Quando si parla di Enula, si evoca immediatamente una dimensione spirituale e profonda, una ricerca interiore che si riflette potentemente nella sua musica. La cantautrice milanese, con il suo nuovo singolo Big Bang (Universal), ci invita a riflettere sulla natura del tempo, dei ricordi e dell'esperienza umana. Big Bang, uscito il 17 maggio, non è solo una canzone, ma una meditazione sull'essenza del vivere nel presente e sull'incessante scorrere del tempo.
"Se non si vive nel presente, tutto si trasforma immediatamente in un ricordo", afferma Enula, sottolineando l'importanza di abbracciare ogni momento della vita. Questo concetto di presenza e consapevolezza è il cuore pulsante del suo nuovo brano. In un mondo dove tutto sembra correre troppo veloce, Enula ci ricorda di fermarci e di percepire il tempo sulla nostra pelle, di vivere ogni respiro come un'opera d'arte.
L'intervista con Enula si apre con una riflessione sulla spiritualità e sulla ricerca di significato. Fin da bambina, Enula ha sentito il bisogno di esplorare il mistero della vita e della morte, domande che ancora oggi alimentano la sua creatività. Big Bang, ad esempio, è una domanda aperta ma anche una riflessione sul paradiso che, secondo Enula, possiamo trovare nella nostra vita quotidiana, senza dover aspettare un aldilà.
Nella conversazione, Enula parla anche della sua evoluzione artistica, delle influenze che hanno plasmato il suo stile unico e della trasformazione sorprendente che Big Bang ha subito durante il processo creativo. La canzone, nata come un pezzo etereo ispirato a Franco Battiato, si è trasformata in un energico brano dance, senza però perdere la profondità del messaggio originale.
Enula ci racconta anche del suo percorso personale, delle domande che l'hanno guidata e delle esperienze che l'hanno formata, rivelando una maturità e una consapevolezza rara. La sua musica, come lei stessa, è un viaggio attraverso le emozioni e le riflessioni, un invito a guardare dentro di noi per trovare le risposte che cerchiamo.
Con Big Bang, Enula ci offre una nuova prospettiva sulla vita e sulla bellezza del momento presente, ricordandoci che la vera essenza di chi siamo risiede nelle nostre esperienze, nelle nostre emozioni e nella nostra capacità di vivere pienamente ogni istante anche se l’attimo dopo è già passato.
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Intervista esclusiva a Enula
“Il femminile va benissimo”, mi risponde Enula quando, come a ogni inizio di intervista, chiedo in quale pronome si riconosce. “Mi piace quest’accortezza e mi piacciono le nuove domande: l’identità di genere è un concetto molto importante e chiedere è rispettoso dell’altro”.
Ci incontriamo a pochi giorni dalla pubblicazione del tuo ultimo singolo, Big Bang. Qual è l’esigenza che si cela dietro alla canzone?
Quando è nata, la canzone era molto diversa da come è ora. Nasceva con una natura abbastanza eterea. Mi ero lasciata inconsciamente ispirare da una canzone di Franco Battiato, Summer on a Solitary Beach, perché da sempre sono legata alla mia dimensione spirituale. Una volta portata in studio, è invece diventata una canzone dance, un passaggio per me molto inaspettato. Al di là di tutto, della ritmica o dello stile che si porta dietro, è rimasto però intatto il punto di vista che, più o meno, volevo restituire perché, fin da bambina, è stato inevitabile chiedermi della vita e della morte.
Big Bang è infatti un po' una domanda in forma indiretta legata al filo sottile che unisce la vita e la morte, una domanda che mi sono sempre posta fin da quando ero molto piccola, da quando passavo le giornate a teorizzare sui due estremi e volevo capire, innanzitutto, chi fossi. E per capire chi fossi, mi chiedevo perché ero nata io.
Nella canzone parlo anche di paradiso: tutti lo vogliono ma nessuno vuole morire. Io stessa, se domani mi capitasse una persona che me lo proponesse, sicuramente sceglierei comunque la vita. Nonostante la prospettiva del paradiso, credo che il vero paradiso sia la vita stessa, per cui dovremmo spingerci ogni giorno ad avvicinarci a noi stessi e a capire chi siamo per comprenderci meglio.
Ti chiedevi cosa fosse la vita o la morte per aver avuto contatto o esperienza diretta con quest’ultima?
No, in realtà non ho mai avuto un contatto diretto con la morte. Però mi veniva naturale chiedermelo: non riuscivo a capire come era possibile che non trovassi risposte in questa terra. Come tutti quanti da piccoli, sono stata battezzata e mia mamma mi ha mandato anche a catechismo, però era come se non mi ritrovassi nelle risposte che ottenevo. Non volevo che qualcuno avesse delle spiegazioni pronte: preferivo semmai chiedermi se le cose che avevo imparato, anche a scuola, erano veramente quelle che sentivo.
E, quindi, ho fatto tutto un percorso facendo delle domande per comprendere come mai il mio sentore fosse totalmente differente da quello che dicevano le religioni. C'era qualcosa che era proprio diverso perché non era didattico, che non si poteva spiegare ma di cui si poteva fare solo esperienza. E io l'ho fatta l’esperienza: non c'è niente di più reale o vero di quello che sentiamo. Ed è stato tramite le domande che mi sono sempre posta che ho capito che non era neanche tanto importante la risposta. L’importante era farsi le domande per fare un viaggio attraverso le possibili risposte. Trovarle, alla fine, era anche indifferente.
Ma questo non ti ha tolto la spensieratezza dei tuoi anni?
Secondo me, è da piccoli il momento giusto per porsi delle domande. Ce le poniamo tutti, magari non ne abbiamo memoria, perché che da piccoli non siamo molto influenzabili: abbiamo una curiosità tale che c'è una grande libertà di scoperta senza le influenze esterne e le credenze radicate che arrivano crescendo dai genitori, dalla scuola e dalla società circostante. È allora che diventa difficile capire se quello che crediamo è frutto dei condizionamenti esterni della nostra verità. Io, invece, sin da piccola ho sentito l’esigenza di avvicinarmi alla verità, non mi interessava altro. Come tuti giocavo o mangiavo il gelato ma guardavo sempre alla profondità delle cose o all’interiorità: è ciò che abbiamo dentro che ci definisce.
In questo lungo percorso di ricerca, cosa ti ha sorpreso scoprire di te stessa in relazione alla vita?
La cosa che mi ha sorpreso di più è che, quando arrivi a un punto in cui pensi di aver compreso qualcosa, solo nel pronunciarla quella cosa già cambia. Non fai in tempo a finire di capire cosa hai imparato che scopri che c'è un altro mondo da scoprire. Quando magari fai un percorso e pensi di essere evoluta, scopri che ci sono altri punti evolutivi da raggiungere e altri viaggi da fare. È un po' il bello della vita: non ci si annoia mai nella ricerca. Quindi, quello che mi ha sorpreso di più è che non si smette mai di imparare, ed è sorprendente ogni volta.
È un po' come quella frase per cui il presente che stai vivendo è già passato.
Esatto, non fai in tempo a dire "ho capito questo", che è già un ricordo. Cambia tutto velocemente, come quando con il vento cerchi di dare una forma a una nuvola: appena l'hai fatto, la nuvola è già mutata.
Fai fatica a vivere il presente?
Sì, è difficile per me perché sono una persona molto mentale: a volte mi perdo nella mia mente e non mi concentro sulle sensazioni fisiche che mi possono riportare al presente. È complicato allinearsi e essere presenti al 100%. È tutto un viaggio per me, anche quando non sono super connessa. Ad esempio, perdo sempre tutto perché sono con la testa tra le nuvole ma, quando capita, il viaggio di ritorno per cercarle mi porta a trovare altro ancora, facendo sì che il mio essere trasognata si riveli funzionale.
E il passato, anche se nessuno di noi ha una concezione oggettiva del passato?
È difficile ricordare qualcosa e avere una prova certa che quel ricordo sia reale e non distorto. La mente distorce i ricordi, perché magari li lega a traumi o paure. Io ho dei vuoti di memoria incredibili relativi alla mia infanzia perché ho vissuto delle situazioni poco carine ma ricordare è importante… non tanto per ricordare cosa abbiamo fatto, ma perché l'abbiamo fatto e perché continuiamo a vivere nel presente con determinate risposte mentali, fisiche e comportamentali. I ricordi sono importanti per capire chi siamo oggi.
Che situazioni hai vissuto?
Vari traumi, alcuni più forti di altri. Ma tutti noi abbiamo vissuto traumi, anche traumi che non ricordiamo e spesso nascono dall’infanzia, dalla famiglia o dai genitori: nel mio caso, un padre che se n’è andato mentre per altri un padre in casa di cui non hanno nemmeno ricordo. O anche un’esperienza dolorosa a scuola: una mia maestra di matematica mi picchiava e lo ha fatto per tre anni.
Simpatica la maestra, eh?
Molto simpatica, sì. Era traumatizzata a sua volta, poverina.
Ma perché la giustifichi?
Assolutamente no, non giustifico ma il suo trauma mi permette di capire perché alcune situazioni si verifichino: la mia esperienza scolastica non è stata positiva, la scuola era così drammatica per me da non volere più andare. Ma anche altre cose che ho vissuto, alcune più forti altre meno, mi portano oggi a ricercare un equilibrio con quello che sono. È importante conoscere tutte le parti di noi, perché possiamo controllare solo ciò che conosciamo.
Sono state un trauma qualche tempo fa tutte quelle pagine internet che dicevano "Ricordate Enula? Ecco come è diventata"?
No, in realtà no. Riesco a vivere certe cose con leggerezza perché semplicemente non mi interessano: so chi sono, anche se non conosco tutta me stessa. Quando vedo determinati articoli o commenti, riesco a volarci sopra. Ad esempio, con l’uscita di Big Bang ho ricevuto commenti poco piacevoli che asserivano che ero diventata una pornostar ma ho evitato di dare seguito e peso a quelle parole: farlo mi porterebbe a essere pesante anche io. Capisco quindi le persone che scrivono o dicono certi commenti perché tutti quanti parliamo dando voce alle nostre paure e insicurezze. E, quindi, provo a capire l'altro per non soffrire io.
Una forma di schermatura, come una crema solare protezione 50…
Esatto: se non capisco e assorbo tutto, sono io che muoio.
Mi colpisce la facilità con cui arrivano i commenti dalle persone, come se non fossi libera di utilizzare il tuo corpo come meglio credi.
Mi chiedo perché una persona si senta in dovere di scrivere certe parole. Se domani mi aprissi un canale porno, perché le persone dovrebbero commentare in modo negativo? La libertà di parola non significa dover per forza esprimere tutto. Non dobbiamo per forza usare la nostra parola come un'arma perché, così facendo, si può ferire l'altro. Non è obbligatorio dire sempre tutto ciò che si pensa e spesso nei confronti dei personaggi pubblicità c’è fin troppa facilità nel farlo come se dall’altra non ci fosse una persona con un cuore, un’anima e le sue fragilità. Apprezzo però i commenti costruttivi, anche se discordi dal mio pensiero: quelli che non accetto sono i pareri che mirano solo a ferire.
L’aver mosso i primi passi in un talent di grande successo, ha comportato poi pressioni psicologiche?
Sì. Io non avrei voluto fare un talent in origine perché desideravo che la mia parte artistica venisse fuori in modo organico. Ma, quando è arrivata quell’opportunità, è stato difficile dire di no. Mi ha certo permesso di fare un’esperienza incredibile e di andare incontro a una grande crescita artistica e umana grazie ai professori e i coach che solitamente non si vedono in televisione ma la convivenza non sempre è stata facile. Ho imparato molto ma, dopo essere uscita dalla trasmissione, mi sono ritrovata da sola. Sì, la scuola mi aveva preparata ma poi dovevo affrontare la realtà. E tra la teoria e la pratica c’è molta differenza.
Tuttavia, nonostante la pressione che sentivo, ho avuto la fortuna di avere alle spalle una casa discografica con un buon team che mi ha sostenuta. Ma mi sono anche aiutata perché “aiutati che Dio ti aiuta” ma ho dovuto anche fare delle scelte difficili per conciliare la mia arte con le richieste dell'industria musicale. Soprattutto, quando ho cominciato il percorso che mi ha portato a esprimere la parte più vera di me anche musicalmente parlando: è brutto da dirsi ma spesso una canzone viene vista solo come un prodotto da consumare.
E io invece credo che l’arte sia un prodotto eterno non consumabile. Ragione per cui, quando mi ritrovo a dover scrivere canzoni che si adattino alle richieste radiofoniche o al sistema musicale di oggi, mi sento un po’ come se mi tradissi e a volte bene non mi fa. Però, si tratta di scelte e di capire cosa voglio io: essere conosciuta e, quindi, far compromessi con me stessa o essere libera di esprimere la mia musica. Ma sono scelte totalmente mie: nessuno mi obbliga a far nulla.
Hai mai avuto paura del fallimento?
Non ho paura del fallimento. Credo che non si possa fallire, ma solo arrendersi. Se non ci si arrende, si può sempre scegliere un'altra via. La musica fa parte di me, quindi non potrò mai fallire. Anche se canterò per tre persone o da sola sotto la doccia, continuerò a scrivere e a fare musica. Ci sono artisti poco conosciuti che ancora vengono ricordati e amati da gente che va a portare loro un fiore sulla tomba. Si tratta di arrivare a chi ti può ascoltare e a chi ha bisogno di ascoltarti, a chi vibra con la tua energia e viaggia con la tua stessa frequenza.
Ancora il concetto di morte: ti spaventa?
Non mi fa paura la morte di per sé, mi fa più paura morire in vita. Voglio vivere fino alla morte, ma non voglio morire mentre sono in vita. La morte è un cambiamento, ma nessuno sa cosa sia veramente. Abbiamo paura di ciò che non conosciamo, del cambiamento o dell’ignoto, ma è solo un'altra cosa da scoprire.
Enula in 'Addio al nubilato 2'
1 / 4Hai fatto una scelta curiosa l'anno scorso: hai scritto la colonna sonora di un film per cui hai anche recitato, Addio al nubilato 2.
Sì, amo il cinema e la recitazione. È stata per me un'esperienza nuova e affascinante vedere come si crea un film. Il primo giorno di set ero confusa, ma la troupe e il cast mi hanno accolto come una famiglia. È stato molto bello e spero di poter recitare ancora.
E tra l’altro c’è un’altra forma di scrittura all’orizzonte.
Sto scrivendo un libro. È in fase di creazione, un romanzo sì di fantasia, ma ispirato a me stessa. Parla di rivoluzione, della dualità insita in ognuno di noi e di un personaggio che deve affrontare un viaggio sia materiale che interiore. C'è molta spiritualità, psicologia e il tema della vita e della morte che ritorna.