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Edoardo Ferrario: “Nella direzione che da bambino già sognavo” – Intervista esclusiva

edoardo ferrario
Edoardo Ferrario racconta la sua esperienza nel ruolo di Pier Paolo Peroni nella serie Sky Hanno ucciso l'Uomo Ragno, la figura chiave dietro il successo degli 883. Tra ironia e riflessione, l’attore si sofferma sul significato del successo e sulle sfide di un percorso artistico in continua evoluzione, toccando anche il suo impegno comico nel Gialappa’s Show e nello spettacolo Performante.
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Con la serie tv Hanno ucciso l’Uomo Ragno, il programma Gialappa’s Show e lo spettacolo teatrale Performante, Edoardo Ferrario dimostra di essere un artista completo, capace di spaziare tra generi e linguaggi diversi, mantenendo sempre quella freschezza e profondità che lo hanno reso uno dei comici più apprezzati della scena italiana. Che si tratti di un ruolo drammatico o di una riflessione sul mondo dello spettacolo, Ferrario riesce sempre a offrire una lettura personale e originale, capace di far ridere e riflettere allo stesso tempo.

L’arte di interpretare un personaggio, del resto, non risiede soltanto nella capacità di immedesimarsi in una figura estranea, ma anche nell’empatia e nella sensibilità con cui si riesce a coglierne l’essenza più profonda. Edoardo Ferrario, attore e comico romano di talento, ha saputo trasmettere tutto questo nel suo racconto, ad esempio, di come è stato dare vita al personaggio di Pier Paolo Peroni nella serie tv Sky Hanno ucciso l’Uomo Ragno (lo vedremo per la prima volta nell’episodio 5). Ferrario, seppur inizialmente ignaro dell’identità del produttore discografico che ha accompagnato il successo degli 883, ha accettato la sfida con curiosità e rispetto, esplorando le sfumature di un uomo rimasto volutamente nell’ombra, un regista silenzioso del successo altrui.

Il ruolo di Pierpa, come lo chiamano gli amici, riflette non solo la capacità di Edoardo Ferrario di adattarsi, ma anche il tema universale del perseguimento dei sogni, di cui la storia degli 883 è emblematica: due ragazzi di provincia che, contro ogni aspettativa, ce l’hanno fatta. C’è qualcosa di profondamente umano nel riconoscersi in queste storie di riscatto, di successi inaspettati e di percorsi incerti ma tenaci.

E l’intervista a Edoardo Ferrario, secondo classificato a LOL 4 dietro a Giorgio Panariello, ci porta inevitabilmente a riflettere su quanto siano importanti le scelte, anche quelle più intime e nascoste, che ci avvicinano ai nostri sogni. Queste scelte, spesso prese in silenzio, lontano dai riflettori, definiscono il nostro cammino e ci ricordano che il successo, inteso non come fama, ma come realizzazione personale, può essere una conquista tanto dolce quanto faticosa.

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Edoardo Ferrario (Foto: Federico Tribbioli; Press: Simona Pellino per CZ24 Comunicazione).
Edoardo Ferrario (Foto: Federico Tribbioli; Press: Simona Pellino per CZ24 Comunicazione).

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Intervista esclusiva a Edoardo Ferrario

“Sono un fan sia degli 883 sia di Sydney Sibilia”, esordisce Edoardo Ferrario quando gli si chiede di raccontare com’è stato interpretare per la serie tv Sky Hanno ucciso l’Uomo Ragno il personaggio di Pier Paolo Peroni (per tutti, il Pierpa), il produttore discografico che ha accompagnato l’ascesa al successo del duo composto da Max Pezzali e Mauro Repetto. “Quando ho letto la sceneggiatura, la prima cosa che ho pensato è che era scritta molto bene. Parlava di una storia che conoscono in tanti, quella di due ragazzi di provincia che ce l’hanno fatta e sono diventati un fenomeno culturale”.

“Non mi sono concentrato sul fatto che non conoscessi, come tantissimi italiani, chi fosse Pier Paolo: da produttore, del resto, ha sempre voluto rimanere giustamente nell’ombra, lontano dalle luci della ribalta”, continua Edoardo Ferrario. “Ho dunque dovuto immaginare chi fosse e cercare di trasferire nel personaggio quei tratti del suo carattere che ho appreso informandomi sul suo conto. Dalle cose che mi han detto, ho scoperto che è stato uno dei primi romani ad arrivare a Milano sul finire degli anni Ottanta per inseguire la tanta voglia di successo che aveva”.

“Braccio destro di Claudio Cecchetto, aveva visto l’amico raccogliere il successo di Jovanotti di cui era produttore e, quindi, sognava anch’egli di produrre qualcuno destinato a mietere grandi riscontri. L’immagine di Pierpa che si vede arrivare davanti due ‘sfigati’ di Pavia, come Max e Mauro si definivano, cozzava incredibilmente con i suoi sogni di gloria ed è stato qualcosa che mi ha fatto sorridere: ho intravisto in quella scena quella nota molto romana del non so come andrà ma proviamoci lo stesso, con la speranza che funzioni”.

“Ed è così che ho voluto interpretarlo, come un uomo che non sapeva in che direzione stava andando ma che con quei due sfigati da qualche parte sarebbe arrivato. Mi auguro che a Pier Paolo piaccia la mia chiave di lettura, anche perché è vivo e vegeto: nel migliore dei casi, può mandarmi una mail di complimenti (ride, ndr)!”.

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Hanno ucciso l'Uomo Ragno: Edoardo Ferrario

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La storia degli 883 è universale ed è quella dell’underdog che concretizza il suo sogno, nonostante tutto e tutti. Quando hai realizzato quale sarebbe stato il tuo sogno?

Ho sempre voluto fare il lavoro che faccio oggi: era un sogno che mi accompagnava sin da quando ero bambino. Già da piccolo, desideravo fare il comico: guardavo in televisione i programmi della Gialappa’s Band o di Serena Dandini, sperando che un giorno avrei anch’io potuto far delle cose in grado di far ridere le persone con la stessa semplicità e naturalezza con cui lo facevano Fabio De Luigi, Corrado Guzzanti o Neri Marcoré. Ero affascinato dal meccanismo dell’umorismo, dalla possibilità di scrivere qualcosa che spingesse gli altri a ridere.

Non ho dunque mai smesso di perseguire tale obiettivo: a scuola ero ad esempio quello che in classe imitava i professori, iniziando a coltivarsi come pubblico i compagni di classe. Anche se la svolta definitiva è arrivata quando, iscrivendomi a Giurisprudenza, la facoltà in cui mi sono dopo laureato, mi sono iscritto anche a una scuola di scrittura per autori comici. È stato lì che ho avuto il mio primo contatto con un pubblico reale esibendomi di fronte a degli sconosciuti: lo considero il mio vero banco di prova.

Avere avuto poi la possibilità di andare in televisione grazie all’incontro con Sabina Guzzanti e di realizzare la web serie Esami mi ha portato a comprendere che quello del comico non era più solo un sogno ma poteva diventare il mio lavoro. Mi auguravo da sempre che accadesse nonostante me lo tenessi per me: di giorno frequentavo le lezioni in facoltà e la sera andavo a fare le serate senza parlarne con nessuno, nemmeno con gli amici.

Perché tanto silenzio? Te ne vergognavi?

Temevo molto il giudizio delle persone che mi erano vicine. Dire a dei genitori di voler fare il comico era come dire di voler diventare una rockstar: un lavoro che non esiste. E per evitare grane, considerando il mio grande senso del dovere, ho pensato che fosse meglio nel frattempo laurearsi in Giurisprudenza mentre in gran segreto perseguivo altro. L’ho fatto solo per far stare tranquilli tutti ma sapevo cosa in realtà volessi.

Il timore di dirlo ai genitori era dettato dalla scelta che nel frattempo aveva fatto tuo fratello (il rapper Mostro)?

Mio fratello ha iniziato a manifestare voglia di fare il rapper prima che io iniziassi a fare il comico. Ma in qualche modo ci siamo motivati l’uno con l’altro nell’affrontare un percorso inusuale, molto poco accademico. Anche lui si era iscritto all’università ma, mentre io l’ho portata a termine, lui non l’ha conclusa. L’importante, comunque, è che ciascuno di noi abbia poi seguito ciò che davvero voleva fare.

Che aria respiravate in famiglia per lasciarvi sedurre entrambi dall’arte?

Avevamo due genitori sì molto pragmatici ma allo stesso tempo estremamente aperti, che non hanno mai voluto imporci le loro idee. Tutto ciò che ci hanno trasmesso ci è arrivato e ci è servito molto per essere chi siamo oggi: dobbiamo a loro le nostre molte passioni, dalla musica al cinema e alla comicità. Io, per esempio, guardavo con mio padre i programmi tv della Dandini…

Edoardo Ferrario (Foto: Paola Onorati).
Edoardo Ferrario (Foto: Paola Onorati).

Nasci a Roma nel 1987. Quando esplodono gli 883 hai solo 5 anni. Che bambino eri?

Ero un bambino molto curioso e molto giudizioso. Non sono mai stato un bambino spericolato: avevo semmai voglia di far ridere e di ridere. Mi divertivo molto e leggevo Topolino, così come tante altre cose che mi hanno poi influenzato. Sono però sempre stato un osservatore: ho osservato molto nella mia vita e già da piccolo lo facevo, coltivando quella capacità che crescendo mi ha dato la possibilità di raccontare il tutto in chiave comica.

…osservavi ma nel frattempo chi ti osservava?

Sicuramente, i miei genitori: non sono mai caduto da un albero o da altro (ride, ndr). Non mi sono mai sentito particolarmente sotto la lente di osservazione dei grandi. Mi sono sempre divertito molto anche a scoprire il mondo da solo raccogliendo quelle esperienze che hanno contribuito a far sì che fossi oggi l’uomo che sono. Cercavo però chi rispondesse alla mia grande passione per l’esibizione: a cinque o sei anni provavo già a far ridere chi avevo intorno.

Pierpa, nella serie tv come nella vita, accompagna gli 883 verso il successo. Che rapporto hai avuto tu con il successo quando sono arrivati i primi applausi?

Ho cercato sempre di essere molto cauto rispetto al successo. Mi sono reso conto che stava arrivando nel 2015 quando, dopo Esami, mi capitava che mi riconoscessero per strada e di riceve apprezzamenti per quanto fatto. È stato allora che ho realizzato di come il mio lavoro avesse raggiunto per la prima volta molta gente: dieci anni fa, con un prodotto pensato solo per il web, non era così scontato che accadesse. Le persone improvvisamente mi guardavano e si approcciavano in maniera diversa per ringraziarmi di averle fatte ridere: si stava avverando ciò che da sempre sognavo. Ma il veder prendere forma ai propri sogni fa sempre un po’ paura…

E forse è anche per questo che ancora oggi allontano da me il pensiero di considerarmi “arrivato”. Il concetto di “successo” è molto effimero: sono del parere che il percorso di un artista si considera soltanto alla fine anche in ottica del fatto che, se gestito male, il successo come lo si intende oggi può letteralmente mandare fuori di testa. Il mio più grande successo è, alla luce di ciò, l’aver capito di essere sereno con me stesso: porto avanti ciò che ho sempre voluto, ho ancora tanto altro che voglio e devo fare e ho trovato il mio equilibrio…

…senza il rischio di essere assillato dall’essere performante.

Performante, lo spettacolo che porto in tour,parla proprio del presupposto contrario alla mia visione, basandosi sull’idea per cui oggi siamo condannati ad avere necessariamente successo esponendoci soprattutto sui social. Il tutto è nato dopo aver scoperto come un benzinaio vicino casa mia sia in realtà un noto tiktoker: mi ha colpito molto e mi ha spinto a riflettere su come fino a qualche anno fa non tutti dovevamo essere capaci di fare intrattenimento per il pubblico. Si poteva risultare simpatici agli amici o ai clienti ma nessuno di noi avrebbe mai pensato a una dimensione pubblica così esposta come invece accade oggi.

La società dello spettacolo è oggi realtà e mi mette molta paura. L’assioma è semplice: se non performi, non esisti… se non racconti che i tuoi obiettivi sono al top, che stai facendo di tutto per fregare tutti e che hai successo più degli altri, sei immediatamente un fallito. Ci siamo dimenticati tutti che forse basta semplicemente fare bene il proprio lavoro, star bene in famiglia o dedicarsi ai propri interessi per essere felici, e non tutta quell’esposizione o quella narrazione epica che chiunque ricerca e fa.

Edoardo Ferrario con il cast di Gialappa's Show.
Edoardo Ferrario con il cast di Gialappa's Show.

Ma Pierpa vive anche da vicino i risvolti dolceamari della crescita dei due sfigati di Pavia. Quali sono stati i dolori del giovane Edoardo?

Ho avuto un’infanzia e un’adolescenza abbastanza felici. I veri dolori li ho affrontati dopo il liceo quando ero all’università: è stato quello il momento in cui ho dovuto fare una scelta, la mia. Mi ritrovavo a studiare una materia che non mi piaceva assolutamente e nella mia testa sapevo di voler fare tutt’altro. Sono stati anni molto duri perché mi sentivo che la mia vita stava andando in una direzione totalmente opposta a quella che sognavo.

Ero alla deriva, mi sentivo smarrito e spaesato. Ma, osservando gli altri, ho capito che ero il solo: tanti altri coetanei come me si sentivano senza rotta. Ed è da quella osservazione che ho iniziato a lavorare ad Esami… per quanto difficili, quelli all’università si sono rivelati anche gli anni che mi hanno formato di più. E, come al solito, prima di far cose belle devi passare per cose difficili: credo che l’abbiano detto i greci, gente più informata di me (ride, ndr).

Si dice spesso che per far ridere un comico debba fare appello alle proprie ombre. Quali sono i tuoi lati oscuri?

Non è che ne abbia molti, anzi… credo di essere una persona abbastanza limpida. Nel mio caso, la comicità nasce dall’atteggiamento di distacco e dalla mancanza di giudizio nei confronti di ciò che ho osservato e continuo ad osservare. Il mio punto di vista sta alla base di ogni spettacolo, dove racconto in maniera divertente quello che vedo.

Qual è stato il tuo più grande incubo, tanto per citare gli 883?

Quello di condurre una vita che non era la mia… era una minaccia che negli anni dell’università sentivo vicina: pur sapendo dove avrei voluto andare, non facevo nulla per arrivarci.

Capacità di osservazione, quindi… quanti Maicol Pirozzi, il personaggio da te creato per Gialappa’s Show, hai incontrato nel tuo cammino?

Mai nessuno prima di imbattermi un giorno su Instagram su 400 mila reel diversi nella mia home di gente che spiegava come diventare milionari in 48 ore seguendo uno dei loro corsi. Riflettendoci sopra, ho dedotto che mi ritrovavo davanti a una delle narrazioni più incredibili dell’oggi, ovvero quella di qualcuno che ti insegna come avere successo immediatamente a un costo che decidono loro.

Il fatto che ci fossero così tanti sedicenti guru mi ha lasciato senza parole: era ed è la manifestazione di quanto oggi sui social ci siano persone disposte a credere a qualsiasi cosa viene loro raccontata senza porsi nessuna domanda o guardare meglio ciò che hanno davanti. Come si fa a credere, che ne so, che un ragazzo con duemila follower, quasi tutti dai nomi esotici e quindi per lo più comprati, possa insegnarti a diventare ricco come lui quando si intravede il letto comprato in una catena di negozi dai prezzi stracciati o la mamma che bussa in camera per portargli i biscotti?

Ma mi ha colpito anche la tenacia con cui costoro fingono e portano avanti la loro narrazione. Ho capito che in fondo a muoverli era la disperazione, oltre al fatto di essere completamente inadatti, bugiardi e incapaci di provare vergogna per loro stessi. Sono la manifestazione della malattia dei tempi che viviamo: non importa che sia vero ciò racconti, basta semplicemente raccontarlo con dieci video al giorno che poi in qualche modo si avvererà… ma solo nella testa di chi ci crede!

Quando la Gialappa’s mi ha chiesto di inventare un nuovo personaggio, non ci ho pensato due volte: sarebbe stato Maicol Pirozzi, il fuffaguru. Non volevo tuttavia che fosse una semplice presa per i fondelli ma che avesse una sua umanità e una sua evoluzione, aspetto che i Gialappi hanno sposato in pieno. Non a caso, dalla prima stagione del programma a oggi, mi hanno dato la possibilità di farlo crescere: dal formato reel dei primi tempi siamo arrivati a Maicol che fa il grande passo e apre una sua società, una S.p.A., una sigla che per lui vuol dire “Solo per Ambiziosi” o, con un’origine latina, “Successo performando arriva”.

Mi sono divertito molto a scrivere i nuovi episodi. Ma mi diverto anche a lavorare con i Gialappi: lasciano molta libertà… sono molto esigenti ma quando apprezzano un’idea ti lasciano spazio per lavorare e scrivere bene. Sono persone di enorme intelligenza e per me lavorare con loro è quel sogno che si è concretizzato: sono cresciuto guardando i loro programmi alla tv e l’idea che oggi commentino i miei video come facevano con quelli che vedevo all’epoca io mi spinge anche a essere più cauto (ride, ndr)!

Ma perché, cercando il tuo nome in rete, Google mi dice che sei il marito di Michela Giraud?

È una cosa meravigliosa di cui nessuno sa l’origine. Abbiamo frequentato entrambi lo stesso liceo classico a Roma (non eravamo però compagni di classe) ma Google si è convinto che ci siamo sposati, dando origine alla prima fake news che parte direttamente dal motore di ricerca.

Cosa potrebbe generarti vergogna?

Prendermi troppo sul serio. Mi imbarazza chi lo fa o chi sbaraglia ciò che ha fatto, chi è o quello che ha. Se un giorno dovessi cominciare a farlo, sopprimetemi!

Cosa vorresti che non si scrivesse di te, non solo dopo quest’incontro ma in generale?

Che sono un gran testa di cazzo perché non corrisponderebbe al vero.

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Edoardo Ferrario (Foto: Federico Tribbioli; Press: Simona Pellino per CZ24 Comunicazione; Abito: Sea
Edoardo Ferrario (Foto: Federico Tribbioli; Press: Simona Pellino per CZ24 Comunicazione; Abito: Seafarer).
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