, passare di smartphone in smartphone, con tutte le conseguenze emotive e psicologiche di un gesto che, come ci insegna la cronaca, può avere effetti devastanti e talvolta anche fatali. Fortunatamente, Stella non è sola nell’affrontare il ciclone in cui finisce la sua quotidianità: accanto a lei ci sono gli amici – Andrea (Matilde Sofia Fazio), Saverio (Jasper Cabal Gonzales) e, nonostante le iniziali difficoltà, Cate (Lavinia Fiori) – e, a modo loro, i genitori, simbolo delle moderne famiglie sempre più allargate e inclusive.

Ma non solo. Nella serie tv Crush – La storia di Stella, la protagonista può contare anche sull’aiuto delle sue passioni (il giornalismo e il judo) ma anche dell’influencer Eleonora Olivieri, che nei panni di se stessa si fa portavoce di un modello di comportamento che esula dalle pagine di un social prendendo concretezza. Di questo ma anche di molto altro abbiamo parlato in esclusiva con la regista Valentina Bertuzzi.

Candidata ai Globi d’Oro e ai Nastri d’Argento per il cortometraggio Delitto naturale (con cui ha vinto il san Diego Italian Film Festival), Valentina Bertuzzi ama da sempre lavorare con il cinema di genere, innestandolo con tematiche intimiste. Lo aveva fatto con il suo thriller distopico Corporate ma anche con la web serie GhostCam, distribuita negli Stati Uniti. E lo fa anche in Crush – La storia di Stella, grazie a cui si avvicina alla Generazione Z con sguardo lucido e delicatezza.

La regista Valentina Bertuzzi.
La regista Valentina Bertuzzi.

Intervista esclusiva a Valentina Bertuzzi

Sextesting e cyberbullismo sono solo due delle problematiche, più attuali che mai, che la serie tv Crush – La storia di Stella affronta. Cosa ti ha spinto da donna a dirigere la serie tv?

Sono subito stata attratta dalla storia di Stella, questa giovanissima giornalista che si ritrova nei guai e, non volendo, al centro di uno scandalo. Già bastava questo per farmi accettare il progetto. Avevo in precedenza lavorato con attrici molto giovani e mi ero trovata bene: l’adolescenza è una fascia che mi piace indagare perché come tutte le fasi di passaggio della vita presenta delle sfide da superare. E, poi, da quando sono mamma mi interessa ancora di più affrontare tali momenti di passaggio: si somigliano un po’ tutti e portano con sé le stesse sensazioni e le stesse paure di fronte a un cambiamento forte.

Il linguaggio che mi hanno proposto era altrettanto interessante, oltre che nuovo e contemporaneo. Avevo in passato lavorato con lo smartphone per GhostCam, una serie distribuita in America, e mi intrigava l’idea di riutilizzarlo come mezzo di supporto. Lo smartphone oramai fa parte del linguaggio quotidiano ed era perfettamente inseribile nel mosaico narrativo di Crush – La storia di Stella.

Ciò che colpisce di Crush – La storia di Stella è la delicatezza con cui si affronta la questione: la diffusione di un video che espone fisicamente e psicologicamente la protagonista. Qualcosa che, come la cronaca ci insegna, può avere conseguenze devastanti. Come hai lavorato con le giovani protagoniste? Come hai fatto loro capire qual era l’importanza della tematica trattata?

Mi ha stupito sin da subito quanto le giovani attrici fossero paradossalmente più consapevoli di noi adulti. I giovani sono molto sensibili al tema perché ci sono passati se non in prima persona attraverso amici o compagni di classe. Diverse volte si sono ritrovate a dirmi che era un argomento che avevano già affrontato o vissuto in qualche modo. Da ciò derivava la loro delicatezza e serietà, caratteristiche innate che hanno messo in campo senza che nessuno glielo chiedesse esplicitamente.

È stato bello scoprire come una generazione che spesso viene sottovalutata come la loro abbia in realtà una sensibilità e una maturità inaspettata. Non è stato quindi difficile lavorare con loro: abbiamo avuto la fortuna di lavorare molto di camping prima delle riprese e di affrontare la questione, lasciandole libere di portare le sensibilità individuali ai personaggi.

Generazione la loro spesso sottovalutata come la figura dell’influencer. Nella serie tv fa la sua comparsa come guest star Eleonora Olivieri sposando la tematica in oggetto e allontanando nel suo caso il pregiudizio per cui l’influencer sia necessariamente la bella statuina che deve vendere qualcosa. Secondo te qual è il valore aggiunto di un personaggio come Eleonora?

Eleonora è una guida. Non è un personaggio bidimensionale che sta vendendo qualcosa ma un modello esistenziale che, come accade con quello dei romanzi, finisce con l’avere più affinità con i giovani delle persone che questi conoscono o frequentano tutti i giorni. Eleonora propone un modello femminile unico, straordinario, perché affronta la vita con ironia e leggerezza senza aver paura di dire le cose come stanno. In Crush – La storia di Stella ha portato un modello comportamentale di riferimento forte e interessante.

Stella, la protagonista della serie tv, viene salvata per certi versi dalle sue passioni: il giornalismo e il judo. Che ruolo hanno le passioni e quali sono state le tue negli anni di formazione?

La mia più grande passione è stata (ed è) il cinema. Ma anche la letteratura: a 14 anni leggevo Baudelaire. La letteratura mi ha salvato e sì, le passioni salvano. Sono una grande ancora di salvezza dall’oblio del quotidiano. Ti aiutano a salvarti dal lasciarsi andare a un certo tipo di cattive abitudini: le passioni salvano, danno un indirizzo e aiutano a creare la propria identità.

Crush: La storia di Stella - Le foto della serie tv

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Nella serie tv si dà anche grande risalto all’amicizia reale e non solo da social media.

Le nuove generazioni crescono in famiglie che tendono spesso a essere formate da nuclei ridotti al minimo: non si hanno tante sorelle o tanti fratelli e spesso si è anche figli unici. In questo panorama, l’amicizia diventa qualcosa di ancor più profondo ed essenziale. Abbiamo lavorato molto sul concetto di sorellanza, su un’amicizia al femminile molto forte fatta di condivisione di obiettivi, priorità e tematiche, incluse quelle dell’intimità femminile.

Lo hai appena accennato, le famiglie di Crush – La storia di Stella sono nuclei moderni e spesso allargate. I genitori della protagonista Stella sono ad esempio separati e la mamma ha un nuovo compagno, padre di quello che per l’adolescente è un fratello acquisito.

È essenziale dare rappresentazioni di questo tipo perché sono semplicemente la realtà. Sceneggiatura e regia hanno lavorato per la messa in scena seguendo un solo principio: quello dell’autenticità. Raccontare una famiglia stereotipata sarebbe stato obsoleto e tutto fuorché interessante. Abbiamo lavorato su più piani cercando di presentare tanti tipi di famiglie ma tutte basate sul principio dell’amore, dell’aiuto e del sostegno.

E non ci sono nemmeno stereotipi legati all’orientamento sessuale dei protagonisti o alle loro origini. Un personaggio come Francesco con la sua ossessione per Seba poteva far pensare a uno sviluppo narrativo diverso, così come diversa poteva essere la vicenda di Saverio, italiano di seconda generazione. Fortunatamente i cliché vengono evitati e Crush – La storia di Stella si rivela un prodotto molto attento all’inclusività.

Gli autori ci hanno tenuto a lavorare con dei personaggi che non fossero particolarmente definiti dal punto di vista dell’orientamento sessuale. Nel caso di Francesco, ad esempio, non interessava capire da che tipo di passione era mosso ma semplicemente si puntava a evidenziare le conseguenze del suo gesto.

Crush – La storia di Stella è la seconda serie tv che StandByMe, la società di produzione, dedica quest’anno all’universo dei giovani. Da che cosa la tua Crush si differenzia da Di4ri?

Fondamentalmente, in due aspetti. Il primo è il punto di vista: in Crush – La storia di Stella tutto viene raccontato attraverso lo sguardo di Stella mentre Di4ri è molto più corale. Vediamo molto del dietro le quinte del personaggio, della sua intimità o della sua solitudine. Il secondo è legato alla maturità dei ragazzi stessi: per me, i 13 sono i nuovi 16. I tredicenni di Di4ri sono effettivamente più bimbi dei tredicenni di Crush. I nostri si avvicinano più all’età adulta e ne affrontano i primi chiaroscuri: si prendono molto più sul serio. Ma non per fare i fighi: semplicemente fanno sul serio anche nel perseguire le proprie passioni.

E quanto si prendono sul serio lo si capisce già delle primissime scene, in cui Stella si presenta dal preside per ridare vita al giornale della scuola come una navigata donna d’affari.

Anita Serafini è proprio carinissima. Per lei, ci siamo ispirati molto ad Audrey Hepburn: c’è una certa somiglianza anche nel volto e anche con il look. Ma mentre io andavo verso la Hepburn lei si dirigeva più verso la Diane Keaton di Io e Annie di Woody Allen.

Crush – La storia di Stella mostra anche cosa rappresenta la crush dal punto di vista sentimentale femminile.

Quello che cerchiamo di fare con il progetto Crush, di cui abbiamo terminato anche la seconda stagione, è raccontare alle giovani ragazze che è bene uscire dagli stereotipi. Le ragazzine percepiscono l’amore in maniera diversa rispetto ai loro coetanei maschi perché è stato raccontato loro che è così importante, sacro, prioritario. A noi invece interessava raccontare l’amore rispetto all’identità. Quando i due aspetti vanno in conflitto, ci auguriamo che si dia priorità ai propri sogni e alla propria identità.

Di cosa racconterà la seconda stagione?

Crush – La storia di Tamina, essendo il progetto antologico, avrà personaggi diversi ma il tema sarà sempre lo stesso: il conflitto tra amore e identità.

Tu hai insegnato cinema di genere. Cosa intendi per cinema di genere? Qualcosa di legato ai generi cinematografici o al gender?

È una buona domanda. Cerco di mettere in prima linea entrambe le cose. Il cinema di genere è la mia cifra stilistica e ho cercato di portarlo, nei limiti delle possibilità, anche all’interno di Crush, con le sequenze “horror”, di allucinazione o di depersonalizzazione. Il cinema di genere è fatto di tanti sottogeneri e ho cercato di dimostrare che può adattarsi anche a una storia o a un progetto più intimista come Crush.

Insegni ancora? Qual è la fascia di età dei tuoi studenti?

Tengo ancora delle masterclass. Ne ho appena tenuta una bellissima per il 48 Ore Festival, una manifestazione internazionale di cui fa parte anche l’Italia. Era una masterclass di sceneggiatura in cui ho affrontato come tema il cinema di genere. I miei studenti sono generalmente abbastanza giovani ma, in linea di massima, hanno già un po’ di esperienza alle spalle.

Qual è il più grande insegnamento che trasmetti loro?

La risposta la so, sono preparata (ride, ndr). Anche perché è la prima cosa che dico ai miei studenti. Cerco di trasmettere loro l’idea che tutto ciò che è fatto dall’uomo viene in primo luogo da un’idea. Questo per sottolineare che le idee sono realizzabili, hanno un valore, hanno un peso e hanno un’importanza sociale oltre che economica. Tutto ciò che viene loro in mente può diventare realtà a cui si può arrivare acquisendo le giuste tecniche.

Da romana, sei un po’ cresciuta nella capitale italiana del cinema. Per te, è stato difficile trasformare il tuo sogno in realtà?

Sono cresciuta a Monteverde, un quartiere che quando ero piccola era pieno di tantissime sale cinematografiche. Il cinema è stata una delle mie passioni ma la strada per trasformare il sogno in realtà è stata una bella scalata. La più grande difficoltà era legata al fatto che per vent’anni in Italia si è prodotta veramente poca roba, soprattutto in ambito televisivo. Solo negli ultimi anni, i broadcaster internazionali hanno sdoganato l’audiovisivo in termini seriali ma anche di film. E, quindi, ora servono più contenuti e più materiali: finalmente, il mercato si sta aprendo e stiamo cercando di essere competitivi.

È stata una scalata faticosa ma non ho mai mollato. Ci ho sempre creduto e non ho mai smesso di studiare. L’ultima masterclass che ho frequentato come studentessa è stata due anni fa con Shonda Rhymes, ad esempio.

Un nome a caso…

Se devi imparare, cerchi di farlo dai migliori. È una delle creatrici di serie più rivoluzionarie degli ultimi anni e i suoi personaggi femminili sono fortissimi.

Valentina Bertuzzi.
Valentina Bertuzzi.
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