Food for Profit, portato nelle sale con il sostegno di Mescalito Film, si rivela come il pionieristico documentario che esplora le complesse dinamiche tra l'industria alimentare, specificatamente quella della carne, le influenti lobby e le strutture di potere politico. Al cuore dell'inchiesta ci sono le ingenti somme di denaro che l'Unione Europea eroga a favore degli allevamenti intensivi. Questi ultimi sono messi sotto accusa per il maltrattamento degli animali, il significativo impatto ambientale negativo e il rischio che rappresentano per lo scoppio di future pandemie.
Diretto e scritto con maestria da Giulia Innocenzi e Pablo D'Ambrosi, il documentario adotta un approccio investigativo dallo stile cinematografico. I registi conducono gli spettatori attraverso un viaggio rivelatore e disturbante in varie parti dell'Europa, entrando in contatto diretto con allevatori, corporazioni multinazionali e figure politiche. Un team di investigatori esperti ha partecipato alle indagini, operando in incognito negli allevamenti più rilevanti del continente europeo, al fine di portare alla luce le verità nascoste dietro ai prodotti di punta della carne e del formaggio europei.
Nel corso del documentario, un lobbista riesce incredibilmente a infiltrarsi, con una telecamera nascosta, nei meandri dove si prendono le decisioni cruciali a Bruxelles, al Parlamento Europeo, raccogliendo dati e testimonianze sconcertanti. Food for Profit non si limita a denunciare gli orrori degli allevamenti intensivi e la complicità della protezione politica di cui godono, ma con l'ausilio di un team di esperti internazionali, affronta tematiche di grande attualità e impatto come l'inquinamento delle risorse idriche, lo sfruttamento lavorativo dei migranti, la perdita di biodiversità e la resistenza agli antibiotici.
La chiamata all'azione che emerge potente al termine della visione è inequivocabile: è necessario porre fine a questo sistema corrotto per preservare il futuro del pianeta e della nostra specie.
Dietro le quinte, di Food for Profit, troviamo Giulia Innocenzi, giornalista e conduttrice di spicco, nota per le sue incursioni investigative negli allevamenti intensivi e attualmente impegnata con Report su Rai3. Ha alle spalle inchieste di risonanza su marchi noti e ha ottenuto accessi esclusivi, come quello all'allevamento grattacielo di maiali in Cina. Il suo libro Tritacarne, che espone le crude realtà dell'industria alimentare italiana, è divenuto un bestseller.
Ma anche Pablo D'Ambrosi, cineasta italo-britannico, che ha una vasta esperienza nei documentari, sia musicali con artisti del calibro di Rolling Stones, Paul McCartney e Adele, sia investigativi, lavorando per BBC Panorama e vincendo premi come il Prix Europa.
Il team creativo di Food for Profit include inoltre Jonathan Reyes, grafico e animatore americano premiato con un Emmy, e Alessandro Giovanetto, compositore e chitarrista italiano con una formazione prestigiosa e collaborazioni internazionali.
Le indagini sostenute da LAV, una storica associazione per i diritti degli animali, e condotte in particolare da Lorenzo Mineo a Bruxelles, riflettono il coordinamento di un movimento paneuropeo dedicato alla democrazia e alla sostenibilità, Eumans, sottolineando l'importanza delle iniziative popolari per i diritti umani e la sostenibilità ambientale.
DOVE E QUANDO VEDERE FOOD FOR PROFIT
Ho mangiato troppa carne
Food for profit fa coppia con il libro Ho mangiato troppa carne di Lorenzo Biagiarelli, che abbiamo intervistato qualche mese fa. Ecco cosa ci ha risposto in quell’occasione a una specifica domanda sugli allevamenti intensivi.
D: L’argomento che ti ha spinto a scrivere il libro sono gli allevamenti intensivi. Non parliamo di fantascienza ma di una questione di estrema attualità di cui possiamo tutti i giorni vederne le conseguenze: la resistenza agli antibiotici e la biomassa.
R: La resistenza agli antibiotici preoccupa particolarmente la scienza: ce lo racconta nel libro Pier Luigi Lo Palco, uno degli epidemiologi più autorevoli a livello nazionale e internazionale che ho voluto intervistare. Solitamente si pensa che la diffusione di virus e batteri sia legata a una questione di prossimità soltanto tra animali selvatici e animali di allevamento intensivo, banalizzando la vicinanza di questi ultimi all’uomo. proprio in questi giorni in Cina si combatte un’epidemia batterica che ci sta ponendo davanti a un dato incontrovertibile: c’è un sacco di gente che non reagisce più a un determinato antibiotico.
Siamo portati a pensare che se un maiale sviluppano antibiotico resistenza questa rimanga limitata ai maiali stessi. E, invece, no: come viene ben spiegato, questa arriva anche all’uomo. E, se un animale non combatte un virus o un batterio con un chilogrammo di antibiotico, figuriamoci l’uomo con pochi milligrammi.
Il dato sulla biomassa ha sorpreso anche me per quanto è incredibile. Per tutti noi, gli animali sono semplicemente quelli che stanno nella foresta, quelli domestici e l’uomo: quelli che mangiamo è come se venissero rimossi anche dalle nostre coscienze, come se non esistessero. Secondo i dati, in Italia ci sono una decina di milioni di maiali: se facciamo un breve calcolo, dovremmo vederne tutti almeno uno al giorno…
L’allevamento intensivo ha creato un’enorme biomassa, un insieme di esseri viventi “creati” appositamente con l’unica finalità di essere allevati e uccisi per il nostro consumo. Gli animali chiusi in allevamenti rappresentano il 60% dei mammiferi sulla Terra, il doppio degli uomini e 15 volte tanto quelli selvatici. E consideriamo che tra quelli selvatici ci sono anche le balene: a ogni balena corrispondono miliardi di mucche in più. E quello della biomassa è un dato che continua ad aggiornarsi giorno dopo giorno: ogni anno si macellano 90 miliardi di animali che vengono rimpiazzati da esemplari diversi ma sempre con la stessa finalità, finire nei piatti”.
Il precedente storico: Dominion
Food for Profit può essere considerato a tutti gli effetti il perfetto successore di Dominion, il documentario di Chris Delforce che ha fatto seguito al precedente Lucent per affrontare una gamma molto più ampia di questioni relative al benessere animale nella nostra società. Mentre "Lucent" si concentrava sulla vita dei suini all'interno dell'industria di allevamento e macellazione australiana, Dominion esamina con uno sguardo più ampio le industrie prevalenti nella nostra società, esponendo le carenze nel benessere animale in ciascuna di esse. Come ha spiegato il regista, Dominion esplora "i modi in cui utilizziamo gli animali e la scala di tale utilizzo, per mostrare quanto massivo sia il problema".
Esaminando il nostro rapporto con gli animali attraverso le aree degli animali domestici, della fauna selvatica, della ricerca scientifica, dell'intrattenimento, dell'abbigliamento e del cibo, il film mette in discussione la validità del nostro dominio sul regno animale. Delforce ha affermato che il documentario sfida l'assunto secondo cui: "Gli animali sono inferiori, gli umani sono superiori e quindi ciò ci conferisce in qualche modo il diritto di avere dominio su di loro. Sto mettendo in discussione quell'assunto, quella percezione degli animali come inferiori e l'idea che, se qualcuno è inferiore, ciò ci dia il diritto di controllarli, sfruttarli e utilizzarli per i nostri fini".
Il film è stato in produzione per oltre 3 anni e utilizza filmati ottenuti da attivisti e da droni, offrendoci uno sguardo ravvicinato ad alcune delle 'norme industriali' che scioccano la maggior parte delle persone. Con lo scopro di rivelare la verità dietro al nostro cibo, cosmetici, abbigliamento e persino intrattenimenti come corse di cavalli e rodeo, che nascondono molti segreti oscuri. Ha spiegato Delforce: "Credo che queste industrie possano esistere solo perché le persone non sono a conoscenza di ciò che fanno; voglio allora dare alla gente l'opportunità di vedere con i propri occhi cosa c’è dietro".