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Elena Tee: “Grazie al mio lavoro ho vinto la solitudine e il disagio” – Intervista esclusiva

Elena Tee
Esperta di bon ton, eleganza femminile e auto miglioramento, Elena Tee si racconta in esclusiva a TheWom.it aprendo la valigia della sua esperienza e del suo percorso di vita, invitando a credere sempre in se stessi anche quando il mondo sembra remare contro.
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Elena Tee è da anni, prima su YouTube e poi sui social, un punto di riferimento per l’eleganza femminile, il bon ton e l’automiglioramento. Con i suoi consigli sulla cura personale sulla consapevolezza di sé e sul sapersi conquistare, ha conquistato i follower giorno dopo giorno, fino a espandere i suoi confini anche al di là dell’Italia. A seguire Elena Tee è soprattutto un pubblico di donne che oggi arriva anche dagli Stati Uniti e soprattutto da Paesi come quelli nordafricani dove essere una donna libera è ancora oggi considerato un tabù.

E se dite a Elena Tee che i suoi consigli sono per donne di altri tempi la risposta (la trovate in quest’intervista in esclusiva) vi sorprenderà. Del resto, chi più di lei, moglie, madre di due adolescenti e imprenditrice di se stessa, può definirsi moderna e contemporanea?

Di origini siciliane ma nata a Milano, Elena Tee (il cui vero cognome è Tarantola ma “suona brutto per le troppe consonanti e non per il ragno”) vive da vent’anni a Firenze, città in cui si è trasferita per amore e che in qualche modo ha contribuito a farla divenire chi è oggi, un’esperta che con onestà e trasparenza non ha mai tradito chi a lei si è affidata. E il suo legame con chi la segue è qualcosa che ha agito in maniera bidirezionale: è grazie al sostegno che ha incontrato online che Elena Tee ha superato un periodo di personalissimo disagio.

Ma a raccontarci meglio cosa le è accaduto e com’è nato il suo impegno è Elena Tee stessa in una delle rare occasioni in cui non si ritrova a parlare da sola davanti a una videocamera.

Elena Tee.
Elena Tee.

Intervista esclusiva a Elena Tee

“Tutto bene, grazie. Sono un po’ emozionata perché mi trovo sempre molto più a mio agio davanti alla telecamera, dove ho sotto controllo tutto”, mi risponde Elena Tee al mio classico Come stai?. La rassicuro subito sulle interviste che sono solito condurre per TheWom.it: la gentilezza prima di tutto e la spontaneità della conversazione, che ha il sapore del the delle cinque.

Sei nata a Milano, vivi a Firenze ma hai origini siciliane…

Mia madre era di Sciacca, in provincia di Agrigento, mentre mio padre era di Camporeale, in provincia di Palermo, un paesino molto piccolo. Nel mio DNA scorre sangue siculo al 100% ma ho visto poco la Sicilia: ci sono stata un paio di volte ma sempre di fretta. Mi piacerebbe davvero visitarla con calma con una vacanza dedicata anche alla riscoperta delle mie origini e della mia discendenza araba, anche se nonno aveva gli occhi verdi ed era biondo, caratteristiche tipicamente normanne.

E immagino che il trasferimento a Firenze da vent’anni oramai sia stato dettato da questioni di cuore.

Quando ho trovato l’amore della mia vita, non me lo sono fatta scappare. Sono stata un’adolescente non dico selettiva ma molto attenta. Ho sempre avuto l’intenzione di trovare per me la persona giusta e definitiva e non avevo voglia di perdere tempo ascoltando gli istinti primordiali. Incontrando quello che sarebbe diventato mio marito, mi sono sentita così tanto a mio agio che il mio sesto senso mi ha indicato che era l’uomo giusto per me. Ci siamo poi sposati e abbiamo avuto due bambine che adesso sono due splendide ragazze di 17 anni e mezzo e 14 anni (Ginevra e Lucrezia). Come dico spesso nei miei video di automiglioramento, ascoltare il proprio sesto senso è una risorsa in più.

Ascoltare il sesto senso è anche sinonimo di autodeterminazione: ti permette di capire cosa vuoi realmente nella vita e non ti lascia prendere sentieri che possono allontanarti dalla meta. Qual è il consiglio più importante che hai trasmesso alle tue figlie per autodeterminarsi?

Ho sempre ricordato loro l’importanza dei valori. Li puoi conoscere o studiare ma se non li senti propri o non li percepisci non possono esserti d’aiuto. La percezione di un valore può essere trasmessa solo tramite le azioni e la loro verità intrinseca. Siamo tutti bravi con le parole ma i bambini imparano guardando molto le azioni commesse dai loro genitori. Quindi, come i miei genitori hanno fatto con me, anch’io in questi anni da madre ho cercato di trasmettere alle mie figlie quei valori che saranno colonne portanti della loro vita, del loro agire, del loro futuro, del loro lavoro e delle loro scelte.

I tuoi genitori sono emigrati da sud a nord per ragioni lavorative, come tante altre famiglie nei decenni scorsi. Niente origini nobili alle spalle: etichetta ed eleganza sono termini che hai dunque imparato crescendo e non come stereotipo vuole perché inculcati dalle origini “blu”.

Ho imparato dopo cosa significassero. Anche se mia mamma aveva già tante nozioni “nobili” da insegnarmi e tanta nobiltà d’animo da trasmettermi. È sempre stata molto attenta, a volte anche davvero troppo, a come mi comportassi quand’ero piccola nelle occasioni “pubbliche”: quando andava a casa delle mie amiche, tutti i genitori erano sorpresi di quanto fossi educatissima. Non avevo certo le nozioni tecniche che posso avere oggi ma l’educazione mi portava a non guardare nei cassetti, a non aprire gli sportelli, a chiedere sempre “permesso”, a dire “grazie” e a stare composta.

Tra le tante cose insegnate da mamma, ce n’era qualcuna che ti dava fastidio o che non sopportavi?

Assolutamente sì e che ancora oggi mi infastidisce: il controllarmi molto quando mangio. Quando ho fame, tendo a mangiare come uno scaricatore di porto! Divento quasi primordiale e ingurgito tutto di fretta, me ne rendo conto e mi devo controllare.

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Quando hai capito nel tuo percorso personale che avresti dovuto occuparti di eleganza femminile, di bon ton e automiglioramento?

L’ho capito dopo una lunga fase di disagio psicofisico: ho attraversato anch’io la mia selva oscura. Il mio passato religioso, la mia giovane età e i cambiamenti che stavano avvenendo tutti insieme nello stesso momento mi hanno fatto vivere una fase in cui non avevo chiaro chi fossi e quali fossero i miei intenti. Ho sofferto in quel periodo anche la solitudine: avevo lasciato le amiche che avevo per trasferirmi a Firenze, dove nonostante avessi una vita sociale (mio marito mi ha sempre coinvolto in tutto) continuavo a sentirmi sola.

Ho avuto una vera e propria crisi e ho capito solo dopo a cosa era dovuta: non avevo mai dato voce alla mia creatività e quindi soffrivo come un cane. Dopo la nascita della mia seconda figlia, la sofferenza mi ha portata a voler fare qualcosa di assolutamente nuovo per me e, se vogliamo, insensato. Assecondando quel sesto senso di cui parlavamo già prima, ho iniziato a registrarmi per vedermi dall’esterno. Ho poi pubblicato i primi video su YouTube nel momento in cui cominciavano a farlo le prime youtuber italiane su modello di quelle americane (che seguivo) per vedere cosa accadeva.

A guidare il tutto era il desiderio di creare un bel gruppo di donne appassionate sugli stessi temi per crearmi nuove amicizie. Per un po’ di tempo, ovviamente, nessuno credeva in quello che facevo e i primi anni non sono stati per niente facili.

Il disagio, quindi, è stato il motore dei tuoi passi. Hai accennato tra le varie forme di disagio a quello dovuto al tuo passato religioso. In che cosa consisteva nello specifico tale passato?

Come tutte le cose, il mio passato religioso ha avuto un lato molto positivo per la mia crescita interiore ma anche un risvolto negativo: sin dalla nascita, mi sono stati inculcati concetti che hanno condizionato molto le mie azioni. Sono nata e cresciuta in una famiglia avventista, rispettosa dei precetti di una religione che nasce negli Stati Uniti e che si è diffusa anche da noi, quella della Chiesa cristiana avventista del settimo giorno che attende il secondo ritorno del Cristo. Sostanzialmente si osserva il sabato come giorno dedicato al Signore e, quindi, quando frequentavo la scuola, avevo una giustificazione speciale per saltare le lezioni e andare in chiesa ad ascoltare il culto.

Ho avuto dunque un rapporto molto stretto con la religione e con la vita della Chiesa. Era un ambiente molto sano e c’era una comunità molto bella con cui relazionarsi da bambini: ero felice di vedere i miei amici, di andare in casa degli altri e di ascoltare tutte le storie bibliche. Mio padre, che era un po’ come il Ned Flanders dei Simpson, creò anche un gioco da tavolo, La Gerusalemme celeste, ed io adoravo tutto ciò, mi piaceva moltissimo.

Crescendo, però, ho iniziato ad arrancare un po’ e ad avere qualche difficoltà. Non perché mi sentissi diversa dagli altri con una religione differente (mio fratello invece ha avuto qualche difficoltà in più di me) ma perché la mia razionalità mi portava a pormi domande che rimettevano tutto in discussione. Ho cominciato allora ad allontanarmi ma ancora oggi ci sono cose che di sabato, il giorno del riposo, non riesco a fare, come ad esempio la spesa o lo shopping. Per diversi anni, mi sono sentita in colpa nell’andare al supermercato di sabato!

Elena Tee.
Elena Tee.

I primi risultati dei tuoi video non erano esaltanti. Cos’è cambiato dopo?

Imperterrita, ho continuato a pubblicare nonostante il mio scarsissimo risultato dell’epoca. Fino a quando qualcosa è cambiato: dopo diverso tempo, mi contattò un’altra youtuber, una mamma di Roma stupenda e dolcissima, e iniziammo a fare video in collaborazione. Ed è in quel momento che iniziò a creare una vera comunità di donne appassionate: si parlava moltissimo, si recensivano prodotti di bellezza, ci si confrontava e ci si dava consigli sugli acquisti.

Erano comunque video di intrattenimento ma allo stesso tempo utili: parlavo, mi divertivo tantissimo nel farlo ed esponevo tutti i miei pensieri, cosa che non potevo fare con le nuove amiche “reali” perché non condividevamo le stesse passioni o interessi. Ho iniziato gradualmente a credere sempre più in me stessa. È stato un percorso lungo e l’identità che ho oggi mi è stata data dal pubblico.

Spesso si tende a pensare che il sapersi comportare e il rispetto delle etichette siano temi di donne di altri tempi, appartenenti a una figura femminile ormai superata…

In realtà, è tutto l’opposto. Sono codici di comunicazione tuttora validi sia per l’uomo sia per la donna. Se fosse per me, coinvolgerei nei miei video anche gli uomini a partire da mio marito ma lui si nega totalmente. Capisco la critica ma, quando mi dicono che sono cose d’altri tempi, la prendo come un complimento. Ed è un complimento perché credo molto nelle donne di altri tempi rivisitate con tutte le possibilità che i nostri tempi offrono. Quella che restituisco è l’immagine di una donna di altri tempi potenziata ed è assolutamente meraviglioso: un fiore che sboccia in tutta la sua eleganza e la sua bellezza può conquistare il mondo, cosa che un tempo non era possibile. Possiamo ora davvero brillare di luce nostra!

Chi non mi conosce, crede che io sia una bigotta o la classica signorina Rottermaier che punta il dito. Assolutamente no. Do semplicemente delle indicazioni gratuite per raffinarsi perché, comunque, la bellezza e l’estetica di un gesto hanno dei canoni oggettivi: tutti riconosciamo un gesto grezzo o elegante.

In 12 anni di attività avrai visto cambiare il tuo pubblico ma anche la comunicazione stesso. Quale dei cambiamenti a cui hai assistito ti fa più paura?

Uno dei cambiamenti maggiori a cui ho assistito riguarda il mio pubblico su YouTube. Parte di esso è composto da donne mature, da signore, e per me è una gioia immensa sapere di avere a 41 anni una persona di 70 che mi segue assiduamente e trova utili i miei video: è un onore assoluto.

Un secondo cambiamento riguarda invece Instagram. Dallo scorso luglio, ho avuto un aumento incredibile di follower internazionali. I miei video sono mimati, non parlo in italiano e quindi raccolgono un bacino di utenza molto ampio.

L’unico timore che posso avere di fronte a questi cambiamenti è legato forse più a Instagram: a volte, non riesco a comunicare come vorrei proprio per le barriere linguistiche ma troverò un modo per riuscire a soddisfare le attese di chi mi segue dagli Stati Uniti, dalla Turchia o dal Nord Africa.

E come ti relazioni con gli haters?

A volte sbaglio nel rispondere. Ma sono veramente pochi coloro che mi attaccano: sono molto felice e soddisfatta del mio pubblico. La soddisfazione assolutamente egocentrica che provo è dovuta al rispetto e alla stima che vedo nei miei confronti anche quando giro per la strada.

Per le ragazze che ti seguono dall’estero, soprattutto dai Paesi in cui la libertà è ancora una chimera, la cura personale, la consapevolezza di sé e il sapersi comportare diventano anche sinonimi di equiparazione di genere e accesso a posizioni a loro vietate.

Sapere di arrivare a loro restituisce un senso diverso a quello che faccio. Il retaggio socioculturale a cui sono sottoposte queste donne meno fortunate di noi che stanno pian piano cominciando a sbocciare si può sconfiggere passo dopo passo anche con piccole nozioni che a prima vista sembrano superficiali ma che fanno parte di un sistema sociale a cui spesso non hanno accesso.

Cosa pensa tua madre di quello che fai oggi?

È molto orgogliosa. Parla molto di me e spesso fa pubblicità a ciò che pubblico.

E le tue figlie?

Sono felici perché mi stimano. Mia figlia maggiore mi dice ad esempio che non potrebbe mai fare quello che faccio io: non sarebbe in grado di sopportare l’idea di dover creare continuamente nuovi contenuti da pubblicare. Essere sempre presente sui social può essere snervante e non fa parte del carattere o della creatività di tutti.

Un must del tuo sito internet è il cosa mettere in valigia prima di partire. Cosa metteresti tu nel bagaglio del viaggio della tua vita?

Sicuramente la salute senza la quale non puoi far nulla. E poi i valori a cui accennavamo prima: la famiglia e l’amore sono tutto ciò di cui avrei bisogno. E sono fortunata ad averli: sarebbe già una valigia bella pesante. Anche se a volte si possono fare anche dei bei viaggi anche da soli: ci sono momenti in cui si ha voglia di non pensare a niente perché, appesantiti o affaticati da ciò che ci accade, si necessita di staccare la spina. In quei casi, sarebbe bello volare via da soli per un po’ di tempo, ritrovare le idee e poi tornare.

Non l’ho ancora fatto ma dovrei farlo: ognuno di noi dovrebbe dedicarsi a se stesso per ritrovare il proprio equilibrio. Basterebbero anche solo poche ore a contatto stretto con la natura, senza quella tecnologia che, utilissima, non ci fa vivere il presente e ci proietta sempre al futuro.

A chi consiglieresti la lettura del tuo libro Consigli da amica?

L’ho scritto principalmente per i miei follower: mi chiedevano di raccogliere in un unico posto alcuni dei consigli che ho dispensato nel tempo. Ma anche a tutti coloro che hanno bisogno di una sorta di educazione psicologica per capire che alcune cose si fanno per noi stessi per vivere la quotidianità in maniera diversa. Il saper vivere il presente e il godere delle piccole cose è un plus per tutti quanti, così come lo star bene anche da soli: vorrei che lo capissero anche le donne delle vecchie generazioni: non sono abituate a far tutto da sole ma occorre impostare la mente al cambiamento. Basta vivere nel passato, guardiamo avanti e godiamoci il presente, vale per tutti.

Elena Tee.
Elena Tee.

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