Nel caso in cui aveste intorno ai 30 anni, Joshua Jackson vi evocherà dei ricordi indelebili. Se siete più giovani, preparatevi comunque a tremare: con Dr. Death l'attore ha portato su StarzPlay (canale di Amazon Prime Video) una miniserie disturbante e mozzafiato.
Ciò vale ancor di più se si pensa che la storia dietro la miniserie è realmente accaduta: Jackson, infatti, interpreta Christopher Duntsch, neurochirurgo arrestato nel 2015 e condannato all'ergastolo. Perché questa serie è assolutamente da non perdere? Ve lo spieghiamo subito.
Il talento di Joshua Jackson
Chi è stata adolescente (o giù di lì) tra il 1998 e il 2003 ricorderà Joshua per aver interpretato Pacey Witter nel teen drama Dawson's Creek. Ai tempi ci si divideva per chi tifava per Dawson (James Van Der Beek), il classico bravo ragazzo timido e di buon cuore e chi avrebbe fatto carte false per passare anche solo un minuto con Pacey, che (almeno all'inizio), è ribelle sembra destinato a combinarne di ogni.
Di fatto, con buona pace delle fan di Dawson, Pacey è diventato una vera icona e l'attore che lo interpreta ha fatto un percorso niente male. Dopo Dawson's Creek ha infatti avuto un ruolo di spicco nella serie cult Fringe e in The Affair. E ora è tornato, più talentuoso che mai.
Joshua Jackson riveste il ruolo di un personaggio complesso, che non è cattivo nel senso stretto del termine. Più che un personaggio malvagio in sé e per sé, il Duntsch di Jackson è un uomo provato, fiaccato dall'esistenza che non gli ha mai concesso ciò che lui avrebbe voluto per se stesso.
L'interpretazione di Jackson è talmente profonda da tremare al posarsi del suo sguardo glaciale, così lontano dalle sua interpretazioni più iconiche da dimostrare che il ragazzo che si muoveva tra le love story di Capeside non è solo cresciuto: si è evoluto, è maturato ed è diventato abile nel sorprendere chi credeva di non potersi aspettare nulla da lui.
La storia di Dr. Death
Talento di Jackson a parte, perché la storia di Dr. Death dovrebbe tenerci con il fiato sospeso? Perché, come abbiamo già accennato, è una storia vera. E pur conoscendo già il finale, vedere i movimenti di Duntsch è tanto terrificante quanto coinvolgente.
Per chi non avesse idea della vicenda, tra il Christopher Duntsch è un neurochirurgo e ricercatore che, a partire dal 2011, ha operato diversi pazienti vantando una larga esperienza negli interventi alla colonna vertebrale.
Come è stato ampiamente detto a posteriori, Duntsch vantava un curriculum di tutto rispetto, che gli spalancò le porte di diversi ospedali. Quale fu, dunque, il problema? Semplice (e agghiacciante): tra il 2011 e il 2013 ha fallito la quasi totalità dei suoi interventi.
Ciò, nella migliore delle ipotesi, ha lasciato i pazienti in balia a dolori cronici invalidanti per il resto della loro esistenza. Nelle peggiori, le sue vittime sono rimaste paralizzate o sono morte.
Ci sono diverse cose che hanno reso il suo caso unico nel suo genere: in primis, non si è mai davvero capito se Duntsch agiva per malignità o mosso da uno smisurato ego che lo portava a identificarsi in un super medico, più preparato di chiunque altro nei suoi paraggi.
Poi, la lenta presa di coscienza dei superiori, che gli revocarono la licenza quando, ormai, aveva rovinato la vita di moltissimi pazienti. Infine, le sue dichiarazioni, che furono sempre sconclusionate: più volte si definì un genio, un innovatore osteggiato dal sistema.
L'evoluzione della serie
Ad aggiungere pepe alla serie c'è il tentativo di esplorare le diverse sfaccettature del personaggio. La trama, seppur romanzata, si basa su tutti i documenti che sono stati raccolti per ricostruire la storia di Duntsch.
Documenti che, per altro, hanno dato vita a un seguitissimo podcast chiamato proprio Dr. Death, che riporta con ancor più dovizia di particolari tutte le vicende accadute e non solo.
Sia nel podcast che nella serie a fare la differenza sono gli accadimenti nella vita quotidiana del protagonista, che sin da giovane si scontra con dei fallimenti che non solo non vuole mai accettare, ma che continua ad attribuire a cause che non hanno nulla a che fare con lui.
In giovane età non riesce ad affermarsi come giocatore di football, ma minimizza e denigra coach e colleghi; non riesce a essere un buon amico né un buon padre ma non accetta di avere dei difetti.
Il quadro psicologico di Duntsch accende, in sostanza, i riflettori su una grande verità: in una società che ci vorrebbe tutti felici e realizzati e che ci incoraggia a essere chiunque vogliamo, quanto pericoloso e devastante può essere, per individui di base già fragili o privi di di scrupoli, scontrarsi con la fallace natura umana?