Dani White è uno degli artisti emergenti più noti della scena punk hip hop e urban italiana. Si appresta pubblicare un nuovo singolo, seguendo una strategia che lo porterà a cadenza mensile a proporre sempre qualcosa di nuovo ai suoi fan e a chi vorrà avvicinarsi alla sua musica.
Non si spaventi chi legge punk hip hop e urban. La musica di Dani White è molto più delicata e melodica di quanto si pensi. Lo dimostra ad esempio l’ultimo singolo rilasciato prodotto da The Ross, MD/MA, una canzone che, al di là delle stupide polemiche che il titolo potrebbe generare, parla d’amore. Degli alti e bassi di un sentimento che sa, spesso, essere anche tossico.
L’intervista a Manuel Daniele, il vero nome dietro cui si cela Dani White, ci permette anche di addentrarci in una realtà che troppo spesso giudichiamo superficialmente dall’esterno. Sfatiamo sin da subito un mito: no, l’hip hop e il rap non sono “sesso, droga e rock’n’roll”. Per farvi capire, ho contattato Dani White mentre si trovava a far la spesa a un supermercato!
Intervista esclusiva a Dani White
Sta per uscire il tuo nuovo singolo, continuando quella strategia che ti vede impegnato a rilasciare qualcosa di nuovo ogni mese. Nelle radio, tuttavia, passa ancora MD/MA, il tuo precedente singolo. Non sono mancate le polemiche legate al titolo, che fa riferimento a una pasticca di ecstasy.
La cosa più importante da far capire alla gente è che non è un inno alla droga ma tutt’altro. La canzone non fa altro che comparare la dipendenza in ambito sentimentale, penso agli amori tossici, a quella che creano le sostanze stupefacenti. È un paragone di attitudini. È questo il messaggio che passasse: non mi sono posto molte domande prima di pubblicare la canzone. Volevo lasciare la giusta comunicazione al brano stesso, al testo e al video che abbiamo girato. Sarebbe bastato un attimo, un ascolto, per capirlo.
Sarebbe stato controproducente fare un inno a qualcosa che non fosse l’amore. Premettendo che l’uso delle droghe va sempre stigmatizzato, anche a rischio di cadere nell’ovvietà, l’MD/MA va ad agire sul livello di serotonina, il cosiddetto ormone della felicità, proprio come l’amore. Provoca up e down, alti e bassi.
Come l’amore, può causare euforia e disforia, felicità e infelicità. Ecco perché ho voluto usare il paragone dopo essermi documentato nello specifico.
Tu hai 29 anni ma hai iniziato il tuo percorso di cantautore appena adolescente, quindici anni fa. Com’è stato il tuo approccio con la musica?
Il mio approccio è stato dettato più che altro dall’esigenza. Avevo l’esigenza di esprimere ciò che non riuscivo a comunicare nella vita di tutti i giorni: la musica mi ha permesso di farlo. Pian piano, poi, ho cercato di evolvere il mio stile, tentando di rendere unico ciò che facevo. Posso affermare che quello con la musica è stato un amore a prima vista di cui non ho potuto più fare a meno. Oggi penso che non potrei vivere senza musica, è la mia vita!
Com’è stato crescere e affermarsi nella periferia di Milano, terreno fertile per chi vuol praticare rap, hip hop, urban e via di seguito?
La periferia di Milano e le sue zone limitrofe hanno un’affluenza gigantesca di persone che sono artisti in generale o che comunque fanno musica. Negli ultimi anni, c’è stata una vera esplosione. Io ho cominciato a muovermi in un ambiente un po’ più rap del genere che faccio oggi. Il rap mi permetteva di esprimere terra terra ciò che volevo dire. Tuttavia, uscivo sempre un po’ dal selciato, ricorrevo al cantato e alle melodie, avvicinandomi al pop.
La cerchia di rapper emergenti di quel periodo non mi vedevano di buon occhio. Chi faceva rap doveva far rap, se avessi fatto un ritornello cantato saresti stato già fuori dal genere. Ero considerato l’ultimo della cerchia, motivo per cui pian piano sono riuscito a staccarmi completamente dal rap. Ho preso in mano il mio percorso musicale e pian piano ho cercato di far venir fuori ciò che volevo realmente fare.
MD/MA rappresenta quel tipo di progetto che ho sempre avuto in mente. Le note delle chitarre graffianti, un po’ punk, hanno portato il pop urban, punk, nella mia figura artistica. Con Chimera, il mio precedente singolo, ho chiuso definitivamente con il genere che facevo prima, l’ho esorcizzato introducendo timidamente il nuovo. MD/MA lancia la mia nuova strada, che sarà fatta come dicevamo di tantissimi brani da far uscire una volta al mese.
Hai studiato da grafico pubblicitario. Cosa è rimasto della tua formazione scolastica?
È rimasto molto. Oltre a essere un artista a 360°, ho creato una mia struttura che offre la possibilità ad artisti emergenti di lavorare in modo professionale, di ottenere un prodotto di qualità a livello di video, audio, produzione, fotografia. La scuola mi è servita parecchio: fino a qualche anno fa, curavo anche la direzione artistica e visiva dei video di altri artisti, ho anche fatto l’operatore video e mi ha aiutato a lanciare la mia musica permettendomi nel frattempo di guadagnare qualche soldino.
Lungo il tuo percorso artistico, hai fatto una scelta quasi contro corrente. Nel 2016 eri stato preso come concorrente a The Voice of Italy, il talent targato Rai. Ma non hai dopo partecipato. Cosa è successo?
In quel periodo, avevo firmato un contratto con un produttore di Rimini. Mi ero trasferito in quelle zone e suonavo con una band. Al momento dei provini di The Voice si divisero in due gruppi diversi da due. Io e il mio chitarrista andammo avanti e venimmo scelti per il programma, per partecipare alla prima puntata. Decisi però di non andare avanti: non vedevo la strada dei talent giusta per me. Feci andare avanti solo il chitarrista, che poi rimase in gioco un paio di puntate. Tuttavia, la partecipazione al programma lo gasò a mille, facendogli montare la testa e portando allo scioglimento totale del gruppo.
A quella esperienza seguì anche la decisione di sciogliere il mio contratto con il produttore. Tornato indipendente a Milano, ho poi creato la mia squadra, quel team che tutt’oggi lavora con me.
Una scelta “anticonvenziale”: chi oggi ha l’età che avevi tu allora farebbe carte false per partecipare a un talent e guadagnare fama velocemente.
Ma c’è il rischio, però, di diventare una meteora. Quella dei talent è un’arma a doppio taglio.
Quanto è stato difficile poi renderti credibile sulla scena musicale?
A parte il periodo che raccontavo prima legato agli inizi, la mia strada ha preso la direzione che ha oggi. Dal momento in cui è divenuta concreta, non è stato difficile entrare a far parte del panorama musicale emergente: è come se avessi acquistato maggior credibilità.
Credibilità che ti ha permesso di aprire tantissimi concerti di artisti come Fedez o Danti, per citarne solo due. Il loro mondo ti ha ben accolto.
Assolutamente sì. Mi è servito tanto fare esperienza sui palchi. È stato anche un modo per far sì che le persone mi conoscessero ancora di più.
Da cosa nasce oggi il desiderio di rilasciare una canzone nuova al mese? Non corri il rischio di bruciarle?
No, in realtà no. Per me è una forma di gratitudine nei confronti di tutta la gente che mi segue. Ma è anche un modo per far conoscere tanti lati di me, tutto quanto. Credo che sia un’arma fortissima, me lo suggerisce la reazione dei miei follower. C’è anche un altro aspetto da tenere in conto: la musica ormai è diventata molto veloce. Una canzone ha vita breve: a parte i tormentoni che sentiamo per tutta l’estate, resta al top per poco, due settimane sono già tante. È come se le persone volessero musica nuova ogni giorno. Cerco in questo modo di accontentare il mio pubblico facendo allo stesso tempo sapere un po’ più di me, anche grazie ai video su YouTube che accompagnano ogni canzone.
Parli di pubblico. Mi viene spontaneo chiederti che rapporto hai tu con chi ti segue, soprattutto sui social.
Ho un rapporto molto stretto, ci tengo a dedicare molto tempo a rispondere a chi mi scrive. Noi artisti dovremmo essere veramente grati alle persone che ci seguono: se non ci fossero loro con le loro condivisioni e il loro supporto non saremmo nessuno. Personalmente, mi ritaglio del tempo per una chiacchierata su Instagram, per la creazione di piccoli contest in cui metto in palio una videochiamata o una telefonata, per le dirette Tik Tok o quant’altro ancora. Spesso nelle dirette coinvolgo anche i fan che hanno voglia di chiedermi qualcosa: è accaduto molte volte soprattutto nell’ultimo periodo, quando il CoVid non ci permetteva di andare in giro o di parlare faccia a faccia con qualcuno.
E come reagiscono quando li videochiami?
Beh, pensa se ti chiamasse il tuo idolo domani mattina. È la stessa reazione. Piangono quasi dalla felicità ed è una cosa che mi fa molto piacere.
Dicevi prima che avevi bisogno di far uscire tante cose di te. Cosa vorresti che venisse fuori?
Saranno le prossime canzoni a rivelarlo, parleranno loro al posto mio.
Ti ho beccato mentre eri al supermercato a fare la spesa. Mi dici com’è la tua giornata tipo?
Innanzitutto, mi sveglio presto per far attività fisica. Dopo un po’ di meditazione, mi chiudo in studio per sperimentare ogni giorno musica nuova. E poi mi piace stare a contatto con persone positive, che possono arricchirmi a livello umano. Come sappiamo benissimo, tutti quanti siamo la somma delle persone che ci circondano.
Quindi, niente “sesso, droga e rock’n’roll”?
Sono un ragazzo molto tranquillo, in realtà. Poi, se c’è da far festa, non mi tiro assolutamente indietro: è sul palco che sono tutt’altra persona a livello energico.
Mi parli di palco e, di conseguenza, di concerti live. Ti sono mai capitati degli episodi difficili da gestire come ad esempio quello occorso a Blanco durante il Radio Italia Live?
No, fortunatamente no. Ho sempre tenuto, anche sul palco, a cercare di trasmettere in qualche modo, anche indirettamente, un po’ di educazione nei momenti “complicati” alle persone che sono ai concerti.
Quando è cambiata la musica con l’avvento dello streaming? Fino a qualche anno fa mai ci saremmo sognati di definire mainstream l’hip hop.
L’avvento dei social, dello streaming e delle piattaforme, ha “colpito” alcuni generi musicali più di altri. Il rap è diventato un po’ più commerciale e ha creato anche dei sottogeneri, come la trap. Per cui chi era un rapper puro ha cominciato a cercare collaborazioni con cantanti pop a cui affidare il ritornello. Quando inserivo io la melodia, mi guardavano tutti male… ora invece è esploso come modus operandi. Il cantante o la cantante a cui far cantare il ritornello permette quindi al rap di diventare più commerciale e radiofonico.
Anche il pop contemporaneo si è rinnovato. Occorre sempre, per quanto mi riguarda, stare al passo con i tempi, con le nuove sonorità e le nuove influenze. Ci facciamo sì influenzare ma dobbiamo sempre mantenere l’originalità che caratterizza noi stessi.
Se ti dovessero proporre un duetto con chi ti piacerebbe farlo?
Non saprei proprio, sono concentrato su me stesso e sul proporre la mia musica. Però, come cantante donna penserei a Elodie o a Emma Marrone. E come cantante uomo a Fedez o ad Achille Lauro. Potremmo fare delle belle cose insieme.
E a Sanremo andresti?
Si. Ho avuto un trascorso con Sanremo, sono arrivato tra i cento finalisti di Sanremo Giovani nel 2019 ma non alla gara. L’Ariston è un palco che mi è sempre rimasto nel cuore. Un giorno, più prima che poi, ci salirò e mi vedrete!