Vediamo Filippa Lagerbäck tutte le domeniche sere nello studio di Che tempo che fa, felicemente traslocato su Nove. Da diciannove anni (“sono diventata maggiorenne”, scherza lei), Filippa Lagerbäck introduce gli ospiti senza mai dare l’impressione di voler mettere fretta o ansia nello spettatore: in quei minuti in cui appare in video l’impressione è sempre quella di ritrovarsi di fronte a donna serena e pacata, in equilibrio con se stessa.
E quell’impressione diventa una certezza ascoltando Riconnessioni, la nuova serie podcast che, prodotta da Chora Media e promossa da Kinder Cereali, accompagna gli ascoltatori durante piccoli momenti di routine quotidiana per riflettere su ciò che è realmente essenziale. Con l’aiuto di due esperti, Filippa Lagerbäck percorre con la mente luoghi che ispirano interrogativi profondi che possano diventare oggetto di discussioni, interessanti, a tema mindfulness. Nei cinque percorsi affrontati da Filippa Lagerbäck in Riconnessioni, scopriamo insieme a lei che esistono tantissimi modi di praticare mindfulness, ritagliandosi momenti di solitudine che, a contatto con la natura, possono aiutarci a riconnetterci con noi stessi.
Dal Cilento alle Dolomiti, passando per la Basilicata, i monti Sibillini e le scogliere della Calabria, ci si interroga su alcune grandi domande della vita, sui piccoli spazi da ritagliarsi per sé, sulla felicità, sul presente e sulla creatività sempre in relazione alla natura. Scritto da Ilaria Orrù con il supporto redazionale di Valentina Piva e la cura editoriale di Sara Poma e Graziano Nani, Riconnessioni è disponibile dal 15 ottobre su tutte le principali piattaforme audiofree con un episodio a settimana.
Ed è grazie a Riconnessioni che entriamo in connessione con Filippa Lagerbäck, con un’intervista a tutto tondo in cui ripercorriamo anche il suo percorso personale. In nome della gentilezza, scopriamo il suo rapporto con la natura e gli animali, il suo essere madre e figlia, il suo passato da modella e la sua educazione svedese, ma soprattutto la donna autoconsapevole e ironica che è sempre stata.
Intervista esclusiva a Filippa Lagerbäck
“Il bello è aver ritrovato la stessa armonia, forse anche di più, che c’era altrove”, è una delle prime osservazioni di Filippa Lagerbäck,quando le chiedo come ha preso i primi dati d’ascolto di Che Tempo Che Fa, partito con successo su Nove dopo il trasloco da Rai 3. “Respiriamo una grande leggerezza, molto utile per tutti in momento molto pesante nel mondo: c’è tantissima sintonia, mi trovo molto bene e speriamo di continuare così. E poi è iniziato veramente benissimo e siamo contenti, anche se non vivo con l’ansia degli ascolti”.
Ma, essendo le dieci di un lunedì mattina, il destino vuole che sia io a comunicare a Filippa Lagerbäck il dato della seconda puntata: 11,3% di share, un dato in forte crescita che rende il programma secondo solo a Rai 1 e, per di più, senza il simulcast del debutto. “Sono felicissima, è pazzesco: tutta la squadra, pazzesca, lavora tantissimo e se lo merita. E Fabio ancora una volta si dimostra di essere il numero uno, lo sostengo da sempre: sono felicissima di far parte di questa famiglia”.
È il tuo diciannovesimo anno con Fabio Fazio: è un po’ il tuo porto sicuro.
Il posto fisso alla Zalone? (ride, lasciandosi andare a quell’ironia e autoironia che si rivelano una sorpresa, ndr). È sempre, comunque, una sfida: non ci si rilassa troppo, è motivante ed è in diretta, può succedere sempre di tutto. Siamo sempre concentrati ed è giusto che sia così: se ti rilassi troppo, vuol dire che forse non ci tieni più così tanto… quindi, c’è sempre una grande attenzione ed è anche elettrizzante avere un po’ di adrenalina.
Adrenalina che dobbiamo imparare anche a mettere un po’ da parte per ritrovare il nostro contatto con la natura e per viverla con più tranquillità e calma.
La natura è anche quel posto in cui ti immergi per rigenerarti quando sei stressato. Tutte le volte in cui ho bisogno di risposte e di trovare la strada giusta, mi immergo nei boschi, cammino, ascolto e mi connetto con la natura stessa perché è grazie a lei che trovo la mia mindfulness. Non pratico il classico yoga o la meditazione: metto semmai le mani nella terra, faccio giardinaggio oppure mi concedo grandi passeggiate in spazi circondati da piante o mi siedo su un prato e mi metto in ascolto, cercando di sconnettermi dalla vita digitale e di connettermi con i ritmi della natura che fanno tanto bene.
Nasco in mezzo alla natura e ho portato sempre con me l’amore e il rispetto nei suoi confronti, tanto che sono riuscita a sradicare mio marito milanese e a portarlo in un po’ più vicino alla natura: viviamo nelle campagne intorno a Varese, vicini comunque alla città ma nel verde, dove possiamo concederci straordinarie passeggiate nel tempo libero.
All’inizio del secondo episodio del podcast Riconnessioni, fai accenno alla tua educazione svedese. Non è di certo quello siberiana…
Parliamo della fatica buona di non lamentarsi delle difficoltà e delle avversità. Quando si fa qualcosa di più complicato e di non così comodo, la sensazione è meravigliosa. Ricordo che, mentre ero incinta di mia figlia Stella, stavo andando in bici con mio padre in Svezia quando ha cominciato a piovere ghiaccio: era marzo e avrei voluto ritornare a casa… “Ma cosa vuoi che sia? Noi siamo vichinghi”, mi ha risposto mio padre: “Ti fortifica, vedrai come starai bene dopo”.
E, in effetti, quando il mio corpo tornata a casa ha cominciato a scongelarsi, avevo un’energia diversa: mi sentivo anche viva! Sono sensazioni che invito sempre mio marito a provare mentre mia figlia è uguale a me: ci buttiamo nelle acque gelide perché sa che ciò che proverà dopo è qualcosa di imbattibile.
Sono cresciuta camminando nelle tempeste o andando a sciare con trenta gradi sotto zero: un calcio nel sedere dopo pranzo e via, anche quando si voleva rimanere a casa perché fuori non si vedeva neanche a un metro. Tutto ciò ti tempra, ti fa diventare più forte e forse ti aiuta anche ad affrontare gli ostacoli della vita in un’altra maniera: non è tutto così complicato, si possono superare tante cose capendo che comunque siamo forti.
Ascoltando Riconnessioni, si ha il sentore che puntata dopo puntata si allarghi sempre più la sfera di interesse, passando dall’individuo alle domande sul futuro e alla creatività, come un sasso che lanciato in uno stagno crea onde concentriche sempre più grandi.
Credo molto nella simbologia dei cerchi sull’acqua: le nostre azioni, piccole o grandi che siano, creano sempre delle reazioni a catena, soprattutto quando vai a fare del bene. Un sorriso regalato a uno sconosciuto, una parola gentile o un complimento creano un’onda di positività e di gentilezza inaspettata che pian piano si riverbera sugli altri. Quando abbiamo qualcosa di bello da dire anche a persone che non conosciamo, facciamolo senza paura anziché frequentare siti, persone o personaggi che creano frustrazione, rabbia o malumore. Si vedono tanti commenti di odio in giro ma anche quel veleno che si butta fuori prima o poi torna indietro, creando un ciclo veramente negativo che ti perseguita: rompiamolo.
È un consiglio che do sempre: anziché frequentare digitalmente ciò che porta all’odio, creiamoci un palinsesto digitale di cose che ci rendono felici, che ci diano informazione e che ci stimolano. Cambierà la nostra la vita il cercare in ogni contesto qualcosa che ci possa far star bene per relazionarci meglio anche con le persone che incontriamo. La critica può anche essere costruttiva e serve ma non il vomitare odio su qualcosa di futile o soggettivo: se non ti piace il mio vestito, non sei obbligato a dirmelo anche perché, se l’ho indossato, vuol dire che a me piaceva.
Dall’odio nasce sempre odio e mai come ora lo sappiamo: basta sentire un telegiornale per accorgersene. Abbiamo quindi bisogno di far emergere la gentilezza e la bontà e di sottolineare ciò che funziona. Riconnessioni, il podcast, mi rispecchia in tutto e per tutto perché contiene quel messaggio che da sempre ho voluto divulgare, anche in piccolo, sulla mia pagina Instagram, dove non parlo mai di polemiche o di attualità. Non credo che ci sia bisogno del mio punto di vista o del mio commento sulle notizie quotidiane, ragione per cui ho cercato e cerco di creare un’oasi di tranquillità e di benessere dove chi mi segue può trovare anche un minuto di pace al giorno nel vedere cose che ti possono strappare un sorriso, far stare bene o respirare un po’ più lentamente, prima di tornare alle beghe di tutti i giorni.
I miei post nascono anche per alleviare l’ansia che ci circonda: sono piccoli consigli, facili ma molto pratici, che tutti possiamo mettere in pratica. L’ansia e lo stress, dai messaggi anche che ricevo, limitano anche la creatività: ci si sente bloccati forse dalle troppe regole e dalle troppe cose da fare. Solo qualche giorno fa qualcuno mi ha scritto di avere cinquant’anni e di non riuscire più a disegnare come faceva prima a causa dei troppi pensieri in testa… è come se non riuscissimo più a sbloccarci: in quanti, nel fare una passeggiata in mezzo alla natura, stanno sempre con lo smartphone in mano per far foto o video da condividere invece che staccare totalmente e prendersi un momento solo per sé?
Nei cinque episodi del podcast Riconnessioni ti rechi in visita in cinque luoghi differenti d’Italia. Hai avuto voce in capitolo nella scelta delle destinazione?
Sui luoghi specifici, no. Ma con l’autrice ho parlato molto dei diversi posti, dalla montagna al mare, e delle connessioni che posso avere io con loro. Sono molto contenta del racconto che ne è venuto fuori, così come sono felice dei due esperti, che hanno partecipato, Nicola Di Pisapia e Licia Florio, che danno un contributo di grandissimo valore al progetto. Il risultato finale mi ha sorpresa: non pensavo nemmeno di essere portata a lavorare solo con la voce e senza il supporto dell’immagine. Vuol dire che posso continuare a lavorare anche oltre la decadenza del viso (ride, ndr).
Viva l’autoironia.
La gente non lo sa, perché non è il mio ruolo a Che tempo che fa, ma io sono spietatissima. Amo l’autoironia e l’ironia in generale: quella nordica è un po’ come quella inglese, sarcastica e molto crudele a volte. Quando Luciana Littizzetto fa una battuta in video, tutti ovviamente ridono perché associano a lei la comicità: se la faccio invece io, spesso non viene capita proprio perché da me non se l’aspettano… tant’è che devo ricorrere ai sottotitoli e dire che stavo scherzando!
Dei cinque posti che hai visitato per Riconnessioni, cosa ti sei portata dietro?
È difficile scegliere: mi porto sempre qualcosa dietro. Giro, comunque, tantissimo l’Italia perché per Sky sto realizzando una rubrica che si chiama Le vie green di Filippa, dove porto gli spettatori a scoprire il paesaggio attraverso la bici, la camminata, il feet walking o il trekking. Ma l’avevo girata anche con un altro programma sempre in bici: trovo che l’Italia sia uno dei Paesi più belli al mondo e che abbia veramente tutto, dal mare più cristallino alla montagna più incredibile.
Detto da una non italiana, restituisce anche l’obiettività dello sguardo: è una nazione stupenda che però non sono bravissimi a promuovere e curare. Ci vorrebbe più educazione: in Svezia, abbiamo delle leggi che fanno sì che la natura sia percepita come un patrimonio di tutti, ragione per cui c’è un rispetto e una cura innata nei suoi confronti sin da quando nasciamo. Siamo ben consapevoli di come la natura sia casa nostra, a differenza di quanto avviene in Italia, dove camminando in mezzo al verde trovi rifiuti ed elettrodomestici buttati nei fossi.
Se ne dà la responsabilità a chi governa ma chi governa è spesso la rappresentazione di chi li vota (non si capirebbe altrimenti perché votarli): si dovrebbe smettere di dare la colpa agli altri e cominciare a guardarsi allo specchio chiedendosi se si sta facendo davvero la cosa giusta perché da consumatori si ha il grandissimo potere di cambiare lo status quo. Da buona luterana, mi assumo sempre sulle spalle il peso delle responsabilità: non c’è confessione che possa assolverci e prima di commettere uno sbaglio ci pensiamo due volte. Lo trovo abbastanza semplice ma in realtà sembra che sia difficile da far capire agli altri.
Hai lasciato la Svezia quand’eri giovanissima. Quando ti sei ritrovata a contatto con realtà che non avevano lo stesso tipo di contatto con la natura, a cosa hai fatto appello?
Quando hai vent’anni, vuoi scoprire il mondo e non pensi al resto. Vuoi solo fare esperienze, vedere, capire, imparare, incontrare popoli e conoscere Paesi diversi: ti fai così un’idea per poi scegliere dove andare e abitare. Mi sono sorpresa anch’io quando sono finita a vivere e restare a Milano. Tra tutti i posti del mondo, perché proprio Milano che a miei occhi sembrava una città grigia, con poco verde e in cui non potevo quasi nemmeno andare in bicicletta?
È una domanda che mi son posta quand’è nata mia figlia. Prima c’era sempre l’idea di poter, dopo aver fluttuato per il mondo, tornare eventualmente un giorno a casa mia, in Svezia. Non potendolo più fare, mi son detta che forse dovevo iniziare a cambiare io le cose: mi sono iscritta a varie associazioni ambientaliste, ho cominciato a pedalare con mia figlia (sui marciapiedi) e ho convinto Daniele a passare all’e-bike, lasciando moto e macchina in garage. Ho cercato di dare il mio contributo e ho scritto anche un libro per spingere gli altri a preferire la bicicletta come mezzo di trasporto.
Oggi fortunatamente Milano è cambiata: ci sono ciclisti in ogni dove, una tribù gigante che fino a vent’anni fa non c’era. Qualcosa è effettivamente cambiato e la gente stessa che la abita è più attenta, anche perché il cambiamento climatico è un tema sempre più attuale. Nonostante la discussione e le misure in tal senso procedano a rilento, è importante che ognuno di noi dia il proprio contributo facendo qualcosa di concreto anche sul fonte privato.
Il 2023 sul fronte biografico è per te un anno importante: hai compiuto 50 anni.
Fa un certo effetto vedere il 5 davanti: non è possibile… si sta parlando di me? (ride, ndr). Alla fine, quel 5 è solo un numero: tutto dipende sempre da come vivi la tua vita. Nella mia c’è la bellezza della consapevolezza di essere più matura e di sapere quello che sei e che vuoi essere, di come essere percepito dagli altri, di come prendere le decisioni, di come vivere il resto dei tuoi giorni, di come non vuoi sprecare più tempo, di come vuoi donare agli altri il tuo tempo e di come avere in dono il tempo degli altri. Credo che sia proprio il tempo la più grande delle conquiste e, proprio quest’anno, ho voluto donare e avere in dono il tempo più che i regali. Ho ad esempio fatto tantissimi viaggi con le persone che amo, con gli amici, con la famiglia e con mia madre.
Mi sono goduta il tempo presente: nella mindfulness, è molto importante essere consapevoli del tempo che si vive e non progettare troppo nel futuro o pensare troppo al passato. Bisogna godere di ogni attimo, anche di quelli che possono sembrare noiosi, come lavare i piatti, o faticosi, come le pulizie in casa: possono rivelarsi piacevoli. In questo momento, sono seduta nel mio ufficio in casa, sto lavorando ma dalle finestre, nel frattempo, vedo solo alberi: nonostante il cielo sia grigio, noto il bello e mi sento più serena, appagata e forse anche realizzata.
Immagino sia un insegnamento che hai cercato di trasmettere nella vita a tua figlia Stella, che come te condivide il 3 finale dell’anno di nascita.
Esatto, ci separano esattamente trent’anni. Stella come me è molto ironica: ridiamo molto insieme quando ci divertiamo a fare anche delle cose un po’ stupide. Ha quest’aria comunque nordica, è molto curiosa, ha voglia di viaggiare e di conoscere… ed è molto easy-going: non è complicata, non è permalosa per niente ed è una persona molto semplice: in questo mi rispecchia molto. Ma ha anche un lato che la porta alla ricerca dell’introspezione e alla voglia di scavare in fondo.
Stella è un mix ed è bellissimo mischiare le culture: si dà origine a qualcosa di meraviglioso e unico. Il parlare come nel suo caso tante lingue, dallo svedese all’italiano e all’inglese, apre la testa in maniera incredibile perché ti aiuta a capire le persone. L’ho provato sulla mia stessa pelle: appena arrivata in Italia, parlavo solamente in inglese e non riuscivo a conoscere a fondo la gente, che inevitabilmente in una lingua non propria cambiava anche personalità. Mi sono allora sforzata per imparare bene l’italiano e solo così ho potuto conoscere chi mi circondava.
Ho voluto regalare a mia figlia la fortuna di conoscere tante lingue per non aver barriere nello scoprire il mondo. Ha fatto le sue esperienze e sta continuando a farle: all’università ha frequentato di recente un semestre a New York, tutto organizzato da lei dopo aver vinto una borsa di studio… ha voluto fare tutto da sola, non volendo nemmeno che io e suo padre andassimo a trovarla. Ed è stata una grande esperienza per lei che le ha permesso di potersi confrontare con un popolo con un’altra mentalità, cercando di entrare e di capire un altro modo di vedere il mondo. A differenza sua, non ho frequentato l’università ma è stata la scuola della vita e del viaggio a permettermi di confrontarmi con l’altro e di aprirmi.
A differenza di Stella, sei cresciuta con due genitori che si sono separati molto presto. Ma dai tuoi racconti è chiaro che hai mantenuto con entrambi rapporti forti.
Ma io son così. I miei genitori tra di loro non si parlano e dopo la separazione parlavano anche male uno dell’altro finché un giorno ho detto a entrambi di lasciarmi fuori dalle loro questioni relazionali. Erano mio padre e mia madre e non volevo sentire le loro storie: il rapporto che avevo con loro era qualcosa di diverso da quello che intercorreva tra loro due e, fortunatamente, l’hanno capito.
Rispetto al passato, non sono rancorosa ma non lo sono per nulla, forse perché ho una pessima memoria, un po’ come Dory, il pesce rosso di Alla ricerca di Nemo. Molto probabilmente non voglio ricordarmi delle cose brutte o dei litigi: preferisco la pace, l’armonia e l’energia che si respira in una stanza in cui si sta bene tutti.
Sono anche colei che nelle discussioni scioglie ogni nodo prima che diventi insopportabile e si protragga nel tempo. Che perdita di tempo litigare: lo dico sempre anche a mio marito quando abbiamo delle discussioni… sono sempre io che tendo la mano per far pace, non ho voglia di perdere minuti, ore e giorni della mia vita con qualcosa che non mi faccia stare in pace, serena e tranquilla. Sono per il dialogo: si può parlare e discutere di ogni cosa ma l’importante è rispettarsi e rispettare i punti di vista che non necessariamente devono essere uguali: questo ha fatto sì che avessi e abbia un ottimo rapporto anche con i miei, provando a instillare lo stesso ragionamento anche in mio fratello.
Ma come si conciliava tutto ciò con il tuo percorso da modella? Quello della monda sembra un universo avulso e superficiale che nulla condivide con la tua ricerca di serenità.
Dipende da come si osserva il mondo della moda. Ha un lato di high fashion dove tutti sono ultra cool ma c’è anche tutto un altro lato che è fatto di responsabilità da mantenere: arrivare puntuali sul lavoro (un po’ come in ufficio), rispettare i calendari e gli ordini del giorno ed essere affidabili. Il lato più cool non rispecchiava molto il mio carattere: ho lavorato tantissimo ma in modo molto strutturato e professionale.
Non ti rispecchiava perché comunque occorreva sgomitare per farsi spazio?
Odio sgomitare: piuttosto lascio spazio agli altri. Sono felice quando le mie colleghe ottengono dei lavori o quando fanno qualcosa che avrei potuto fare anch’io. Non soffro mai di gelosia o di invidia: non fanno parte di me. Da certi punti di vista, è una mancanza: non va bene per questo lavoro ma non amo mettermi troppo in mostra o stare al centro dell’attenzione. Probabilmente, ho cannato lavoro! (ride, ndr).
Cerco sempre di scegliere progetti che mi divertano e che mi rispecchino, provando a essere coerente. Quando ho il sentore che qualcosa non fa al caso mio, lascio perdere. Chiaramente, come tutti, ho sperimentato all’inizio della mia carriera accettando proposte che non sentivo mie ma è servito a capire dove mi trovassi bene. Ho capito così ad esempio che il cinema non era nella mie corde: ci sono tante bravissime attrici in circolazione, ho fatto un’esperienza e basta così.
Serve autoconsapevolezza ma anche umiltà anche solo a dirlo.
L’umiltà viene comunque dall’educazione che ho ricevuto a casa. Mia madre mi invitava a non guardarmi troppo alla specchio ma a cercare di nutrire l’interiorità altrove. Era anche abbastanza severa: non potevo comprare qualcosa di nuovo ma secondo lei inutile o andare dal parrucchiere (mi tagliava lei i capelli). Ho anche sofferto un po’ per quello: mi vestivo persino con i vestiti di mio fratello… Però, tutto ciò ha fatto sì che rimanessi sempre quella di allora, la brava studentessa svedese molto tranquilla.
Come si vede anche sui tuoi social, in casa tua c’è una presenza che non passa inosservata: Whisky, il tuo cane.
Siamo letteralmente inseparabili: compie in questi giorni nove anni, stiamo invecchiando insieme e già soffro nel pensare al dopo. Whisky è un membro della famiglia e mi diverto a dar voce alle sue azioni: a rischio di sembrare schizofrenica, credo di riuscire a interpretare quello che sta pensando o cosa vuole. Amo molto gli animali e tutto il microcosmo della natura: in estate, mi diverto a osservare le coccinelle piuttosto che i grilli e mi trasformo nella salvatrice delle rane o delle lucertole quando faccio le mie vasche. Se potessi, metterei al sicuro ogni animale, persino le mosche o i ragni… il patto con loro è semplice: vi salvo ma non venite nella mia stanza. Purtroppo, non sempre funziona (ride, ndr)!
Visto il tuo amore per gli animali, a distanza di anni torneresti a condurre un programma sul circo?
No, non lo farei. All’epoca c’era un’altra sensibilità sul tema e sull’uso degli animali: il tempo ci ha insegnato che il circo senza gli animali può esistere. È stato comunque un modo per me di imparare come presentare uno spettacolo: non mi pento di averlo fatto ma non lo rifarei adesso. Non sono per la cancel culture: rivedere il passato, anziché cancellarlo, ci permette di imparare dagli errori, di studiare i popoli come eravamo e di capire come siamo diventati. È grazie a ogni passaggio, anche a quelli sbagliati, che possiamo imparare a essere migliori: è per non aver imparato dagli sbagli che oggi ci ritroviamo in una situazione di guerra che è insopportabile.
Nel mio passato ho commesso degli errori, come ogni persona, ma rivivrei tutto, anche le relazioni non riuscite, perché è proprio il passato che mi ha portato a essere la persona che sono oggi e di cui sono felice: ho una figlia, un marito e un lavoro che altrimenti non avrei avuto.