Dal palco alla strada è il percorso scelto da molti degli artisti presenti al Ferrara Buskers Festival, come ci conferma Rebecca Bottoni, Presidente dell’associazione Ferrara Buskers Festival nel corso di quest’intervista esclusiva, o la presenza di performer come Ambra Marie. Dal lontano 1988, le strade della cittadina di Ferrara si colorano di musica e arte per accogliere i migliori buskers provenienti da tutto il mondo, senza alcuna distinzione di genere, identità, religione o ideologia. E tra questi ce ne sono tanti che il successo mainstream lo hanno conosciuto, scegliendo poi di ritornare per strada. Quella dei buskers è una filosofia di vita e d’arte che esula dai riflettori: si fa arte per il gusto di farla e non per guadagnare copertine o followers.
Anche quest’anno, dal 23 al 28 agosto, il Ferrara Buskers Festival ospiterà ben 24 gruppi invitati e 99 gruppi accreditati di musicisti e artisti di strada nel nome della spensieratezza. Dopo due anni particolarmente difficili a causa del CoVid, il Ferrara Buskers Festival trasformerà le strade e le piazze del centro storico di Ferrara in un’oasi buskers, fatta di convivenza, rispetto e attenzione per l’ambiente.
Amato da artisti come Lucio Dalla e Gianna Nannini, il Ferrara Buskers Festival è nato dalla semplice intuizione di un fabbro ferrarese e si è trasformato in un evento internazionale, in grado di richiamare l’attenzione di artisti dagli angoli più disparati del pianeta. Essere a Ferrara per loro rappresenta una tappa imprescindibile, un traguardo che tutti vogliono raggiungere. Ma organizzare un festival come quello dei buskers a Ferrara non è semplice, soprattutto quando i fattori da prendere in considerazione sono tanti e i fondi a disposizione non molto.
Ne abbiamo parlato con Rebecca Bottoni, ex calciatrice e figlia di colui che il Ferrara Buskers Festival lo ha fondato, contro tutto e contro tutti.
INTERVISTA ESCLUSIVA A REBECCA BOTTONI
Che cos’è il Ferrara Buskers Festival?
Il Ferrara Buskers Festival è un festival dedicato ai musicisti di strada, che poi in realtà si è ampliato a tutti gli artisti di strada. È il più antico e il più grande del mondo, almeno a quanto ci risulta.
Nasce dal 1988 e da allora si è evoluto parecchio, così come si è evoluta la percezione della figura dell’artista di strada. Come hai visto cambiare il Festival in questi anni?
Ogni tanto mi soffermo a pensare come poteva essere fare un festival nel 1988 quando il mondo era totalmente diverso da com’è oggi. Anche la sola organizzazione dei voli con cui gli artisti dovevano spostarsi non era così semplice, considerando le difficoltà o i costi dei viaggi. Quando si cercava di contattare telefonicamente i gruppi, era quasi sempre un’impresa: non c’erano i telefoni cellulari per rintracciarli. Faccio realmente fatica anche a immaginarlo.
È evoluto sia il Festival sia il concetto di arte di strada. Spesso in Italia si crede che la strada sia l’ultima delle scelte in mancanza di altre alternative. In realtà, la strada è una palestra di improvvisazione, di arte, di coinvolgimento del pubblico. Motivo per cui in città come New York, Berlino o altre metropoli internazionali, per strada si vedono suonare anche orchestre importanti. A Ferrara, una piccola città di provincia, nel 1988, si è scardinato un bel preconcetto con una festa in grado di far cadere molti pregiudizi su questo tipo di arte.
Negli anni è cambiata dunque anche la percezione del busker da parte del pubblico. Credi che abbiano influito i tanti talent televisivi che pescano tra gli artisti di strada, non ultimo quello condotto da Nek su Rai 2 con grande riscontro di ascolti?
Da tantissimi anni a Ferrara arrivano troupe di programmi più o meno famosi alla ricerca degli artisti di strada più bravi. Di base, la strada non mente. Quando da busker ti esibisci in un festival sei in un ambiente abbastanza protetto ma è ben diverso quando performi per strada: devi catturare l’attenzione dei passanti per trasformarli in spettatori. È un’energia che ovviamente non tutti hanno. A volte, in televisione, a causa dello scarso minutaggio a disposizione, qualche artista molto bravo in strada finisce per non rendere e viceversa.
Noi collaboriamo attivamente con alcune produzioni. Però, c’è una cosa di cui andiamo fieri e a cui teniamo molto, non solo noi organizzatori ma anche gli artisti: stare per la strada è una scelta consapevole che molti artisti fanno ma non per mancanza di alternative. Ci sono stati artisti che hanno scelto di fare un percorso “opposto”: sono usciti dai talent per portare la loro arte per strada. Non è, per citare il programma di Rai 2, dalla strada al palco ma dal palco a un palco differente.
Il Ferrara Buskers Festival è uno dei pochi festival d’Italia a essere totalmente gratuito.
E per noi è molto difficile far sì che sia così. C’è dietro uno sforzo organizzativo enorme. Solitamente eventi così grandi come il Ferrara Buskers Festival portano centinaia di migliaia di persone in luoghi periferici o negli stadi a pagamento. Noi, invece, li portiamo in centro storico senza bisogno di acquistare un biglietto: questo permette di conservare sia la libertà del pubblico sia quella dei buskers.
Il problema effettivo però nasce dai costi che stanno dietro all’organizzazione. Bisogna coprire aspetti tra loro molto differenti, dall’ospitalità agli artisti alla comunicazione. Ma anche la ricerca degli artisti ha un suo costo: ci vogliono i fondi per scoprire le migliori realtà che provengono dal Medio Oriente, dal Sud dell’Africa o dall’Asia. Il nostro scopo è sempre quello di avere una progettazione rappresentativa che vada oltre il già visto.
Far quadrare i conti è un lavoro difficile. Tuttavia, spero di poter continuare a lungo a mantenere questa formula: ci sono molto legata: far pagare un biglietto prevederebbe dei rapporti contrattuali. Noi non diamo nemmeno un cachet agli artisti per il rispetto di ciò che significa per loro stare in strada. Essendo il primo festival nato per i busker, partecipare al Ferrara Busker Festival per gli artisti equivale a un traguardo ambito, a una tappa necessaria del loro percorso. Solo quest’anno abbiamo avuto oltre 800 richieste di partecipazione. È gratificante: restituiamo loro una sensazione quasi di benessere, come se fossero a casa. Ma i posti sono per forza di cose limitati e cerchiamo di selezionare i più bravi.
Il Ferrara Buskers Festival è da sempre tra i festival più inclusivi al mondo. Quest’anno c’è ad esempio una formazione, i Cosmonautix, composta da giovani ucraini e russi.
Non pensavo nel 2022 di dover specificare che tra i nostri valori c’è il pacifismo. Abbiamo invece dovuto farlo per via della situazione che si sta vivendo a livello globale. Il Ferrara Buskers Festival non ha mai fatto alcuna distinzione, non ha mai posto barriere. L’unica discriminate che valutiamo è data forse dalla capacità di fare squadra. Negli anni abbiamo ospitato artisti con caratterizzazioni che non avevamo nemmeno notato in un primo momento: hanno portato un punto di vista differente sull’arte di strada e sulla convivenza.
Quest’anno abbiamo tra gli altri i Cosmonautix, artisti russi e ucraini che vivono a Berlino. Quando li abbiamo contattati, non riuscivamo nemmeno a trovarli perché erano a Kiev, a portare sollievo alla popolazione. Avevamo contattato anche il direttore dell’Orchestra femminile afgana, musiciste rifugiate politiche in Portogallo. Verranno però il prossimo anno: come tutti i rifugiati politici, non possono lasciare il Paese che le ospita per un anno.
Tra gli artisti di quest’anno del Ferrara Busker Festival c’è anche una forte componente femminile.
Negli ultimi anni, abbiamo notato che la presenza delle artiste donne tra i gruppi era molto forte. E la loro presenza anche come singole quest’anno non può che onorarci: ci sono musiciste e giocoliere che girano il mondo da sole portando avanti la loro arte. Sarebbe stato impossibile non notare la loro presenza: il fatto che il Ferrara Buskers Festival abbia una presidente che è donna dice tutto.
Se c’è ancora qualcosa da scardinare, ci proviamo insieme. In passato, ho giocato a calcio e ricopro ancora un ruolo politico all’interno della Fgci: ho provato sulla mia pelle tutti i pregiudizi sulle donne impegnate in ruoli considerati tipicamente maschili e da sempre mi batto contro le disuguaglianze di genere. Certi atteggiamenti maschilistici sono presenti anche nei piccoli gesti: qualche anno fa, ad esempio, sono state regalate delle magliette della Figc a delle bambine. Erano rosa. Mi sono chiesta perché lo fossero, dal momento che il colore dell’Italia nell’immaginario di tutti è l’azzurro. Sono abbastanza temprata sulla questione.
Non possiamo poi non ricordare come da anni il Ferrara Buskers Festival sia impegnato sul fronte della difesa dell’ambiente. Quest’anno, l’attenzione è rivolta verso la salvaguardia dei mari.
È dal 2011 che il Festival pensa all’ambiente, da quando non era ancora di moda farlo. Ci eravamo accorti che spesso dopo tutti i grandi eventi le strade erano completamente sporche di rifiuti. Al Ferrara abbiamo una partnership che ci permette di pulire immediatamente tutta la città però bisogna far entrare nella mentalità delle persone che bisogna partire dai piccoli gesti per rispettare l’ambienta: dalla raccolta differenziata al non lasciare sui tavoli tutto quello che resta, passando per il non gettare i mozziconi di sigaretta nei tombini.
Quindi, abbiamo creato anno per anno dei progetti che potessero in qualche modo far da corollario al festival e sensibilizzare la gente sulla questione ambientale. Si viene a Ferrara per vedere gli artisti di strada e per scoprire mondi nuovi. Ma per scoprire mondi nuovi è necessario tenere pulito quello che già abbiamo. I mozziconi, ad esempio, non sono innocui: è vero che non si vedono ma finiscono nelle fogne e intasano tutto.
Cerchiamo sempre di variare la nostra attenzione: quest’anno parliamo di mari. Ma affrontiamo anche questioni di rilevanza interessante, come ad esempio la posidonia: non è sinonimo di sporcizia ma è un’alga che dà ossigeno ai mari.
Al Ferrara Busker Festival c’è un’atmosfera da grande fiera di paese, detto con un’accezione molto positiva. C’è un food village (con tanti food truck), un mercato dell’artigianato e persino un dopofestival. Come Ferrara accoglie il festival?
Cerchiamo di offrire una micro realtà in cui è possibile trovare di tutto. Ognuno, dai bambini ai più grandi, possono trovare il loro luogo ideale. Certo, non mancano i detrattori o le critiche negative. Negli ultimi anni, mi focalizzavo spesso su questi ma poi ho cambiato prospettiva. Rivedendo delle vecchie vhs delle prime edizioni, ho visto come la gente della città accoglieva e familiarizzava con gli artisti di strada che con i loro pulmini vintage arrivavano dalla Svizzera o dall’Inghilterra.
Ho avuto modo di vedere anche delle vecchie fotografie in cui i ferraresi posavano accanto a musicisti che ai loro occhi potevano apparire esotici. E, se dopo 35 anni siamo ancora qui, vuol dire che la città ha accolto e accoglie benissimo il Festival. Proprio per questa ragione, ho scelto di non focalizzarmi sui commenti negativi ma su come Ferrara viva il Festival un po’ come il Natale: arriva ogni anno, sembra dar fastidio ma poi lo si vive con gioia.
Credo anche che per i ferraresi il Festival sia anche motivo di orgoglio. Ha portato il nome della loro città in giro per il mondo. Gli artisti non dicono ad esempio andiamo al Buskers Festival ma dicono andiamo al Ferrara.
Il Ferrara Buskers Festival è stato voluto da tuo padre. Ti ha mai raccontato com’è nata l’idea?
Mio padre faceva il fabbro ma aveva da sempre la passione per la musica. Un giorno, vide una coppia di vigili urbani fare una contravvenzione a un ragazzo che suonava. In vacanza a Parigi, qualche tempo dopo, notò invece come gli artisti fossero liberi di suonare in qualsiasi punto della città, nessun luogo era loro vietato. Al ritorno, pensò di dedicare una festa intera ai musicisti di strada. La sua idea era quella di realizzare una sorta di piccola rassegna da fare ogni due anni circa.
Si recò dal sindaco di Ferrara di allora ma la sua richiesta non venne subito accolta. Dovette insistere un bel po’: di fronte alla sua tenacia, il sindaco gli diede il permesso di fare ciò che voleva ma ad agosto, in un periodo che all’epoca era considerato bassa stagione. Tanto chi vuoi che venga?, fu la risposta del sindaco. E fu così che nacque la prima edizione del Ferrara Buskers Festival. La spinta decisiva al lancio del Festival arriverò però l’anno successivo con l’arrivo, insperato e imprevisto, di Lucio Dalla.
Ed è da allora che capita spesso di imbattersi anno dopo anno in qualcosa di speciale: non sai mai cosa o chi troverai tra gli artisti di strada di Ferrara. La scoperta è uno dei tratti distintivi del Festival, così come la fiducia che si instaura tra organizzatori e artisti. Ricordo ancora con emozione un episodio che è capitato quand’ero ancora una bambina. Accompagnai mio padre a Dublino per vedere un artista. Costui non sapeva nemmeno dove si trovasse Ferrara, eppure si presentò sulla fiducia al Festival.