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Francesco Albanese: “Uomini da marciapiede, senza alcun pregiudizio o volgarità” – Intervista esclusiva

uomini da marciapiede film
Arriva in sala il film Uomini da marciapiede, una commedia corale di e con Francesco Albanese. Ritratto dell’Italia di oggi, la storia ha per protagonisti quattro improvvisati escort ma nasconde temi e argomenti ben più profondi, senza cadere mai nella volgarità e rivolgendosi anche agli spettatori più giovani.
Nell'articolo:

Esce oggi, giovedì 7 settembre, nei cinema Uomini da marciapiede, il film diretto da Francesco Albanese. Prodotto da Run Film e Genesis con Rai Cinema e distribuito da Altre Storie con Minerva Pictures, Uomini da marciapiede è interpretato dallo stesso Albanese con Paolo Ruffini, Herbert Ballerina, Clementino e Rocio Muñoz Morales. Ma il cast vanta anche la presenza di Cristina Marino, Fioretta Mari, Lucia Di Franco e Yari Gugliucci, oltre che la partecipazione straordinaria di Francesco Pannofino e Serena Grandi.

Al suo secondo film da regista, Francesco Albanese con Uomini da marciapiede propone una commedia corale che racconta la storia di quattro amici che, per ragioni diverse e a un passo dal baratro, scelgono di guadagnare una piccola fortuna ricorrendo al mestiere più antico del mondo. La prostituzione maschile, l’amicizia, l’amore e i buoni sentimenti fanno da sfondo alla vicenda senza che si cada mai in facili volgarità. Albanese è bravo nel tracciare il limite di ciò che è divertente e ciò che non lo è: del resto, la sua opera ha come scopo quello di fornire uno spaccato dell’Italia di oggi, con le sue eccezionalità e i suoi paradossi.

Gabriele, Gennaro, Oscar e Paco, gli uomini da marciapiede del titolo del film, diventano ognuno portavoce di una sensibilità unica anche nei confronti delle donne, permettendo di intavolare un discorso persino sulle pari opportunità e sul gender gap, come si evince dall’intervista che Francesco Albanese ci ha rilasciato in esclusiva.

Napoletano doc, Albanese è un volto riconoscibile della tv. Il pubblico di Made in Sud sa benissimo chi è per via della sua mitica imitazione del Christian Grey di Cinquanta sfumature di grigio. Ma non c’è solo la tv nel curriculum di Albanese, che già da adolescente sognava di fare il cabarettista, un lavoro che ha condiviso agli esordi con l’amico e collega Alessandro Siani, con cui presto tornerà a far coppia.

Intervista esclusiva a Francesco Albanese

Chi sono i quattro protagonisti di Uomini da marciapiede, il film di cui sei regista e interprete insieme a Paolo Ruffini, Herbert Ballerina e Clementino?

Sono quattro squattrinati che non hanno un euro e che per recuperare una proprietà di famiglia decidono di mettersi sul marciapiede ed esercitare il mestiere più antico del mondo per donne sconsolate per via dei loro mariti che seguono gli europei di calcio. Mentre i mariti guardano le partite in tv, le mogli, compagne o fidanzate escono e vanno a divertirsi a pagamento con i quattro (a cui presto vorranno aggiungersi anche altri).

I quattro uomini da marciapiede sono del tutto differenti tra di loro. E sono interpretati da quattro attori, incluso te, che poco hanno in comune. È stato facile farli convivere da un punto di vista attoriale?

È la solita frase che si dice ma ci siamo molto divertiti nel girare il film. Non voglio fare il nome (non mi piace fare la spia) ma c’è chi nella vita fa il cantante e si presentava sul set lasciandosi andare all’improvvisazione (ride, ndr). Tanti espedienti, situazioni o battute, sono nati sul momento. E spesso ci si scambiava anche le battute: “è meglio che la dici tu anziché io”. Eravamo in un’atmosfera tra amici e non è stato difficile integrarci.

E quindi hai gestito anche Herbert Ballerina? Mi ha fatto impazzire per un’intervista legata a LOL 3

Luigi (vero nome di Herbert Ballerina, ndr) è uno dei ragazzi più disponibili e adorabili che io abbia mai conosciuto. Sul set, è un professionista sempre al servizio della storia. Herbert Ballerina è poi ben altra cosa (ride, ndr).

E vi siete divertiti anche a giocare inserendo nella storia riferimenti che esulano dalla sceneggiatura stessa ma che uno spettatore attento può cogliere. Con ironia, il personaggio di Paco ha una sua caratteristica fisica che è l’esatto contrario di ciò che i giornali di gossip riportano su Clementino. E a Serena Grandi fai interpretare un personaggio che di nome fa Miranda, come quello di Tinto Brass che l’ha resa celebre…

Con Clementino abbiamo parlato della caratteristica di Paco e siamo stati d’accordo nel giocare ribaltando il mito che lo riguarda. Lo stesso è accaduto con Serena Grandi: abbiamo ricordato quello che è sicuramente uno dei suoi film più iconici e impresso nella mente di tutti.

E del citazionismo non si può non cogliere nel personaggio dello zio Leonardo interpretato da Francesco Pannofino.

Lui è un po' il nostro Mr. Wolf (il riferimento è al personaggio di Pulp Fiction): i quattro uomini da marciapiede chiamano zio Leonardo per farsi insegnare un po' le basi del mestiere. Basi che alla fine i quattro comprendono, come vediamo nel finale con la sua chiusura sentimentale. Francesco Pannofino è un attore straordinario al pari della persona.

Oltre a Serena Grandi e Fioretta Mari (nei panni di un’irresistibile nonna siciliana), nel cast di Uomini da marciapiede ci sono, anche per ovvie ragioni di sceneggiatura, tantissime donne. Tra loro spiccano Rocio Muñoz Morales nei panni della poliziotta e Cristina Marino in quelli della moglie di Paolo Ruffino. Sono nella vita reale le compagne di due attori come Raoul Bova e Luca Argentero. Scherzando, non è che volevi loro come “uomini da marciapiede” e non potendo hai ripiegato sulle consorti?

Stanno con due degli uomini più belli d’Italia, per loro ora era arrivato il momento di stare con gli uomini più brutti: è questo il motivo per cui le ho chiamate (ride, ndr). Rocio e Cristina sono due bravissime attrici che si sono prestate alla storia capendone le intenzioni comiche e mettendosi in gioco senza risparmiarsi in nulla.

Il poster del film Uomini da marciapiede.
Il poster del film Uomini da marciapiede.

Capire le intenzioni della storia alla base del film Uomini da marciapiede era importante. I quattro protagonisti scelgono la strada in maniera autonoma. È vero che Gabriele, il personaggio interpretato da te, ha un grosso debito da ripagare ma nessuno li costringe a prostituirsi: è frutto di una loro libera scelta, come accade anche per le donne.

In Uomini da marciapiede ho voluto mettere sullo stesso piano uomini e donne. Come gli uomini spesso scelgono di andare a divertirsi con le escort, anche le donne sono libere di farlo senza che per tale motivo piombi addosso a loro nessun tipo di pregiudizio. Perché se lo fa un uomo è lecito e nel caso in cui lo fa una donna necessariamente dobbiamo applicare un’etichetta? Il piacere non ha distinzioni: sarebbe stupido pensare che le donne non hanno esigenze pari a quelle degli uomini. Non devono e non possono essere giudicate, così come non si giudicano gli uomini.

In più, si sottolinea come spesso a essere sbagliati nelle relazioni siano proprio gli uomini: le donne che nel film escono e si rivolgono ai nostri uomini da marciapiede lo fanno anche perché vanno alla ricerca di attenzioni che i loro compagni hanno smesso di darle o non hanno mai loro dato. Non cercano solo sesso ma anche ascolto e attenzione almeno per un’ora.

La commedia da sempre riflette in maniera divertente su un tema serio, come accade anche nel caso del tuo film. Si parla di sesso senza scadere mai nel triviale. È stato difficile non cedere alla tentazione della volgarità?

No, non è stato difficile. C'era un'idea su cosa raccontare e volevamo portare anche i bambini a vedere il film, toccando un argomento abbastanza “hot” ma in maniera delicata. E nel nostro piccolo ci siamo riusciti. Ad alcune anteprime c'erano tanti piccoli e giovanissimi spettatori: hanno visto il film e si sono divertiti: c’è Herbert Ballerina, ad esempio, con un personaggio colorato, quasi personaggio animato per cui anche i genitori dopo erano contenti.

Uomini da marciapiede è il tuo secondo film da regista. Arriva quasi dieci anni dopo Ci devo pensare. Perché così fate tempo tra una storia e l’altra?

Sono stato impegnato con Made in Sud e con il teatro. Sono tornato alla regia perché avevo questa storia da raccontare e mi premeva farlo. Ci sono riuscito, non è stato facile però ce l’ho fatta a girarlo e portarlo in scena.

Qual è la difficoltà più grande nel dirigere se stessi?

Quando si dirige gli altri, si è più attento a ciò che ti accade intorno che a te stesso. Di conseguenza, quando dirigi te stesso, fai un po' più fatica. Però, se hai le idee chiare sul da farsi, i dubbi si dileguano.

Uomini da marciapiede: Le foto del film

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Nei titoli di testa leggiamo un ringraziamento ad Alessandro Siani, con cui hai cominciato il tuo percorso artistico.

Alessandro grazie alla sua esperienza e ai suoi anni di lavoro mi ha dato una grandissima mano. Ho voluto che il suo nome fosse nei titoli di testa proprio perché le persone lo leggessero.

È anche sinonimo di come le amicizie possano perdurare nel tempo al di là dei percorsi diversi che si scelgono…

Io e Alessandro ci conosciamo da quando entrambi avevamo 15 anni. Oggi di anni ne abbiamo quasi cinquanta: lascio fare i calcoli a voi. Ne abbiamo attraversate tante, eppure siamo ancora qui: da dicembre torneremo insieme a teatro riproponendo un vecchio spettacolo portato in scena vent’anni fa, Fiesta, il titolo da cui è iniziato un po’ tutto.

Da napoletano hai scelto di girare un film non a Napoli ma in Umbria.

È una scelta consapevole. Spesso quando si gira un film a Napoli, lo si definisce quasi sminuendolo un film napoletano, come se non fosse italiano. Ed è questa la ragione che mi ha portato a girare altrove, in una splendida location come la cittadina umbra di Todi, dove si incontrano personaggi con accenti diversi, come lo spagnolo o il toscano (c’è ovviamente una spiegazione per ognuno).

Com’è stata, invece, la tua adolescenza a Napoli?

Sono cresciuto nel centro di Napoli, nel cuore della città. Tutte le volte che vedo un bambino, gli auguro di avere un’infanzia e un’adolescenza come la mia: meravigliosa. Come sta accadendo un po’ ovunque e non solo a Napoli, mi rendo conto che ci siamo lasciati andare: la nuova generazione di genitori è diversa da quella che abbiamo avuto noi. Noto troppo lassismo, ragione per cui si creano anche situazioni assurde e al limite. Non sono di certo per le maniere forti ma occorrerebbe dare ai figli regole e disciplina e non giustificare comportamenti che di giustificabile hanno ben poco.

Lo hai anticipato prima: Uomini da marciapiede è un film con una chiusura sentimentale: “L’amore è la cosa più contagiosa”. Cos’è l’amore per Francesco Albanese?

Esistono tanti tipo di amore, non ce n’è soltanto uno. Ma tra questi l’amore per i figli è qualcosa che non è paragonabile a nessuna delle altre forme. Sono padre di una ragazza di quindici anni e l’amore che ho per lei è unico e non paragonabile a quello che si può avere per un compagno o una compagna.

Da maschio eterosessuale cisgender quale sei, mi fa piacere la tua osservazione inclusiva su “compagno o compagna”.

L'amore non ha sesso: qualsiasi persona tu voglia amare, del tuo sesso o del sesso contrario, per me è uguale. L’importante è che ci sia l'amore e che ci sia il rispetto: per me è fondamentale.

Hai nel tuo percorso fatto tanta televisione ma poco cinema. Cosa ti ha dato la tv che il cinema non dava?

La tv mi ha permesso di conoscere tanti amici: a Made in Sud eravamo una grande compagnia di attori cabarettisti. Di cinema ne ho fatto poco, ho partecipato a vari film ma in piccoli ruoli. Aspetto di vedere se Uomini da marciapiede piacerà ma intanto sono contento di averlo potuto fare e di essere tornato un po’ a quella che è la mia casa madre. Il resto non mi interessa: non ho mai inseguito il successo o la popolarità.

Cos’è la comicità per Francesco?

La comicità è la mia compagna di vita. Come tutti i comici, sono naturalmente alla ricerca della bella battuta: a volte riesco a trovarla, altre volte no.

Si dice che il comico per far sorridere debba fare appello alla sua parte più drammatica. Qual è la tua?

Beh, vi farei vedere le bollette da pagare: sono il lato più drammatico della mia vira (ride, ndr). Tutti noi abbiamo un lato drammatico ma in scena siamo chiamati a indossare una maschera o un costume e a lasciare la nostra vita dietro la tenda.

A 15 anni hai conosciuto Siani. È stato allora che hai capito che volevi far l’attore?

No. L’ho capito quando ho realizzato che non potevo fare il calciatore: era quello il mio sogno da bambino. C’è stato un momento preciso in cui ho cominciato a desiderare di far l’attore. Era all’incirca il 1992 o il 1993 e mio fratello prese i biglietti per andare a vedere al cinema Quattro matrimoni e un funerale, un film meraviglioso. Eravamo ragazzini, ci sedemmo e rimasi folgorato dalla storia e dagli attori: mi dissi che avrei potuto fare anch’io la stessa cosa.

Ed è stato facile farla?

Non è stato facile e non lo è: ci sto ancora provando. È un lavoro che non sempre dipende solo da te. Spesso dipende dagli incontri e dalle persone di cui ti accerchi. Non credo molto a chi dice di avercela fatta da solo: quella di attore è una professione che prevede dietro il lavoro di altre persone che ti danno una mano.

E i tuoi sono stati felici della tua scelta?

Quando hanno visto che far l’attore mi permetteva di guadagnare e mantenermi da solo, mi hanno permesso tranquillamente di proseguire per la mia strada. Ai primi soldi portati a casa mi hanno però chiesto se li avessi guadagnati onestamente: sono figlio di operaio e contava più l’onestà che altro.

Hai capito che non potevi fare il calciatore ma non hai mai smesso di seguire il calcio. Sei reduce dallo scudetto del Napoli, come vedi questo campionato appena iniziato?

Domenica scorsa il Napoli ha giocato in campo con la maglia nera… e quest’anno la situazione è uguale al colore della maglia. Ci siamo però tolti una bella soddisfazione: abbiamo finito di festeggiare lo scudetto un quarto d’ora fa! Spero dii sbagliarmi ma le premesse mi sembrano molto diverse dall’anno scorso.

Perché chi va al cinema oggi dovrebbe optare per Uomini da marciapiede anziché per film come Barbie o Oppenheimer?

Ragazzi, abbiamo un mutuo da pagare: non penso che dati alla mano Margot Robbie o Christopher Nolan abbiano la stessa esigenza. Dateci quindi una mano! (ride, ndr). Accompagneremo il film in sala per vedere la reazione dal vivo della gente e per ridere insieme a loro: già alle anteprime abbiamo avuto modo di capire come le persone ridano molto. E non c’è cosa più bella per chi un lavoro lo ha realizzato.

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