“Sono le sette del mattino, sono seduto alla finestra e vedo l’alba sorgere”, mi risponde Efrem Lamesta, per tutti EfremsTube, quando mi scuso per il fuso orario che lo costringe a un’intervista che definire mattutina è riduttivo. Quando ancora tutti quanti fatichiamo a capire come ci chiamiamo, Efrem è già pronto a rispondere a qualsiasi domanda o curiosità, senza tirarsi indietro su nulla. “Mi sveglio solitamente abbastanza presto: non sono un animale notturno e, quindi, la sveglia non è un problema. In molti amano dormire fino a tardi ma trovo che la mattina sia per me il momento della giornata che mi dà più energia e mi permette di far cose in tranquillità”.
Per descrivere chi è Efrem Lamesta basterebbe semplicemente guardare uno dei suoi video su YouTube, dove più di 200 mila iscritti seguono le sue creazioni. Cresciuto nella provincia di Cuneo, Efrem Lamesta offre contenuti che niente hanno a che spartire con quelli di chi mette in pericolo non solo la propria incolumità ma anche quella degli altri. Non a caso, il Moige, sempre severo con chi lavora in ambito digital, gli ha attribuito una bella faccina sorridente, qualificando Efrem Lamesta e la sua offerta come “qualitativamente buona, senza elementi trash o contenuti appropriati.
E su questo Efrem Lamesta non ha mai avuto dubbi: è grazie a YouTube che ha scoperto se stesso. E non una volta sola, cominciando nel 2015 come ha modo di raccontarci in quest’intervista in esclusiva.
Intervista esclusiva a Efrem Lamesta
La domanda è d’obbligo: che ci fai in California?
È sempre stato un mio sogno venir qui e vivere in quella che d’inverno è una terra magica: fuori ci sono 25° e si sta benissimo. Lo scorso anno, in questo periodo, mi trovavo a New York e si moriva dal freddo: c’era qualcosa come -15° e mi sono ripromesso che mi sarei spostato in un posto più caldo e così ho fatto. In più, ne ho approfittato per dare vita a un nuovo progetto. Mi son detto: perché non trasferirsi a Hollywood, passarci tre mesi e raccontare tutto ciò che succede durante le mie giornate?
Il proposito era anche quello di avvicinarmi il più possibile al mondo del cinema, un universo che dall’altra parte del mondo appare irraggiungibile. L’obiettivo è quello di farlo in maniera super naturale mostrando aspetti che non sono alla portata di tutti: solitamente sono in pochi quelli che hanno la possibilità di stare tre mesi a Los Angeles, di vivere la città e di sentirla propria. Si arriva da turisti per pochi giorni e si va via, la mia sarebbe stata un’esperienza diversa da documentare: vivere la città non significa visitarla, le suggestioni e le emozioni sono differenti.
Perché Hollywood?
La mia prima esperienza personale è stata con il teatro: mi ha aiutato nella vita a essere più me stesso. Facevo teatro quando andavo a scuola: vivevo le interrogazioni come se fossero uno spettacolo teatrale e solo quando ho cominciato a farlo ho iniziato a raccogliere buoni voti.
Qual è stata il primo aspetto della città che ti ha sorpreso e che non ti aspettavi che fosse così da ciò che magari avevi visto sul web?
Sono tante le cose per cui ho subito uno shock culturale ma già sin da quando ho cominciato a viaggiare tra l’Italia e gli USA. Di Los Angeles, ho scoperto in questi giorni che è la capitale mondiale degli inseguimenti in auto. Basta accendere la tv per ritrovarsi a qualsiasi ora di fronte a qualche rete o telegiornale che trasmette live degli inseguimenti ripresi da un elicottero.
È quasi una roba folla che dall’altro giustifico con l’esigenza che si ha di spostarsi qui in auto, non perché le aree siano effettivamente lontane le une dalle altre ma per la mancanza di collegamenti comodi. Per forza di cose, serve un’auto e di conseguenza aumentano anche i problemi che possono sorgere mentre sei in auto. Erano immagini che ero abituato a vedere sui nostri canali accompagnate da commentatori che ci scherzavano sopra o nei Simpson: stando qui, mi sono invece reso conto di come certe situazioni si verifichino davvero!
Potrebbe essere un ottimo spunto per i tuoi video. Il Moige nella sua classificazione dedicata agli youtuber italiani ti assegna una bella faccetta sorridente, dicendo che i tuoi contenuti sono adatti anche ai bambini o comunque agli adolescenti: “Programma qualitativamente buono, senza elementi trash o contenuti inappropriati”. È un giudizio lusinghiero: secondo te, perché i tuoi contenuti si differenziano così tanto dagli altri?
Non sapevo del giudizio del Moige ma da oggi lo aggiungerò a tutte le mie descrizioni! Tutto quello che ho sempre fatto anche in passato è stato cercare di raccontare me stesso e, quindi, chi sono come persona nella vita di tutti i giorni. È stata l’esigenza che mi ha spinto a creare in maniera del tutto naturale un canale YouTube dove proporre i miei contenuti. Contenuti che hanno subito una virata a causa della pandemia quando, stando chiuso in casa come tutti e sentendo l’esigenza di viaggiare o di uscire, mi è venuta l’idea dei vblog. È stato dopo la pandemia che per sei mesi ho pubblicato giornalmente video che raccontavano il mio trasferimento a New York o i diversi viaggi che facevo.
Ancora oggi, non mi propongo come eventuale guida turistica ma racconto i miei sentimenti e quello che provo giorno dopo giorno. Nel farlo, riporto tutto quello che mi accade, i momenti belli ma anche quelli brutti. Indipendentemente dal viaggio o dalla meta, la mia speranza è quella di poter dare una piccola mano a chi si trova in una situazione difficile. Dietro non c’è nessuna particolare costruzione del personaggio o di un alter ego da mantenere: ci sono io e la mia personalità.
E di mio sono una persona molto tranquilla. Lo sono sempre stato: anche quand’ero piccolo o andavo a scuola, sono mai stato un ragazzo da particolari problemi o robe strane. Sono fatto così come mi vedete e credo che a far la differenza sia stato proprio questo, il voler mettere al centro di tutto la mia personalità e il voler dimostrare che si può essere unici. Ognuno di noi lo è: nessun altro è come te e, quindi, se impari a capire chi sei, poi lo puoi raccontare anche agli altri.
Quando ti sei chiesto chi fosse Efrem?
Diverse volte e ogni volta ho scoperto qualcosa di nuovo. La prima nel 2014, quando ho aperto EfremsTube, il mio canale YouTube. Sono nato in un paesino piccolissimo della provincia di Cuneo, Niella Tanaro. Ci vivevano meno di 900 abitanti e sono cresciuto in una casetta su una collina con niente intorno, in un posto abbastanza isolato. Al di là della scuola, per me era difficile incontrare altri bambini: non ho quindi mai avuto troppi contatti e ho fatto molta fatica a trovare qualcuno che condividesse i miei stessi interessi.
Dopo anni a cercare di conformarmi con ciò che piaceva agli amici che nel frattempo mi facevo, mi sono domandato cosa piacesse realmente a me e come potessi spiegarlo agli altri per essere io stesso più felice. Scoprendo YouTube, ho realizzato che mi piaceva e che, anche se non c’era nessuno intorno a me che avesse i miei stessi interessi, grazie alla piattaforma avrei potuto trovare qualcuno con cui condividerli.
Un secondo momento di autorealizzazione importante è arrivato probabilmente nel 2018, quando mi sono laureato in Comunicazione multimediale all’Accademia di Belle Arti di Cuneo. Avevo finito l’università, realizzavo già i miei video ma inevitabilmente la domanda che mi si poneva era un’altra: che faccio ora di lavoro? L’università è quel periodo della vita di transizione in cui aspetti di capire cosa farai realmente dopo aver terminato gli studi: una volta conclusa, devi realizzare che strada perseguire. ‘E se facessi seriamente lo youtuber?’, mi son domandato.
Di fronte alle tante incognite, ho preparato un business plan. Ho scaricato da Google Immagini un business plan di un’azienda, ho bianchettato cosa c’era scritto sopra e l’ho sostituito con i miei obiettivi, appuntando ciò che volevo fare. E, cosa più importante, mi sono dato sei mesi di tempo per concentrarmi interamente su YouTube. Già nel giro di tre mesi e mezzo il mio progetto cominciava ad ingranare e funzionare, tanto che poi mi sono trasferito a Milano.
I primi video erano degli sketch, poi si sono concentrati sulla tecnologia e dopo sul mondo dei viaggi. Ma costante è rimasta la voglia di essere sempre io al centro di tutto per esplorare le mie passioni e i miei interessi. Pezzo dopo pezzo, video dopo video, ho cercato di capire bene chi fossi fino a quando è arrivata la pandemia. Il ritrovarmi bloccato da solo a Milano, nel mio appartamento, mi ha dato ancora più tempo e possibilità di approfondirmi, di scoprirmi e di capire cosa volessi trasmettere a chi mi segue.
Nel chiederti chi eri, non hai nascosto le tue fragilità. Raccontarle ti è stato d’aiuto?
Tantissimo. Il farlo ha rappresentato per me un sfogo ai momenti più faticosi che affrontavo, come ad esempio nel 2019 la chiusura della mia prima relazione, un lungo legame durato sei anni. Ha preceduto di poco la pandemia e ha segnato l’inizio di un periodo di forti emozioni che però non ho voluto raccontare immediatamente. Dovevo trovare il modo giusto di farlo e l’ho individuato nella musica, un nuovo progetto creativo che si è rivelato per me fondamentale. Prima che chiudessero tutto per la pandemia, ho comprato una tastiera per imparare suonare e poi ho preso lezioni di canto: ho lasciato che le mie emozioni uscissero in musica… YouTube da solo non era il mezzo che ritenevo più adatto in quel frangente. L’ho usato per quello due anni dopo, con una serie di video in cui avevo la giusta lucidità per parlarne.
Sei anni di relazione da giovanissimo: non vuol dire in un certo senso bruciare le tappe?
Sì, assolutamente. Ma, avendo avuto una crescita atipica, non mi sono mai trovato al 100% come invece poi è accaduto grazie alla scoperta di YouTube. Tra le superiori e l’università, ho vissuto un periodo di forte transizione che ha contribuito anche alla rottura. In un certo senso, è anche stato un bene che sia accaduta: mi ha permesso di spostarmi a Milano e di fare tante altre cose. Ripeto, la mia crescita è stata strana: non mai amato ad esempio particolarmente andare a ballare, in discoteca o alle feste in generale…
Crescendo in un paesino da meno di mille abitanti, è stato facile far capire agli altri cosa stessi facendo?
I miei sono sempre stati tranquilli. Ovviamente, all’inizio, mi invitavano a trovare anche un lavoro secondario da affiancare a quello dell’youtuber. E l’ho anche fatto: per diverso tempo, ho svolto piccoli lavoretti, come quello in una catena di hamburger o di videomaker per Clio Make-Up. Si sono rivelati tutti molto utili: anche se non facevo esattamente qualcosa che piaceva a me, mi permettevano di accumulare esperienze che mi permettevano di sviluppare idee per i miei video.
Gli amici e le altre persone del paesino o dei dintorni non hanno mai avuto da ridire. Anche perché, da ragazzo tranquillo, non sono mai stato al centro dell’attenzione o dei pregiudizi. Del resto, non disturbavo nessuno: stavo semplicemente sulle mie a far le mie cose, cercando di raccontare tutto sempre con qualità e con attenzione non solo per la parte visiva ma anche per i contenuti.
Ti sei trasferito a New York un po’ come facevano i nostri emigranti cento e passa anni fa. Loro non avevano alcuna consapevolezza di ciò che li attendeva mentre noi oggi conosciamo, seppur virtualmente, la metropoli. Com’è stato il tuo approdo da giovane italiano di oggi in America?
Tutto è nato casualmente. Durante la pandemia, era nato il desiderio di far qualcosa di nuovo, cercavo di capire quale sarebbe stato il mio prossimo step e di dare un senso al percorso musicale, che non sapevo dove mi avrebbe portato. Jakidale, mio amico anch’egli youtuber, mentre chiacchieravamo mi disse dal nulla ‘Perché non vai a New York?’. Gli Stati Uniti mi avevano sempre ispirato e in passato qualche pensiero da parte c’era anche stato ma la sua frase, gettata lì quasi per caso, mi ha spinto a rifletterci seriamente sopra.
Eravamo nella fase finale della pandemia, i prezzi per il viaggio o gli affitti non erano così proibitivi: si poteva anche fare. Ed è stato lo stesso Jakidale a regalarmi per Natale un volo di sola andata per New York… un viaggio un po’ complesso per via delle disposizioni del periodo: tecnicamente sono stato in Messico per due settimane prima di arrivare negli USA a causa dei blocchi dei voli. Già in quelle due settimane nello Yucatan mi sembrava tutto surreale e incredibile, figuriamoci lo shock che hanno avuto coloro che cent’anni fa arrivavano in America senza aver avuto internet a disposizione.
Il mio primo rapporto con New York è stato di stupore e incredulità. Ero colpito da quel mondo “fuori di testa” che era l’America, soprattutto in quel periodo così incerto e strano per tutti. Ero partito all’avventura, con uno zainetto minuscolo, e ritrovarsi nel posto che avevo sognato per tanto tempo e che mi sembrava lontanissimo era semplicemente pazzesco. Così come pazzesco è stato ritrovarsi a visitare i parchi di divertimento, soprattutto Disneyland… ero lì con le lacrime agli occhi di fronte al sogno che si concretizzava. Sono sensazioni irripetibili, che non so se si ripresenteranno in futuro.
E la città come ti ha accolto?
Sono arrivato senza conoscere nessuno. Il vantaggio di YouTube è che comunque fare un video al giorno crea rumore intorno a te. Qualcuno che mi seguiva, scrisse sotto un video di un noto youtuber americano che mi trovavo a New York e che sarebbe stato interessante se ci fossimo incontrati. Ed io, senza saperlo, nel frattempo mandavo sempre a lui un messaggio: lo seguivo e ritenevo fosse un buon punto di partenza per allargare le mie conoscenze in città.
Dopo qualche ora, mi ha risposto ed è stata per me una sorpresa: in Italia, non capita quasi mai che qualcuno con mezzo milione di iscritti risponda a chi, come me, ne aveva allora meno di centomila. Mi ha invitato nel mio ufficio e il giorno sono andato: è stato lui poi ad avvicinarmi alla città e farmi conoscere altra gente, tra cui Abe, un collaboratore che mi ha fatto quasi da guida… tanto che siamo stati poi per un anno anche coinquilini!
Per quanto sia una città grande e caotica, ho sentito sin da subito grande calore umano: sono stato accolto da New York a braccia aperte, sentendomi a casa in quel grande meltin’ pot in cui convivono tantissime culture e a cui tutti sono oramai abituati.
Si discute molto di responsabilità dei contenuti che si veicolano sia su YouTube sia sui social. Qual è la domanda imprescindibile che ti poni in fase creativa?
La responsabilità è qualcosa di cui ho sempre discusso anche con il gruppo di youtuber con cui sono cresciuto. Per un video, per quanto mi riguarda, al centro deve esserci un’idea che reputo interessante. Quest’idea deve poi lasciar qualcosa, un piccolo insegnamento che resta e diventa parte di chi lo recepisce. La mia domanda è sempre la stessa: cosa posso lasciare con i miei contenuti? Lancio quindi uno spunto senza dire necessariamente come la penso a riguardo. Spesso pongo domande senza una risposta univoca, come se cercassi di dare dei consigli senza darli. Mostro sì la mia scelta ma lascio che sia lo spettatore a fare la sua.