Emma Galeotti , insieme a Edoardo Gugliarelli, è la protagonista della serie web di Rai Kids, Dove sta scritto, nata per far scoprire la Costituzione in modo nuovo e divertente. In otto brevi episodi su Instagram e TikTok, vengono mostrati situazioni di vita quotidiana in cui i principi della Costituzione non esistono: come sarebbe la vita dei ragazzi e di tutti noi se il nostro domicilio non fosse inviolabile, se non esistesse il diritto allo studio, se lo stato non avesse creato una sanità pubblica, se le comunicazioni non fossero riservate, e così via?
Talento, creatività e dedizione sono le tre parole chiave che descrivono il percorso di Emma Galeotti, popolarissima sui social. Ventenne milanese apparsa anche nel film I soliti idioti 3, Emma Galeotti è diventata famosa come content creator grazie a una comicità e un’ironia che si sono distinte per intelligenza e cultura. Non ha ad esempio faticato a farsi portavoce dei valori della Generazione Z a cui appartiene agli occhi di una classe politica disattenta. Così come non ha mai avuto dubbi sul come metabolizzare e trasformare in chiave divertente situazioni di vita reale, anche drammatiche: la comicità, come ci racconta in quest’intervista in esclusiva, è il suo meccanismo di difesa.
Eppure, c’è stato un periodo della sua vita in cui Emma Galeotti mai avrebbe pensato di dare libero sfogo alla sua creatività e alla sua passione per la recitazione, il cinema, il teatro e la musica. Ed era da adolescente quando, chiusa dentro prigioni mentali non sue, pensava che fossero roba da sfigati. Fortunatamente, crescendo ha maturato un’idea del tutto diversa e ha lasciato che la sua esuberanza, la sua iperattività, trovassero sfogo nei contenuti da lei creati.
Studentessa universitaria ma anche allieva di un’accademia teatrale (versatilissima, tanto da preparare per un esame di ammissione un monologo da Il gabbiano di Cechov), Emma Galeotti si racconta a TheWom.it in maniera inedita, senza nascondersi dietro frasi fatte o risposte di circostanza. E per la prima volta parla del gender gap che esiste nella comicità, dei commenti sessisti che spesso vengono rivolti alle donne sui social, del suo percorso terapeutico e del suo imparare a volersi bene. Rivelandosi un’eccezionale scoperta in termini prima di tutto umani e poi artistici.
Intervista esclusiva a Emma Galeotti
Come ci si sente a essere una comica?
È come se sentissi addosso il peso di quello stereotipo che vuole le donne far ridere meno degli uomini. Quindi, ci tengo a non far brutte figure e a dimostrare che esiste la comicità senza alcuna declinazione di genere.
A proposito di stereotipi legati all’essere donna, è stato difficile per te importi e trovare una chiave per la tua comicità?
Ho iniziato a fare i video in maniera casuale e random, come quasi tutti quelli che cominciano. Non avevo allora nemmeno idea di come le donne comiche vengano prese meno sul serio, anche perché seguivo diverse comiche (ho sempre amato Katia e Valeria) e non mi ero mai interrogata al riguardo. Ho cominciato a notare la differenza di come viene percepita la comicità femminile rispetto a quella maschile soprattutto su Instagram.
Su TikTok, dove ho mosso i primi passi e il creator ha meno importanza del prodotto, pubblicavo con estrema scioltezza. Con i primi reel su Instagram, invece, sono arrivati molti commenti negativi da parte dei ragazzi. Ricordo che c’erano anche delle pagine in cui venivano ripubblicati dei video per prendermi in giro in sostanza: c’era un gruppo probabilmente di adolescenti frustrati che commentavano esclusivamente i video delle ragazze con commenti del tipo “tornatene in cucina”.
Ma, per fortuna, è un trend che è andato pian piano scemando ma mi sono chiesta perché avvenisse e non nascondo di aver provato del fastidio: il mio essere donna non doveva essere un parametro di giudizio. Non li facevo ridere? Era legittimo e più facile da accettare. Ma non far ridere solo perché donna è difficile da digerire: a che te guardi o ascolti un video che interessa se sono maschio o femmina? A scanso di equivoci, è un ragionamento che vale anche quando al posto di offese ricevevo dei complimenti del tipo “sei la prima donna che mi fa ridere” o “sei simpatica per essere una donna”. Che c’entra il mio genere rispetto alla mia simpatia?
Sono stati quei casi a farmi capire che esisteva un divario tra comicità femminile e comicità maschile. In più, prendendo parte a una puntata della docuserie RaiPlay Scialla Italia, ho anche realizzato perché sia difficile per una donna esordire o farsi conoscere come comica. Quasi tutte le serate di comici affermati sono aperte o introdotte a comici “minori” a cui si vuol dare visibilità… e molto spesso sono sempre maschi. Immaginavo che, come in tutti i lavori, ci fossero delle disparità ma non immaginavo che fossero così forti.
Sei ovviamente donna e il tuo aspetto fisico finisce talvolta per essere oggetto di attenzione da parte di commenti che rasentano la molestia vera e propria. Come reagisci di fronte a chi comunque mette in discussione il tuo modo di vivere la femminilità?
Non si tratta in quei casi di semplici commenti indesiderati: un complimento potrebbe anche far piacere ma non di quel tipo. Sono commenti che ti fanno sentire viscida o in colpa: è come se avessi fatto io qualcosa di sbagliato e, per quanto io sia una femminista incattivita e accanita, qualche dubbio nasce. Comincio a pensare per qualche secondo che forse non avrei dovuto vestirmi o pormi in quel modo, che forse me la sono cercata… ma poi mi tiro da sola uno schiaffo per ripigliarmi: non sono io il problema.
Io posso indossare una canottiera perché è estate e fa caldo ma non può diventare per gli altri il focus dell’attenzione rispetto ai contenuti solo perché nella loro testa passa ben altro. Quei commenti ti portano inevitabilmente a guardarti in maniera diversa, facendo nascere in te il timore che si stia guardando solo quello. La sensazione è pari a quella dell’essere spiati con una telecamera nascosta dentro casa, dell’essere scrutata dalla testa ai piedi.
Da dove è nato il desiderio di postare il primo contenuto su TikTok?
Sin da piccolina, adoravo riprendermi e fare video. Il mio gioco preferito era il “facciamo finta che”, un must. Avevo molti vestitini da principessa e in più mi piaceva travestirmi: per quanto ancora non sapessi che cosa fosse, recitare nei panni di qualcun altro era la cosa che più mi divertiva.
Crescendo, invece, mi sono molto chiusa: pensavo che mettersi in mostra fosse una roba un po’ da sfigati, meglio rimanere con un profilo basso e che nessuno sapesse cosa sapevo fare. Il motto era “finché non faccio nulla, la gente non può giudicare”, “non posso fallire se non ci provo nemmeno” è stato il mio mantra negli anni delle scuole medie e in parte del liceo.
La nuova svolta è arrivata innanzitutto grazie a un ragazzo, un mio fidanzato che produceva video per lavoro. Nel vedere quanta passione ci mettesse, ho capito quanto fosse bello e non mi sentivo in imbarazzo a parlarne. E poi molto ha fatto la quarantena. Con la pandemia in corso, ho pensato che saremmo morti tutti (ride, ndr) e che quindi quando sarebbero usciti i video non ci sarebbe stato più nessuno a giudicarmi!
Avevo da poco scaricato TikTok e la sensazione era quella di trovarmi davanti a un’app social più libera di altre perché i video venivano associati meno alla persona che li aveva creati. Non era come Instagram, dove i contenuti venivano subito visti dai tuoi follower: il contenuto su TikTok aveva più spazio rispetto a chi lo pubblicava finendo in un feed destinato a chiunque. Ciò mi permetteva di non preoccuparmi se il Mario della V B che conoscevo io avesse visto il video… poteva vederlo un altro Mario che io non avrei conosciuto mai!
L’unione di questi fattori e la voglia latente che ho sempre avuto di pubblicare mi hanno allora spinta a realizzare un video stupidissimo e a pubblicarlo. E ho cominciato così a divertirmi e a sperare nella viralità.
Perché alle medie avevi paura del giudizio altrui o di esporti?
Frequentavo una scuola molto all’antica. Era un collegio, con studenti che dormivano lì o altri che facevano il cosiddetto semiconvitto. Stavo lì dalle 8 del mattino alle 5 del pomeriggio, indossando un grembiule bianco e vivendo in un ambiente in cui venivi molto giudicata in generale. Probabilmente, anch’io sono diventata una persona giudicante in quegli anni, ragione per cui pubblicare dei video o fare teatro, la cosa che oggi più amo, era visto da me come da sfigati. Per fortuna, con gli ormoni della crescita ho sviluppato qualche sinapsi in più e sono rinsavita. Se tornassi indietro, mi tirerei da sola due schiaffi, anche perché in casa mia si è sempre respirata aria di spettacolo: papà e mamma hanno sempre lavorato nel mondo della televisione, dietro le quinte.
Cosa è cambiato in te nel momento in cui hai visto aumentare i tuoi follower?
Ho iniziato nel 2020 ma fino al maggio dell’anno scorso non è che si facesse granché… non era cambiato molto nella mia vita, solo le battute degli amici (“sta arrivando l’influencer!”). Poi, improvvisamente, è cambiato qualcosa: la gente ha cominciato a fermarmi e a parlarmi. Ma a parte quello si fa fatica a considerare il numero dei follower qualcosa di reale. Vivo la notorietà con un certo distacco, è un po’ un meccanismo di difesa: non mi faccio influenzare dai numeri, ne sono onorata ma non penso di avere chissà quale potere o di essere fighissima.
Non è cambiato il peso della responsabilità dei contenuti che pubblichi?
Quello sì. Quando ti rendi conto del peso o dell’effetto che hai sulle persone, devi essere responsabile. Quando realizzi che esiste svolti la giornata triste di qualcuno perché ti viene esplicitamente detto, hai un peso maggiore sulle spalle. Ed è per questo che cerco tuttora di creare contenuti non seguendo il gusto degli altri ma per me stessa: non è cambiato il mio modo di esprimermi e non penso a cosa può piacere al mio pubblico adeguandomi alle sue aspettative. Io spero sempre che siano i miei follower ad adeguarsi ai miei contenuti.
In tutto questo, sei anche una studentessa universitaria. Come si coniugano le due cose?
Sono iscritta a Economia e Gestione dei Beni Culturali e dello Spettacolo alla Cattolica. Come si coniugano le due cose? Tocchiamo un tasto dolente. Frequento anche un’accademia di teatro e proprio in questi giorni ho il provino per passare dal secondo al terzo anno. Far convivere tutto non è facile ma non per le tante cose da fare: sono sempre stata iperattiva, per me fare cento cose contemporaneamente rappresenta il mio pane quotidiano. Più altro, per una questione di tempo: il lavoro che faccio è un lavoro senza orario che ti tiene occupato mentalmente tutto il giorno.
Da persona creativa, a prescindere dalla pubblicazione o meno di contenuti, non riesco mai a staccare con la testa e di fronte alle soddisfazioni che nel frattempo arrivano non riesci ad aprire un libro per dedicarti alla teoria dei mercati, c’è troppa adrenalina in circolo.
Chi è Emma Galeotti quando spegne lo smartphone?
La stessa di quando lo smartphone è acceso, non cambia molto. La voglia di far video nasce dal fatto di essermi sempre sentita troppo esuberante anche nella vita reale e tutta quell’esuberanza andava in qualche modo incanalata da qualche parte. Ho cominciato con il teatro ma non riusciva a contenere tutta la mia energia. Quella che vedete sui social sono io: sono per me un modo per sfogare la mia esuberanza e la mia creatività. Ma non mi limito ai video: quando non li faccio, mi metto a far canzoni, a suonare, a disegnare… tutte cose che tra l’altro non so fare ma di cui ho bisogno per far uscire la troppa roba che ho dentro.
E poi sono anche una grandissima rompiballe, non è tutto rose e fiori come sembra: ho difficoltà a convivere con me stessa perché vivo tutte le emozioni con grande intensità, non solo quelle positive.
Vivi in maniera amplificata anche le emozioni negative?
Quando hai un milione di idee per la testa, non tutte sono sempre belle. È difficile gestire un flusso di pensieri così abbondante: spesso mi dico da sola che son troppi. Proprio per questo, non ho nessun problema a dirlo, seguo un percorso di terapia dallo scorso ottobre… un percorso che mi ha aiutato moltissimo: vivo nettamente meglio da quando ho iniziato e mi ha cambiato letteralmente la vita. Mentre prima avrei vissuto i momenti tristi con disperazione e al pari di una tragedia greca, adesso provo a capire come trasformare la tristezza e il dolore in qualcosa di positivo e in creatività.
Pian piano sto cercando di aprirmi anche rispetto all’emotività, motivo per cui il mio meccanismo di difesa – ma penso si capisca – è ovviamente la comicità e l’ironia. Mi piacerebbe con i miei contenuti uscire prima o poi dalla mia comfort zone e mostrare sui social anche quel mio lato più nascosto, quello più sensibile ed emotivo.
E come si lega la tua esuberanza con la vita di coppia?
Sono stata fidanzata per tanti anni ma adesso non lo sono da un po’. Ho capito che prima di star bene con qualcun altro devi star bene con te stessa. Nel rapporto portavo tutta la mia pazzia positiva: può essere divertente ma non va più bene quando ci si dà troppo senza avere equilibrio. Il mio più grosso limite era proprio il concedermi totalmente e il dare all’altra persona il potere di ammazzarmi anche solo con una parola. Sto cercando di migliorarmi anche in questo.
Ovviamente, la domanda nasceva dal fatto che la vita di coppia è uno degli argomenti dei tuoi video…
È il mio argomento preferito. Non so perché ma mi piace anche ascoltare i racconti di vita di coppia e mi diverte vedere e capire le dinamiche che si creano. Quando la gente si innamora, regredisce e non ha più il controllo di quello che dice o è veramente. Anche le persone con un carattere fortissimo sembrano o ubriachi fradici o bambini di otto anni. E questo mi fa ridere molto.
E com’eri tu a otto anni?
Sicuramente iperattiva. Quel lato non è cambiato molto ma lo ero più di oggi. Ma ero anche molto felice, anche se mi ponevo già troppe domande… e poi, poveri i miei genitori, avevo un’energia fisica che non ho più, ero logorroica, urlavo, correvo tutto il giorno, saltavo e mi spaccavo tutto. Tornavo sempre con le ginocchia distrutte! Ero impegnativa ma mi divertivo.
Ti spaventerebbe esibirti con un pubblico davanti?
No. Facendo teatro mi è capitato di prendere parte ad alcune produzioni. Quest’anno, ad esempio, a conclusione del percorso dell’accademia teatrale, abbiamo portato in scena Lo Zoo di Vetro di Tennessee Williams al Teatro Leonardo. E ho anche condotto il Genoa Vision, una gara canora tra i licei di Genova. Mi trovo bene su un palco: in quel momento, divento narcisa all’ennesima potenza e mi trovo molto più agio con il pubblico davanti che a casa.
Lo Zoo di Vetro… quindi, riesci a passare dalla comicità esagerata al dramma senza soluzione di continuità?
Penso che nella comicità ci sia la drammaticità allo stato puro. A me piace fare appello alla drammaticità per ridicolizzarla: in quel modo riesco a processarla e a conviverci. Nella comicità ci vedo tutto il dramma della vita: è per me un meccanismo di difesa per evadere da ciò che la drammaticità è e mi fa star male. Non c’è niente su cui potrei non ironizzare ma per farlo devo prima interiorizzarlo.
E il politically correct ti facilita le cose?
La mia è una comicità abbastanza corretta: ho sempre fatto in modo che fosse chiaro il mio pensiero. Quindi, anche quando viene fuori qualcosa in maniera più ironica e pungente non dovrebbe mai esserci il sospetto su quali siano le mie idee o le mie posizioni. Posso far una battuta sulla comunità lgbtqia+, per esempio, ma nessuno potrebbe mai pensare di me che sono omofoba: ho sempre sostenuto e a più riprese la stessa comunità.
Per me, quello che conta è il contesto in cui le cose vengono dette: nel contesto giusto e nella maniera giusta si può far comicità su qualsiasi cosa. Il comico deve essere libero di dire anche le atrocità peggiori ma senza ferire nessuno. Meglio trovar qualcosa su cui ridere tutti insieme appassionatamente che far male.
Chi è Emma Galeotti
Emma Galeotti è uno dei volti italiani più conosciuti su TikTok e Instagram. Studentessa universitaria, è appassionata di cinema e teatro, e si dedica da alcuni anni alla recitazione, passione cui dà sfogo nei video che crea per i suoi seguitissimi account social.
I suoi contenuti spaziano tra temi diversi, dalla vita universitaria al beauty, dagli animali alla vita sociale/di coppia, prendendo ispirazione da situazioni della vita reale, reinterpretate nel suo Tone of Voice sempre ironico, leggero e irriverente.
Tra le sue ultime collaborazioni troviamo la partecipazione a: Manifesto Gen Lombardia per Regione Lombardia, Vagina Academy, progetto digitale dedicato alla salute intima femminile lanciato da Bayer, Scialla, docuserie Rai che racconta il mondo con gli occhi della Generazione Z, Fake or Real, come volto di Rai Gulp campagna ideata per sensibilizzare gli utenti sulle fake news e sulla disinformazione.