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Giorgia Arena: “La mia Eva ‘figlia’ di Michela Murgia” – Intervista esclusiva

Giorgia Arena
In Gigolò per caso, la nuova serie tv Prime Video, Giorgia Arena interpreta una giovane podcaster. L’oggetto del suo podcast? Il sesso, declinato al femminile. Ma è solo uno dei tanti ruoli che l’attendono in quella che è a tutti gli effetti la sua quarta vita. In esclusiva per The Wom, il suo racconto di vita di giovane donna da sempre determinata e coerente con se stessa.

“In effetti, è come se avessi vissuto tante vite in una”, mi risponde Giorgia Arena quando, scherzando, le faccio notare come il suo percorso sia stato fatto di tante tappe diverse che l’hanno condotta fino a oggi. Giovane attrice sulla rampa di lancio, nata a Crotone, Giorgia Arena è tra i protagonisti della serie tv Prime Video Gigolò per caso, disponibile dal 21 dicembre. Ma tantissimi altri progetti aspettano Giorgia Arena, soprattutto al cinema: Il treno dei bambini di Cristina Comencini, In the Hand of Dante di Julian Schnabel, Ma chi ti conosce? di Francesco Fanuele e Il mio posto è qui di Cristiano Bortone.

Dopo il successo personale riscontrato con il ruolo di Assunta nella serie tv Bang Bang Baby, Giorgia Arena non si è fermata un attimo. Ma non che prima sia stata con le mani in mano. Il suo percorso artistico comincia presto quando da bambina sceglie la danza prima e il canto dopo per diventare una delle protagoniste di musical più ricercata in Italia: da Flashdance a Peter Pan, passando per Billie Elliot e Mary Poppins, per citare solo alcuni dei titoli di maggior successo. Tuttavia, c’è stata nel frattempo anche un’esperienza televisiva con cui Giorgia Arena farà pace nel corso di quest’intervista in esclusiva. Non vi resta che arrivare in fondo per scoprirla… tra ironia e autoironia.

Giorgia Arena (Foto: Gioele Vettraino; Hair & make up: Silvia Evangelista @Simone Belli Agency;
Giorgia Arena (Foto: Gioele Vettraino; Hair & make up: Silvia Evangelista @Simone Belli Agency; Abito: Philosophy by Lorenzo Serafini; Gioielli: Iosselliani; Publicist: Lorella Di Carlo).

Intervista esclusiva a Giorgia Arena

Tutto il tuo percorso è stato un crescendo. Ogni tappa ed esperienza vissuta sembra aver fatto da imbuto verso quello che da “adulta” saresti stata: un’attrice a tutto tondo.

Ho sempre voluto recitare nella vita. Sono partita dalla danza per poi passare alla recitazione. Non si è trattato di un raptus improvviso. Crescendo in una realtà che non offre tante opportunità come Crotone, sono stata costretta a emigrare verso nord prima di arrivare a Roma e intraprendere il percorso di recitazione, mollando la danza. Già con la scelta di interpretare diversi musical, avevo cercato di coniugare ballo, canto e recitazione: è stato il teatro a darmi la possibilità di arrivare dove desideravo…

Ho fatto tantissime esperienze: non smetterò mai di ringraziare i dieci anni di tournée, di valigie, di provini da sostenere dopo essermi cambiata nei bagni delle stazioni o dei teatri, e di gallette di riso e prosciutto condivisi con i ragazzi della mia compagnia teatrale in una camera d’albergo che non era mai la stessa. Sono arrivata al teatro grazie a una di quelle open call per cui non hai bisogno di un agente che cerchi il ruolo più adatto a te: ci si presenta da soli, con tutto quello che sei, che puoi offrire e che sai fare.

A un’analisi attenta del tuo curriculum, il punto di svolta sembra essere il 2019, anno in cui vieni scelta per una rappresentazione che non è sicuramente un musical ma un dramma vero e proprio: Non si uccidono così anche i cavalli.

È vero. Nonostante non avessi battute perché si sviluppava attraverso partiture fisiche, è stato uno spettacolo in cui sono riuscita per la prima volta a portare la mia idea di recitazione. È l’ultimo a cui ho lavorato poco prima che scoppiasse la pandemia dovuta al CoVid e l’ho accettato perché ero comunque un po’ satura del linguaggio da musical. Avevo deciso di smettere con i musical per una serie di ragioni: studiavo e sentivo crescere in me altre esigenze. Per certi versi, è la vita che a un certo punto ti parla: se riesci a sintonizzarti con lei e ad ascoltarla, le cose poi accadono.

Quindi, quello spettacolo ha fatto sicuramente da spartiacque. Quello per Bang Bang Baby è stato a tutti gli effetti il mio primo provino per il cinema: nonostante negli anni avessi mandato le mie candidature, non ero mai riuscita a farne uno. A differenza del teatro, ai provini per il cinema ci si presenta il più delle volte attraverso qualcuno, raramente trovi gli annunci per le convocazioni.

Lo stesso Andrea Di Stefano, a fine provino, disse di non avermi mai vista prima: eh, sì… ero a fare teatro. A volte sembra quasi che fare teatro precluda altro: non dico che esista una forma di discriminazione ma è difficile che ti diano subito fiducia. La mia mia fortuna è stata quella di aver creduto in me sebbene fossi incosciente del linguaggio e della grandezza del progetto con cui avrei dovuto confrontarmi: in quel momento, ho solo pensato quanto Andrea fosse affascinante come persona (ride, ndr). forse è stata proprio l’incoscienza a salvarmi.

Grazie al tuo aspetto fisico, non si riesce mai a capire quale sia la tua effettiva età. È un tratto distintivo molto particolare.

È il motivo per cui in teatro solitamente mi facevano interpretare ruoli da adolescente. Mi ero anche stancata di farli perché nel frattempo, crescendo, aspiravo anche a personaggi che fossero più vicini a me. Tuttavia, quello che mi sembrava un difetto oggi è diventato un pregio: con le dovute differenze, mi paragono spesso a una piccola Giulietta Masina perché anche di lei non si riusciva mai a capire quanti anni avesse. Lo considero una dote perché mi aiuta tanto nella trasformazione, uno degli aspetti a cui più ambisco nella recitazione.

Giorgia Arena nella serie tv Gigolò per caso.
Giorgia Arena nella serie tv Gigolò per caso.

In Gigolò per caso, interpreti Eva.

Eva è la creatrice di un podcast molto moderno sulla sessualità. Già dalla prima puntata, si può capire quanto sia mossa da un’idea di rivoluzione che punti all’armonia tra i sessi e non alla divisione. È un’attivista femminista che alla parola femminismo dà un’accezione molto inclusiva. Coraggiosa e intraprendente, è la vicina di casa di Giacomo e Alfonso, il padre e figlio interpretati da Christian De Sica e Pietro Sermonti, uno storico gigolò e l’altro, per l’appunto, gigolò per caso. Si scoprirà pian piano che Eva è anche incinta, un dettaglio che ho trovato molto interessante e che mi ha aiutato nella costruzione di quella che è la biografia del personaggio.

Lavorando di immaginazione (il muscolo più importante per un attore!) per capire chi fosse prima o cosa le fosse accaduto, l’ho immaginata come una giovane donna che aveva voluto fare un figlio da sola, una scelta che in un Paese come l’Italia potrebbe comportare più di una conseguenza. Ricordiamo che la Legge 40 è molto ristrettiva: non permette né alle donne single o alle coppie omosessuali di ricorrere alla fecondazione assistita. Ripeto: è frutto della mia fantasia ma questo dettaglio mi ha aiutata a gettare le basi per Eva, facendo del coraggio e della determinazione una caratteristica fondamentale.

Per me, nella preparazione del personaggio, il riferimento più importante è stata Michela Murgia: ho passato tanti pomeriggi a riascoltare il suo podcast, Morgana, e a cercare di capire come lo faceva. Mi piace pensare a Eva come a una piccola seguace della scrittrice, una piccola figlia della sua famiglia allargata.

Le clienti di Alfonso sono tutte “ereditate” dal padre…

…ma sarà Eva la sua prima cliente “native”, come si direbbe oggi. Mentre le altre donne si ritrovano al suo cospetto giocoforza, Eva è la prima che lo sceglie. In più, i due hanno anche una grande affinità: Eva non può che essere contenta del fatto che un uomo come Alfonso ascolta il suo podcast: entrambi sono molto bravi con la teoria, un po’ meno con la pratica!

Il lavoro di Alfonso mi ha anche permesso di riflettere su un argomento molto serio, il lavoro dei e delle sex worker. In particolare, ho ascoltato molte interviste di donne che lo avevano scelto come mestiere senza essere obbligate da nessuno. Perché continuiamo a giudicarle? Consideriamo figo il lavoro di Alfonso, “ordinato” da molte donne, e su di lui non c’è mai alcun pesante giudizio. Ma se la serie avesse parlato di una sex worker anziché di un gigolò?

Parlando di “pratica”, Eva rompe un tabù: il sesso in gravidanza.

Era necessario che lo facesse. Nel suo podcast invita le donne ad ascoltarsi e a lottare ogni giorno contro i pregiudizi e i propri bias. Deve dunque farlo per condividere l’esperienza con i propri ascoltatori: per lei, la coerenza con se stessi è fondamentale.

Tu sei stata coerente con te stessa?

È stata una bella lotta. Quando ho mollato tutto per concentrarmi sulla recitazione, un mondo che in qualche modo all’inizio mi respingeva, è stato un bel salto nel vuoto. Ho buttato il cuore oltre l’ostacolo proprio perché sono convinta che la felicità sia data dal vivere una vita allineata con la propria natura, la propria indole e le proprie aspirazioni. Se fossi rimasta dov’ero, sarei sicuramente stata destinata a una vita non coerente con il mio istinto, con quello che i greci chiamano daimon.

Gigolò per caso: Le foto della serie tv

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Finora ti abbiamo vista in commedie ma arriveranno anche diversi drammi a testimoniare la tua versatilità come attrice.

Non distinguo un genere dall’altro. Ci sono situazioni drammatiche che possono far ridere e altre comiche che possono far piangere, la saggezza popolare non si sbaglia mai. Riso e pianto sono per me le due facce della stessa medaglia. Quando recitavo la parte di Assunta in Bang bang baby, lo facevo come se per lei fosse tutto un dramma: mi sembrava di avere a che fare con una storia molto tragica ma, quando mi rivedevo, mi accorgevo di quanto facesse ridere. Ragione per cui adoro il grottesco, la fusione dei due toni agli antipodi, e per cui lo difendo, anche perché è la chiave di lettura della quotidianità.

Personalmente, cosa ti fa piangere e cosa ti fa ridere?

Mi fa ridere la trasmissione Un giorno in pretura ma non per la gravità dei fatti narrati: mi fanno ridere le testimonianze in tribunale della gente che sminuisce ciò che ha fatto come se fossero le più ovvie, usando come scudo la leggerezza o la minimizzazione. Piango, invece, davanti a qualsiasi cosa: una volta ho pianto persino guardando Un boss in incognito, con il premio dato a uno di quei lavoratori che si è impegnato così tanto nella sua vita. Forse perché mi commuove la solidarietà e la gentilezza così come mi emozionano molto gli anziani e i loro gesti di tenerezza: a me basta vedere la locandina del film Disney Up per piangere.

Hai citato prima le gallette di riso e il prosciutto come cena quando facevi teatro. Ti obbligavano a cene così frugali?

Era un’imposizione dettata dal mantenimento della propria forma fisica, se è questo che mi stai chiedendo. Nelle camere d’albergo non avevamo ovviamente la cucina e, per evitare di andare a mangiare sempre fuori (gli attori di teatro non è che guadagnino chissà quanto), ci si arrangiava con quello che si trovava nei supermercati.

Che rapporto hai con il tuo corpo?

Ho un buon rapporto con il mio corpo. Ballare per così tanti anni mi ha aiutata a trovare un equilibrio anche con me stessa. Ho cominciato a ballare piccolissima: conservo ancora un video di me che a due anni e mezzo o forse tre ballo sulle note di T’appartengo di Ambra. È una registrazione che custodisco con grande senso di protezione: per me, è molto preziosa perché mi ricorda di quanto forte sia il fuoco che arde dentro ognuno di noi. Tutte le volte che perdo l’ispirazione, riguardo quel video e ritorna in me l’intensità con cui quella me bambina crede in quello che sta facendo.

Il rapporto con il mio corpo non può che essere buono. Il ballo mi ha permesso di essere in costante allenamento fisico e di adattarmi ai ritmi. Con il teatro arrivavo anche a otto repliche settimanali, con doppio spettacolo il sabato e la domenica di cui il secondo solitamente non pagato. Della danza, ciò che mi ha fatto maggiormente soffrire non è stato l’esercizio ma i piccoli traumi vissuti in Accademia: la mia statura, ad esempio, secondo un’insegnante non mi avrebbe mai fatto lavorare nella vita. Mi invitava a tenerlo presente quando poi in teatro ho lavorato molto proprio grazie a quella: quante cose vorrei dire oggi a quell’insegnante…

Ti ha tolto qualcosa ballare per oltre vent’anni?

No, ma grazie alla famiglia che ho avuto. Gli anni dell’Accademia sono stati molto duri: mi hanno dato una formazione alquanto “militare” ma non rinunciavo mai alla bellezza dei miei vent’anni. Ho cercato sempre di regalarmi molte serate per me stessa e di non reprimere mai la mia vitalità o sacrificare le mie relazioni. Ero stata ammessa in Accademia l’anno stesso in cui avrei dovuto affrontare l’esame di maturità: io ho scelto prima di finire il liceo a Crotone per vivermi quell’esperienza con la mia classe e i miei compagni di sempre. Anche perché, se mi fossi trasferita, come avrei mai potuto copiare la versione di latino? (ride, ndr).

Battuta a parte, non avrei mai potuto vivere l’agitazione e la frenesia che mi attendevano senza i miei compagni di classe, con cui condividevo anche un certo impegno politico. Forse, il ballo mi ha portato a rinunciare proprio a quel lato di me che da rappresentante d’istituto si impegnava sempre in prima linea. A scuola ero la classica ragazza che “si impegna ma potrebbe fare di più” (a eccezione della matematica, dove ho rimediato anche un uno meno meno), quella che se c’era una manifestazione era già dietro al cancello alle 7 ma che, se c’era lezione, entrava anche alla seconda ora perché si era addormentata.

Deduco che hai frequentato il liceo classico…

Già. Mi piaceva studiare solo le materie che suscitavano in me qualche interesse, non certo la matematica, sottovalutando lo studio. Col senno di poi, mi sono iscritta a trent’anni alla Sapienza: ho cominciato l’università della terza età (ride, ndr) e per me lo studio è diventato un regalo immenso. Dovrebbe essere vissuto così (il sapere di rende libero: quale regalo più grande?) ma, purtroppo, a diciotto anni non hai ancora i mezzi per rendertene conto o valutare, nelle scelte dopo la maturità, chi si vuole essere.

Con la tua passione per la matematica, avrai scelto fisica nucleare…

Eh, certo (ride, ndr). Ho scelto Arte e Scienze dello Spettacolo, dove al primo e secondo anno mi sono ritrovata a studiare materia che mi hanno aiutato tantissimo per il mio lavoro. Anche se non sempre è facile conciliare lavoro e studio ma con passione riesco a vincere la fatica e portare a casa gli esami che sostengo, pure con il massimo dei voti.

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Per seguire i tuoi sogni, sei andata via da Crotone. Cosa ti manca maggiormente della tua città?

Il passeggiare respirando l’aria di mare e di spiritualità che da sempre arriva dal tempio di Hera Lacinia… ma mi manca anche la possibilità di contribuire al suo miglioramento. Spesso, ho come l’impressione che in città manchi un’intera generazione, quella dei giovani della mia età che potrebbero prendere in mani posti abbandonati e dismessi per realizzare qualcosa di utile al bene collettivo. L’essere lontana è per me una ferita aperta e mi genera anche senso di colpa, soprattutto quando penso a quel teatro mai aperto che, pur essendo nuovo, sta invecchiando dentro.

C’è un’esperienza nel tuo percorso che fino a questo momento non è ancora emersa, come se ne volessi prendere le distanze: la Melevisione.

Per molto tempo, c’è stata una lunga battaglia dentro di me a proposito. Per me, oggi, dopo anni passati a dire “Oddio, la Melevisione!”, è il bel ricordo di un’esperienza che ho vissuto da bambina, cercando di trasformare quel sentimento di quasi vergogna in qualcosa di positivo.

Ho cominciato a ripensarci quando sul set di Il treno dei bambini un attrezzista di scena mi si è avvicinato chiedendomi se fossi io la Fiammetta della Melevisione. Non so come abbia fatto a riconoscermi ma nei suoi occhi trasognanti e nella sua voce c’era tutta l’emozione di un bambino che guardava ogni giorno quel programma, che ora ricordo con leggera nostalgia. Era una televisione per bambini che oggi non esiste più, nata con la volontà di insegnare qualcosa ai più piccoli, se non fosse altro l’importanza della condivisione e del rispetto. E poi per quel ruolo ero stata scelta tra 400 candidate…

Giorgia Arena (Foto: Gioele Vettraino; Hair & make up: Silvia Evangelista @Simone Belli Agency;
Giorgia Arena (Foto: Gioele Vettraino; Hair & make up: Silvia Evangelista @Simone Belli Agency; Abito: Philosophy by Lorenzo Serafini; Gioielli: Iosselliani; Publicist: Lorella Di Carlo).
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