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Fulvio Risuleo: “Notte fantasma nasce da un’immagine che mi è rimasta impressa da piccolo” – Intervista esclusiva al regista

Dopo essere stato presentato al Festival di Venezia e a quello di Roma, arriva su Sky Notte fantasma, il nuovo film di Fulvio Risuleo. Protagonisti un adolescente italiano di seconda generazione e un poliziotto, due lupi soli che riscrivono le loro esistenze nel corso di una lunga notte tra le vie di Roma.

Distribuito da Vision Distribution,arriva su Sky il film Notte fantasma di Fulvio Risuleo. Presentato allo scorso Festival di Venezia e ad Alice nella Città, Notte fantasma è il terzo film del regista romano.

Classe 1991, Risuleo nel film Notte fantasma ritrova Edoardo Pesce, l’attore con cui aveva già girato Il colpo del cane e i cortometraggi L’Uomo Materasso e Varicella (miglior corto alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes 2015).

Notte fantasma, su Sky, è un film che ha solo due protagonisti. O, forse, sarebbe meglio dire tre: due umani e Roma. È un sabato sera come tanti altri. Tarek, un adolescente italiano di seconda generazione, ha programmato una serata da trascorrere con gli amici tra playstation e junk food. Coca Cola e popcorn sono i regali che in dono per loro quando una chiamata degli amici fa deviare il suo tragitto: deve fare una sosta al parco e comprare qualcosa da fumare per rendere la serata più divertente. Ad acquisto compiuto, però, Tarek viene fermato da un uomo che si qualifica come agente di polizia.

Misterioso e minaccioso all’apparenze, il poliziotto ha qualcosa di strano. Rispetto ad altri colleghi non è interessato solo al permesso di soggiorno di Tarek, tanto che invece di portarlo al distretto lo fa salire a bordo della sua auto per scorrazzarlo tra le vie notturne della capitale. Da San Lorenzo al Verano, da Termini al Pigneto, Roma offre la sua notte ai due avventori. Risse, inseguimenti e fughe fanno da corollario alle ore che Tarek e il poliziotto trascorrono insieme.

Tuttavia, più gli eventi si susseguono più il punto di vista Tarek cambiano. Forse i ruoli di potere non sono così marcati come sembrano e un disagio esistenziale, mai esplicitato, fa da vero collante tra due uomini che forse altrimenti mai si sarebbero incrociati.

Notte Fantasma è una produzione Elsinore Film, Wildside, società del gruppo Fremantle, e Vision Distribution in collaborazione con Sky in collaborazione con Teodora. Il film è prodotto da Annamaria Morelli, Antonio Celsi, Mario Gianani e Lorenzo Gangarossa. La colonna sonora originale è di Francesco Rita (edizioni musicali GDM Music) ed è disponibile in vinile (www.btf.it) e in formato digitale su Itunes.

Del film Sky Notte fantasma abbiamo voluto parlare con il suo regista e sceneggiatore, Fulvio Risuleo, celebre anche come autore di fumetti e serie web. Lo raggiungiamo telefonicamente mentre è impegnato in una serie di anteprime aperte al pubblico. “Sto facendo un po’ di giri e non sono abituato alle tournée”, ci ha subito risposto. “Abbiamo deciso di portare il film già in anteprima in tante città italiane: ogni giorno, una nuova città, fino a fine mese. È un’esperienza molto bella ma anche importante perché aiuta la gente a riavvicinarsi al cinema e al film di rimanere, grazie al passaparola”.

Con Fulvio Risuleo sono tanti gli aspetti di cui abbiamo chiacchierato. A partire dal perché il suo film, Notte fantasma, è un piccolo capolavoro che, mischiando generi e situazioni, si qualifica come un noir straniante in cui due solitudini si confrontano e affrontano. Ma anche di come alla storia di formazione di Tarek, interpretato dall’esordiente Yothin Clavenzani, coincida una storia di destrutturazione del poliziotto, volutamente senza nome, di Edoardo Pesce. Oppure di come l’esercizio del potere, in una società che vuol dirsi inclusiva, sfoci talvolta in abuso di potere.

Fulvio Risuleo in un suo autoritratto esposto agli Uffizi.
Fulvio Risuleo in un suo autoritratto esposto agli Uffizi.

Intervista esclusiva a Fulvio Risuleo

Com’è stato per te presentare Notte fantasma, il film trasmesso da Sky, in due dei più importanti festival cinematografici italiani, Venezia e Roma? Non capita tutti i giorni…

Mi sto rendendo conto, anche facendo le presentazioni, che ogni sala è diversa, ogni pubblico è diverso, quindi ogni esperienza è diversa: non ne esiste una più importante o una meno importante. Il bello del cinema è che tutto sommato attira ancora un po’ tutti e l’idea di avere davanti degli spettatori, in un momento in cui tutto è molto virtuale, mette davanti anche a una certa responsabilità. La condivisione è molto belle e, infatti, tengo sempre, quando si può, al dibattito a fine proiezione.

Un’esperienza bellissima, forse scontata per altri ma per no, è il mostrare il film agli studenti: l’interesse dei ragazzi e le loro domande mi stanno sorprendendo. Sono molto profonde, molto legate all’atmosfera del film o alle scelte che fanno i personaggi. Le loro sono analisi non cinefile ma dei contenuti.

Cos’è secondo te che li attira maggiormente?

Notte fantasma è un film in cui ci sta comunque un po’ di mistero. Ma anche la tematica del disturbo mentale. I problemi e i fantasmi dei due protagonisti non vengono del tutto descritti o spiegati. Io credo molto nel mistero: c’è sempre la tentazione di spiegare, io invece lascio dei vuoti che vengono colmati dagli spettatori. So che è moto rischioso: se i misteri sono sbilanciati, creano frustrazioni negli spettatori.

E Notte fantasma è un film che finisce con un mistero, volendo.

Il finale che ho scelto è uno dei momenti del film che maggiormente divide. Ma sono contento che accade perché così crea dibattiti e discussioni. Da spettatore, mi piacciono quei film che non sono per forza chiusi in maniera netta.

Quella sequenza finale è girata nei pressi della cascata dell’isola Tiberina, un posto che nonostante sia noto a tutti è stato poco sfruttato al cinema.

L’isola Tiberina per me è un posto un po’ magico: c’è sempre una bellissima atmosfera quando si va lì. Si è nel cuore di Roma ma allo stesso si è un po’ nascosti da tutto quanto. Io ricordo bene quand’è stata la prima volta che ho visto la cascata che si vede sul finale. Ero piccolo, avrò avuto 13 o 14 anni. Ero andato con mio papà a fare un giro in bicicletta sulla pista ciclabile che va lungo il Tevere e siamo arrivati lì. Ci siamo fermati a guardare perché in quella cascata si era bloccato un tronco gigantesco, che non riusciva ad andare né avanti né indietro.

Ricordo che siamo rimasti tantissimo tempo a guardarlo e quell’immagine mi è rimasta impressa in mente: è quel non riuscire ad andare né avanti né indietro che ho provato a inserire nel film e a trasfigurare. Nella parte finale di Notte fantasma ho cercato di evocare la sensazione di quel tronco bloccato.

Mi sono anche chiesto come mai nel cinema italiano, anche classico, che ha sfruttato più o meno tutta Roma, non c’era mai stata quella cascata a far da sfondo. E mi sono dato la risposta: ho scoperto che è nata nel 2003. È quindi una cascatella artificiale realizzata per gestire il percorso del Tevere, frutto di un lavoro di una vent’anni fa.

Yothin Clavenzani e Edoardo Pesce alla presentazione di Notte fantasma al Festival di Venezia 2022.
Yothin Clavenzani e Edoardo Pesce alla presentazione di Notte fantasma al Festival di Venezia 2022.

Dato che l’abbiamo citata, Roma è il terzo personaggio di Notte fantasma. Non si può parlare del film su Sky senza parlare di Roma. È la tua risposta personale alla Grande Bellezza sorrentiniana?

La Grande Bellezza per me rappresenta un modo ampio di descrivere Roma, non solo sorrentiniano. Non ho mai apprezzato la Roma di quel film semplicemente perché imita la Roma di Fellini: la sensibilità di Fellini nel raccontare la città per me è qualcosa di unico. E, quindi, quel modo di narrare la città mi aveva irritato. Non è quella Roma lì che non mi piace, è quella turistica, ha una sua certa fascinazione e posso capirla. Non mi piace la Roma delle semplificazioni della periferia contro il centro, di Ostia contro i quartieri ricchi. Roma non è così: è una città complessa e stratificata, dove in periferia vivono gli intellettuali tanto quanto nel centro e dove nei quartieri popolari vivono anche dei politici.

A Ostia, vivono ad esempio le persone più interessanti che io abbia mai conosciuto. Ma anche per un motivo semplice: ho frequentato il liceo artistico - a Roma non è che ce ne siano tanti – che era vicino alla fermata del trenino che proveniva da Ostia. Ho conosciuto dunque molta gente che era di Ostia e, pur non essendo di lì, ho finito con il frequentare il quartiere.

Chi oggi fa i film su Roma certi quartieri periferici tende a non raccontarli. Fanno quasi tutti presa sul centro. Eppure, Matteo Garrone, uno dei registi più sensibili di oggi, nei suoi primi tre film - Terra di mezzo, Ospiti ed Estate romana - è riuscito a raccontare benissimo l’atmosfera di “confusione”. Soprattutto, in Estate romana, un film che ho sempre impresso. E Garrone è comunque un uomo del centro, che non è cresciuto in periferia: il suo sguardo è semplicemente senza giudizio.

Comunque sia, mi piace sempre quando si parla di Roma. A me la città piace ed è quella in cui vivo. Anche se in passato ho avuto con essa un rapporto conflittuale: la sentivo a volte un po’ troppo faticosa. Riflettendoci, ho capito però che non era colpa della città: ero io infelice per vari motivi, magari personali, anche se tendevo a dare la colpa al contesto intorno a me. Ho dunque realizzato che a volte, quando si scappa da un luogo, si scappa da se stessi. Rimettendomi in pace con me stesso, ho anche accettato i limiti di Roma, le difficoltà degli spostamenti interni e la confusione: per vivere a Roma richiede un po’ più di pazienza rispetto ad altre città.

Scappare dal proprio passato… è un po’ quello che succede al personaggio interpretato da Edoardo Pesce in Notte fantasma.

Quando scrivo, non faccio molta analisi. In genere, non rifletto molto su quello faccio o sugli aspetti di me che porto nella storia. Quando poi parlo invece dei miei progetti, come in questo periodo di interviste, inizio a capire ciò che ho realizzato. Mi piace quando le persone mettono in correlazione la storia raccontata con gli aspetti della mia vita. Effettivamente, in tutti i film che ho fatto c’era qualcuno che scappava: in Guarda in alto c’era un ragazzo che scappava mentre in Il colpo del cane ci sono fughe in continuazione. Diciamo che forse mi interessa esplorare la condizione della fuga e il sentirsi fuori posto.

Coprotagonista di Notte fantasma è Tarek, un giovane italiano di seconda generazione che sembra perfettamente integrato nel contesto in cui vive. Ha influito nella costruzione del personaggio l’immaginario diffuso anche da una serie tv come Bangla, ad esempio?

Per niente. Quel po’ che ho intravisto della serie tv mi sembrava una serie di gag superficiali. Ho trovato molto più interessante il film. Lo avevo visto in una situazione particolare: ero all’aperto e al Pigneto, un quartiere abbastanza multietnico di Roma. Era stata una bellissima proiezione e il film, seppur con qualche semplificazione narrativa di troppo, mi era sembrato interessante. La serie tv, invece, non mi ha incuriosito particolarmente, mi è sembrata più un’operazione commerciale.

Per me gli italiani di seconda generazione sono una cosa ovvia, non possono diventare un tema. È un po’ come quando si girano le storia d’amore a sfondo lgbtqia+: non puoi far diventare l’omosessualità un tema perché è un limite, frutto di una visione molto antiquata delle cose. Capisco e condivido le motivazioni che possono starci dietro ma non i risultati. Preferisco trattare determinati argomenti in maniera molto normale e renderli una storia.

Il fatto che Tarek sia un italiano di seconda generazione non è importante in sé ma lo diventa per ciò che comporta nel racconto: non ha il permesso di soggiorno. E ciò porta a complicazioni “tecniche”, politiche, burocratiche. Entrano queste nella trama.

Nel loro peregrinare nella notte romana, i protagonisti di Notte fantasma fanno tappa al cimitero, dove il poliziotto fa visita alle tombe dei genitori. La presenza dei genitori diventa fondamentale per ciò che accadrà dopo.

Quella scena per me era importante già in fase di scrittura, non tanto per il poliziotto ma quanto per Tarek. È lì che il ragazzo capisce che il poliziotto non è qualcuno che vuole divertirsi con lui, come può sembrare all’inizio. È semmai un uomo con qualche problema concreto a cui far fronte. In quel momento si dipana un altro pezzo di puzzle che permette di capire molto sulla psicologia del poliziotto: in maniera quasi subliminale, si mostra che anche suo padre era un poliziotto. Si ricollega a quando l’uomo aveva raccontato prima: dipinge e avrebbe voluto frequentare il liceo artistico.

Volevo che si cominciasse a riflettere su come vivesse con frustrazione la propria esistenza, su come fosse qualcuno di diverso da chi avrebbe voluto essere. Ma tutto ciò si deve intuire dal non detto. Molte cose non tornano, Tarek si fa delle domande ma non ha ancora delle risposte.

Mentre Tarek va incontro a quello che è un vero processo di formazione, il poliziotto segue un percorso invece di de-formazione. Inizialmente, appare come un poliziotto in servizio in borghese. Pian piano, però, assume tutta un’altra connotazione. Parlavi di disagio mentale ma potrebbe anche essere un uomo comune che non trova la forza di reagire a una situazione familiare non proprio piacevole.

Ci sono molte persone per cui il divorzio non è una scelta. È un aggravante di qualcosa che sicuramente era già in nuce. Non accettare qualcosa che accade può lasciar uscire fuori tutto quello che è nascosto dentro.

Il poster del film Notte fantasma.
Il poster del film Notte fantasma.

Nelle note di regia, racconti che l’idea per il film Notte fantasma nasce da una riflessione sul potere e sull’abuso dello stesso.

Più che sull’abuso, direi sull’esercizio del potere. È qualcosa di molto comune che riguarda chi fa la fila alle poste, le autorità ma anche un regista su un set. Mentre si esercita il potere, c’è il rischio che si finisca con l’abusare dello stesso.

Spesso per parlare di Notte fantasma si prende come riferimento Tutto in una notte di John Landis.

Sai che è un film che non ho mai visto?

Viene spesso citato dai media ma mi permetto di dissentire dal momento che la tua storia ha una declinazione più drammatica. Se proprio volessi trovare un riferimento, citerei Taxisti di notte di Jim Jarmusch.

Ricordo quel film, tutto sommato mi piaceva anche abbastanza. Anche se non è il mio preferito di Jarmusch. I miei preferiti restano Ghost Dog o Permanent Vacation. Taxisti di notte mi sembrava più un omaggio a Kaurismaki, un regista che mi è sempre piaciuto tantissimo.

In quel film si vivevano situazioni più o meno tragicomiche. E nel tuo film c’è una sequenza che tende più al comico che al tragico, quella della rissa al ristorante.

Mi serviva per abbassare un attimo la tensione ma anche per illudere lo spettatore, il cui punto di vista combacia spesso con quello di Tarek.

Tarek è interpretato dal giovanissimo Yothin Clavenzani. Sei stato il suo pigmalione.

Yothin era al suo primo film. Il suo aspetto fisico e le sue origini cambogiane erano completamente diversi da come avevo immaginato il personaggio in sceneggiatura. Avevo immaginato un ragazzetto piccolo, quasi un bambino, proveniente dal Maghreb, da quella zona tra Marocco e Tunisia. Durante i provini, non mi ero dato limiti nella ricerca del giusto attore: l’importante era che fosse di seconda generazione e che si vedesse esteticamente, mi serviva per motivare l’arresto.

Lo stesso Yothin mi ha confermato che spesso la polizia lo conferma proprio perché sembra straniero. La cosa assurda è che lo fanno per chiedergli non i documenti di identità ma il permesso di soggiorno. Anche questa è una piccola forma di abuso di potere oltre che di mancanza di rispetto per le persone. Parlandone con Yothin durante i nostri primi incontri, ho realizzato che il film aveva delle forti connessioni con la realtà.

Yothin è un ragazzo giovane. Ha 19 anni e vuole fare l’attore. Già quando si è presentato ai provini era questo il suo sogno: si era iscritto all’Acting Cinema Theatre School di Nicola Donno, un maestro di cinema che segue tanti giovani ragazzi. Si è rivelato molto bravo, sensibile e intuitivo. Capiva subito le cose e si è trovato a suo agio con Edoardo Pesce sin dal primo provino. Ho rivisto quel filmato proprio oggi e conto di farlo vedere prossimamente agli studenti del DAMS per mostrare loro come si passa la linea.

È inoltre molto sensibile, silenzioso e anche misterioso come ragazzo. Con Edoardo, che nutre nei suoi confronti tantissima stima, gli abbiamo detto di far uscire tali sue caratteristiche nel film: per un attore è importante essere espressivo e far vedere ciò che gli passa per la mente. Non ci è riuscito subito, abbiamo fatto molto prove: non perché non fosse un bravo attore ma perché aveva bisogno di affrontare insieme un certo percorso. Girare poi il film in sequenza lo ha sicuramente aiutato a essere più dentro la storia.

Che tipo di legame hai invece con Edoardo Pesce, con cui hai già lavorato diverse volte?

Un bel legame personale fatto anche di fiducia reciproca. Ogni volta che lavoriamo insieme non è come se ripartissimo da capo: andiamo semmai avanti dalle cose che ci siamo detti fino a quel momento. Siamo entrambi cresciuti ma il nostro rapporto si evolve soprattutto quando lavoriamo insieme: tutto diventa più intenso, si trascorrono 10 ore al giorno su un set tutti i giorni, un tempo molto più lungo di quando ci si vede e frequenta come amici.

Curiosamente, la foto del padre del suo personaggio, quella che si vede nella lapide al cimitero, è quella di mio padre (ricompare anche in un’altra scena, come visione). Ma mio padre aveva interpretato suo padre già in L’uomo materasso, il mio precedente cortometraggio. Finalmente in scena io e Edoardo siamo fratelli: almeno nella finzione abbiamo lo stesso padre!

E come ha reagito tuo padre vedendosi in scena?

Mio padre è presente in quasi tutti i lavori che ho fatto. Compare con un piccolo ruolo o come comparsa. La prima volta è stata per Guarda in alto. Si è talmente appassionato che ha cominciato a lavorare nel cinema o in televisione per piccole parti. Quando è andato in pensione, mi ha detto di aver girato una trentina di opere, tra cui la serie tv Il nome della rosa, in cui era uno dei frati!

A cosa stai lavorando adesso?

Vorrei realizzare un film horror di fantascienza, qualcosa un po’ più ambizioso a livello produttivo. Magari con una produzione internazionale ma sempre in italiano. Scriverò la storia con Simona Vinci, una scrittrice di Bologna, e sarà ispirata ai romanzi gotici di fine Ottocento come archetipo ma sarà ambientata negli anni Novanta del Novecento.

Notte fantasma: Le foto del film

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