Incontriamo oggi Giada Colucci, una talentuosa attrice che illumina la nostra conversazione con il suo sorriso contagioso e una solarità che non la abbandona mai, nemmeno quando affrontiamo temi di profonda serietà. Nata dall'unione di radici abruzzesi e baresi, Giada Colucci ha fatto di Roma la sua casa dal compimento dei 18 anni, portando con sé un bagaglio culturale ricco e variegato che traspare nella sua arte e nella sua visione del mondo.
La sua carriera, costellata da ruoli che spaziano dal cinema alla televisione, ci offre uno spaccato sulle sfide e sulle conquiste di una donna che, attraverso la recitazione, ha saputo esplorare e dare voce a tematiche spesso trascurate o considerate tabù, come la depressione post partum. Giada Colucci si apre con noi, condividendo il suo percorso artistico e personale, le sue riflessioni su temi delicati come la maternità e le aspettative sociali che gravano sulle donne, nonché le sue esperienze sul set di produzioni importanti come il film Volare, sotto la regia di Margherita Buy, e la nuova serie tv The Place of Life di Maria Sole Tognazzi.
Questa conversazione è un viaggio nell'animo di un'artista che vive la sua professione con passione, dedizione e una costante ricerca di autenticità, senza mai perdere di vista l'importanza delle relazioni umane, dell'amore per la famiglia e del sostegno reciproco. Attraverso le sue parole, Giada Colucci ci invita a riflettere su quanto sia fondamentale accettare e abbracciare la complessità dell'esistenza, superando gli stereotipi e le aspettative irrealistiche per scoprire la bellezza autentica di ogni esperienza di vita.
Intervista esclusiva a Giada Colucci
“Vivo a Roma da quando ho 18 anni ma sono per metà abruzzese e per metà barese”, sorride Giada Colucci mentre rompiamo il ghiaccio durante i primi minuti della nostra conversazione. E il sorriso è qualcosa che l’accompagna durante tutta la conversazione: non perde mai la solarità o la voglia di sdrammatizzare anche quando i toni e gli argomenti si fanno seri. A cominciare dalla prima osservazione: chi scrive si ricorda bene Giada Colucci in un film che andrebbe la pena di recuperare per l’argomento trattato, Maternity Blues di Fabrizio Cattaneo.
“È stato uno dei primi film ad affrontare come argomento la depressione post partum. E anche dopo non è che ce ne siano stati tanti, la tematica non è stata mai più toccata perché considerata delicata e scottante. Era difficile parlarne all’epoca e lo è ancora oggi: a parte Levante che ha raccontato la sua personale esperienza, sembra essere un tabù… si preferisce fare il punto su come la maternità sia il momento più bello della vita di una donna e non sulle ansie e sulle aspettative che si portano sulle spalle per via della ricerca di una perfezione che non esiste. Speriamo prima o poi di evolverci”.
“La nascita di un figlio è sicuramente il dono più prezioso che una donna possa ricevere, è chiaro, ma oggi più di ieri non sempre siamo pronte ad affrontarla per le paura che comporta e che la stessa società ci mette addosso. Ricordiamoci sempre che, per quanto ci sia un papà e la responsabilità sia condivisa, è alle donne che spetta l’onere maggiore. E lo dico senza alcun pregiudizio nei confronti degli uomini, ci mancherebbe”.
Ti stiamo vedendo in questi giorni al cinema in Volare, il film che segna l’esordio alla regia di Margherita Buy. Interpreti il ruolo dell’assistente dell’agente della protagonista, interpretata da Anna Bonaiuto.
Anna Bonaiuto presenta il suo personaggio dicendo di aver avuto la sfiga di essere l’agente di un’attrice… ecco, io invece ho avuto la sfida di essere l’assistente dell’agente di un’attrice che mi tratta costantemente male approfittando del mio essere tutta pimpante e, fondamentalmente, una sottona. Margherita Buy si è rivelata una regista gentile, generosa, solare e severa quando serviva ma sempre inclusiva, portando la sua visione poetica in quella che è a tutti gli effetti una commedia brillante, quasi alla francese. Il mio è un piccolo ruolo ma sono grata di aver preso parte a Volare e di esserci.
Non esistono piccoli ruoli ma piccoli attori…
Non spetta a me dirlo: non voglio mai peccare di immodestia. Sono una persona discreta che da tanto tempo si sta costruendo il suo percorso e, quindi, sono sempre molto grata a ogni occasione che mi si presenta con grande positività e fluidità, senza mai abbattermi. Il mio è un lavoro tosto ma non in termini di fatica fisica: è difficile a livello artistico starci dentro… è il più bello del mondo ma è costantemente appeso a un filo, precario e non dipendente dalle tue decisioni.
Per farlo, devi avere il fuoco dentro, un amore forte che a ogni inciampo permette di rialzarti. Ed io ho sempre cercato di portarlo avanti abbattendomi, rialzandomi, sfruttando il dolore, la sofferenza, la gioia o la felicità, e coltivando tanta pazienza: arriva sempre quel momento in cui potrai gioire del sorriso delle persone, del tuo e della tua famiglia.
Dopo Volare con Margherita Buy, ti vedremo prossimamente in The Place of Life, nuova serie tv diretta da Maria Sole Tognazzi le cui riprese sono da poco terminate. Due registe donne…
Amo le donne e lo sguardo femminile così come amo anche quello maschile. Non faccio distinzione proprio perché sono un’appassionata in generale di arte. Uno dei miei più grandi amori è ad esempio per la fotografia giapponese, di cui i massimi esponenti sono uomini… la discriminante in arte per me è solo una: le grandi idee e le buone intenzioni nel rappresentare le profondità dell’essere umano.
Rimane comunque un dato di fatto fondamentale nel tuo percorso: a scoprirti è stata una donna…
Nella società contemporanea moda e cinema hanno un legame indissolubile che nel mio caso si è concretizzato attraverso la figura di Valentina de Laurentiis che mi ha scelto come modella per la sua collezione di borse super gotiche. In lei c’era il desiderio di fondere i due mondi, quello dal quale proveniva (il padre è il produttore Aurelio) e quello che aveva scelto per sé. Era dunque nelle sue intenzioni quella di scegliere un’attrice che avesse delle caratteristiche da modella per quello che era un progetto bellissimo.
Aspiravi dunque al lavoro di attrice sin da giovane, non che ora tu non lo sia.
Paradossalmente mi sento più felice oggi che di anni ne ho 36 che quando ne avevo 20. Ho sempre vissuto il conflitto e lo scavarsi dentro con molta sensibilità e, di conseguenza, la crescita, la maturità e le esperienze vissute, anche quelle non felici, mi hanno permesso di raggiungere uno stato di serenità che prima non avevo. È stupendo essere giovani ma è altrettanto stupendo aver preso consapevolezza di sé: a vent’anni avevo dentro un mondo che mi esplodeva ma la timidezza, l’insicurezza e lo stare in guardia non mi permettevano di guardare alla mia interiorità.
Lo racconti con il sorriso, traspirando solarità…
Sono una persona molto solare ma ho anch’io una parte molto malinconica. Mi piacciono ad esempio quei drammi che toccano temi importanti e che ti rimangono addosso per una vita e sono una grande divoratrice di libri che ti smuovono qualcosa dentro. Ma sono sensazioni ed emozioni che raccolgo dentro di me e tengo per me: lavoro con altre persone, non sono mai in funzione di me stessa. Questo non significa che non sia vera: dico sempre quello che penso ma con educazione e rispetto. E ho la costante tendenza a prendere le difese di chi viene ingiustamente attaccato, pagandone in certi casi anche lo scotto.
Ed è una dote rara in un mondo il cui tutti sembrano usciti da un funerale continuo.
Al funerale vai per i fatti tuoi: devi utilizzarlo e canalizzarlo per trasformarlo in altro. Tutti quanti viviamo perdite, delusioni, fallimenti: chi non ne ha mai avuti? Io stessa ne ho vissute tante di situazioni critiche ma ho cercato sempre di metabolizzarle per ricavarne il meglio. Non ho mai amato rapportarmi con gli altri esternando nichilismo: sono stati d’animo che tengo per me proprio per decostruirli e trasformarli in qualcosa di utile alla mia crescita, personale e professionale. Ormai sembra quasi che non si possa fare un’intervista senza mettere in atto forme di egocentrismo per cui si elencano le disgrazie vissute ma morte, amore finiti, delusioni amicali, parole dette male, altre non dette, tradimento, mancanze di rispetto e bugie appartengono alle storie di tutti.
Come hai reagito alle delusioni incontrate a livello lavorativo?
Non puoi farti trovare impreparata dalle delusioni, anche forti. Per fortuna, sono cresciuta con una mamma che mi ha sempre messo davanti alla verità: ci sarà sempre quella più bella, più brava, più carina, più intelligente o più furba di te, ma non devi mai provare invidia. Cresciuta senza gelosia per gli altri o le altre, ho sempre considerato importante il confronto e lo scambio di idee: non puoi prendertela con qualcun altro quando qualcosa non va… non puoi fare ricadere la colpa su nessuno se non nella te di quell’istante.
Come tutti, ho avuto le mie delusioni ma ho sempre avuto il mio porto sicuro, la cosa a cui tengo di più in assoluto: la mia famiglia. Se da un lato è vero che ho sempre svolto il lavoro di attrice, dall’altro è anche vero che ho sfruttato le mie altre risorse per far altro e non piangermi addosso o lamentarmi. La vita è una scatola di delusioni ma sta a te decidere come reagire e viverle, resettare tutto e ricominciare.
Ero fermo alla scatola di cioccolatini di Forrest Gump…
È variegata: non può mai essere allo stesso modo e non può mai percorrere un unico binario. Un po’ come me che, da curiosa, ho sempre cercato di relazionarmi con ogni tipo di personalità senza mai avere paura di chi fosse giudicato “diverso” da me. Mi sono sempre tuffata, rischiando di annegare prima di risalire, nel capire, conoscere e osservare chi mi stesse intorno. Ed è grazie a ciò che oggi ho un’apertura di cuore, di anima e di mente, che mi fa andare avanti.
È rimasta qualche paura?
Mi ritengo una ragazza fortunatissima: ho una famiglia che mi vuole bene, un tetto sopra la testa e qualcosa da mangiare. Spesso però ho rinunciato a tante situazioni lavorative per vivere la paura della solitudine… Una paura che mi accompagna anche a livello relazionale, nonostante sia single per mia scelta da tantissimi anni: non è facile che mi innamori soprattutto in una società come la nostra in cui velocità e apparenza hanno il sopravvento sull’essenza.
Cerco di combatterla tutti i giorni con il kung-fu (che ha insito in sé tutta una parte spirituale) e con la meditazione: mi sono chiusa parecchie volte in me stessa per comprendere chi ero e cosa mi stava succedendo per poi riaprirmi con maggiore consapevolezza. E mi ha aiutato a mettere insieme i pezzettini del puzzle della donna che sono e sarò.
Tuttavia, le mie più grandi paure ruotano intorno alla possibilità che qualcuno possa far male ai miei cari (non temo tanto le perdite, vanno accettate) o allo spreco di ciò che abbiamo a disposizione. Ma la famiglia è la mia preoccupazione principale.
È stato facile, a proposito di famiglia, dire a mamma che volevi trasferirti a Roma per far l’attrice?
Assolutamente sì. Chiaramente quando si è trattato di fare una scelta, mamma magari avrebbe preferito che all’università studiassi Medicina anziché Lettere e Filosofia con indirizzo Cinema e Spettacolo. Ma ha capito le mie aspirazioni artistiche: dico sempre che lei è una poetessa, pur non essendolo stata, e mi ha lasciato grande libertà con il suo capire che non esistono solo i lavori da posto fisso o con gerarchie da rispettare: esiste anche quello che ho scelto io, in cui bisogna essere sempre pronti a tutto e a reinventarsi, anche con pazienza.
E papà?
Il mio discorso si può estendere anche a lui. Ha sempre combattuto, si è sempre reinventato e non si è mai abbattuto. È un grande uomo, nonostante i suoi difetti (ride, ndr). I miei vivono ancora in Abruzzo, a 90 km da Roma: ci separano solo 50 minuti di autobus, per cui ci vediamo spesso.
Volare: Le foto del film
1 / 16Qual è la cosa ti piace ritrovare a casa quando vai a trovarli?
La finestra vicino alla quale mi siedo per osservare il piccolo giardino vegetale che mia madre si è costruita sul suo balcone. Tiene lì coperte tutte le sue piantine ed è sinonimo della sua discrezione: sebbene i vicini siano delle persone adorabili, quella copertura le permette di conservare il suo essere discreta. È accanto a quella finestra che siedo e chiacchiero con lei mentre è intenta a cucinare o a preparare il caffè: sono i momenti che più adoro, insieme al dormire con lei, come una cucciolona.
Cosa vedevi da quella finestra quand’eri bambina?
La cucina quand’ero piccola era in un’altra zona della casa, per cui non esisteva ancora quella finestra ma ne avevo un’altra di riferimento. Dormivo nella stessa camera dei miei fratelli: era stato realizzato per me un soppalco e dalla finestrella che dava sulla montagna potevo visualizzare i miei desideri, i miei sogni… belli o brutti che fossero.
Sognavo talmente tanto che dall’essere una over thinker è derivata la mia ansia: ho dovuto scardinare dalla mia testa tutti gli ideali che avevo ad esempio sull’amore e sull’amicizia. Sono stata cresciuta da mamma all’insegna dell’amore, della gentilezza e del rispetto: educata al chiedere scusa e al combattere per i propri sentimenti ma anche al non farsi mai trattare male. “Se qualcuno lo fa giustificandosi con l’amore, scappa” e a me è capitato di doverlo fare nella vita: non si possono cambiare le persone, anche quello nasconde un’intenzione tossica… Le buone intenzioni devono essere insite in ognuno di noi, vale in qualsiasi tipo di relazione.
Nella relazione con te stessa, quando hai capito che volevi fare l’attrice?
Nella più classica delle situazioni: a un recita alle scuole elementari. Avevo dieci anni, frequentavo una scuola gestita dalle suore ed era Natale: nel rappresentare la Natività, mi diedero la parte del Sole, con addosso un vestito tutto arancione fatto da noi bambini. E fu lì la prima volta che mi sentii felice su un palco… Una sensazione che si accresceva tutte le volte che con i miei fratelli, più grandi me, guardavamo dei film (ne ho sempre visti molti!) e mi lasciavo toccare dalle interpretazioni sentendo un certo solletico nell’anima che sentivo il bisogno di comunicare. A 18 anni avevo però cambiato idea: volevo fare prima la psichiatra, poi la veterinaria, dopo la pittrice o la poetessa… di tutto e di più!
La veterinaria… amante dei cani o dei gatti?
Ho avuto una bambina pelosa e stupenda che si chiamava Dafne, una meticcia cresciuta con me dai 19 anni fino ai 33. È andata via durante la pandemia ma abbiamo condiviso tutte le esperienze insieme: era sempre con me, dovunque. La sua perdita mi ha segnato parecchio: il dolore è ancora talmente grande che l’ipotesi di prendere un altro cane è lontana…