Ero in guerra ma non lo sapevo, il nuovo film di Fabio Resinaro al cinema come evento per tre giorni (24, 25 e 26 gennaio) per 01 Distribution, è un’opera di straordinaria raffinatezza. Diciamolo immediatamente per non lasciare adito a dubbi. Innanzitutto, perché non è un film politico in senso stretto. E, subito dopo, perché è magistralmente cucito addosso al personaggio centrale della storia, Pierluigi Torregiani, assassinato a Milano nel 1979.
Prodotto dalla Eliseo di Luca Barbareschi, il film Ero in guerra ma non lo sapevo è tratto dall’omonimo libro scritto da Alberto Dabrazzi Torregiani e Stefano Rabozzi. Alberto Torregiani è il figlio di Pierluigi. Rimasto ferito in maniera grave durante la sparatoria che ha spezzato la vita del padre adottivo, Pierluigi è uno dei sopravvissuti a una tragedia che nella memoria collettiva è ricordata sempre con grandi zone d’ombre.
chi era PIERLUIGI TORREGIANI
Ero in guerra ma non lo sapevo, il film evento in uscita il 27 al cinema e il 16 febbraio in prima serata su Rai 1, ripercorre i 25 giorni che hanno portato alla morte di Pierluigi Torregiani.
Per chi non lo sapesse, Pierluigi Torregiani era un gioielliere che ha pagato caro la decisione di difendersi una sera da una rapina nella Milano degli anni Settanta, segnata dalla malavita e dai tumulti dei giovani comunisti, che non esitavano a ricorrere a metodi più estremisti che estremi.
Abile venditore, dotato di una capacità unica di imbonitore televisivo, Torregiani aveva con la moglie Elena adottato i tre figli della donna che aveva conosciuto quando si era ritrovato in un ospedale a lottare contro un tumore ai polmoni.
Il giustiziere di Milano
Senza essere un santino, il film Ero in guerra ma non lo sapevo segue da vicino le tribolazioni di Pierluigi che, appartenente alla classe borghese della Milano in rapida espansione, si ritrova da un giorno all’altro a vivere un lockdown imprevisto. La sua quotidianità, fatta di orologi da aggiustare, gioielli da vendere e figli da accontentare, viene stravolta una sera da un tentativo di rapina a mano armato mentre cenava a cena con amici e la figlia Marisa a un ristorante di piazza Venezia.
L’evento, che di per sé increscioso, è reso ancora più drammatico dal suo epilogo. Di fronte a una pistola puntata in faccia a Marisa, Torregiani reagisce scatenando una sparatoria che culmina nell’uccisione di uno dei banditi. Da quel momento, per la stampa diventa il “giustiziere” di Milano per aver difeso la cosa più preziosa che era con lui, la figlia. I giornali, soprattutto di sinistra, sguazzano nel dipingerlo come un uomo di destra che, come un Charles Bronson qualsiasi, si fa giustizia con le proprie mani.
Una vita sconvolta
A nulla servono le rettifiche nelle pagine interne. La foto di Torregiani in prima pagina rende ineluttabile il destino della famiglia Torregiani. La paura, i timori e la dignità di Pierluigi nel film Ero in guerra ma non lo sapevo piombano sull’intera famiglia.
Colpiscono Pierluigi come colpiscono la moglie Elena, la prima a capire quali sono i pericoli a cui il marito può andare incontro. Le trasmissioni radio dei giovani comunisti le hanno insegnato come talvolta il desiderio di cambiare il mondo si traduca in malsana ossessione. Non conta il colore politico: nero o rosso che sia, non cambiano le derive.
Pierluigi prende pian piano coscienza dell’inferno in cui è piombato. Il suo travaglio interiore è amplificato dal sentirsi un leone in gabbia. La scorta decisa dal commissario Giardino limita ogni suo spazio e comincia a far rallentare quell’orologio, quel tempo che segna la sua esistenza. Se non consideri il tempo, questo sfugge, è la sua filosofia. Lo sappiamo tutti noi che con la parola lockdown e con l’isolamente abbiamo imparato a convivere. Da invincibile, Pierluigi pian piano cede alla sconfitta, al furto di quella vita che non riesce a salvaguardare.
A pagare gli inevitabili sbalzi d’umore del padre sono anche i tre figli adottivi: Marisa, Alberto e Anna. Tre ragazzi che a un certo punto della storia arriveranno ad avere il rimpianto di essere stati adottati. Le lor psicologie sono tratteggiate delicatamente. Basta uno sguardo, un movimento della camera da presa o una semplice linea di dialogo, a far emergere ognuna delle loro personalità, con sogni infranti e speranze disattese.
La prova del regista
Con Ero in guerra ma non lo sapevo, il regista Fabio Resinaro raggiunge una maturità artistica coltivata film dopo film. Se l’esordio con Mine e la conferma con DolceRoma avevano reso il suo nome interessante, è con Appunti di un venditore di donne che Resinaro ha mostrato di sapersi muovere tra film di genere e la creatività artistica.
Con Ero in guerra ma non lo sapevo compie un ulteriore passo avanti. Si fionda nel clima della Milano a mano armata, tanto per citare uno dei titoli in voga negli anni Settanta, per restituirci con le immagini, coscientemente seppiate, le emozioni e le percezioni di chi quel contesto lo ha vissuto. La regia non si scolla un momento da Torregiani. Ce lo mostra come gioielliere, come padre e come uomo, con il suo punto di vista interno. Da orologiaio esperto, per usare la metafora che accompagna il film, Torregiani finisce con il non capire più gli ingranaggi che lo circondano.
Gli attori
Ma Ero in guerra ma non lo sapevo non sarebbe il film che è se non avesse in Francesco Montanari il suo protagonista. Nei panni di Torregiani, Montanari dimostra di saper cambiare registro da una scena all’altra facendo appello a ogni aspetto della recitazione. Prossemica e cinesica diventano parte integrante delle battute scritta dalla sceneggiatura che Resinaro ha scritto con Mauro Caporiccio e Carlo Mazzotta.
Non è da meno la prova magistrale di Laura Chiatti, che con Elena ha uno dei ruoli della sua vita. Defilata, di poche parole e non sottomessa come un primo sguardo veloce farebbe pensare, Elena non è mai assalita dalla voglia di andare via o di defilarsi. Anzi, tenta in un ultimo disperato tentativo di salvare Pierluigi con la consegna di una delle sue lettere dattiloscritte ai giornali.
Credibile, come sempre, Piergiorgio Bellocchio nei panni del commissario Giardino mentre sono una sorpresa i tre giovani attori chiamati a interpretare i figli dei Torregiani: Juju Di Domenico, Alessandro Tocco e Maria Vittoria Dallasta.