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Francesca de Martini: Donna, attrice, insegnante, madre – Intervista esclusiva

Francesca De Martini
Al cinema con il film Phobia, Francesca de Martini si racconta a TheWom.it. Oltre a fare il punto sulla salute mentale al centro del lungometraggio, parla del suo essere madre (di un attore affermato), donna e insegnante, in un inedito ritratto a 360°.

Francesca de Martini è tra i protagonisti del film Phobia, un piccolo ma interesse thriller indipendente dal 5 ottobre nelle nostre sale. Prodotto da UndiciDue3 e distribuito da Flat Paroli, l’opera d’esordio di Antonio Abbate racconta le conseguenze che ha su un’intera famiglia la salute mentale della giovane Chiara, interpretata da Jenny De Nucci.

Richiamata con una scusa nella casa di campagna dove vivono la madre Maria, il fratello Antonio (Eugenio Papalia), la moglie di lui Sara (Federica De Benedettis) e il padre Pietro (Antonio Catania), Chiara si accompagnare dalla fidanzata Michela (Beatrice Schiaffino). Ed è proprio la (presunta) scomparsa di quest’ultima a generare un dramma che, a scacchiera, fa cadere misteri e oscuri segreti. Almeno questa è la prima percezione, una percezione che inevitabilmente cambia nel momento in cui ci si sofferma a pensare che il benessere mentale di Chiara è stato gravemente compromesso da un terribile episodio legato al suo passato.

Nel castello di verità e menzogna, di realtà alternativa e confusione, del film Phobia, Francesca de Martini interpreta Maria, la madre della protagonista. Ai nostri occhi, ruvida e dura, Maria potrebbe essere profondamente diversa da come appare. Ed è questo il punto di partenza della nostra intervista a Francesca de Martini, un’attrice che nel suo lungo curriculum ha avuto la fortuna di lavorare con nomi del calibro di Francesca Archibugi, Michele Placido, Ridley Scott e Bernardo Bertolucci.

In attesa di ritrovarla anche nella serie tv di Rai 1 Lea 2, dove interpreterà la madre di Primo Reggiani, Francesca de Martini si racconta con un’intervista inedita, a tratti dolce e intesa, a TheWom.it. Madre di un attore affermato come Jacopo Olmo Antinori e docente in due prestigiose scuola di cinema, l’Accademia Silvia D’Amico e la Scuola di cinema ‘Gian Maria Volonté’, Francesca de Martini è lontanissima dalla durezza di Maria, una donna che comunque non giudica e accetta con tutte le sue mille sfumature.

Francesca de Martini.
Francesca de Martini.

Intervista esclusiva a Francesca de Martini

In Phobia, il film di Antonio Abbate al cinema in questi giorni, interpreti Maria. Chi è Maria?

Maria è una donna dalle mille facce. È una donna che ha sicuramente ha sofferto molto e che per tale ragione si è indurita. Dal mio punto di vista, è una madre che vuole insegnare alla figlia che, per proteggersi dalle durezze della vita, deve essere forte. Come una leonessa, Maria deve insegnare ai suoi cuccioli a cacciare e a non impigrirsi solamente al sole. La figlia Chiara ha un problema di salute mentale e vive una realtà alterata: quello che vediamo accade realmente o è frutto della menzogna? Al pubblico la scelta: mi piace che sia lo spettatore a decidere e a dare la sua chiave di lettura.

Hai subito centrato la questione: il film Phobia, pur essendo un thriller, affronta un tema delicato come quello della salute mentale.

Per una madre, avere una figlia con problemi di salute mentale è qualcosa di molto intenso: un figlio è un’emanazione di sé. Ho due figli grandi, Jacopo Olmo e Greta, e so quale legame si instaura tra una madre e i suoi ragazzi: se mia figlia mi chiama per dirmi che ha la febbre, anche una parte del mio corpo ce l’ha. Ho dunque voluto mettermi nei panni di Maria: la vediamo cattiva ma tale non è… è semmai secca, dura, ruvida, perché ha tirato fuori quel lato oscuro che ognuno di noi ha dentro.

Per affrontare il tema, avete approfondito in fase di preparazione quali potessero essere le conseguenze legate al malessere mentale?

Molto. Il regista, Antonio Abbate, ha messo i puntini sulle i al posto giusto e, sin da subito, ho sposato il tema, molto vivo oggi tra i giovani. Da madre di figli ventenni, so come i giovani di oggi soffrano maggiormente di attacchi di panico (anche per periodo molto brevi) o di stati di ansia. La pandemia ha probabilmente peggiorato la situazione ma le basi sono state gettate molto tempo prima. Purtroppo, non se ne parla abbastanza e soprattutto non si fa abbastanza per sensibilizzare sull’argomento. Le famiglie vengono spesso lasciate da sole e di ciò ho anche esperienza diretta, non personale: vivo vicino a una famiglia che ha una figlia con problemi di salute mentale… tutti i giorni, quando sento la voce della ragazza, sto male sia per lei sia per la famiglia: ci si sente impotenti e non si hanno garanzie sul futuro.

In Phobia, ti relazioni con tre attrici molto giovani: Jenny De Nucci e Federica De Benedettis. Appartengono a una generazione differente alla tua: vi siete confrontate sul tema?

Chiaramente, sì. C’è stato sul set un clima di grandissima collaborazione e, nelle pause tra una ripresa e l’altra, ci siamo spesso ritrovate a parlare delle scene da girare e a lavorarci sopra nel migliore dei modi. Per via della mia esperienza di insegnante che va avanti ormai da molti anni, sono molto a contatto con i giovani attori e mi piace moltissimo l’idea che possa esserci uno scambio continuo. Tra l’altro, conosco Federica De Benedettis sin dai tempi in cui frequentava l’Accademia, non insegnavo ancora ma tenevo lì un corso di perfezionamento quando l’ho incontrata per la prima volta: è stato bello ritrovarsi.

Non conoscevo invece Jenny De Nucci ma ci siamo trovate sin da subito. L’avevo incontrata al secondo provino e avevamo fatto insieme un callback per il film, trovando subito una bella connessione anche non verbale durante la scena che abbiamo provato senza sapere ancora che saremmo state scelte. Jenny è un’attrice dotata della grande capacità di connettersi e di empatizzare con gli altri sul set.

A novembre ti vedremo in un altro ruolo di madre nella serie tv di Rai 1 Lea 2, con Anna Valle e Giorgio Pasotti. Interpreterai la madre di Pietro, interpretato da Primo Reggiani. Che tipo di madre sarà rispetto alla Maria di Phobia?

Totalmente differente. Francesca Verna, così si chiama il personaggio, appartiene a una classe sociale molto alta. La vediamo all’inizio nascosta nei suoi completi impeccabili, dando l’impressione di essere una donna superficiale e incapace di gestire il conflitto tra il figlio e il marito. Un conflitto nato dalla scelta di Pietro di sposare la ragazza che il padre avrebbe voluto (interpretata tra l’altro da Federica De Benedettis, che ha rischiato di essere per la seconda volta mia nuora in scena!). Nelle nuove puntate, vedremo Pietro vivere la sua relazione con un’infermiera mixed race, portata in scena da Rausy Giangaré, un legame che il padre non accetta per via della differenza di ruoli e classi. A Francesca, però, non piace vivere nel conflitto ed è così che scopriremo che è meglio di quello che appare.

E da che parte tra Maria e Francesca Verna ti collochi tu come madre?

Su un altro piano ancora o, se vogliamo, nella linea che collega le due. Entrambe sono madri ed entrambe vogliono avere un rapporto con i loro figli grandi, un po’ come me. Oltre a ciò, non ho molto in comune con Francesca Verna, per esempio: non rifuggo la realtà o la complessità dei rapporti dal momento che cerco di sciogliere i nodi quando mi viene consentito.

Mi piace vivere in armonia con gli altri: non sempre dipende da noi riuscirci ma possiamo metterci del nostro. E non ho quindi la ruvidezza di Maria, mai avuta: sono sempre stata più morbida come madre. Anzi, Jacopo, mio figlio maggiore, mi ha più di una volta sottolineato come io sia stata ancora più morbida, forse troppo, con la sorella Greta. Ma, se sei una ciliegia, non puoi essere una pesca!

Lo hai citato: Jacopo è l’attore Jacopo Olmo Antinori. Ai giovani attori si chiede come hanno reagito i genitori quando hanno appreso la loro volontà di diventare attore. A te, attrice e insegnante di recitazione, viene spontaneo chiedere come si reagisce quando un figlio ti dice che vuol diventare attore.

In questo caso, sono io la colpevole del fatto che mio figlio ha scelto la strada della recitazione: mi metto da sola sul banco degli imputati! Jacopo ha cominciato a recitare a nove anni nella parte di Mamilio in Il racconto di inverno al Globle Theater di Roma per colpa mia: una compagnia di colleghi cercava un bambino…

E sono stata sempre io a inviare la sua foto per il provino di Io e te di Bernardo Bertolucci. Era quella volta tornato a casa con il volantino in cui si cercava un attore per quel film tratto da un libro bellissimo ma, sentito da me quanto sarebbe stato lungo il cammino con un maestro come Bernardo Bertolucci, aveva desistito all’ipotesi di presentarsi. Per una settimana, ho continuato invece io a rifletterci sopra perché sapevo che sarebbe stato perfetto per il ruolo: era nella stessa fase di vita del protagonista, del resto. Finché una sera mio marito mi disse di smettere di macerarmi e di mandare al casting una foto di nostro figlio.

All’epoca Jacopo, come tutti gli adolescenti, non si faceva fotografare volentieri. Che fare allora? Presi una foto dal suo profilo Facebook, ritagliai gli amici (una cosa terribile!) e la mandai. Dopo 24 ore, arrivò la richiesta del provino, a cui lui poi partecipò. Tuttavia, finite le riprese, ricordai a Jacopo che non era costretto a fare l’attore: doveva decidere lui cosa fare della sua vita… e oggi siamo qui a sostenerci a vicenda: spesso prepariamo i provini insieme, con lui che mi aiuta con quelli in inglese ed io che gli faccio da spalla per i suoi.

Ha continuato per la sua strada e ne sta per prendere altre: ha indirizzato la sua energia creativa anche sulla scrittura. Ha già scritto tre sceneggiature (di cui una che sta per diventare un corto che lo sta portando sulla via della regia). E in questo momento è sul set del nuovo film di una coppia di artisti contemporanei molto interessanti, i Masbedo. Com’è evidente, non rimane con le mani in mano nei momenti in cui il suo lavoro di attore lo tiene fermo. E di questo sono molto orgogliosa.

Greta, invece, ha preferito tutt’altro percorso…

Studia Economia a Bologna, dove frequenta un corso in inglese ad accesso limitato. Da un anno e mezzo sta facendo un internship in una società che si occupa di marketing connessa con l’università stessa e in cui è entrata a far parte del consiglio di amministrazione. E sono molto orgogliosa anche di lei: quando viene a trovarci, la vedo impegnata a far riunioni su Zoom come se fosse già una donna in carriera. Ed è una ragazza molto, molto in gamba.

Tra l’altro, ne approfitto per una precisazione: su internet circola il suo nome come Greta Olmo Antinori… si pensa che Olmo sia parte del cognome ma così non è: Olmo è solamente il secondo nome di Jacopo. In un primo momento, doveva essere il suo unico nome ma poi tutta la famiglia si è opposta. Volevamo chiamarlo Olmo perché, nascendo a Poggibonsi dove avevo programmato il parto in acqua, il riferimento era al film Novecento e poi perché nella famiglia di mio marito c’era tutta una tradizione di nomi particolari. Quando avevamo quasi desistito dal proposito, a pochi giorni dalla nascita, io e mio marito ci siamo ritrovati di fronte a un cartello con su scritto “Podere Olmo”: un segno del destino!

Francesca de Martini.
Francesca de Martini.

La prossima settimana va in onda su Rai 1 il film House of Gucci. Hai lavorato su quel set come dialogue coach di Salma Hayek. Che esperienza è stata?

Bellissima e divertentissima. Lavoro sui set dal 2008 come acting coach, soprattutto con i minorenni e bambini che solitamente hanno bisogno di essere seguiti, ma in questo caso ho fatto da dialogue coach. Ero in predicato per interpretare la madre di Patrizia Reggiani, interpretata da Lady Gaga: eravamo rimaste in due nella short list ma poi è stata scelta l’altra attrice perché fisicamente era più giusta di me. Una settimana dopo, però, ho ricevuto una chiamata dal casting che mi chiedeva se fossi disponibile per far aiutare Salma Hayek con l’accento italiano… dal giorno dopo! Ho detto sì e l’istante dopo ero già a registrare tutte le battute delle scene di Salma, contando sul terribile accento italiano che ha mio marito quando parla in inglese: mi son fatta leggere tutto quanto da lui (ride, ndr).

Ho lavorato molto bene con Salma Hayek, soprattutto sulla capacità di reazione alla recitazione di Lady Gaga, che ama improvvisare le battute. Provavamo le scene con accento italiano in diverse versioni e umanamente è stata un’esperienza stupenda: Salma è una persona molto simpatica e accogliente. Così come molto professionale è stata Lady Gaga: per quei pochi giorni in cui l’ho vista, non le ho mai visto fare le bizze.

Insegni in due prestigiose scuole: l’Accademia “Silvia D’Amico” e la ‘Gian Maria Volonté’.

Insegno alla ‘Volonté’ sin da quando è nata la scuola, vincendo ogni tre anni il bando. Porto avanti i ragazzi dal primo fino all’ultimo anno e con loro faccio un lavoro molto profondo, cercando di trasmettere tutto ciò che io ho imparato e imparo continuando a studiare: un attore non smette mai di scoprire. Metto loro a disposizione una serie di strumenti appresi dai vari metodi e spiego come connettersi durante la recitazione con il proprio mondo emotivo, qualcosa che tornerà poi utile nella costruzione dei personaggi.

All’Accademia, invece, insegno recitazione cinematografica, soprattutto al secondo anno. Faccio 40 ore settimanali, pochissime, durante le quali porto gli studenti davanti alla macchina da presa cercando di far vivere loro l’arco narrativo di personaggi che scelgo da film o serie tv. In questo modo, cerco di far capire loro quali sono le differenze tra i linguaggi, quali le modalità di approccio al lavoro e quali i meccanismi. Ovvero, tutto ciò che non ho imparato io quand’ero in accademia: uscendo da scuola, mi sono ritrovata nel mondo del lavoro completamente senza strumenti e costretta a costruirmeli da zero.

Provo anche a dar loro consapevolezza su come affrontare un provino o leggere una pagina scritta per renderla viva: in poche parole, trasmetto loro la mia esperienza.

E racconti mai aneddoti dei tanti set su cui hai lavorato?

Solo se ne presenta l’occasione e non sono fini a se stessi. Possono servire per spiegare come cambiano le modalità, ad esempio, di approccio tra una serie tv e un film, come diverse siano le richieste dei registi e come differente sia anche la scrittura. Sul set di un film, anche per un ruolo piccolissimo, ricordo come Bertolucci mi avvicinò per darmi indicazioni… e come quel suggerimento mi è tornato utile per creare tutto un mondo. Cosa che sul set di una serie tv, per questione a volte anche di tempo, non accade.

Phobia: Le foto del film

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