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Diego Passoni: “Impariamo a parlare dei caz*i nostri” – Intervista esclusiva

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Cazzi nostri è il titolo del podcast in cui Diego Passoni, con l’aiuto di un esperto e di dieci ospiti famosi, affronta temi, stereotipi, pregiudizi, dubbi e domande che ruotano intorno all’organo genitale maschile, da sempre considerato culturalmente un tabù o un metro di valutazione dell’essere maschio.
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Parliamo di Cazzi nostri. No, non siamo impazziti e non siamo presi da un attacco di turpiloquio improvviso. Cazzi nostri – Cose tra maschi è il titolo del podcast di Diego Passoni e Nicola Macchione che, prodotto da OnePodcast (disponibile sull’app OnePocast e su tutte le principali piattaforme di streaming audio), propone un viaggio alla scoperta della sessualità maschile e del concetto di “mascolinità”.

Parlando in libertà di tematiche poco affrontate anche nelle chiacchiere tra amici per via di pregiudizi e stereotipi consolidati, Cazzi nostri affronta la complessità del rapporto degli uomini con il loro pene, le questioni socio-culturali e identitarie che vi sottendono e i vantaggi psico-fisici di un approccio più aperto, consapevole e libero. 

Tra esperienze personali, aneddoti divertenti, curiosità dal mondo scientifico, falsi miti e consigli medici di un vero esperto, Diego Passoni e Nicola Macchione in ogni puntata affrontano una diversa tematica con l’ospite del giorno: chiacchierano con J-Ax di una delle più grandi ansie maschili, la “cilecca”, con Francesco Mandelli di eiaculazione, con Peter Gomez di prevenzione per la prostata, scoprendo cosa si nasconde dietro la paura del famoso “ditino del dottore”.

E ancora, con Tommaso Zorzi si parla di un altro grande tema tabù, la circoncisione, con Luca Gervasi di prevenzione per i testicoli, con Alvise Rigo di condom e sesso protetto, mentre con Cristian Brocchi di nudità maschile, con un uomo che di altri uomini nudi ne ha visti parecchi, scoprendone spesso anche le fragilità. Mentre la mascolinità è al centro delle chiacchiere con Max Pezzali, per domandarci se il maschio sia veramente un mito, o no.

Cosa sottende alla nascita di Cazzi nostri è ben delineato da un dato statistico: in Italia, solo due uomini su dieci si fanno visitare da un urologo e solo dopo i 50 anni di età. Ciò significa che, di fronte ai dubbi e alle domande riguardanti il proprio pistolino, i maschi rimangano in silenzio per paura del giudizio altrui. Ma perché è ancora oggi un tabù parlarsi e confrontarsi? Cosa significa essere maschi e non essere maschi alfa? Quanto certi argomenti diventano stereotipo e quanto la politica li spinge a farlo?

Di Cazzi nostri abbiamo voluto parlare direttamente con Diego Passioni, speaker radiofonico, conduttore tv, scrittore e curioso osservatore della contemporaneità, con una passione per lo studio delle Scritture come esplorazione di sé. E lo abbiamo fatto senza tabù o remore.  

Diego Passoni.
Diego Passoni.

Intervista esclusiva a Diego Passoni

Cazzi nostri. In un’epoca in cui è facile farsi scioccare dal micropene del protagonista di Skam 5, parlare di organi genitali maschili sembra quasi una rivoluzione da dove nasce l’idea?

Da un’esperienza fatta di recente con l’urologo. Ho 47 anni e, quindi, rientro nell’età media di coloro che i neurologi invitano a sottoporsi dei controlli che dai 50 anni in poi sono ritenuti obbligatori fare almeno una volta all’anno. Chiacchierando, l’urologo mi ha raccontato che uno dei suoi desideri sarebbe quello di portare la sua esperienza professionale anche ai maschi in età puberale ma anche prepuberale.

Mi ha fatto anche un paragone tra figlie femmine e figli maschi: le figlie femmine vengono comunque mandate, dalla mamma in genere, almeno una volta dal ginecologo già in adolescenza, aprendole la via verso la porta di colui dove torneranno tutte le volte in cui avranno bisogno. Cosa che, invece, non succede con i figli maschi per cui la porta dell’urologo o dell’andrologo invece è come se fosse murata: ci si passa davanti, in compagnia dei genitori o da soli, ma nessuno ha il coraggio di aprirla. È come se ci fosse un tappo culturale legato al pistolino e a tutti gli organi genitali maschili in generale.

A ciò si aggiunge un altro fattore sempre culturale: il cameratismo con cui i maschi imparano a stare insieme. Il cameratismo ha molti lati leggeri, piacevoli e rafforzativi, ma ha anche risvolti negativi: è fatto di prove tese a dimostrare di essere maschio, per cui è tutto un gioco a chi sputa o piscia più lontano e, poi, quando si è anziani in bocciofila, a chi ha pescato la trota più grossa la domenica precedente. È, dunque, sempre una gara di dimensioni e di prestazioni che oggi chiamiamo performatività.

Noi maschi cresciamo con l’idea che tanto superi l’altro più sei maschio sin da bambini, periodo nel quale, se non sei “abbastanza”, sei etichettato come una femminuccia: è qualcosa che abbiamo proprio dentro. Questo però porta a un atteggiamento di chiusura, alla famosa sindrome dell’uomo che non deve chiedere mai, come recitava lo slogan di un famoso dopobarba negli anni Ottanta. Proprio come accade con le indicazioni stradali, i maschi sono restii a chiedere informazioni a un altro maschio per non sentirsi sminuiti.

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Cazzi nostri si pone dunque come obiettivo quello di rompere tutti i tabù legati all’organo sessuale maschile. E sceglie di farlo con l’aiuto sia di uno specialista sia di testimonial eccellenti.

In Cazzi nostri si chiacchiera. L’intento era quello di mettere tutti attorno al fuoco e confrontarsi, facendo quello che non si è mai fatto, sulle esperienze vissute e sugli step affrontati che sono quasi sempre gli stessi per tutti, al di là di ogni orientamento sessuale. Io, ad esempio, sono omosessuale ma sono anche portatore di pene e testicoli esattamente come un eterosessuale. Si parla così di mancata erezione quando avremmo invece voluto essere al massimo, del dolorino che non capiamo, delle malattie sessualmente trasmissibili, della palpazione dei testicoli, delle piccoli disfunzioni anche fisiologiche come la fimosi o il frenulo breve.

Quanto è stato complicato convincere i tuoi ospiti famosi, da J. Ax ad Alvise Righi, a parlare del loro organo genitale o della loro vita sessuale così apertamente?

Chi ha accettato di partecipare a Cazzi nostri sono quelli che hanno risposto subito di sì con grande slancio di generosità fidandosi di me e capendo subito l’intento dietro al podcast. Non nascondo però di aver dovuto fare un giro largo di richieste: se avessero accettato tutti quelli a cui l’ho proposto, avrei fatto più di 40 puntate!

Ciò significa che per 10 che hanno detto sì ce ne sono altri 30 che mi hanno risposto di no facendomi anche molto sorridere. Per lavoro, sono abituato che qualcuno declini un invito per ragioni diverse, può capitare: non ha voglia, tempo o possibilità, e cerca di essere educato nel dirtelo. In questo caso, invece, dei 30 che hanno detto di no alcuni vogliono proprio tenersi alla larga dalla questione perché toccherebbe la sfera della loro mascolinità oppure li metterebbe in una non comfort zone.

Eppure, non erano invitati in qualità di esperti ma a condividere cosa si fa e cosa non si fa per cultura rispetto alla nostra salute urologica, le cui conseguenze ricadono anche nella sfera affettiva e sessuale perché incidono anche sulla fertilità o sulla relazione con gli altri e persino con noi stessi.

L’atmosfera di Cazzi nostri è quella gioviale del convivio, supportata dalla presenza di un esperto, il professore Nicola Macchione, e non quella della lezione scientifica.

Lo scopo non era quello scientifico tout court: per quello basterebbe seguire un programma medico che ogni giorno spiega una problematica e come affrontarla. La mia idea è che a parlarne è che fossero dei maschi “comuni”. Sono quasi tutti eterosessuali ma per una questione di cultura. Al momento, l’unica persona gay che interviene è Tommaso Zorzi ma per una questione specifica: con lui si affronta un tema molto importante come la circoncisione fatta da adulti, ovvero la necessità di “aggiustare” la propria fisiologia quando ci si sente liberi e pronti a farlo.

Dalla puntata emerge come passi un certo lasso di tempo da quando noi maschi abbiamo un dubbio o ci accorgiamo che qualcosa non va a quando ci rivolgiamo a uno specialista per risolverlo. E la quantità di tempo che passa è tutto tempo rubato alla piena felicità, all’appagamento, alla soddisfazione e alla qualità di vita ed è solo per una ragione culturale e folle. Ci sono casi in cui trascorrono anche dieci o vent’anni prima che un maschio trovi la forza interiore di andare dal medico e bussare a quella porta murata.

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L’iniziazione sessuale è quel momento in cui ogni maschio è chiamato a confrontarsi con il proprio organo genitale. Ricordi la tua?

Io ho avuto diverse iniziazioni sessuali. Ho scoperto l’autoerotismo molto presto, ero ancora bambino. È una cosa che succede di frequenta ma naturalmente non sapevo cosa fosse: ricordo però fisicamente toccarmi era qualcosa che mi piaceva. Da adolescente ho avuto poi la mia iniziazione da eterosessuale prima di quella da omosessuale. Considero l’iniziazione omosessuale come una seconda adolescenza perché tutto è diventato come nuovo.

È stato un grande salto per me di consapevolezza di come, non avendo mai fatto educazione affettiva e sessuale, si ricominci tutto da zero, anche perché non ne sapevo niente e non c’era un supporto. Un paio di anni fa non c’era internet e la consapevolezza rispetto alla mia sessualità e alla mia affettività gay è nata dall’aver frequentato l’associazionismo e i locali gay, dove si cercava di fare anche prevenzione rispetto alle malattie sessualmente trasmissibili.

Da questo punto di vista, il mondo gay è per forza di cose storicamente più attento: non si aspetta domani ma si agisce oggi. crescendo, ti accorgi di come vivi in uno dei pochi paesi occidentali in cui non si fa ad esempio educazione sessuale a scuola. E non la si fa solo ed esclusivamente per ragioni ideologiche: non sia mai che in qualunque manuale di educazione affettiva e sessuale, che sin dall’infanzia si fa nelle scuole migliori del mondo, ci si imbatta in omosessualità e transessualità, temi che una certa ideologia nega. Avallando quel manuale, si sarebbe costretti ad ammettere ciò che la scienza dice: l’omosessualità esiste ed è naturale così come il transessualismo.

Ma credi che sia dovuto anche alla vicinanza con il Vaticano?

Alla fine, stringi stringi, il problema non è tanto la vicinanza con il Vaticano, con cui ci si potrebbe relazionare in maniera meno condizionante ma è la bassa qualità dei profili politici, che per mantenere una certa preferenza da parte del popolo abbassano e banalizzano le questioni. Non c’è più un dibattito su certi obiettivi alti e su come, in base alle diverse idee politiche, raggiungerli: scopo della politica è diventato confermare i voti, guardando più alla pancia. È una politica che non forma i cittadini me che li tiene sul filo dello spavento di chissà che cosa.

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Nella prima puntata di Cazzi nostri, con J. Ax si parla della cosiddetta “cilecca”. Come hai reagito le poche volte in cui ti è capitata?

Le poche volte, dipende… potrebbero essere anche molte, non confidare nelle mie performance (ride, ndr). Ho fatto come fanno tutti gli altri: ho provato imbarazzo, mi sono dispiaciuto e sentito un po’ umiliato. In quei momenti, siamo fatti nel bene o nel male di tante cose, ci si crea delle aspettative e vederle andare in fumo non è il massimo. Però, quando capita, ti accorgi che ti stai concentrando solo su un dettaglio di un movimento che è molto più ampio e coinvolge molte più realtà, un movimento che si chiama relazione, anche se fosse un incontro occasionale.

Fa parte dell’esperienza umana ricercare felicità attraverso l’incontri di corpi e personalità ma, come tutti, mi sono dovuto rendere conto che dovevo allargare l’obiettivo e non concentrarmi solo sul dettaglio. La reazione dipende da quanto chiudi lo zoom e allarghi la visuale. Quando però ci si rende conto che una singola esperienza diventa la norma ed è riconoscibile, c’è un medico specialista gratuito, previsto dal sistema sanitario nazionale, che può essere d’aiuto: basta andarci.

 E, da professionista, qual è il medico non andrà certo in giro a raccontare i cazzi nostri facendoli diventare motivo di scherno o oggetto di barzelletta.

È dal Medioevo o forse anche prima che c’è la tendenza a prendere in giro il maschio che non ce l’ha abbastanza grosso, a cui non tira abbastanza, che non schizza come una divinità antica dando vita a chissà che cosa, o che è cornuto… ma non lo fa un professionista, che valuta ma non giudica.

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Da omosessuale, credi che la comunità gay abbia finito per introiettare e per certi versi esasperare certe questioni? Nelle app di dating, è ormai usanza indicare le proprie dimensioni: dalla S alla XXL, è tutto un proliferare di misure…

È un tema abbastanza caldo. In questa prima stagione del podcast c’è una puntata specifica sulle dimensioni in cui questa cosa verrà detta e Christian Brocchi è stato molto generoso nel parlare degli spogliatoi maschili dei calciatori. Dopodiché, se abbiamo la fortuna di continuare con un’altra stagione, mi piacerebbe che tra i tanti argomenti ancora da trattare ci si concentrasse su alcuni più legati alla comunità gay per molti aspetti. Rispetto alla cultura etero basica, la comunità gay è più avanti per certi aspetti ma non per altri, per cui vive ancora di più le relazioni basandosi su certi stereotipi.

Il tema della dimensione è ancora fortemente introiettato così come quello della sopraffazione e dei ruoli. Se pensiamo alla pornografia gay, è fatta ancora di peni enormi in azione, di situazioni di sopraffazione e umiliazione e di posture di sottomissione ben definite, è difficile ad esempio che si siano tanti scambi di ruolo.

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Cazzi nostri si conclude con una puntata in cui, ospite Max Pezzali, si parla di mascolinità tossica, un tema abbastanza caldo non solo per quanto concerne la sua ricaduta sulla sfera sessuale.

Insieme a Max affrontiamo un discorso sul racconto del maschio alfa. Negli anni in cui la mascolinità tossica veniva data per scontata anche nel mondo della canzone e certi versi anche forti non suonavano strani a nessuno perché eravamo totalmente immersi in quella cultura, Max ha sempre cantato il fatto di essere un maschio sfigato sottolineando come ci siano tante possibilità di essere, appunto, maschio. È l’autore e interprete di tante canzoni che hanno attraversato gli anni ed è decisamente rilevante perché con il suo pop ha attraversato intere generazioni fino a oggi, segno che c’è bisogno di narrazioni di maschi che siano simbolo di tutte le altre possibilità.

La cover di Cazzi nostri.
La cover di Cazzi nostri.
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