Gabriella Greison, la rockstar della Fisica, è protagonista con Stefano Pisani, divulgatore scientifico, di Rubik’s on Stage, spettacolo inedito e racconto sorprendente sul cubo di Rubik che verrà presentato al Festival della Scienza di Genova il 29 ottobre alle 21 e al Lucca Comics & Games il 2 novembre alle 19.30. Simbolo stesso della cultura pop e internazionale, il rompicapo più famoso del mondo verrà come sezionato attraverso il suo stretto legame con la matematica e la scienza e la sua influenza nell’immaginario collettivo, con il contributo video di diversi personaggi del mondo dello spettacolo e del fumetto, da Andrea Delogu a Leo Ortolani, da Francesco Paolantoni a Gianni Fantoni, con la presenza a Genova del fumettista Gabriele Peddes e a Lucca del fumettista Giuseppe Palumbo.
Scrittrice e performer, Gabriella Greison ha fatto della Fisica la sua religiosità, impegnandosi con dedizione ad avvicinare una scienza, a prima vista ostica, alla gente e a riscoprire figure femminili che, complici una cultura patriarcale e maschilista, sono sempre passate in secondo piano nel migliore dei casi e dimenticate dalla Storia nel peggiore. Il suo è un impegno costante che si manifesta con una serie di libri, vendutissimi, e di spettacoli teatrali da tutto esaurito.
Con la sua giacca di pelle rossa, la maglietta bianca e i jeans, Gabriella Greison ha anche pubblicato di recente un libro anomalo nella sua biografia, GUT! – Fisica quantistica per ragazzi, che con numerose illustrazioni, racconti divertenti, curiosità e biografie di scienziati e scienziate, ci aiuta a entrare nel modo dell’infinitamente piccolo e divertente della fisica quantistica. Destinato ai più giovani, è anche un utile vademecum per chi vuole capire come funziona il mondo reale che viviamo tutti i giorni e quali sfide ci aspettano nel futuro.
Di questo e molto altro abbiamo parlato con Gabriella Greison.
Intervista esclusiva a Gabriella Greison
“Per me è complicato fermarmi in questo periodo. Sono in un vortice di cose da fare: ho 17 date con i miei spettacoli solo a novembre… vuol dire un giorno sì e uno no, forse anche di più”, è una delle prime cose che mi rivela Gabriella Greison, per tutti la rockstar della Fisica. E tra gli impegni che l’aspettano c’è di sicuro anche Rubik’s on Stage, lo spettacolo che porta in scena al Festival della Scienza di Genova il 29 ottobre e al Lucca Comics il 2 novembre.
Gabriella Greison è la special guest dell’evento stesso. “Porterò con me, come sempre, la Fisica. Quando mi invitano a un evento, porto sempre ciò che conosco e faccio io. In questo, mi ritroverò a raccontare il cubo di Rubik, un argomento particolarmente interessante. Sia perché è un gioco stem, che invoglia velocità e competizione in tutti quanti, dai bambini agli anziani, senza distinzione di genere, differenza o classe. E sia per via della leggerezza e del divertimento che ha dietro. E, in effetti, il cubo di Rubik potrebbe essere la perfetta metafora della Fisica stessa, che deve essere sempre avvicinata con divertimento e con leggerezza, altrimenti potrebbe rivelarsi ostica”.
“La Fisica può essere raccontata da più punti di vista”, mi fa notare Gabriella Greison quando mi stupisco di come la Fisica si stia sempre più facendo strada tra i giovani, ricordando gli esempi attrici o artiste che in Fisica sono laureate, come Denise Tantucci o Annalisa. “Oggi ci sono tanti casi di nuovi racconti di questa scienza e va bene, sono tutti validi e aiutano a uscire da quella palude in cui si era immersi fino a pochi anni fa”.
Ma il tuo modo di parlare di Fisica si distingue notevolmente dagli altri.
Di mio cerco di far qualcosa che non fa nessuno: raccontare storie che ti attingono da fatti reali, proponendo ricostruzioni storiche reali del mondo che ci circonda e di quello che abbiamo vissuto finora. Per farlo, spulcio gli archivi, vado concretamente nei posti (dagli Stati Uniti a Bruxelles) e ripercorro i luoghi dove si sono verificati avvenimenti importanti. E questo mio modo di raccontare la Fisica lo porto in giro da dieci anni nei teatri e negli undici diversi libri che ho pubblicato”.
Il tuo ultimo libro, GUT! – Fisica quantistica per ragazzi, tenta di far avvicinare la materia ai giovani.
È un libro anomalo nella mia produzione: si tratta di pillole in cui è possibile avvicinarsi facilmente alla Fisica quantistica. Del grande racconto che seguo una prova ne è il mio penultimo libro, Ogni cosa è collegata, che come gli altri sceglie la via del romanzo. GUT!, che sarà presentato sia a Genova sia a Lucca, nasce per dare a tutti le basi per approfondire e ampliare argomenti che possono apparire difficili.
Nel racconto che negli anni hai provveduto a riservare un grande ruolo alle figure femminili nel mondo della scienza, con due libri in particolare: Superdonne che hanno fatto la scienza e Sei donne che hanno cambiato il mondo. Le grandi scienziate della Fisica del XX secolo. È ancora così complicato far capire che esiste non solo il fisico ma anche la Fisica, il chimico ma anche la chimica e così via?
È un problema che è perdurato fino a tutti gli anni Duemila. Poi, fortunatamente, il discorso è iniziato a cambiare. Per oltre duemila anni di storia, non si è riusciti a far passare il concetto per cui le donne scienziate ci sono sempre state. Purtroppo, alle donne che fanno scienza o che la raccontano è sempre stato impedito di realizzarsi, soprattutto nell’ambito della Fisica, forse la scienza più dura. A loro sono stati sempre affiancati dei nomi maschili creando una mappatura cerebrale sulla gente che ha contribuito a far pensare che l’autorità scientifica fosse quella maschile.
Lo si vedeva anche in televisione, dove spesso a parlare di scienza erano gli uomini che raccontavano di altri uomini, creando un effetto domino che ha portato a pensare che i cervelli di uomini e donne fossero differenti ma che così non è, come diceva anche Rita Levi Montalcini. Il problema, che esiste tuttora ma in minima parte, stava anche in chi decideva di proporre quel tipo di racconto: si trattava quasi sempre di uomini appartenenti alla vecchia generazione.
Fortunatamente oggi, anche grazie a internet, si può uscire dal patriarcato e crescere dei giovani che non hanno alcuna reticenza nel pensare alle donne scienziate. Tanto che le ragazze si stanno avvicinando sempre più alle materie scientifiche allontanandosi da certi bias. È anche per loro che io mi espongo, parlo e dico le cose come stanno: chiunque può fare un percorso scientifico, al di là dell’avere dei figli o una famiglia, e può anche realizzarsi nella Fisica.
Tra l’altro, anche culturalmente, dobbiamo andare oltre gli stereotipi di certi modi di dire, come ad esempio l’antipaticissimo “fare i conti alla femminina”.
I modi di dire, i luoghi comuni e le frasi fatte sono pericolosissime e cerco di smontarli. Non vado ad esempio nei panel o nei salotti televisivi in cui sono presenti solo uomini. Quando un giornalista mi chiama perché non ha trovato donne per parlare di un determinato argomento, preferisco non andare neanch’io: non è possibile che sia lì da sola a parlarne quando in giro ci sono tantissime altre scienziate con cui confrontarsi.
Purtroppo, ritorniamo al punto di partenza, per cui ci sono dei limiti mentali che vengono imposti da duemila anni di storia. È più facile che le donne organizzino gli eventi stessi per essere loro a parlare e a raccontare l’argomento…
Il gender gap si evince anche dalla storia dei Premi Nobel per la Fisica. In 221 anni, solo cinque premi sono andate alle donne: a Marie Curie nel 1903, a Maria Goeppert-Mayer nel 1963, a Donna Strickland nel 2018, ad Andrea Ghez nel 2020 e ad Anne L'Huillier quest’anno. E la spiegazione è semplice: le donne non potevano nemmeno firmare le loro pubblicazioni, potevano solo siglarle, e per i loro studi erano costrette persino ad autofinanziarsi. Non si doveva venire a sapere che le donne parlavano di atomi, elettroni o di Fisica quantistica, quello ero lo svago degli uomini. E, di conseguenza, erano gli uomini a firmare le pubblicazioni e a vincere i premi.
L’Accademia Reale delle Scienze di Stoccolma è la rappresentazione maxima di questo racconto perché lì dentro ci sono tutti quelli che hanno portato avanti i malvezzi. E si sa che chi chiede diritti tocca privilegi: ogni volta che si affronta la questione, c’è sempre chi sostiene che non è così.
Un tipo di atteggiamento che nel piccolo si intravede anche negli ambienti universitari, dove i docenti di materie scientifiche sono “professori” o “dottori” e le docenti, invece, “signorine”.
L’uomo è dottore e la donna è signorina o, peggio ancora, chiamata per nome. È un blocco mentale che è difficile da cancellare. Mi viene in mente Cleopatra: tutti la raccontano solamente come grande seduttrice quando invece era una statista e una politica. Fortunatamente, le nuove generazioni stanno provvedendo a ridare giustizia al racconto sulle donne e il mondo che vedremo tra qualche anno sarà completamente diverso.
Per il mio intervento a Rubik’s on Stage racconterò la storia di Grete Hermann, una Fisica nel mondo dell’infinitamente piccolo. Ha creato la teoria relazionale della Fisica quantistica che spiega come tutto quello che abbiamo intorno esiste in base alla relazione con gli altri e a quello che c’è intorno: non esiste la realtà assoluta. È una teoria bellissima ma che è stata saccheggiata da chiunque, appropriandosene. La verità è emersa da quando ho cominciato a raccontarla io: non ne posso più di sentire di uomini che si appropriano di qualcosa che è frutto del lavoro riconosciuto di una donna, il mio lavoro è quello di ristabilire la verità.
Il cubo di Rubik può essere paragonato alla teoria relazionale della Fisica quantistica. Tutto ciò che facciamo per scomporlo e ricomporlo può essere metafora di tante altre storie, ragione per cui racconterò anche dell’entropia o di tanti altri collegamenti.
Con una battuta, di cosa si deve preoccupare chi non è mai riuscito a risolvere il cubo di Rubik?
Di nulla. Non deve diventare un’ossessione la risoluzione. È bello però coltivarlo come passione, iniziare e cercare di impararne le leggi che lo regolano. È un po’ come la matematica: se vuoi capire il teorema di Pitagora, esistono 365 dimostrazioni diverse. Se ne studi una al giorno, in un anno lo capisci. Per la risoluzione del cubo, ci sono passaggi da capire: non ci vuole bravura ma dedizione. E la dedizione, in qualsiasi ambito, è la chiave vincente.
Ti piace la definizione di “rockstar della Fisica”?
Mi piace molto perché me l’hanno data sia i giornali americani sia quelli tedeschi. È nata da una serata che ho fatto in concomitanza di una con Patti Smith che suonava: abbiamo avuto, all’insaputa di lei, lo stesso numero di spettatori. La notizia è uscita il giorno dopo sui quotidiani con quell’appellativo che mi accompagna sino a oggi. E da allora non ho mai smesso di riempire i teatri: sono dieci anni che vivo come la rockstar della Fisica, motivo per cui in GUT! c’è il mio avatar con la giacca rossa, la maglietta bianca e il jeans. È divertente vedermi sotto forma di disegno e mi piace che molti ragazzi si presentino vestiti allo stesso modo in teatro: è un modo figo per entrare in contatto.
Anche perché la scienza è condivisione e non un mondo avulso dalla realtà che ci circonda. Anzi, è la spiegazione del mondo stesso che ci circonda.
Ci spiega il mondo ma anche come migliorare la vita delle persone. Per questo, va capita e non bisogna spaventarsi minimamente delle nuove tecnologie e delle novità come l’intelligenza artificiale. Sono tutti preoccupati degli effetti che avrà, come se la macchina fosse ancora quella di Matrix o le centrali nucleari fossero tutte governate da Homer Simpson. Vi do una notizia: non esistono gli occhi rotanti che distruggono gli uomini dietro la macchina… c’è sempre l’uomo anche dietro alla macchina 2.0, un tecnico bravissimo che la governa, la spegne e le fa fare qualsiasi cosa per il bene dell’uomo stesso. È un po’ come la vecchia storia degli apocalittici e degli integrati: ciclicamente c’è una questione che viene presa e diventa argomento di dibattito come se fosse una partita di calcio…