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Danilo Arena: “Alla ricerca del vero, senza maschere addosso” – Intervista esclusiva

Danilo Arena
Tra i protagonisti della serie tv di Canale 5 Vanina – Un vicequestore a Catania, Danilo Arena racconta a The Wom il percorso che lo ha portato a essere attore, ballerino, cantautore, scrittore e insegnante, con una spiazzante verità. Sacrificio, dedizione, caparbietà e sincerità segnano la sua storia.
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Nella nuova serie tv di Canale 5 Vanina – Un vicequestore a Catania, Danilo Arena interpreta l’agente Salvatore Lo Faro. Bel ragazzo, atletico, entusiasta del suo lavoro ma apparentemente svagato e troppo dedito ai social e ai selfie, Lo Faro si rivelerà più intelligente, intuitivo e sensibile di ciò che sembra, con una drammatica storia alle spalle che coinvolgerà tutta la squadra. Vanina proverà a dargli fiducia, e lui, grato, saprà ripagarla.

L'intervista esclusiva a Danilo Arena offre uno sguardo unico e intenso sulla vita e sulla carriera di un giovane attore determinato e appassionato. Nato a Catania e trasferitosi a Roma nel 2018 con pochi mezzi ma una grande determinazione, Danilo Arena ha affrontato sfide e sacrifici per perseguire il suo sogno nel mondo del cinema e della televisione.

Sin dalle sue radici siciliane, Danilo Arena ha dimostrato una forte volontà di realizzare se stesso e di affermarsi nel mondo artistico. Dai primi passi nella breakdance all'insegnamento di base cinematografica, Danilo Arena ha sempre seguito la sua passione per l'arte e la recitazione, nonostante le difficoltà e gli ostacoli lungo il cammino.

Il suo percorso è stato caratterizzato da momenti di solitudine e autoaffermazione, come dimostra il suo trasferimento a Roma con soli cento euro in tasca e l'inizio di una nuova vita lontano dalla sua terra natale. Tuttavia, il sostegno dei suoi fratelli e la sua determinazione lo hanno portato a superare le sfide e a raggiungere importanti traguardi nella sua carriera.

Attraverso le sue esperienze sul set e sul palco, Danilo Arena ha imparato a esplorare diversi aspetti della sua identità e a mettersi costantemente alla prova come artista. Dalla recitazione alla musica, dalle sfide fisiche alla vulnerabilità emotiva, Danilo Arena porta con sé una profonda passione per il suo lavoro e un desiderio ardente di condividere la sua arte con il mondo. Il tutto nel segno di un solo mantra: la ricerca continua della verità. La stessa che in un atteso passaggio della nostra conversazione lo porta a parlare dell’anoressia con cui si è confrontato.

Il suo viaggio è un testamento alla forza della determinazione e alla bellezza di perseguire i propri sogni con coraggio e dedizione. Con il suo impegno costante e la sua autenticità, Danilo Arena dimostra che non ci sono limiti per coloro che osano sognare e lottare per ciò in cui credono.

Danilo Arena.
Danilo Arena.

Intervista esclusiva a Danilo Arena

“Ho interpretato un palermitano nella serie tv Il cacciatore 3 e ho scoperto che è molto diverso dal catanese”, scherza Danilo Arena quando a inizio della telefonata, viste le nostre comuni origini, gli propongo per rompere il ghiaccio un’intervista in siciliano. Originario di Catania, Danilo Arena vive a Roma dal 2018 quando, con soli cento euro in tasca, ha lasciato la sua città per iniziare quel percorso di autoaffermazione nel mondo del cinema e della televisione.

“Partii per Roma per frequentare una sorta di masterclass: era in giugno 2018, avevo davvero pochi spiccioli e trovai lavoro in un locale che oggi si chiama Cambio a Trastevere ma che allora si chiamava Buff”, ricorda Danilo Arena. “A loro vendetti una bugia: dissi che avevo un posto dove stare, una casa, l’appoggio e tutto ciò che potevo aggiungere, quando in realtà avevo solo un biglietto di ritorno per la Sicilia. Venni assunto e scrissi un messaggio a mia madre: “Non mi aspettare perché non torno”. E, sostanzialmente, non presi quell’aereo”.

“Avevo quei pochi soldi con me ma mi avevano offerto un lavoro”, prosegue Danilo Arena nel ripercorrere quel trasferimento. “Confessai ai gestori di non avere una casa dove dormire solo alla fine del primo servizio: rimasero lì per lì attoniti ma poi finirono con l’ospitare un perfetto sconosciuto. Si fidarono di me forse perché riesco a farmi voler bene subito”.

Quello che è stato un trasferimento improvviso si è però pian piano trasformato in solida realtà: la strada della recitazione ti ha aperto le porte e ti troviamo oggi in una serie tv molto attesa come quella di Canale 5, Vanina – Un vicequestore a Catania. Interpreti l’agente Salvatore Lo Faro.

Salvatore Lo Faro è un giovane uomo, un ragazzo che ha imparato a sognare, che resta solo ma che ha capito che chi non ha il coraggio di fare resta vuoto. Lui ha il coraggio di fare, di guadagnarsi la fiducia della dottoressa Vanina Guarrasi e, poi si capirà il perché, di mostrare la sua sensibilità rivelando la sua storia all’intera squadra e affrontando i propri demoni personali.

Tra solo e vuoto, Danilo invece cosa ha scelto?

Quando si sogna, la solitudine è inevitabile. Se non si prova a inseguire i propri sogni, il senso di vuoto è inevitabile e il rimorso in futuro divorerebbe chiunque.

Stranisce la parola solitudine: sei cresciuto in una famiglia numerosa.

Sì, sono l’ultimo di quattro fratelli, a ognuno dei quali devo qualcosa. Mio padre, mia sorella Denise, mio fratello Giovanni e mio fratello Graziano mi hanno ognuno per ragioni diverse trasmesso qualcosa che avesse un fine artistico. Però, in generale, ho avuto bisogno e necessità della mia solitudine nel voler affrontare questo percorso e pensare solo con me stesso.

La solitudine è qualcosa che ti ha accompagnato anche durante il periodo della pandemia da CoVid: hai trascorso settanta giorni e altrettante notti da solo.

Ricordo che mia madre mi propose di tornare a casa a Catania per stare insieme. Ma ho preferito rimanere a Roma perché volevo pensare, scrivere, leggere, interpretare dei personaggi e comporre canzoni… canzoni che ho poi scritto e che finora mi hanno portato alla pubblicazione di cinque singoli e due album.

Cosa scrivi nelle canzoni che a parole non riesci a comunicare?

Interpretare dei personaggi in scena è una modo per essere qualcun altro pur portando me stesso. Con la musica, invece, riesco a essere Danilo e a raccontare il mio quotidiano, le mie personali emozioni, i miei amori, il mio vissuto.

Danilo Arena nella serie tv di Canale 5 Vanina - Un vicequestore a Catania.
Danilo Arena nella serie tv di Canale 5 Vanina - Un vicequestore a Catania.

Risposte concise senza troppi orpelli, le tue…

Credo che sia efficace e importante nella vita andare dritti al dunque senza perdere tempo. È una convinzione che ritrovo nella scrittura e che ritrovo anche nei miei personaggi.

Sei così sin da piccolo o è un’attitudine che hai sviluppato nel tempo?

Da sognatore, sono sempre stato così. Ancora oggi nella parete di casa mia c’è una lista con scritti gli obiettivi da raggiungere nel 2024. Anche in questo momento, mentre parliamo, il mio inconscio li sta guardando: sono nove e devo riuscire a concretizzarli. Non importa quanto tempo ci vorrà: l’importante è adoperarsi ogni giorno per far sì che si realizzino.

È un business plan vero e proprio. Di questi nove obiettivi, quale reputi il più importante?

Allenarmi e mangiare pulito. Avere uno stile di vita più sano, anche perché sono sempre stato della regola “vivi male e interpreta bene”. Per il personaggio di Lo Faro, sono arrivato a 55 chilogrammi spaccati di massa muscolare grazie all’aiuto di un preparatore atletico e l’ho fatto traendo spunto dall’esperienza di uno dei miei due fratelli, Giovanni, il primogenito, che è nelle forze armate. Mi sono ispirato molto alla sua corporatura, compreso il suo modo di camminare, cercando di avvicinarmi a lui.

Sono chilogrammi che hai perso?

Un po’ sì. Adesso sono sui 50 kg.

E quanto sei alto?

1 metro e 70.

Sei oggettivamente magro: che rapporto hai con il tuo corpo? Per voi attori è un’estensione del vostro lavoro: sapere che vuoi allenarti e mangiare sano è indicativo di una certa attenzione per quella che è la tua fisicità.

Nasco come ballerino e da sempre sono attento al corpo. Ma, al di là del ballo, ho un passato da anoressico: volevo a tutti i costi essere magro ed essere slanciato. Sto imparando a far pace con quel capitolo della mia vita e sto lavorando, volta per volta e personaggio dopo personaggio, sulla mia costituzione fisica: cambio molto spesso il mio corpo, consumo le scarpe diversamente a seconda dei personaggi che porto in scena.

La risposta è del tutto inattesa, soprattutto perché viene da un ragazzo. Per stereotipo o pregiudizio, non si declinano quasi mai i disturbi del comportamento alimentare al maschile. Non sarebbero stati in molti a mettersi così a nudo. Riconoscere di averne uno è un passo fondamentale.

Così come fondamentale credo sia dichiararlo in un’intervista. Ma lo faccio perché ho sempre scelto di essere vero e di non nascondermi. Ho sempre lottato e sono sempre andato alla ricerca della verità nelle cose. Può ferire, regalarci gioie o darci dolori ma ho sempre preferito, voluto, ricercato e amato la verità.

Quando ti sei resi conto di soffrire di anoressia?

Non so datarla. È sempre stato così, con ogni aspetto del mio corpo: da piccolo, ad esempio, avrei voluto il 38 come misura del piede. Quando la gente sottolineava il mio essere troppo magro, nella mia testa scattava un meccanismo per cui mi dicevo “obiettivo raggiunto”: era per me un complimento. Quello che vedevo riflesso nei miei specchi era l’immagine che volevo.

Hai chiesto aiuto per risolverla?

In tutta sincerità, credo fortemente di essermi più aiutato anziché di aver cercato aiuto. Ho sempre affrontato da solo tutti i problemi che ho incontrato nel mio cammino.

Ma per paura o vergogna di sentirti dire che eri “debole”?

No. Molto in genere, nella vita mi hanno comunque aiutato tutti e non mi ha aiutato nessuno: ho sempre puntato sulle mie sole forze. Andare via di casa per andare a vivere da solo a Roma con un disturbo alimentare non è stata una passeggiata: mangiavo solo crackers perché non mi potevo permettere altro. Ho veramente fatto la fame i primi tempi ma adesso sto bene, posso mangiare quello che voglio.

Danilo Arena.
Danilo Arena.

Le riprese di Vanina – Un vicequestore a Catania ti hanno riportato nella tua città: che ha significato poter ritornare a Catania da attore?

È stato stranissimo perché sono, comunque, cresciuto in periferia e non in centro. Stando in città per le riprese e dormendoci, ho avuto la sensazione di essere in un’altra Catania, nuova rispetto a quella che conoscevo io. Avevo davanti a me la stessa città di sempre ma allo stesso tempo inedita. Ma è stato anche molto bello perché ha rappresentato per me una sorta di riscatto, un’opportunità datami da Davide Marengo, il regista con cui avevo collaborato già per Il cacciatore 3, e di cui sono fiero.

Tutte le volte che inizio un nuovo personaggio ho sempre un daimon mentale: ho paura di non riuscire a farcela ma fortunatamente trovo poi la giusta motivazione nella guida spirituale di Dio… è talmente forte che mi permette di canalizzare le energie nella maniera giusta.

Che cosa ti restituisce il credere?

Credere mi ha dato il sogno, la missione per cui io sono qui per il tempo che starò qui. Credere è uno dei valori che porto avanti perché inizialmente impartiti da una famiglia con certi capisaldi. Sono cresciuto con una madre, un padre e dei fratelli che hanno sempre puntato più allo spirito che al materiale: in casa mia, i jeans di ogni fratello maggiore sono sempre passati a quello più piccolo.

Danilo Arena.
Danilo Arena.

Cresciuto nella periferia catanese, già a sette anni praticavi breakdance. Ma chi era quel piccolo Danilo caratterialmente?

Potenzialmente era una sorta di ribelle. Ma anche un ripetitore: sin da piccolo, avevo la tendenza a imitare li altri. Crescendo, ho sempre voluto frequentare per lo più persone adulte o più grandi di me sia d’età sia d’intelletto per cercare di imparare il più possibile da loro… tanto che una delle accuse che spesso mi rivolgevano i miei genitori era quella di non avere personalità: tendevo a imitare nei ragionamenti e nei modi di fare tutte quelle persone con cui stavo. È stato andando avanti col tempo che ho capito invece che di personalità volevo averne molte di più di una e che la mia indole era quella di ricrearle e portarle in scena.

A 21 anni hai poi rimediato la tua prima borsa di studio con un po’ di sana faccia tosta: sei stato tu a chiamare la direttrice di un college catanese, dove sei poi tornato da docente.

Alla fine dei tre anni di scuola, ho preparato una tesi che si chiamava Il mio cinema: agli occhi di tutti, ero logicamente una pecora nera perché parlavo di cinema in un’accademia di recitazione allo stato puro in cui si puntava al teatro e non alla settima arte. Nello specifico, trattava di tutti i passaggi da eseguire per la realizzazione di un’opera cinematografica, partendo dallo sviluppo e terminando con la distribuzione.

I docenti, però, hanno apprezzato il mio sforzo e io ho avuto modo di chiarire che l’arte a cui volevo andare incontro era quella del cinema, della televisione o, comunque, della macchina da presa. Dopo aver letto la tesi con molto piacere, è stata la stessa direttrice a propormi una cattedra per insegnare base cinematografica. E per qualche mese ho insegnato ma poi sono partito per Roma.

Cosa ti dava insegnare nello stesso luogo in cui eri stato studente?

Per me, non era insegnare in senso stretto: serviva per ripetere a me stesso quello che era il mio sogno. Cercavo dunque di trasferire il mio sogno per il cinema a quei ragazzi che fino a qualche mese prima erano miei colleghi di studio.

Quella tesi è poi diventata un libro che si chiama ABCinema

…che non è stato pubblicato perché non l’ho reputo ancora opportuno. Nonostante la casa editrice mi spinga a farlo, per me non è ancora arrivato il momento giusto. Non sento necessario il bisogno di dire io come si realizza un film: i film li voglio ancora fare io (ride, ndr). Forse tra qualche anno… ma per adesso voglio interpretare film, recitare in serie tv, scrivere canzoni, continuare a comporre l’album a cui sto lavorando e godermi quello attuale, Lettere mai spedite, già uscito.

Il prossimo 18 maggio farò un concerto per entrambi gli album: voglio incontrare il mio pubblico, voglio raccontare nelle interviste quali sono i miei sogni e voglio godermi l’uscita di Vanina – Un vicequestore a Catania. Anche se la mia sete di continuare a fare e di pretendere tanto da me stesso mi spinge a non essere mai soddisfatto di nulla di tutto ciò che faccio. Ed è questa la ragione per la quale un giorno arriverò dove è giusto che sia.

Danilo Arena.
Danilo Arena.

Il 18 maggio è anche la data del tuo compleanno. Dove terrai il concerto?

Nella città in cui sono nato. Incontrerò la mia gente ma anche tante altre persone che so che arriveranno da Reggio Emilia, da Roma e da Firenze, cosa di cui sono molto contento. Tutto ciò che faccio è in funzione del fatto che possa arrivare alla gente e rimanere nel tempo.

Tra l’altro, la musica è entrata nella tua vita anche attraverso un’esperienza che ha coniugato recitazione e note: la partecipazione al videoclip della canzone I tuoi particolari di Ultimo. Era forse un segno del destino.

È stata in quell’occasione che ho conosciuto il regista Emanuele Pisano, lo stesso che poi mi ha dato un ruolo principale per il cortometraggio L’oro di famiglia… un personaggio che mi ha fatto vincere oltre trenta premi per la miglior interpretazione e ottenere una candidatura ai David di Donatello.

Quel premio sarebbe per te un sogno concretizzato, come hai dichiarato spesso. Essere candidato e non vincerlo è stato uno smacco?

Esattamente. Ricordo che, mentre gli altri festeggiavano per la notizia della sola candidatura, ho chiesto se avessimo vinto. “No”, è stata la risposta. “E allora abbiamo perso”, ho controbattuto. Bisogna ancora lavorare in tale direzione.

Nel pretendere tanto da te stesso non rischi di perdere di vista chi sei?

Io non lo so chi sono: io sono nessuno, sono i personaggi che porto in scena… sono plastilina, cera, pongo, argilla.

Le tue risposte sono spesso spiazzanti. Cosa potrebbe invece spiazzare te?

Tutto mi spiazza. Ogni imprevisto mi spiazza. Ogni giorno mi spiazza ma lo affronto per trovare una soluzione.

Ti sei mai sentito spiazzato dai tuoi sogni?

Come no? Spiazzato dai miei sogni ma anche dalle persone che hanno provato a distruggerli ma non ce l’hanno fatta.

Chi ha provato a distruggerli?

Diversi agenti. Mi è stato detto che non funziono, che sono basso o che non ho tutta questa grandissima faccia… ma ciò mi ha dato la forza di continuare, di essere candidato ai David di Donatello, di vincere dei premi con L’oro di famiglia, di interpretare un protagonista per la serie tv Il cacciatore, di lavorare con Pierfrancesco Favino in Comandante di De Angelis e tornare ancora in tv con un ruolo principale in Vanina – Un vicequestore a Catania.

Ricordo ancora la faccia di chi, rigirandosi sulla sua sedia, mi aveva convocato solo per dirmi che non ce l’avrei fatta: l’ho ringraziato e me ne sono andato: “Sei basso, non funzioni: ci devi fare i conti. Un giorno magari mi ringrazierai perché sono stato uno che ti ha detto la verità”, sono state le sue ultime parole. Non è stato facile dopo…

Nel 2020, quando ero ancora in ballottaggio per Il cacciatore, è venuto a trovarmi a Roma mia fratelli Giovanni, ha aperto il frigorifero di casa mia e si è palesemente commosso: era vuoto. È stato lui a portarmi al supermercato per riempirlo e riempire le dispense. Ed è stato sempre lui che mi ha sentito dire che volevo mollare tutto e a farmi desistere dal farlo prendendomi un altro anno di tempo per l’eventuale sprint. Aveva ragione: in quell’anno sono poi accadute tantissime cose.

Vanina - Un vicequestore a Catania: Le foto

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Che rapporto hai oggi con i tuoi fratelli e tua sorella?

Bellissimo, non potrebbe essere altrimenti. Ognuno di noi ha inevitabilmente la sua vita con tutti i suoi problemi. Viviamo tutti in città diverse ma ci sentiamo ogni giorno: li penso e li porto sempre nel cuore.

Hai delle lettere mai spedite da consegnare a loro?

No, non ancora. Le lettere mai spedite sono quelle che ho scritto a una ragazza che amavo e che tuttora amo. Erano tutte scritte a mano e ne ho fatto delle canzoni con la speranza che potessero arrivarle. Avrei in mente anche un altro progetto per quelle lettere mai spedite: farne un libro, accompagnandole con dei ritratti o delle fotografie che le trasformino in poesie.

Come le lettere, anche le poesie non si scrivono più…

In realtà, non si scrive più a penna in generale mentre io scrivo ancora ogni cosa a penna: è tutto molto diverso, dalle emozioni all’immaginazione. Ho scritto a penna anche la mia tesi, prima di passarla al computer. Un lavoraccio a cui poi è seguita un’accurata ricerca nelle immagini… lasciavo, quando scrivevo a penna, persino il posto libero per queste, disegnando un quadrato con scritto “immagine”.

Ci hai parlato dei tuoi nove obiettivi del 2024. Ma qual è il tuo più grande sogni in assoluto, al di là del David di Donatello?

Il più grande sogno di Danilo come persona è del tutto umano. Sto iniziando a seminare, lottare, capire come fare e lavorare, per comprare una casa qui a Roma, un luogo che posso sentire mio e in cui posso entrare la mia auto storica. Una casa con il camino, bella, accogliente, calda, ma comunque umile. Sono sicuro prima o poi che si avvererà.

Auto storica?

Sì, prima avevo una 126 del 1984, che purtroppo mi hanno rubato. Ho adesso comprato una A112 del 1985. Guidarle e cambiare le marce, mi fa sentire a pieno il rapporto che si ha con un mezzo che puoi ringraziare per averti portato con la sua attività nel posto in cui dovevi essere. Al di là dell’estetica della bellezza, sono amante del vero… e fino a qualche anno fa c’era più verità e magia di adesso.

Cosa ama Danilo di Danilo?

L’ossessione per l’arte, il voler fare a tutti i costi ciò che devo fare e la costanza. Sono queste le cose di me a cui voglio bene.

E quelle a cui non vuoi bene?

Il buttarmi giù quando non vanno quelle a cui voglio bene e che servono nella vita. Ho bisogno del bianco e del nero, altrimenti non riesco a vivere. Riconosco che quella parte negativa di vita vissuta anche male è quella che adesso mi fa vivere e mi fa portare una verità e una sofferenza vissuta nei miei personaggi. Le maschere sono inutili, occorre mettersi a nudo.

Anche in scena?

Certo. Anche perché tutto dipende da come si guarda il nudo, dai pregiudizi o da come sei cresciuto. Se hai un rapporto risolto con la nudità, non ti pesa. A maggior ragione su un set dove mi sentirei giustificato a star nudo: sto lavorando e non sono io in quanto Danilo ma io in quanto personaggio che sto interpretando.

Danilo Arena.
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