Federica De Benedittis, giovane attrice romana apprezzata per il suo talento e la sua versatilità, si trova attualmente a Senigallia per le riprese della nuova serie tv di Canale 5, Alex Bravo – Poliziotto a modo suo, con Marco Bocci. Nonostante l’atmosfera vivace creata da un grande evento europeo che coinvolge artisti e motociclisti appassionati di Harley Davidson, Federica ha trovato il tempo per parlarci del suo ultimo progetto cinematografico, il film Il mio regno per una farfalla, una commedia romantica diretta da Sergio Assisi, in cui interpreta il personaggio di Anna, colei che fa innamorare il protagonista.
Il ruolo di Anna rappresenta una svolta significativa nella carriera di Federica De Benedittis. Nel film, interpreta un'entomologa affascinata dalla natura e dagli insetti, in particolare dalla ricerca della rara farfalla Imperatrice. “Anna è un personaggio molto interessante. È una persona leggera, ma non frivola: è una sognatrice ma ha una profondità che deriva dalla sua passione per la natura e per gli insetti,” spiega Federica De Benedittis, sottolineando come questo ruolo le abbia permesso di esplorare nuove sfaccettature della sua recitazione.
Federica De Benedittis ci parla con entusiasmo della sfida di lavorare in Alex Bravo – Poliziotto a modo suo, un genere completamente nuovo per lei che deve gran parte della sua notorietà alla soap Il Paradiso delle Signore: “Mi sono trovata a lavorare in situazioni molto dinamiche, con inseguimenti e sparatorie, qualcosa che non avevo mai fatto prima. È stata una sfida enorme, ma anche molto gratificante”. Questo cambiamento di ritmo le ha richiesto una preparazione fisica e mentale, ma le ha anche dato l'opportunità di crescere professionalmente.
Oltre al successo sul set, Federica De Benedittis ha recentemente festeggiato un traguardo personale importante per la sua vita personale: il matrimonio con l'attore Giulio Corso, con cui ha avuto il suo primo figlio. “La maternità mi ha portato tanta fortuna. La definisco fortuna ma in realtà potrebbe anche essere un po’ di maturità in più nella mia vita ma anche nella mia esistenza come attrice”, riflette, evidenziando come questo nuovo capitolo della sua vita abbia influenzato positivamente la sua carriera.
Nonostante i numerosi impegni, Federica De Benedittis rimane concentrata sui suoi obiettivi e sulle sfide future. Il suo percorso professionale, dalla danza alla recitazione, è un esempio di dedizione e passione per l'arte.
Intervista esclusiva a Federica De Benedittis
“Sono a Senigallia per le riprese della serie tv di Canale 5 con Marco Bocci, Alex Bravo – Poliziotto a modo suo ma in questi giorni c’è un grande evento con tantissimi artisti e motociclisti con le loro Harley Davidson che rende tutto un po’ più complicato”, mi risponde Federica de Benedittis quando la raggiungo telefonicamente per parlare di Il mio regno per una farfalla, il film di Sergio Assisi di cui è protagonista. “Si tratta di un evento a livello europeo, quindi si può ben immaginare il caos, anche se è sempre interessante vedere così tante persone riunite per una passione comune”.
È la prima volta che ti cimenti tra l’altro in una serie tv poliziesca.
Un genere completamente nuovo per me. Mi sono trovata a lavorare in situazioni molto dinamiche, con inseguimenti e sparatorie, qualcosa che non avevo mai fatto prima. È stata una sfida enorme, ma anche molto gratificante. Interpretare un personaggio in un contesto così adrenalinico mi ha permesso di esplorare lati della mia recitazione che non avevo mai sperimentato.
Di solito, sono abituata a ruoli più leggeri o romantici, quindi questo è stato un bel cambio di ritmo. Ho dovuto prepararmi fisicamente e mentalmente per questo ruolo, imparando ad affrontare scene di azione e a utilizzare correttamente le armi di scena. È stata una sfida che ho accolto con entusiasmo, e credo che mi abbia permesso di crescere molto come attrice.
Nel frattempo, però, possiamo vederti al cinema nel ruolo di Anna nel film Il mio regno per una farfalla. Chi è Anna dal tuo punto di vista?
Anna è un personaggio è molto interessante. È un’entomologa, una dottoressa con una passione per gli insetti, non ho mai incontrato qualcuno che condivida i suoi stessi interessi (ride, ndr). È una persona leggera, ma non frivola: è una sognatrice ma ha una profondità che deriva dalla sua passione per la natura e per gli insetti e trovo che ci sia qualcosa di molto poetico e bello in ciò. Il fatto che lei arrivi a Ischia non per cercare l'amore o la grande rivoluzione della sua vita, ma semplicemente per seguire una farfalla rara, parla molto del suo carattere. È determinata e appassionata, qualità che ho cercato di portare alla luce nel mio ruolo.
Che tipo di farfalla sta cercando il tuo personaggio?
Una farfalla imperiale, la più bella che si possa pensare. Nella sceneggiatura, la farfalla che il mio personaggio sta cercando è simbolica, rappresenta la bellezza e la ricerca di qualcosa di raro e prezioso. Mi è piaciuta molto questa idea. La cosa bizzarra è che quando mi hanno parlato la prima volta della sceneggiatura non si tirava in ballo Ischia ma Guadalupa. Nel capire dove fosse, ho fatto le mie ricerche su internet e ho scoperto che Guadalupa è proprio un'isola a forma di farfalla. Mi è sembrato un segno del destino!
“Il mio regno per una farfalla”, si ritrova a dire il personaggio di Assisi nel film. E tu quando lo hai detto?
Sicuramente quando sono stata presa alla Silvio D’Amico: l'Accademia ha giocato un ruolo fondamentale nel mio percorso ed entrarvi ha rappresentato un momento cruciale per me, un tutto per il tutto. Ho messo anima e cuore al servizio dei provini di ammissione: per me, recitare rappresentava una novità, sapevo che superarli mi avrebbe potuto cambiare la mia vita e ho trascorso l’intera estate a prepararli.
E non il matrimonio, una scelta coraggiosa di questi tempi per una giovane coppia?
Quando si è innamorati, quello è il traguardo naturale. Ma in quel caso non ho dovuto fare nessuna rinuncia: in fondo, era il coronamento di un amore, la sua celebrazione.
Dal matrimonio con Giulio Corso, anche lui attore, è nato il tuo primo figlio. Non hai mai pensato che la gravidanza potesse essere un ostacolo per la tua carriera?
Chiaramente, la paura c’è stata: quanto tempo mi dovrò fermare? Quanto impiegherò a ritornare su un set? Condizionerà il mio percorso? E, invece, la maternità mi ha anche portato tanta fortuna. La definisco fortuna ma in realtà potrebbe anche semplicemente essere un po’ di maturità in più nella mia vita ma anche nella mia esistenza come attrice, portando anche gli altri a vedermi in maniera diversa: ho sentito una crescita interiore che si è riflessa nel mio lavoro. È dopo la nascita del piccolo che mi sono capitate delle bellissime occasioni che prima non c’erano state. Si dice che i bimbi portino fortuna, no? Ed io a nove mesi dal parto sono partita per un lavoro in Brasile, ad esempio, un’occasione che nonostante le difficoltà ho colto perché unica e incredibile.
Beh, solitamente l’avere un figlio fa scattare in automatico un meccanismo per cui non ti si chiama più per i ruoli da protagonista ma da mamma, sorella, zia e via di seguito.
Ho 33 anni ed esteticamente, purtroppo e per fortuna, ne dimostro ancora meno, ragione per cui non riuscirei ancora a ricoprire quei ruoli da donna adulta che contemplano certi meccanismi. Ma così come non potrei competere con le vere diciottenni per una di quelle serie teen che vanno molto di moda ultimamente. Sono in quella che viene definita un’età di mezzo, quella dei ruoli da giovane donna, come in Il mio regno per una farfalla, dove Anna non è di certo una ragazzina ma una giovane donna, appunto, già laureata e avviata alla professione. Anche in questo caso, credo che la maternità abbia giocato la sua parte.
Hai cominciato a studiare e praticare danza già a cinque anni. Cosa ti ha spinto poi verso la recitazione?
Avendo praticato danza e frequentato il mondo del teatro, avevo capito che mi piaceva molto esibirmi davanti a un pubblico per trasmettergli e regalargli emozioni: lo studio, tanto, era finalizzato a quello. Non amo quegli spettacoli che sembrano parlare solo agli addetti ai lavori: il bello del mio mestiere consiste proprio nel comunicare qualcosa alla gente. La danza mi permetteva di farlo attraverso il corpo ma un giorno mi sono chiesta che cosa sarebbe venuto fuori se avessi aggiunto anche la voce, mettendo al servizio dell’arte la totalità di ciò che sono.
La scintilla è scattata quando stata scelta per uno spettacolo in cui, oltre a far parte del corpo di ballo, avrei dovuto pronunciare qualche battuta. Sono stata affiancata da un attore incredibile di teatro che ci faceva da coach, Carlo Ragone, e le sue lezioni sono state quel quid che mi hanno fatto definitivamente appassionare alla recitazione. È stato a lui che ho chiesto dove potessi continuare la formazione e quali scuole si frequentassero per diventare dei veri attori. E per frequentarne una ho lasciato la facoltà di Economia.
Ma hai puntato in alto, la Silvio d’Amico…
Sì, perché il suo diploma è considerato al pari di una laurea, per la storia e la credibilità che la scuola porta con sé. Anche per la mia famiglia rappresentava una sorta di garanzia: “nostra figlia lascia Economia per andare a fare qualcosa di altrettanto concreto”. I miei sono del tutto avulsi al mondo dello spettacolo e puntare alla Silvio D’Amico era la mia carta vincente.
Non temevano i tuoi genitori la precarietà del percorso che stavi intraprendendo?
Vedevano più il forte desiderio che mi spingeva a prepararmi per essere ammessa. L’estate precedente i test ho studiato molto e preso altrettante lezioni: partivo dal non sapere nulla, avevo persino inviato la candidatura il giorno di scadenza del bando mentre mi trovavo in Puglia e dovevo preparare un dialogo, un monologo e una prova di movimento da sottoporre ai selezionatori. Mi sono data da fare, in poche parole: ho trascorso il tempo a studiare con un attore, diplomatosi all’Accademia, e mi sono presentata davanti alla Commissione. Spesso mi chiedo cosa avranno visto in me: forse hanno avuto la capacità di vedere lontano, percependo il talento in nuce.
Recitare ti permette di aggiungere voce al corpo. Che rapporto hai con il tuo corpo?
Ho praticato danza per molti anni e non ho mai subito pressioni per la mia forma fisica, non ho mai avuto insegnanti che stavano a misurare i centimetro. Anche perché sono del parere che bisognerebbe lasciare che le bambine o i bambini diventino adolescenti per capire se vogliono veramente diventare dei ballerini professionisti: ecco perché vanno lasciati liberi di viversi con serenità il rapporto con la propria fisicità.
Sono stata quindi un’adolescente che cresceva così com’era e non avevo di certo il fisico della ballerina classica, ragione per cui con il corpo ho sempre avuto un rapporto un po’ conflittuale che si è acuito poi durante gli anni dell’Accademia per via del confronto con le compagne. Eravamo delle giovani inesperte che vivevano in una specie di bolla e all’attenzione che riversavamo all’essere magre, carine e in forma, era a volte destabilizzante.
È stato solo terminando gli studi che ho preso nuova consapevolezza: ho smesso di nutrire certe preoccupazioni. E, in maniera quasi ironica, è stato allora che ho trovato la mia forma in modo semplice ed efficace: paradossalmente sono più magra oggi che quando mi imponevo di stare a dieta. Ho capito che l'importante è essere in salute e sentirsi bene nel proprio corpo anziché conformarsi a standard irrealistici.
E durante la gravidanza?
La gravidanza è stata un momento molto bello e sereno per me. Ho avuto la fortuna di avere una ginecologa, mia amica dai tempi delle scuole elementari, che mi ha seguito con molta attenzione. Mi ha aiutato a mantenere un peso sano durante la gravidanza, e questo mi ha permesso di tornare in forma abbastanza rapidamente dopo il parto. Certo, il corpo cambia, ma ho imparato a valorizzare questi cambiamenti e ad accettarli come parte della mia nuova identità di madre: ne vale della propria salute mentale. La gioia di avere un bambino supera di gran lunga qualsiasi preoccupazione estetica.
Il mio regno per una farfalla: Le foto del film
1 / 16A proposito di salute mentale, ti abbiamo vista in Phobia, un film in cui l’argomento è centrale.
Penso che la salute mentale sia tanto importante quanto quella fisica. È fondamentale prendersi cura della propria mente e non esitare a cercare aiuto se necessario. Personalmente, non ho mai sentito il bisogno di andare da uno psicologo, ma se dovesse accadere, non avrei nessuna difficoltà ad accettarlo. Credo che sia un segno di forza e maturità riconoscere quando si ha bisogno di aiuto.
La maternità e la mia carriera mi hanno insegnato che ci sono momenti in cui ci si sente stanchi e sopraffatti, ed è importante saper chiedere supporto: fortunatamente ho una bella squadra che mi supporta… le nonne e mio marito mi aiutano molto perché chiaramente voler fare l’attrice ed essere mamma non è semplice, ne conseguono tante rinunce anche nei confronti di se stessa.
Come hai vissuto il periodo in cui interpretavi Roberta nella serie tv Il Paradiso delle Signore?
È stato un periodo intenso, passavo più tempo sul set che a casa. Era un'esperienza totalizzante, che mi ha assorbita completamente. Interpretare Roberta è stato meraviglioso, ma anche molto impegnativo. Stavo talmente tanto sul set che, a volte, mi sembrava di vivere più la vita del mio personaggio che la mia: era una sorta di immersione totale nel suo mondo. Era faticoso, ma anche estremamente gratificante: credo che ogni attore si affezioni al proprio personaggio e cerchi di difenderlo e interpretarlo al meglio.
È su quel set che hai conosciuto tuo marito?
No, ci conoscevamo già dall’Accademia. Sfatiamo la leggenda secondo cui ci siamo innamorati sul set: quando ci siamo sposati stavamo insieme già da sette anni (ride, ndr).
È facile per due attori, che si presuppone avere due grandi personalità, stare insieme?
Divertente, direi. Ci si scontra anche diverse volte ma fondamentalmente ci si capisce: la vita dell’attore non può essere compresa in pieno da chi fa un altro mestiere. Sembra un luogo comune ma è la realtà, te ne rendi conto anche dalle piccole cose: sei sempre in viaggio, hai a che fare con tante persone che ti vedono anche come un punto di riferimento e devi andare oltre a certe dinamiche come possono essere quelle legate alla gelosia. Un bacio per esigenze sceniche, ad esempio, non ha alcun valore: sul set, siamo talmente impegnati a stare attenti alle battute, alle espressioni, al trucco, alla pettinatura o alle luci che quel bacio è semplicemente qualcosa di tecnico davanti ad altre 50 persone che ti osservano.
Cosa ti spinge a presentarti a un provino anziché a un altro?
La voglia di cimentarmi in qualcosa di nuovo e stimolante. Il ruolo che sto interpretando nella serie con Bocci segue questo desiderio, lo avevo espresso tra i propositi del nuovo anno e si è concretizzato. Sognavo di interpretare una poliziotta ed è stimolante vedermi impegnata in azioni rocambolesche che mi permettono anche di vedermi in maniera diversa e di migliorarmi come attrice. Purtroppo, il problema del cinema e della televisione italiana è l’ingabbiamento in certi ruoli: se hai funzionato con un personaggio, ti proporranno sempre quello. Alex Bravo, per certi versi, è la mia risposta al Paradiso: mi servirà per togliermi di dosso quell’immagine così tanto amata ma che, come attrice che ambisce alla versatilità, mi sta stretta.
Cosa ti spaventa di più nel tuo lavoro?
Di primo acchito, direi nulla se di base ci sono preparazione e le condizioni, anche meteo, ideali per girare. Pensandoci, però, forse mi spaventa il giudizio degli altri ma molto di più il mio: sono molto autocritica.
Insicurezza o sindrome dell’impostore?
Entrambe le cose. Per l’insicurezza, ogni tanto faccio auto training: ho frequentato l’Accademia, ho fatto tanti anni di teatro, mi sto costruendo il mio percorso piano piano con tanto sforzo e tanta fatica, e quindi forse mi merito di essere qui (sorride, ndr). Sono comunque insicurezze costruttive che mi spingono a fare sempre meglio, a continuare a ricercare, a studiare e a guardare il mondo esterno con attenzione per poi portare verità sullo schermo. Aiuta molto guardare anche i colleghi bravi in azione e imparare da loro.
Hai qualche esempio di attore da cui hai imparato molto?
Sto lavorando con Marco Bocci, che di poliziotti se ne intende. È un attore bravissimo e imparare da lui solo osservandolo in azione è molto stimolante. Guardarlo all'opera mi ha insegnato molto la sua esperienza nel genere e la sua bravura sono fonte di ispirazione per me.
Cosa ti preoccupa del giudizio altrui sul tuo lavoro?
Che si dicesse che non lo faccia in maniera onesta, senza metterci tutta me stessa o senza dare il meglio delle mie possibilità. Spesso la gente dimentica che il risultato di un prodotto non dipende solo dal singolo attore: è il frutto di un lavoro di squadra. Non è una frase che mi deresponsabilizza ma è chiaro che sia così.
Mi preoccupa il giudizio degli altri ma sono anche consapevole di come non si possa ascoltare o accontentare tutti. Viviamo in un’epoca in cui ci sarà sempre chi avrà qualcosa da obiettare anche in maniera poco costruttiva e, quindi, mi limito a dare peso al commento delle persone intorno: mi basta che mia madre mi dica che sono stata bravissima. Tra l’altro, tutti noi attori dobbiamo fare i conti con una certa realtà: se interpreti un personaggio positivo, tutti ti amano mentre altrimenti sono tutti pronti a criticarti. Sarebbe bellissimo che la gente capisse che per un attore interpretare un personaggio negativo è catartico.
Tuo figlio ha capito che lavoro fanno i suoi genitori?
È ancora piccolo, ha meno di due anni. Ma è già stato in molti teatri con me e mio marito, e sembra divertirsi molto quando recitiamo storie per lui. Cerchiamo di spiegargli cosa facciamo, anche se è complicato. È venuto sul set un paio di volte, ma cerco di tenerlo lontano per non distrarmi troppo. Però mi piace pensare che stia crescendo in un ambiente creativo e stimolante.