Domenico Cuomo è il protagonista insieme a Sara Ciocca di Mimì – Il principe delle tenebre, film d’esordio di Brando De Sica che Luce Cinecittà porta in sala dal 16 novembre dopo il successo di critica riscontrato al Festival di Locarno prima e a quello di Sitges dopo. Prodotto da Indiana production, Bartleby Film e Rai Cinema, Mimì – Il principe delle tenebre vede Domenico Cuomo interpretare il Mimì del titolo, giovane napoletano poco più che adolescente affetto sin dalla nascita da una malformazione ai piedi che lo rende insicuro, maldestro, solo e, soprattutto, oggetto di esclusione da parte di tutti coloro che lo circondano.
La vita di Mimì è dunque segnata da solitudine, violenza e odio. Le sue giornate trascorrono tra la pizzeria del padre adottivo che lo ha preso con sé da un orfanotrofio quando aveva solo dodici anni e l’amica transgender Giusi, impersonati da Mimmo Borrelli e Abril Zamora. Preso costantemente di mira da Bastianello (Giuseppe Brunetti), il figlio del malavitoso del quartiere che cela un’anima neomelodica e una natura repressa, Mimì vede l’amore entrare nella sua vita per mezzo di Carmilla, un’adolescente disadattata il cui universo ruota intorno a quello dei vampiri.
Carmilla, portata in scena da Sara Ciocca, si dichiara diretta discendente del conte Vlad, di quel Dracula di cui Mimì non ha mai sentito parlare ma che in breve diventerà il suo stesso faro guida. Con la sua sincerità, onestà e genuinità, Mimì crede in Carmilla ed è per paura di perderla che dà il via a un’inattesa educazione vampiresca, che pian piano lo tramuta da timido adolescente a giovane uomo assetato d’amore.
Non pensate, però, di avere a che fare con un Twilight de’ noantri… Mimì – Il principe delle tenebre è un film molto gotico, complesso e a più strati, in cui l’horror incontra il fantastico come nel migliore dei fumetti dark. E il merito della riuscita è soprattutto di Domenico Cuomo, chiamato a una delle prove più complesse del suo percorso artistico. Lui, il Cardiotrap di Mare fuori, non si risparmia in nulla, donando tutto se stesso alla narrazione e credendo nei messaggi che il suo Mimì, dolente, sofferente e, soprattutto, solo, trasmette.
Di Mimì e del suo mondo abbiamo parlato con Domenico Cuomo, alla vigilia di un’altra importante release: dal 16 novembre, lo vedremo infatti anche nella serie tv di Rai 1 Un professore 2, in cui interpreta Mimmo, un ragazzo che, in regime di semi libertà dal carcere minorile in cui è finito, si avvicinerà al Simone supportato da Nicolas Maupas. Si riformerà così una delle coppie amicali più solide dell’universo Mare fuori ma, come ci spiega lo stesso Domenico Cuomo, la storia sarà molto diversa.
Intervista esclusiva a Domenico Cuomo
Vedendo Mimì – Il principe delle tenebre, il film di cui sei protagonista, salta subito all’occhio come sia una storia di solitudine. Che significa per te la parola “solitudine”?
Per me, aveva prima un’accezione negativa. Adesso, invece, cerco di sfruttare il rapporto con la solitudine per cercare di conoscermi e di evolvere dal punto di vista sia fisico sia mentale perché credo che sia un’amica… deve essere una grande amica perché nella vita nasciamo senza chiederlo e moriamo senza volerlo. Quindi, dobbiamo sfruttare ogni singolo momento per avere un rapporto sempre più stretto con la solitudine e non temerla.
“Notte” e “alba” sono due parole cruciali per un vampiro. Che peso attribuisci, invece, tu a ognuna di esse?
Beh, la notte porta consiglio. E, tornando alla domanda di prima, la notte è quel momento della giornata in cui molto spesso si è soli. L’alba, invece, rappresenta l’inizio di un nuovo giorno. Dopo tutto ciò che di brutto arriva, c’è sempre un alba: il sole sorgerà lo stesso, come diceva qualcuno. L’importante è riuscire a sopravvivere alla notte.
Nel tuo percorso, la recitazione rappresenta un po’ l’alba?
No. La recitazione per me rappresenta il desiderio di comunicare al mondo cosa i miei personaggi provano e come vedono il mondo stesso. Sono come un soldato che compie una missione: da attore, ho il compito di portare alla gente ciò che il mio regista pensa e ciò che il mio regista vede. E, quindi, sono al servizio di un concetto e cerco di essere quanto più in linea o pulito possibile.
Mimì – Il principe delle tenebre fa riferimento a tutta una serie di film con protagonista Dracula, il vampiro per eccellenza. Come ti sei preparato per affrontare il ruolo?
Quando devo interpretare qualcuno di “conosciuto”, non studio le prove di chi mi ha preceduto. La ragione è semplice: ho una grande paura di scimmiottare qualcun altro e di restituire un qualcosa di non mio, di non vero. Per Mimì, sono andato a ripescare i miei primi anni di vita, l’innocenza, per poi portarli da tutt’altra parte, in uno stato diverso e opposto.
Mimì, per amore di Carmilla, trova un modo per farsi crescere dei denti da vampiro. È stato facile recitare con dei canini posticci?
No. Essendo molto lunghi, quando chiudevo la bocca, finivo per il tagliarmi le labbra. È stato tosto ma non tanto fastidioso quanto i piedi, che per esigenze di scena erano deformi. Occorrevano ogni volta quattro ore di lavoro per le protesi, due per metterle e due per levarle. A fine giornata, quando tutti si doveva andare a casa, occorreva attendere sempre quelle due ore in cui pian piano dovevano togliermi tutto.
A te e Sara Ciocca è affidato l’intero film. Sentivate il peso delle aspettative sulle spalle mentre giravate?
Certo. Lo sento ancora adesso e credo che lo sentirò sempre. Quando una tua prova è genuina, sempre paura del giudizio altrui. C’è sempre un feedback, positivo o negativo che sia sarà il pubblico a deciderlo. Portando qualcosa di proprio, la paura c’è ed è importante averla: se non la si prova, vuol dire che non ci si è messi in ballo.
Con quali paure di sei confrontato mentre giravi?
Mimì è un bambino che tutto ciò che fa lo fa per amore. Ciò che è centrale è la sua paura dell’abbandono: quando hai poco, quel poco cerchi di proteggerlo in tutti i modi possibili. Ed è questo che Mimì fa dall’inizio alla fine del film.
E tu, Domenico, hai paura dell’abbandono dal punto di vista artistico? Come attore, stai vivendo un momento particolarmente fortunato. Temi che prima o poi tutto possa finire? E, se accadesse, quale ripercussione avrebbe su te stesso?
Per niente. Non ho paura che tutto questo finisca. Ma non perché sono sicuro che non accadrà ma perché la mia vita non c’entra niente con quella che è la mia sfera lavorativa. Credo che nella mia vita ci siano dei pilastri fondamentali: nella fattispecie, la famiglia, la natura, il rapporto con gli animali e la cura di me stesso. Se un giorno non farò più questo mestiere, vorrà dire che magari doveva andare in quel modo. Preferisco concentrarmi sul prendere ciò che la vita dà: non sono io a dover decidere, ragione per cui cerco sempre di stare sul pezzo e di vivermi ogni giorno al 100% in modo genuino, nel bene o nel male.
All’inizio di Mimì – Il principe delle tenebre, c’è una scena particolarmente forte, girata al cimitero monumentale di Poggioreale, in cui assistiamo a un’aggressione ai danni di Mimì che percepiamo quasi come uno stupro da parte di Bastianello, il guappo impersonato da Giuseppe Brunetti. Quanto è stato complicato mettersi così tanto in gioco anche con il corpo?
Molto. La sceneggiatura prevedeva che ci fosse solamente uno sputo in faccia. Sono stato io a proporre a Giuseppe Brunetti di girare la scena in quella modalità. Mimì – Il principe delle tenebre è un progetto che, secondo me, supera la linea: non è un film posato o fatto per essere bello da vedere. Anzi: il concetto di base è che la violenza fa schifo mentre l’amore deve essere solamente una cosa bella. Nel momento in cui ho avanzato la mia proposta a Brando De Sica, il regista, è stata sua premura chiedermi se me la sentissi realmente di farla. E ho risposto di sì: non sarei mai potuto tornare a casa con l’idea di non aver sacrificato tutto me stesso.
Spesso si sottovaluta il peso della violenza verbale. In una recente intervista, hai raccontato del periodo in cui a scuola, quando muovevi i primi passi come attore, sei stato preso di mira dal branco, un branco più che altro declinato al femminile. Che peso ha avuto quel momento nel tuo percorso da giovane uomo?
Sinceramente? Non è stato così importante. Se l’ho ricordato, è per far acquisire la consapevolezza che fra uomo e donna non c’è nessuna differenza: tutti abbiamo le stesse paure, gli stessi problemi, gli stessi percorsi, gli stessi desideri e gli stessi bisogni. Forse la grande menzogna che continuano a dirci tutti i giorni è che siamo diversi, forse per cercare di tenerci buoni e a bada. Mimì – Il principe delle tenebre, tra le altre cose, parla anche di diversità, ricordandoci che non esistono distinzioni alcune.
L’idea di inclusività è qualcosa che torna nei progetti a cui hai preso parte, da Mare fuori a Un professore, facendo sì che il messaggio arrivi dritto ai ragazzi della Gen Z. È insita anche in voi giovani attori del cast o è qualcosa che in qualche modo viene imposta dall’alto?
Mai nessuna imposizione. È proprio l’inclusività che ci ha sempre permesso di superare le difficoltà, facendoci sentire carichi e aiutandoci a vincere gli ostacoli del set e del dopo set. Essere eretti a bandiera di una generazione o della generazione che verrà è qualcosa di molto forte di cui non ci si può dimenticare. Proprio per questo la cosa più grande che io possa fare per tutti e per me stesso è quella di essere al 100% genuino, caratteristica che cercherò di tutelare con tutte le mie forze.
A proposito di genuinità, qualcuno ha accusato voi ragazzi del cast di Mare fuori di non essere così genuini nelle occasioni pubbliche. Da cosa deriva questa percezione sbagliata? La genuinità, del resto, sta anche nell’aver paura di quello che si ha di fronte: non sarà semplice gestire la folla che ogni volta vi si presenta davanti.
Come dico sempre: beati loro che non hanno peccato… Beati quei diciannovenni che vanno in discoteca, che vanno in teatro, che vanno a Margellina con la propria fidanzata. Beati quelli che tornano a casa e quelli che possono andare a mangiare una pizza nel pieno centro di Napoli. Tutta roba che chi ha fatto Mare fuori come chi comunque è un attore o un personaggio riconoscibile non può permettersi. Si deve sacrificare qualcosa e non è né banale né semplice. Il giudizio, quindi, è sbagliato ma lo è a prescindere da tutto: chi giudica senza conoscere e senza avere idea delle difficoltà, si commenta da solo. Non sono io a giudicare.
Mare fuori 4: Le prime foto
1 / 9Dal 16 novembre, ti vedremo anche in Un professore 2, la serie tv di Rai 1 in cui interpreti Mimmo. Ancora una volta, ti ritrovi con un personaggio che ha a che fare col carcere.
Ogni carcere è diverso, così come lo è ogni persona o personaggio. Ho conosciuto tante persone che sono state in carcere e non avevano la stessa storia o le stesse caratteristiche. Mare fuori e Un professore sono due storie completamente differenti. Certo, ci siamo io e Nicolas Maupas, che abbiamo già condiviso uno stesso progetto, ma sta allo spettatore constatare che si tratta di qualcosa di già fatto oppure no e non a me. Nell’interpretare il personaggio di Mimmo, con il consenso del regista Alessandro casale e con la protezione della buonanima di Alessandro D’Alatri che mi accompagna tutti i giorni, ho cercato di restituirlo nella maniera più vera possibile senza pensare ai confronti.
Un professore 2: Le foto
1 / 2Il finale di Mimì – Il principe delle tenebre è un inno alla libertà. Cos’è per Domenico Cuomo la libertà e come la vive?
Per me, la libertà è svegliarsi la mattina e dire ancora “Wow: c’è il sole, sono il un letto, ho due gambe, ho due braccia”… La libertà è ciò che ti fa sentire sereno e non felice. La felicità è altro e la si vive a momenti. La serenità, invece, è quello stato per cui, qualsiasi cosa accada o ti succeda e qualsiasi persona incontri, puoi sempre porgere l’altra guancia in maniera sincera. E non a chiacchiere. Ecco, quella è per me la libertà.