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Galatea Bellugi: “Recitare per gioco” – Intervista esclusiva

Galatea Bellugi
Attrice italo-francese, Galatea Bellugi guida il cast di giovani ragazze al centro di Gloria!, il film che segna l’esordio alla regia di Margherita Vicario. L’abbiamo incontrata per un’intervista esclusiva, tra lavoro e privato.
Nell'articolo:

Galatea Bellugi risponde al telefono con un sorriso contagioso, pronta a immergersi nei dettagli del suo ultimo film, Gloria!, dove, diretta da Margherita Vicario, interpreta Teresa, una figura che sfida i confini tra forza fisica e resilienza mentale. "Teresa è una ragazza molto forte", afferma Galatea Bellugi, riflettendo sulle sfumature del suo personaggio, "forte fisicamente ma anche mentalmente: trattiene molto e non esprime tanto. Siamo molto diverse e forse è per questo motivo che è stato bello entrare nei suoi panni. In più, lei ha un talento musicale che io non ho: canta e suona."

Nonostante modestamente minimizzi il suo talento musicale, Galatea Bellugi ha un background ricco di esperienze musicali, avendo suonato il sassofono fin da bambina in una famiglia dove la musica era parte integrante della vita quotidiana. "In Tralala, ho contribuito a trovare insieme la melodia delle canzoni. Ed è vero che sin da bambina ho suonato il sassofono, anche perché provengo da una famiglia con un nonno che è stato direttore d’orchestra," racconta l'attrice.

Il suo percorso nel cinema italiano ha visto Galatea Bellugi protagonista non solo in Gloria! ma anche in Amanda, entrambi i film portano nomi femminili e sono stati diretti da donne, un dettaglio che non sfugge e che sottolinea con ammirazione: "Mi ispirano molto le giovani registe donne che al loro primo film mostrano tutto il loro talento".

Galatea Bellugi vive principalmente in Francia, e riflette sulla differenza culturale tra Italia e Francia riguardo l'equiparazione dei diritti e l'emancipazione femminile, temi centrali in Gloria!. "Succede nella vita di tutti i giorni," dice, sottolineando come la percezione del problema varia notevolmente tra i due paesi.

La sua vita è un intreccio di esperienze multiculturali, tra l'Italia, la Francia e la Danimarca, un background che le permette di navigare e amalgamare diverse culture. Interrogata sull'essere considerata in modi diversi in questi contesti, Galatea Bellugi sorride, "Quando si tratta di cibo, in Francia mi sento italiana… ma non cucino mai quando sono con amici italiani, non vorrei far brutte figure!"

Galatea Bellugi, con la sua profonda consapevolezza e il suo impegno nel portare avanti ruoli che sfidano le convenzioni, continua a essere una voce influente e ispiratrice nel panorama cinematografico internazionale. La sua storia e il suo lavoro sono, in fondo, testimonianza del potere del cinema di andare oltre l'arte, fungendo da ponte tra culture e generazioni.

Galatea Bellugi
Galatea Bellugi (Foto: Gianluca Bronzoni; Press: MPunto Comunicazione).

Intervista esclusiva a Galatea Bellugi

“Teresa è una ragazza molto forte”, mi risponde subito Galatea Bellugi quando le chiedo di delinearmi chi è la protagonista del film Gloria! da lei interpretata. “È forte fisicamente ma anche mentalmente: trattiene molto e non esprime tanto. Siamo molto diverse e forse è per questo motivo che entrato bello entrare nei suoi panni. In più, lei ha un talento musicale che io non ho: canta e suona”.

Eppure, il talento musicale da qualche parte in te dovrebbe nascondersi: hai suonato il sassofono in passato e hai contribuito alle musiche del film francese Tralala di cui sei tra gli interpreti principali.

In Tralala ho contribuito a trovare insieme la melodia delle canzoni. Ed è vero che sin da bambina ho suonato il sassofono, anche perché provengo da una famiglia con un nonno che è stato direttore d’orchestra. Ho un certo interesse per la musica ma ho smesso di suonare per trasferirmi in Danimarca, dove ho studiato Diritto Internazionale all’università.

In Italia, avevi già girato Il ragazzo invisibile – Seconda generazione di Gabriele Salvatores e Diario di spezie di Massimo Donati ma Gloria! rappresenta la tua seconda esperienza da protagonista in un film italiano dopo Amanda di Carolina Cavalli. Curiosamente, due film con un nome femminile nel titolo e diretti da una regista donna.

Mi ispirano molto le giovani registe donne che al loro primo film mostrano tutto il loro talento. Gloria! e Amanda sono due film molto diversi tra loro ma entrambi particolari, con due personaggi per me molto speciali: di Carolina Cavalli ho apprezzato molto l’umorismo, è qualcosa che mi piace tanto, mentre Margherita Vicario ha realizzato un’opera che considero gigante, con il suo uso di musiche e costumi e il suo essersi avvalsa soprattutto di ragazze. È molto ispirante, oltre che speciale, vedere tutte queste giovani donne portare avanti la loro idea di cinema…

Gloria!, seppur in costume, è un film che affronta un tema molto attuale e contemporaneo: l’emancipazione femminile e l’equiparazione dei diritti. Si tratta di una questione molto sentita in Italia, soprattutto negli ultimi mesi. Tu vivi, soprattutto, in Francia: ti sei, ad esempio, mai sentita considerata meno rispetto ai colleghi uomini?

Succede nella vita di tutti i giorni, senza dover necessariamente scomodare i colleghi. Però, tra Francia e Italia c’è una diversa percezione del problema. A me ha colpito come, ad esempio, C’è ancora domani, il film di Paola Cortellesi, non abbia avuto in Francia la stessa risposta che ha avuto in Italia proprio perché c’è una differenza culturale nel modo di vedere il rapporto tra uomini  e donne.

La tua è una famiglia di donne molto forti, a partire da tua madre, costumista per il cinema.

Mamma è partita dalla Danimarca per affermarsi ma di sicuro ancora più forte di lei è stata mia nonna, che ha lavorato per la Repubblica e che, pur appartenente a un’altra generazione con meno diritti e opportunità, da giovane è stata giornalista, fondando con un gruppo di altre sue colleghe il primo magazine femminile del suo tempo. Con gli esempi che abbiamo avuto, per me e mia sorella Alba, anche lei attrice, l’emancipazione è qualcosa di fondamentale.

E in Gloria! si parla molto di sorellanza.

Una parola che conosco molto bene per avere un rapporto molto stretto con mia sorella e che ho potuto vivere molto da vicino anche sul set: Veronica Lucchesi, Carlotta Gamba, Sara Mafodda e Maria Vittoria Dallasta sono diventate per me delle care amiche. La sorellanza è qualcosa di prezioso che ha profondo valore nella mia vita.

Mia sorella è per me importantissima: condividiamo tutte le nostre esperienze (positive o negative che siano) e ci consigliamo su tutto. Ci dividono soltanto due anni di età ma è la nostra relazione che per prima mi ha permesso di capire cosa si celasse dietro alla sorellanza, un concetto che si estende dalle sorelle di sangue alle amiche.

Gloria!: Le foto del film

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Come te, tua sorella Alba è un’attrice. Avete conosciuto questo mondo sin da piccole, con un papà attore e una mamma costumista: non vi ha mai spaventate?

No, perché non ci siamo mai fatte troppe domande. Abbiamo avuto la possibilità di fare questo lavoro e ci siamo sempre divertite. È arrivato però un momento nella mia vita in cui ho avuto un po’ di paura ed è stato quando ho deciso di studiare politica internazionale per avere la possibilità di fare altro. Anche perché non considero la recitazione un lavoro ma un gioco: non a caso, in francese recitare si dice jouer.

Il mestiere di mio padre era comunque diverso. Lui recitava e recita a teatro, un mondo abbastanza differente da quello del cinema. Per tornare alla domanda, a me piace recitare. Sento un po’ di paura ma c’è qualcosa di molto più forte che fa sì che io mi diverta così tanto nel farlo. E continuerò a farlo fino a quando ne avrò la possibilità: se un giorno, dovesse non esserci potrei diventare ambasciatrice.

Perché l’ambasciatrice?

Perché mi sembra quasi naturale il mantenere le relazioni tra due culture, mi interessa molto quest’aspetto. Vivo nella condizione di essere sia italiana sia francese ma anche danese, una tripla natura che viene fuori soprattutto nei momenti di conflitto o di dubbio, quando non so se ricorrere a tutta l’arroganza francese, al mio lato drammatico italiano o alla fermezza danese. Mischio spesso le tre cose ottenendo qualcosa di positivo: considero il mio incrocio di culture un regalo, una skill in più.

In cosa ti senti più italiana in Francia e, viceversa, più francese in Italia?

Quando si tratta di cibo, in Francia mi sento italiana… ma non cucino mai quando sono con amici italiani, non vorrei far brutte figure (ride,  ndr)! Ma il momento in cui mi sento più in difficoltà è quando ci sono le partite di calcio tra Francia e Italia: in quel caso, non prendo alcuna posizione. Anche perché ci sono dei trascorsi anche molto burrascosi tra le due nazionali…

Quando hai cominciato a recitare, a teatro, avevi solo sei anni.

E, molto onestamente, siamo state io e mia sorella a chiedere ai nostri genitori cosa ne pensassero se anche noi ci cimentassimo in ciò di cui sentivamo loro parlare. I miei genitori non erano così favorevoli, sapevano cosa comportava, ma ci hanno lasciato libere di scegliere. Per quel mio primo spettacolo, ricordo ancora la paura che avevo. Durante le prove, avevo chiesto anche di cambiare madre ma anche pensato di fermarmi e di non andare oltre.

Raccontava di rifugiati afghani, dovevamo attraversare una sorte di ponte in scena e ci invitavano a stare attenti perché, ai fini del racconto, era pericolosissimo. Ma ci avevo creduto talmente tanto da rimanerne impressionata fino al punto di dire ‘Basta’, tant’è che sono tornata effettivamente due anni dopo.

Tuttavia, hai esordito l’anno dopo al cinema, prestandoti a un approccio totalmente differente alla recitazione.

Cambiava approccio ma anche intensità e metodo di lavoro. Anche se oggi sarebbe per me molto bello tornare a fare teatro perché in fondo mi ha poi divertito da bambina. Ho esordito a sette anni con Jérôme Bonnell, un regista con cui tornerò a lavorare a maggio per il suo nuovo film: avrò modo di confermare quel bel ricordo che conservo di quell’esperienza.

Un cerchio che si chiude?

No, mi auguro che non sia così (ride, ndr). Al momento, è un cerchio che è meglio lasciare aperto.

Galatea Bellugi e Benedetta Porcaroli nel film Amanda.
Galatea Bellugi e Benedetta Porcaroli nel film Amanda.

Quando avevi 15 anni, dopo aver interpretato il ruolo di un’adolescente incinta per il cinema (nel film Keeper), si sono accesi i riflettori su di te come attrice: fioccano ruoli sempre più importanti che ti portano a essere candidata nel 2019 come miglior attrice emergente per L’apparizione ai César, l’Oscar del cinema francese. Cosa hai pensato in quel momento?

Non ci credevo. Quando sono uscite le nomination, ero con mia sorella ma ho dovuto chiedere a lei se fosse vero, se entrambe avevamo sentito la stessa cosa: “Siamo sicure?”, le ho chiesto. E fino a quando non me l’ha confermato la sensazione era quella di incredulità: è stato un bel riconoscimento del mio lavoro, qualcuno lo aveva notato e non era fine a sé… e aveva maggior valore perché proveniva da gente con cui avrei anche voluto lavorare.

È un ottimo stimolo anche per la propria autorealizzazione, no?

Sì. Anche se non mi sarei mai aspettata la candidatura quest’anno, sempre ai Cèsar, come miglior attrice non protagonista per il film Chien de la casse. Ho ancora l’età per cui dovrei essere considerata emergente, eppure ero lì a competere con attrici del calibro di Adèle Exarchopoulos (che ha poi vinto), Leïla Bekhti, Miou-Miou ed Élodie Bouchez. La mia vittoria era già essere lì con loro: non capivo che ci facessi io… molto spesso il mio è un lavoro che si fa per se stessi, senza pensare all’eventuale risultato o premio che si porta a casa.

In Italia, tra l’altro, ti vedremo presto nel film che la Francia aveva scelto per essere rappresentata agli Oscar: Il gusto delle cose, accanto a due mostri sacri come Juliette Binoche e Benoît Magimel e diretta da Tràn Anh Hùng.

È un piccolo ruolo, sono stati pochi giorni sul set ma è stato bellissimo poter lavorare con Juliette e Benoît sullo stesso piano. Ma l’esperienza è stata molto interessante anche per aver avuto la possibilità di lavorare con Tràn Anh Hùng, il regista di origine vietnamita autore di un film cult come Il profumo della papaya verde. È un cineasta molto preciso: lavora a stretto contatto con la moglie Trần Nữ Yên Khê ed entrambi sanno cosa vogliono… è stato interessante sia essere diretta da lui sia ritrovarsi catapultata per la storia in un’altra epoca, in un altro mondo.

Ti senti più ancorata a quest’epoca o avresti voluto vivere in un tempo diverso?

Non so rispondere con precisione: non sono mai stata in un’altra epoca… conosco questa, fatta di social media e di guerre intorno a noi, complicata ma con la speranza che qualcosa possa cambiare. Non so se fosse così anche prima. Ultimamente, però, mi è capitato di recitare in diversi progetti ambientati in altre epoche (ne comincerò un altro a breve), tra cui anche Gloria!, e di sicuro so che il corsetto non era proprio divertente da portare. Da donna, certamente, questa è un’epoca di certo migliore da vivere, anche se ci pone costantemente sotto la lente del giudizio altrui.

Cosa ti fa più paura del giudizio degli altri?

Più che il giudizio (la gente è libera di pensare quello che vuole), mi preoccupa essere fraintesa o capita male: il rischio è che poi si generi una fake news difficile da controllare. Viviamo in un’epoca in cui quello che si dice arriva spesso in maniera differente da quello che intendevi.

Cosa non sopporteresti che si dicesse di Galatea Bellugi come persona?

Sinceramente? Mi dispiacerebbe maggiormente se parlassero male di mia sorella: mi innervosirei molto di più. Non so perché.

Galatea Bellugi nel film L'apparizione.
Galatea Bellugi nel film L'apparizione.

Hai un bellissimo nome, il cui significato è letteralmente “bianca come il latte”. Ti sei mai riconosciuta in esso? Il bianco, in fondo, è il colore della purezza.

Ma il mio è un nome che ricorda anche le famose caramelle: mi si ricorda associandomi a loro. Tra l’altro son buone e dolci, le amo particolarmente. Beh, il nome Galatea si porta dietro tutto il mito classico e una storia non semplice, per via di Polifemo, in cui vorrei non riconoscermi. Idem per il bianco: sono più colorata e preferisco il verde.

Il verde è da sempre, almeno in Italia, sinonimo di speranza. Qual è la tua più grande speranza?

Continuare a fare un mestiere come quello di attrice che, con tutti i suoi pregi e difetti, mi permette di confrontarmi con persone e personaggi interessanti. Quando c’è speranza, non vedi gli ostacoli o i muri che possono sorgere, diventano secondari.

E cos’è invece per te l’amore?

È sinonimo di un legame infinito con le persone. Non è tanto l’amore romantico, quello che comincia, finisce, ricomincia e rifinisce… ma è quel sentimento che puoi provare per una sorella o per un amico. L’amore è quel qualcosa che si vive anche in una situazione in cui non sono in ballo persone: in Gloria! c’è una bellissima scena d’amore tra un pianoforte e un violino. Tra l’altro, mi diverte pensare come sia in Amanda sia in Gloria! non ci siano scene d’amore tra un ragazzo e una ragazza: finalmente, i personaggi femminili non necessitano di una declinazione al maschile per essere raccontati. Si possono raccontare le donne senza che siano necessariamente legate a un uomo: è un segno di libertà.

E tu ti senti libera come donna?

Sì. Sono cresciuta libera, ho avuto la possibilità di studiare e di viaggiare molto per il mondo. Ho acquisito la mia indipendenza anche grazie ai miei tanti giri per il mondo: ho studiato all’Università di Montreal e a quella di Copenaghen, sono stata in Giappone e ho adorato il Guatemala e la Colombia. Ho lavorato sul set con gruppi di donne, con molte colleghe giovani e con altrettante giovani registe che come Margherita Vicario hanno un lavoro importante da portare avanti e storie che hanno voglia di raccontare.

Mai tentata dalla serialità televisiva?

Sì, ma non ho avuto ancora la possibilità di cimentarmi con il racconto seriale. C’è tanta produzione, molto di più rispetto a quella cinematografica, ma ovviamente non tutti i progetti sono interessanti. Occorre scegliere e valutare con attenzione.

Galatea Bellugi nel film Il ragazzo invisibile - Seconda generazione.
Galatea Bellugi nel film Il ragazzo invisibile - Seconda generazione.
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