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Francesco Zenga: “La storia, il mio debutto come attore” – Intervista esclusiva

francesco zenga la storia serie tv rai 1
TheWom.it incontra Francesco Zenga, il giovane attore che affianca Jasmine Trinca nella serie tv evento di Rai 1 La storia. Nel racconto, tratto dal romanzo di Elsa Morante, interpreta Nino, il figlio maggiore della maestra Ida Ramundo, vedova Mancuso.

Da lunedì 8 gennaio vedremo Francesco Zenga nei panni di Nino nella serie tv di Rai 1, La storia (prodotta da Picomedia), tratta dall’omonimo romanzo di Elsa Morante, considerato un romanzo miliare della letteratura del Novecento. Per Francesco Zenga, scoperto per caso in un bar dal suo agente Matteo Cruciani (Luisa Mancinelli Management), la serie tv di Rai 1 rappresenta una tappa fondamentale del suo percorso l’attore e della sua storia personale: è il suo debutto, a tutti gli effetti.

Un debutto che Francesco Zenga non vive oggi con particolare ansia o frenesia. Campano, nato lo stesso giorno di Marcello Mastroianni (il 28 settembre) e fresco di ammissione al Centro Sperimentale di Cinematografia, ha dovuto per le otto puntate dirette da Francesca Archibugi affrontare più di una sfida: da figlio unico, ha dovuto scoprire cos’è l’amore fraterno, ad esempio. Ma non solo: ha dovuto imparare a relazionarsi con i cani e a rapportarsi con colleghi che avevano maggiore esperienza sulle spalle.

Di una cosa, tuttavia, Francesco Zenga è certo: un passo alla volta e con lo sguardo rivolto al presente. Per capire chi è il Nino della serie tv di Rai 1 La storia e chi è Francesco Zenga, TheWom.it lo ha incontrato per quella che è a tutti gli effetti una delle sue prime interviste. È colpito dal nostro interesse e forse è proprio per questo che Francesco Zenga ci ha regalato la sua storia, non solo quella di cui è protagonista per la serie tv di Rai 1.

Francesco Zenga (foto di Silvio Cuofano).
Francesco Zenga (foto di Silvio Cuofano).

Intervista esclusiva a Francesco Zenga

“In realtà, dovremmo essere parenti alla lontana: il nonno di mio padre e quello di Walter erano cugini o qualcosa del genere”, scherza subito Francesco Zenga, il Nino della serie tv di Rai 1 La storia, quando per rompere il ghiaccio gli chiedo se abbia legami di parentela con il mitico portiere che porta il suo nome.

Originario di Nocera Inferiore, in provincia di Salerno, ma con padre napoletano che si è traferito a Roma (“devo a lui l’accento romano che si sente nella serie”), Francesco Zenga è alla sua prima prova come attore. Non aveva mai recitato prima e non si aspettava che la recitazione sarebbe entrata così presto nella vita.

Gli faccio subito notare come, andando a rivedere la precedente versione di La storia, presente su RaiPlay, somigli in maniera quasi impressionante all’attore che nel 1986 ha interpretato il suo stesso ruolo, Antonio Degli Schiavi. “Due giorni dopo aver saputo di essere stato scelto per Nino, sono andato a vedere il primo episodio di La storia di Comencini e mi sono rivisto nei suoi modi di fare: mi ricordavano qualcosa di me. Ma non sono stato il solo a notarlo: anche mio padre ha notato certe somiglianze”, racconta. Segno che Elsa Morante era stata così brava nel dettagliarlo che registi differenti come Luigi Comencini e Francesca Archibugi sapevano cosa e chi cercare per il ruolo.

Chi è Nino dal tuo punto di vista?

Nella prima fase della storia, quella che comunque preferisco, Nino è per me un modello da prendere in parte come esempio. È vero che è comunque un giovane un po’ ribelle, che commette qualche piccolo reato e ha una relazione particolare con la madre (il loro è un legame che andrà a risolversi con il passare del tempo), ma è anche vero che ha un modo di vivere la vita insolito per l’epoca in cui è inserito: la vive con leggerezza, qualcosa che in quel periodo non era facile avere per via dei bombardamenti e della guerra in genere. Nonostante tutto quello che lo circonda, Nino ha sempre il sorriso stampato sul volto: sorride anche nei momenti più brutti… è una piccola lezione che dovremmo seguire tutti: al di là delle difficoltà, nella vita dovremmo guardare sempre il lato positivo e sorridere.

Nei primi due episodi della serie tv La storia, in onda su Rai 1 l’8 gennaio, Nino fa una precisa scelta aderendo al fascismo. Tuttavia, non è una scelta da connotare politicamente.

Aderisce alle camicie nere senza avere la minima idea di cosa sia il fascismo. Ha semplicemente i requisiti fisici e morali che il fascismo richiedeva: è un ragazzo pieno di euforia ed energia.

Con Nino condividi la stessa leggerezza. Cosa vuol dire per te “leggerezza”?

Come dicevo prima, prendere con il sorriso anche i momenti più bui che ci si presentano davanti ma anche vivere la vita momento per momento, senza preoccuparsi del futuro.

Un po’ come stai vivendo tu la recitazione, arrivata nella tua vita in maniera inaspettata mentre frequentavi il quarto anno di liceo scientifico e sei stato notato da Francesca Archibugi.

Devo tutto a Francesca Archibugi, che mi aiutato molto in fase di preparazione del personaggio per appropriarmene e sentirlo mio. Non ho dovuto fare chissà quali ragionamenti: quello che ho restituito è il Nino che ho immaginato ma la preparazione mi è stata utile per capire quale fosse il periodo storico in cui vive e quali fossero le condizioni dei ragazzi. Ho fatto delle ricerche per conto mio ma mi ha aiutato anche lo studio della storia a scuola. Anche perché un ragazzo come me, ancora liceale e alla sua prima esperienza, non è che sappia ancora come prepararsi bene per affrontare un personaggio: ricorre semmai alle poche armi che ha a disposizione (sorride, ndr).

Ma sognavi di diventare un giorno attore?

Sì, ma non così velocemente: è successo tutto senza che me ne rendessi quasi conto. Ero entrato nella mia agenzia nel novembre 2021 e quattro mesi dopo sostenevo già il provino per La storia. A giugno 2021 mi hanno confermato di essere stato preso… sono stato letteralmente “buttato dentro una lavatrice”, come mi diceva la stessa Archibugi, aggiungendo che da quel momento in poi erano “cavoli miei”, nel senso che spettava a me dare il meglio di ciò che potessi per un ruolo così impegnativo. Devo ammettere che però non è stata traumatica come esperienza: è stata semmai bella e basta.

Pensavo di far l’attore dopo aver finito il liceo, era una possibilità che non mi prospettavo a 17 anni ma è andata così. Come si dice dalle mie parti, il treno passa solo una volta nella vita e lo si prende, senza pensarci troppo sopra.

Francesco Zenga e Mattia Basciani nella serie tv di Rai 1 La storia.
Francesco Zenga e Mattia Basciani nella serie tv di Rai 1 La storia.

Ricordi cosa hai provato il primo giorno di set?

Ero un po’ impaurito: era tutto nuovo per me. Insieme a Mattia Basciani che interpreta mio fratello Useppe, tra i personaggi principali eravamo gli unici esordienti mentre gli altri, chi più chi meno, avevano esperienze alle spalle. Temevo che gli altri potessero mettermi alla prova per vedere cosa fossi in grado di fare ma fortunatamente così non è stato: mi hanno tutti messo subito a mio agio e questo mi ha aiutato molto. Per me, il set era un po’ come il paese dei balocchi… era tutto molto figo, dalle scenografie ai costumi e al pick up che veniva a prendermi. Vedevo tutto per la prima volta con una prospettiva diversa.

Nei momenti di difficoltà che possono essersi presentati, chi ti è stato più vicino?

Non c’è stato qualcuno in particolare, tutti mi erano molto vicini ma, proprio perché avevamo molte più scene insieme e si era creata maggior confidenza, Jasmine Trinca è colei che mi ha sostenuto maggiormente. Ma potrei citare anche Valerio Mastandrea ed Elio Germano: con il primo, ci siam fatti insieme molte risate, Valerio manteneva alta la verve comica sul set durante le pause. E, ovviamente, Francesca Archibugi che, come una mamma, mi è stata vicino seguendomi in ogni scena passo dopo passo.

Hai letto il romanzo di Elsa Morante prima di cominciare a girare o ti sei limitato alla sceneggiatura?

Mi sono fermato alla sceneggiatura per timore di farmi influenzare poi sul lavoro che sarei andato a fare. Mi sono però promesso che, una volta trasmessa la serie tv, leggerò il romanzo, come dovrebbero fare tutti i ragazzi di oggi: rappresenta un mezzo per riflettere anche su molte questioni attuali, dalla condizione femminile alla guerra.

Francesco Zenga (foto di Silvio Cuofano).
Francesco Zenga (foto di Silvio Cuofano).

In La storia, Nino ha un rapporto molto particolare con la madre Ida. Hai cercato di riportare nel personaggio qualcosa del rapporto che tu hai con tua madre?

Sì, almeno è quello che mi ha detto mia madre. Quando ha visto i primi due episodi in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, mi ha detto di aver visto in scena non Nino ma il Francesco di tutti i giorni, anche se non mi comporto proprio come il mio personaggio… sono molto legato alla mia famiglia. I miei sono separati ma ciò non ha impedito che io, mia madre e mio padre stringessimo un legame molto forte.

Quindi, al contrario di Nino, sei figlio unico… A cosa hai fatto appello per costruire il bellissimo rapporto di amore che Nino ha con Useppe?

All’amore. Per me, il loro legame ha rappresentato una delle sfide principali sul set. Non sapevo a cosa avrei dovuto fare appello ma l’ho capito quando anche fuori dalle scene si è creato un rapporto di reciproco amore fraterno tra me e i due attori che impersonano Useppe, Mattia Basciani e il piccolo Christian Liberti. Con Mattia in particolare, con cui ho condiviso molti momenti del racconto, e con la sua famiglia abbiamo mantenuto i rapporti anche dopo la fine delle riprese: ci vogliamo davvero bene come fratelli e abbiamo riportato in scena ciò che ci unica anche a luci spente.

Come ha reagito tua madre quando le hai detto che eri stato scelto per il ruolo di protagonista di un progetto internazionale così importante come La storia?

È stato un problema dirglielo (ride, ndr). Mia madre è una donna dalle emozioni forti. Per evitare che le prendesse un colpo, non sono stato io a dirglielo ma mio padre: è andato in ufficio da lei e le ha comunicato la notizia. Io gliel’ho solo confermata. Ma anche a riprese cominciate non è che capisse effettivamente cosa stessi facendo finché un giorno non ho deciso di portarla con me sul set e solo da allora ha iniziato a realizzare cosa io stessi facendo o di cosa stessi parlando. Ancora oggi non so se ha realizzato il tutto: mi manda un messaggio ogni volta che vede lo spot in televisione!

La storia va avanti per un paio di anni e vedremo un Nino cresciuto, un giovane adulto con tanto di baffi. Che effetto ti ha fatto proiettarti in un’età che non è la tua?

È stato strano… c’è stato un bel lavoro da parte della truccatrice e della sua squadra. Ho stretto un bel rapporto anche con loro: lo spettatore solitamente è portato a pensare che un attore stringa rapporti solo con i colleghi o con chi sta in regia e, invece, no. Si stringono bei rapporti anche con coloro che stanno dietro le quinte, dagli operatori ai truccatori agli sceneggiatori. Mentre giravamo La storia, avevamo sempre al nostro fianco truccatori, parrucchieri, costumisti e ogni altro comparto tecnico, senza i quali non potevamo essere chi siamo in scena.

Francesco Zenga con Mattia Basciani e Romana Maggiora Vergano.
Francesco Zenga con Mattia Basciani e Romana Maggiora Vergano.

Da giovane adulto, Nino si relaziona con la fidanzata Patricia. A interpretarla è Romana Maggiora Vergano, per tutti ormai la “figlia” di Paola Cortellesi in quel gioiello che è C’è ancora domani.

Interpretare un Nino più maturo mi ha permesso di scoprire molto su me stesso. Mi sono messo in gioco con un personaggio che cambia: assisteremo a un’evoluzione del personaggio, a una maturazione che mi ha portato a maturare insieme a lui. Romana Maggiora Vergano è una ragazza davvero in gamba: è stata molto brava e carinissima nei miei confronti. Ed è stato un piacere girare quelle scene insieme: sono contento del successo che sta riscontrando grazie al film di Paola Cortellesi, se lo merita tutto.

Oltre che con personaggi umani, Nino si relaziona anche con due cani su cui riversa tutto il suo amore: Blitz e Bella. Com’è stato lavorare con loro?

Difficile, devo dire: bello ma difficile. Ma è stato anche uno di quegli aspetti che fanno molto la differenza. Lavorare con i cani è una bella prova da superare: nonostante la preparazione, gli incontri con Bella e Blitz e la conoscenza con i loro padroni, dipende molto dall’umore degli animali il giorno in cui si gira. Quando per loro è no, è no.

Hai mai avuto cani in famiglia?

Purtroppo, no. Ne ho sempre voluto uno ma non ho finora avuto le possibilità logistiche per tenerne uno in casa. Comunque, sul set, non è mai semplice girare con loro una scena, soprattutto se non stanno in giornata. Anche se sono addestrati al massimo, se decidevano di sdraiarsi per terra, non riuscivi ad alzarli nemmeno con le bombe! In più, è essenziale che ti conoscano bene: la preparazione è necessaria per far sì che si crei un bel rapporto di fiducia.

Nel secondo episodio, in un certo senso, Nino diventa “grande”: la madre Ida decide infatti di dargli le chiavi di casa. Tu a che età hai avuto le tue?

A 14 anni. Anche se spesso non le porto con me: sia mia madre sia mia padre me le lasciano da qualche parte augurandosi che io non svegli nessuno quando capita che rientri di notte. Ma, da maldestro quale sono, accade che per un motivo o per un altro si sveglino: in pratica, risparmiano solo l’eventuale alzata dal letto! (ride, ndr).

Cosa ne pensano i tuoi amici del tuo essere attore?

Vivo in una città di provincia e non accade spesso che qualcuno si cimenti in qualcosa di questa portata. Quando ho raccontato di essere stato preso per La storia, non capivano la grandezza del progetto e quasi non ci credevano. È solo quando ho cominciato a far vedere loro un po’ di materiale, come le foto che inviavo loro dal set, hanno iniziato a vivere l’esperienza con il mio stesso stupore. È come se l’avessimo vissuta tutti insieme: sono molto legato a loro e loro sono molto legati a me. Li ho resi partecipi e loro si sono dimostrati interessati… oggi mi ripetono in continuazione di farli entrare eventualmente gratis in discoteca perché stanno con me o di invitarli ogni sera a cena perché adesso ho secondo loro tanti soldi (ride, ndr)!

La storia: Le foto della serie tv

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La Storia (History: A Novel), director Francesca Archibugi, cinematography Luca Bigazzi. A series based on the 'History: A Novel' of Elsa Morante, in Rome during the war and after the war.
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Dopo aver sostenuto l’esame di maturità lo scorso giugno, cosa è accaduto allo studio?

È accaduto qualcosa di molto importante. Ho fatto le selezioni per il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e, dopo tutte le varie fasi, a novembre mi hanno comunicato di essere stato preso. Non mi spaventa la fatica dello studio che richiederà: c’è un bell’ambiente e, soprattutto, si può imparare molto. I docenti ti forniscono gli strumenti per farlo: tocca a noi studenti sfruttarli poi al meglio. Tra l’altro, si impara tanto anche solo osservando: è qualcosa che ho potuto sperimentare anche sul set.

La strada è quella, poi si vedrà cosa sarà. È il mio punto di vista per tutte le cose della vita: penso al presente e a ciò che giorno per giorno mi porge. Mi sveglio al mattino e valuto cosa ho da fare: non voglio fare programmi a lunga scadenza. L’aspirazione massima è quella di rimanere sulla cresta dell’onda, senza cadere troppo in basso: credo che sia la difficoltà maggiore per un attore riuscirci.

Non ti fa paura il lavoro che hai scelto?

No. Non deve fare paura, dovrebbe semmai affascinare. Da ogni progetto si può imparare tanto, è qualcosa che non si smette mai di fare. Imparare serve a restituire ai personaggi una verità che, solo se l’hai interiorizzata, puoi trasmette allo spettatore spingendolo a ragionare sul mondo che lo circonda.

Non ti spaventa nemmeno l’eventuale notorietà che ne verrà?

Sì e no. Vorrei poter conservare la mia privacy.

Hai un ruolo dei tuoi sogni?

Sono campano e per me una bella sfida sarebbe interpretare un ruolo in dialetto napoletano in un film in cui sono pelato e recito con Alessandro Borghi.

E una serie tv come Mare fuori?

Non necessariamente. Però mi piacerebbe una storia che riguardi fatti della Campania, di Napoli e provincia, della mia terra. Ultimamente, mi sto appassionando molto all’arte del documentario, da cui si può veramente imparare molto.

Come hai vissuto l’attesa della messa in onda di La storia?

Sapevo che sarebbe uscita nel 2024 ma non quando. Ho vissuto da settembre in poi, dalla presentazione alla Festa del Cinema di Roma, con la frenesia di voler sapere la data di messa in onda. Quando mi hanno detto che la prima puntata sarebbe andata in onda l’8 gennaio, non stavo più nella pelle: erano i primi di dicembre e non volevo più aspettare. Adesso che invece la data è vicinissima, l’ansia si è calmata. In pratica, tutto l’opposto di ciò che solitamente succede.

Quale critica ti ferirebbe maggiormente?

Da esordiente, sono molto aperto alle critiche: le accetto, specialmente se sono costruttive. Non capirei quelle riguardanti la persona: proverrebbero da gente che non mi conosce e non sarebbero utili alla mia crescita.

E nella vita di tutti i giorni cosa ti ferisce? Quand’è l’ultima volta che hai pianto?

Un amico che non si comporta come dovrebbe. Ci rimango molto male quando si incrinano i rapporti di amicizia. L’ultimo pianto? Ultimamente, sono stati solo pianti di gioia.

Gli ultimi due episodi coincideranno quasi con la Giornata della Memoria.

La Shoah è qualcosa di cui a scuola, fortunatamente, si parla, così come della guerra in generale. Direi che la messa in onda fornisce un ulteriore momento di riflessione ed è sempre un momento buono quello in cui si riflette. La scuola dovrebbe semmai offrire molti più momenti di questo tipo: ho la sensazione che si dia troppa poca importanza a certe questioni preferendone altre.

Apparteniamo a generazioni che non hanno mai vissuto la guerra in prima persona. Eppure, ci fa paura.

Mi fa paura che possa accadere da un momento all’altro anche a noi. Arriva in maniera inaspettata, basta vedere a quello che è successo a un Paese civilizzato come l’Ucraina: se è accaduto tutto così repentinamente lì, nulla vieta che potrebbe succedere anche da noi qualcosa di simile. Ed è un aspetto su cui ho riflettuto molto durante le riprese di La storia.

Francesco Zenga.
Francesco Zenga.

Nino è poco più che un bambino. E tu che bambino sei stato?

La mia infanzia è stata un po’ una montagna russa. Sono stato fortunato perché, tutto sommato, è stata una bella infanzia. Non mi è mai mancato nulla e non ho avuto grossi problemi però, sicuramente, la separazione dei miei genitori ha influito molto nella mia crescita, sia in positivo sia in negativo. Inevitabilmente, in casa ci sono stati momento belli e brutti ma facevano parte della separazione in corso. Ma, anche in questo caso, preferisco guardare l’aspetto positivo e pensare che quanto accaduto mi abbia aiutato a diventare chi sono e a capire cosa sia effettivamente importante nella vita.

E che rapporto avevi con la scuola? Quello di Nino è disastroso…

Me la cavavo. Studiavo bene ciò che mi interessava mentre per le altre materie mi limitavo al minimo indispensabile, arrangiandomi come potevo perché comunque dovevo portarle a casa. Ho scelto il liceo scientifico perché mi piacevano la matematica e l’inglese ma raggiungevo discreti risultati anche nelle altre discipline: i miei non mi hanno mai messo in punizione nell’angolino per ciò che riguarda la scuola (ride, ndr). Ma volevo essere lasciato libero di fare quello che mi piaceva.

Libero… cos’è per te la libertà?

Bel tasto da toccare: la libertà è tutto. È un argomento che vivo molto. Per me, la libertà è anche il semplice camminare per strada in una giornata di sole. Libertà è il potersi permettere determinate cose che spesso diamo per scontate. Forse, solo le persone che stanno in carcere o ai domiciliari capiscono a pieno cosa sia la libertà e quanta importanza abbia proprio perché non possono regalarsi quei piccoli momenti di felicità a cui non badiamo: è quando ti manca qualcosa che ne riconosci l’importanza.

Francesco Zenga (foto di Silvio Cuofano).
Francesco Zenga (foto di Silvio Cuofano).
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