Francesco Frank Lotta è alla guida della sua bici nel vodcast su Mediaset Infinity Ci andiamo in bici? – Viaggio alla scoperta della sostenibilità ambientale, in cui incontra sei differenti ospiti speciali per parlare di vita rurale, conservazione dei mari e biodiversità animale, ma anche cambiamento climatico e transizione energetica, arrivando fino all’esplorazione spaziale.
Disponibile con una nuova puntata ogni lunedì, a partire dal 9 ottobre, Ci andiamo in bici?, prodotto da Hub4Brand per Mediaset Infinity (con il coinvolgimento di BMW Italia), traccia la rotta per un futuro più responsabile grazie anche a Francesco Frank Lotta, che porta con sé tutta l’esperienza accumulata sia come conduttore di Radio Deejay sia come appassionato di on the road e di tematiche ambientali.
In ogni episodio di Ci andiamo in bici?, Francesco Frank Lotta va alla ricerca di testimonianze e di risposte sulla possibilità di uno sviluppo sostenibile che non penalizzi le future generazioni. Nelle sei puntate, in sella alla sua bici Frank traccia una traiettoria su come sta cambiando la sensibilità nel nostro Paese sui temi della sostenibilità, e lo fa in ascolto e dialogo con i suoi ospiti, per provare a comprendere se i comportamenti e le abitudini possono cambiare, se lo straordinario può trasformarsi in ordinario abbracciando una filosofia di vita più rispettosa dell’ambiente.
Abbiamo intervistato Francesco Frank Lotta per farci raccontare il vodcast e per fare il punto sulla sensibilità che serve per affrontare, prima di tutto, la crisi climatica, sempre più urgente e presente. Ma non potevamo non chiedergli dei suoi viaggi in solitaria e della sua ormai storica prima volta in solitaria del Cammino di Santiago.
Intervista esclusiva a Francesco Frank Lotta
Come nasce Ci andiamo in bici?, il vodcast in sei puntate disponibile su Mediaset Infinity?
La risposta è molto semplice. Ho sempre visto le manifestazioni dei ragazzi di Friday for Future a Milano da lontano perché puntualmente ero impegnato in altre attività. Ho potuto però andare fisicamente a una delle ultime e ho provato una forte emozione di fronte a tanti ragazzi così giovani che manifestavano: mi sono commosso. In mezzo a loro, mi sono sentito terribilmente stupido di fronte al loro impegno.
Chi ha la fortuna di fare un mestiere come il nostro con un potente mezzo di comunicazione a disposizione (microfono, video camera, smartphone o social che sia), ha la possibilità di parlare a tante persone. Mi sono allora chiesto se nel mio piccolo non potessi fare qualcosa anch’io per cercare di dare una mano a far capire a quale futuro sta andando incontro il nostro pianeta e a porre l’accento su quella che ormai non è più cambiamento ma una crisi climatica vera e propria?
Rendendomi conto di essere particolarmente ignorante in materia perché mi mancava tutta quella parte di spiegazione anche semplice sulle varie tematiche, ho proposto ai ragazzi di Hub4Brand e di BMW l’ipotesi di realizzare una serie di interviste a esperti, amici divulgatori scientifici, a cui porre loro quelle domande semplici a cui nemmeno io so trovare risposta per capire cosa sta accadendo. Chiaramente, non potevo che raggiungerli in bici: mi sembrava naturale farlo. Dal momento che percorriamo anche grandi distanze e io non sono un atleta o uno sportivo professionista, alla bici abbiamo anche associato un’auto elettrica con cui muoverci.
Partecipando ai Friday for Future, hai avuto modo di vedere quanto interesse ci sia tra i millenial per l’ambiente. Cosa pensi che abbia invece sbagliato la tua generazione nell’approccio con il tema?
Non mi permetterei mai di sedermi sullo scranno e dare dei giudizi o avanzare teorie universali. Posso però portare la mia personale riflessione dal mio piccolo punto di vista. La mia generazione a sedici anni pensava a giocare con un pallone per strada e a cazzeggiare: avevamo altri riferimenti.
I sedicenni di oggi inseguono invece grandi ideali e, solo a dirlo, mi viene la pelle d’oca. È una roba molto forte: si occupano di collettività e non di interessi personali sullo sfondo di una società patriarcale e maschilista che si è diventati pian pianino sempre più dediti al perseguimento del proprio tornaconto. Ci stanno dicendo che c’è qualcosa di più grande e più importante di cui prendersi cura: il nostro piccolo pianeta andrà avanti anche senza di noi e, quindi, il loro prendersene cura è una rivendicazione del futuro. È come se i ragazzi di oggi ci dicessero “dateci un futuro che non sia fatto di una macchina bella, di un lavoro figo e di tanti soldi, ma da un ambiente sereno in cui vivere: è un pugno in pancia a tutti noi.
Dove ha sbagliato la mia generazione, non lo so. Ma di sicuro è stato tutto frutto di una particolare contingenza in cui la crescita economica era il primo imperativo: si pensava solo a “fatturare”, come direbbe un milanese.
Sei incontri differenti segnano le sei puntate del vodcast. Il primo intervistato non ha bisogno di presentazioni: lo scrittore Paolo Cognetti…
Scegliere Paolo è stato semplice e naturale: sono felicissimo di poter dire che siamo amici. Per me, Cognetti rappresenta il punto di vista diverso rispetto alla banalità che può venire fuori quando si parla di crisi climatica, soprattutto nei salotti televisivi, dove si cerca di creare sempre quei contrasti con i negazionisti che diventano estremamente banali. Paolo e il suo punto di vista permettono di vedere le cose in maniera differente perché, oltre a essere una persona di immensa cultura, può parlare con cognizione di causa di montagna, luogo a cui sono particolarmente affezionato a livello personale ma che è la cartina tornasole di tutto quello che sta accadendo.
Gli incontri poi proseguono con Mariasole Bianco (scienziata esperta di conservazione dell’ambiente marino e divulgatrice naturalistica) e Mia Canestrini (naturalista, zoologa, ricercatrice e conduttrice televisiva e radiofonica). Due scienziate donne, e non è poco.
Una delle priorità che ci siamo dati nel pensare agli incontri è stata quella di distribuire in maniera equa il genere di appartenenza degli intervistati. Si parla tanto di inclusività ed equiparazione dei generi ma nei fatti poi la realtà è spesso differente: il nostro intento era quello di avere tre donne e tre uomini, volevamo un 50 e 50 ma per tutta una serie di motivazioni alcune divulgatrici non hanno potuto esserci per via di altri loro impegni.
Mariasole Bianco e Mia Canestrini sono due punti di riferimento imprescindibili per quanto riguarda le loro branche di riferimento. Abbiamo pensato a questo nostro viaggio dedicandolo a sei macrosfere differenti: la montagna, il mare con la sua biodiversità, la biodiversità animale sulla terraferma, il pianeta Terra visto dallo spazio, la meteorologia e la transizione elettrica.
Quello della biodiversità animale è un argomento alquanto spinoso, se pensiamo a come negli ultimi tempi si sia tornati a parlare prepotentemente di cinghiali, lupi e orsi. L’idea invece di raccontare la crisi ambientale a partire dallo spazio non poteva che essere associata a Luca Parmitano, astronauta della cui amicizia posso vantarmi: sono entusiasta ancora oggi di poter prendere il telefono e chiamarlo dopo aver condiviso con lui un’esperienza pazzesca la prima volta che è andato sulla stazione orbitale. Luca è uno dei pochi che ha ovviamente visto dall’alto quello che è in corso.
Di meteorologia ma non solo parla Luca Mercalli, che prova a spiegarci la crisi climatica con un linguaggio molto semplice: se l’ho capito io, vuol dire che è comprensibilissimo ciò che dice! Di transizione elettrica parla infine Nicola Armaroli, che si ha spiegato come l’elettrificazione sia una soluzione concreta che tutti quanti dobbiamo attuare immediatamente senza aver alcun tipo di paura.
Qual è la cosa pratica da fare subito che hai appreso ascoltando i sei esperti?
Ho imparato che sono le cose più stupide, semplici e piccole che poi danno risultati su grande scala. Personalmente, tre anni fa ho fatto un grande sacrificio: sono passato all’auto elettrica, anche se non ne avevo fisicamente bisogno. Qualcuno dirà che l’ho fatto perché potevo permettermelo ma quando c’è una crisi in corso non si tratta di poterselo permettere… si tratta semmai di fare un sacrificio, come ha anche ribadito Luca Mercalli con un esempio calzante e lampante: se un medico ti diagnostica un problema molto serio, rifiuti la cura da seguire? E solitamente le cure richiedono sacrifici.
Ho imparato che i sacrifici, anche piccoli, occorre farli. Andare al lavoro in bici o con un mezzo sostenibile, anche se richiede fatica, per esempio potrebbe essere un buon primo passo. Anziché muoversi per piccoli spostamenti in macchina, si può tranquillamente pedalare e, se non si può fisicamente farlo, basta anche una bici a pedalata assistita.
Sei di origini pugliesi. Di strade nei percorse tante. Noti delle differenze geografiche nell’approcciarsi alla crisi climatica e al rispetto per l’ambiente in generale?
Sì, purtroppo sì. E sono legate alla cultura e alla diffusione delle informazioni. Proprio Cognetti sottolinea come per certi versi siano più ecologiche le grandi città che i piccoli paesini. Basti pensare alla raccolta differenziata che, man mano ci si allontana dai grandi centri, diventa sempre più complessa da gestire. Quindi, anche in questo caso, ritorniamo a quanto dicevo all’inizio: occorre favorire la diffusione della corretta informazione e chi come me fa un lavoro comunque “visibile” ha il dovere tra una battuta e l’altra di lanciare qualche messaggio utile. Arrivano: da una settimana, sono in Puglia per lavoro ma ho notato che anche al sud, solitamente additato come bestia la nera, il rispetto per l’ambiente sta aumentando. Vedo molte differenze rispetto a quando ero piccolo io…
E, in questo, grande lavoro dovrebbero fare anche le istituzioni…
È difficile che lo facciano perché anche in loro regna la confusione. Basti vedere i messaggi pericolosi che si sono lanciati gli scorsi giorni sui mezzi elettrici senza l’accompagnamento di dati statistici per avvalorarli. Se si ricorresse alle giuste informazioni, ad esempio, si scoprirebbe come gli incidenti legati ai mezzi elettrici abbiano un’incidenza molto bassa rispetto a quelli legati ai mezzi a combustione, la cui percentuale raggiunge quote molto più alte. Come fa notare anche Luca Mercalli, per dire una stupidata occorrono tre secondi mentre per apportare una smentita serve molto più tempo. Quindi, ricorderei sempre di fare molta attenzione all’attendibilità delle affermazioni o delle informazioni con cui si entra in contatto.
Sei noto per essere anche un grande viaggiatore in solitaria. Cosa prova un uomo ad affrontare migliaia di chilometri da solo?
A me i viaggi da solo servono per ricaricare le batterie e il mio pensiero. Tutto si concentra e si riduce alle cose essenziali: la sveglia, cosa devo mangiare, un po’ di attività fisica… e poi il resto è lasciato al caso e all’incontro con gli altri viaggiatori, alle persone a cui prestare aiuto o da cui riceverne lungo la strada. Quando si viaggia da soli, occorre avere l’umiltà di chiedere aiuto quando si è in difficoltà: si conosce la gente del posto, che ha sempre qualcosa da raccontarti, e si relaziona soprattutto con quegli anziani che da noi abbiamo invece relegato a un angolino dimenticando che hanno una vita alle spalle. La solitudine si trasforma in apertura verso gli altri: tutto ciò quando viaggi in compagnia difficilmente accade perché le conservazioni si limitano al gruppo stesso.
Cosa ti ha lasciato il cammino di Santiago? Cosa è cambiato dopo la mia vita?
Tutto. Perché è da quell’esperienza che è nato Deejay in the road, il programma che conduco su Radio Deejay. Non è una risposta di comodo e non sono un paraculo ma ho realmente realizzato quello che all’epoca era il sogno della mia vita: ritrovarmi da speaker a condurre una trasmissione nella radio più importante d’Italia. Tornato dal cammino, ho raccontato alla Linus la mia esperienza e come volevo usarla e dal suo sì ho cominciato a fare un tipo di radio del tutto diverso, non più di intrattenimento.
Ma ho anche rallentato i miei ritmi e capito che tutta quest’esigenza di “dover fare” che ci circonda non fa che complicarci l’esistenza. È invece tutto molto più semplice quando la notte sei felice di fare solo le cose che ti piace veramente fare. E quando capita è un enorme traguardo.
Tra le tante storie che hai raccontato ce n’è una che ancora tieni solo per te?
Sì, ma… non chiedermi di raccontartela: la tengo, appunto, per me!