È passato quasi un anno da quando avevamo incontrato Giusi Battaglia, per tutti Giusina in cucina. Da allora, ne sono successe di cose nella sua vita. L’avevamo lasciata alle prese con un programma di cucina che ogni sabato pomeriggio batteva ogni record su Food Network e un libro di ricette che si era rivelato un inatteso best seller.
Ritroviamo Giusi Battaglia, palermitana purosangue, ancora in televisione. Ma gli appuntamenti che la vedono protagonista sono aumentati. Mentre con Giusina in cucina continua la marcia trionfale, Giusi Battaglia è reduce dalla prima edizione di Ci vediamo al bar, un programma televisivo andato in onda sempre su Food Network ma in prime time che la vedeva affiancata da Paolo Briguglia. E si sta preparando ad accompagnarci verso il Natale con il suo particolarissimo “calendario dell’avvento” di cui, come l’anno scorso, è disponibile una nuova puntata tutti i giorni su YouTube, prima di approdare con una lunga maratona, sempre su Food Network, sabato 17 e sabato 24 dicembre.
Ma non è finita qui. Ancora una volta, Giusi Battaglia è in testa alle classifiche di vendita con un nuovo libro, Viaggio in Sicilia (Cairo Editore), un volume di ricette che continua il viaggio percorso intrapreso alla scoperta delle ricette simboliche della sua amata terra. Multitasking come sempre, non si è fermata nemmeno con il suo lavoro di ufficio stampa. Quando la raggiungiamo telefonicamente (ed è sempre una festa farlo), Giusi Battaglia sta coordinando un’intervista di Fedez con il Corriere della Sera per il lancio di Lol Xmas, lo speciale disponibile su Prime Video dal 19 dicembre.
E anche dal punto di vista privato il momento è particolarmente felice. Si avvicina anche per lei il Natale, il primo dopo tanto tempo in cui – e questa è una notizia! – non sarà lei a cucinare. Da sempre, il Natale per Giusi Battaglia è famiglia e la sua si è allargata ulteriormente: la sorella ha appena dato alla luce la sua prima figlia, attorno a cui si riunirà tutta la famiglia Battaglia a Roma. Tuttavia, Giusi Battaglia ha le idee ben chiare su ciò che non può mancare a tavola ma anche su come cucinare sia un’attività a cui si devono preparare i bambini sin da piccoli. E lei lo sta facendo con un progetto scolastico davvero particolare.
Intervista esclusiva a Giusi Battaglia
Viaggio in Sicilia ha bissato il successo del tuo primo libro di ricette.
Sono molto felice, la gente lo sta amando. Chi aveva il primo, ha voluto ovviamente anche il secondo, mentre chi non lo aveva si è fidato di Viaggio in Sicilia. Sono molto felice perché è frutto di un lavoro svolto con grande attenzione e con molto più tempo a disposizione. Ma sono felice anche della fiducia che la casa editrice, Cairo, ha riposto in me dopo il primo volume: non era così scontato. E, poi, lasciamelo dire, abbiamo aperto una strada: l’anno scorso cercavo libri di cucina siciliana ma non ne trovavo, ora invece ce ne sono diversi. Vuol dire che la Sicilia funziona: diverse case editrici hanno pubblicato libri di food blogger siciliani!
Viaggio in Sicilia è arrivato in un momento in cui il tuo percorso televisivo ha fatto un ulteriore passo avanti: si è chiusa da poco la prima edizione di Ci vediamo al bar – Sapori di Sicilia in sfida. Da dove nasce l’idea di mettere in competizione i bar della Sicilia?
L’idea mi è nata, innanzitutto, dal desiderio di esplorare in televisione qualcosa di inedito. A volte si ha l’impressione che tutto si sia già fatto ma non è così: nessuno aveva mai pensato al mondo dei bar, che in Sicilia soprattutto ha una valenza importantissima. Con tutto il rispetto per le altre parti d’Italia, in Sicilia il bar è un luogo d’incontro importante, un luogo in cui si consuma la colazione ma con un certo stile.
A volte, mi capita di entrare nei bar a Milano e di vedere gente con le cuffiette alle orecchie o che non si saluta neanche. In Sicilia, invece, il bar è una seconda casa. In virtù dell’amore che avevo e che ho per il film Nati stanchi, dove Ficarra e Picone non lavoravano perché dovevano sostenere l’economia dei bar, mi è venuta voglia di raccontare l’universo dei bar. Ne è venuto fuori un piccolo gioiellino che contava sulla sigla con la voce di Ficarra e Picone, il voiceover di Marcello Mordino (il Romeo di Nati Stanchi ma anche postino di C’è posta per te, ndr), le musiche di Paolo Buonvino: ho voluto dare al programma un sapore cinematografico!
La gente ha amato il progetto ma, quando si è affezionata, è finito. Speriamo in una seconda edizione.
Nel programma avevi come compagno di sfide l’attore palermitano Paolo Briguglia.
Paolo era destinato a farmi da partner. Quando Food Network mi ha chiesto di pensare a quale personaggio, con una visibilità non solo local ma anche nazionale, poteva affiancarmi, non avevo nemmeno preso in considerazione il suo nome. Avevo pensato ad altri, che si erano presi del tempo per capire se il progetto combaciava con altri impegni sui set.
Quando ho ricevuto l’ultimo “no”, il nome di Paolo è arrivato in un modo inatteso, sintomatico appunto del fatto che era destinato a stare al mio fianco. Ero davanti alla televisione, il che non è affatto scontata per me per via delle tante cose da fare (dal mettere a letto i bambini in poi). Stava per cominciare l’EuroVision: ero incuriosita dalla macchina immensa messa in piedi ed ero sul divano, intenta a rispondere a una mail del produttore, Massimo Righini, per comunicargli che non avevo più nomi in testa da proporre. “Ragazzi, non ho più idee: fatevene venire voi qualcuna”: mentre scrivevo queste parole, è apparso in tv Paolo Briguglia.
“Ma com’è che non ci ho pensato?”, mi son detta. Ho cancellato subito il testo della mail, suggerendo di sentire subito Paolo. È stato chiamato il giorno dopo e ha subito accettato. Non ci conoscevamo da prima ma è stato amore a prima vista! Persona deliziosa e grande attore innamorato della Sicilia come me, è anche un grande food lover, amante della rosticceria.
C’è stata subito una grande affinità: sul set della prima puntata, dedicata all’arancina, la gente era convinta che stessimo girando l’ultima per quanta sintonia ci fosse. Siamo andati molto di pancia, non c’erano dei copioni da rispettare: ci siamo divertiti un sacco!
L’hai appena citata: l’arancina. Oggi è il 13 dicembre: mentre a Milano si scartano i doni di Santa Lucia, a Palermo si divorano le arancine. Cosa rappresenta per una palermitana a Milano l’arancina?
L’arancina è la regina dello street food siciliano. È un piatto oramai famoso in tutto il mondo: se la citi, non devi spiegare nemmeno cos’è! Per me, rappresenta anche l’iniziazione alla gastronomia: una delle prime cose che ho preparato da ragazzina, quando mi sono messa alla prova, è stata proprio l’arancina. La preparazione è ritenuta complicata ma, sinceramente, non lo è: semmai, è laboriosa e richiede un po’ più di tempo: in cucina non c’è nulla di difficile!
Allo street food in Viaggio in Sicilia è dedicata un’appendice. Da dove nasce il desiderio di innalzare lo street food siciliano?
Nasce dall’aver notato che è la cosa in assoluto più amata dalla gente. Devo allo street food e alla rosticceria la possibilità di aver fatto un programma televisivo come Giusina in cucina: non lo dimenticherò mai. La gente ama la rosticceria e la replica.
Lo street food è il cibo più vicino a ognuno di noi, un po’ più “povero” (nel senso di basico). Mi piaceva l’idea di raccoglierne le ricette in un’unica appendice. Ce n’è qualcuna che era presente anche nel primo libro ma la ragione è semplice: anche chi non l’aveva comprato, poteva goderne. Chi lo aveva preso, invece, ha la possibilità di consultarle tutte in un unico volume. Come scrivo esplicitamente anche nell’introduzione.
A proposito delle tue ricette, da dove deriva la passione per l’ormai famosa muddica atturrata?
La muddica atturrata non è una passione: è proprio una religione! In Sicilia si usa tantissimo, soprattutto sulle paste con il pesce, dove il bon ton dice che non si può usare il formaggio. Condisce i piatti in maniera assolutamente golosa e a me piace tantissimo: la mollica che si sposa con il sugo è motivo di gioia!
Credo, nel mio piccolo e senza peccare di presunzione, di avere due meriti: aver fatto conoscere la muddica atturrata e la tuma al resto d’Italia.
Si sta avvicinando il Natale. Cosa rappresenta per te?
Il Natale è una festa che per me ha sempre avuto il sapore della famiglia. Vengo da una famiglia numerosa e abbiamo sempre festeggiato il Natale, sin da quando ero bambina, tutti insieme: arrivavamo anche a più di cinquanta persone, tra zii e cugini. Ho la fortuna – e non tutti, purtroppo, ce l’hanno – di non aver avuto lutti a me molto vicini.
Per mio marito, ad esempio, il Natale era una festa triste prima dell’arrivo dei nostri figli, Luca e Marco, perché non ha più i genitori. Per chi, invece, come me, ha la fortuna di avere una vita senza grandi mancanze il Natale è una festa bellissima. Da quando ci sono i bambini è poi una festa meravigliosa: godono a pieno della magia del Natale. Posso solo avere un’idea bella del Natale ma capisco che non per tutti è così: ci son persone che vorrebbero svegliarsi il 7 gennaio…
Il Natale è una festa che ognuno vive con la propria soggettività e sentire, col proprio amore o dolore. È una festa particolare in cui, se non stai bene con te stesso, è durissima.
Ai tuoi figli hai fatto assaggiare il buccellato, il dolce tipico natalizio siciliano?
Ai miei figli il buccellato? Ma che stai dicendo? I miei figli sono schifiltosi da morire: mangiano la torta al cioccolato o la torta margherita, le ciambelle, i cartocci… ma non il buccellato!
Ma sei per la scuola del buccellato classico o per quella dei buccellati preparati in casa, con i suoi vari ripieni?
Negli anni, sono cresciuta ed è cresciuto anche il mio gusto. Mi piace molto quello tradizionale ma quand’ero ragazzina mia madre ha preparato una sua versione con il melone bianco, ricetta che è finita nel libro dello scorso anno. In Viaggio in Sicilia c’è invece quella del buccellato classico. In casa, spesso, i buccellati si preparano a mo’ di pasticciotti. Ognuno può farli così come vuole!
So però che ti sei cimentata anche nella preparazione casalinga del panettone.
L’ho preparato per un paio di anni ma è faticosissimo da fare: ci vuole molto tempo. Quest’anno di tempo non ne ho e, quindi, non lo faccio! (ride, ndr).
E cosa preparerai come dolce?
Quest’anno non sarò a casa per la prima volta dopo tredici anni. Trascorrerò il Natale a casa di mia sorella e, quindi, non cucinerò: è bellissimo tutto ciò! Mia sorella ha fatto il più grande dei regali: sabato scorso ha dato alla luce la sua prima figlia. Di conseguenza, faremo in Natale in casa sua, a Roma.
A chi rimane a casa, invece, cosa suggerisci?
Nella mia famiglia non si è mai mangiato il pesce per Natale. Optiamo sempre per un menù molto basico: anelletti al forno (per me, non possono mancare!), involtini di carne, salsiccia con le patate… piatti molto semplici. E poi tanti antipasti: verdure in pastella, carciofi panati… ma ci si può sbizzarrire con tutto ciò che si ha voglia di fare, usando ad esempio la sfoglia.
E come dolce la cassata al forno con la frolla fatta rigorosamente in casa. Non ho mai comprato la frolla già pronta: si fa, è semplicissimo prepararla. Ho iniziato un progetto di cucina con la scuola elementare dei miei figli. Me lo ha chiesto una delle maestre e abbiamo cominciato con le classi quinte.
I bambini stavano studiando la Sicilia e insieme abbiamo preparato le reginelle. Ho portato loro il sesamo, spiegato che origini ha, le contaminazioni culturali della regione… era bello vedere la gioia nei loro occhi nel preparare i biscotti che hanno poi infornato a casa. Il giorno dopo mi hanno ringraziata anche tutte le altre mamme per la riuscita della ricetta: per alcuni dei loro figli era la prima volta che impastavano.
E un po’ mi dispiace: se a dieci anni non hai mai impastato una frolla, mi dispiace. Non vedo l’ora di ripetere l’esperimento con le altre classi: i bambini devono avere prontezza del fatto che la materia si trasforma, che la farina unita al burro e alle uova fa una frolla, diventa un’altra cosa. Lavorare con i bambini è molto difficile, è complicato attirare la loro attenzione, ma ti restituisce una gioia immensa. È straordinaria la loro innocenza.
Con la cucina si entra in armonia con i bambini ma anche con le giovani generazioni: la cucina non è sessista. Cucinare per una giovane donna non significa rinunciare alla propria femminilità o ricadere in vecchi cliché culturali.
È un pensiero che non mi ha mai sfiorata. A volte, essere sessisti è dentro di noi: quando si vanno a rimarcare determinate cose, significa che sei tu a voler porre delle differenze. Per me, le differenze non esistono. Anche sul tema della sessualità, ad esempio: siamo tutti uguali ma unici, non è l’orientamento sessuale che ci distingue. Ecco perché quando vedo delle manifestazioni in cui si marcano le differenze in maniera eccessiva faccio fatica a comprenderle.
Che la donna ai fornelli venga vista come antifemminista è un nostro limite mentale: non esiste. Adoro la donna che cucina tanto quanto l’uomo che cucina: gli uomini che lo fanno sono stupendi! Ci sono tantissimi uomini che mi seguono, un dato che mi fa molto piacere. Mi seguono perché cucino e non sicuramente per altro! Spesso mi mandano anche dei messaggi, in cui si complimentano senza andare mai oltre l’ambito della cucina.
E un uomo che cucina è anche nel parco degli artisti che segui: Antonino Cannavacciuolo. Per lui è stato un anno molto importante: è arrivata la terza stella Michelin. Per chi fa cucina, cosa rappresenta la stella Michelin?
È stata un’emozione grandissima: lui merita questo e altro. Per me è un onore lavorare da sette anni con uno dei più grandi chef del mondo. Mi è sempre vicino, al mio fianco per tante scelte: mi consiglio molto con lui. Antonino è una persona di un’intelligenza spiccata e di una bontà infinita. È un grande imprenditore e ha tutte le caratteristiche di chi può e deve volare alto. Auguro a tutti nella vita di conoscere come lo conosco io Antonino Cannavacciuolo.
Ma come fai a far tutto? Mamma, moglie, scrittrice, volto televisivo, cuoca, ufficio stampa: multitasking ed efficiente in ogni ambito in cui ti cimenti.
Non lo so. Onestamente, faccio un po’ di fatica a far tutto. Tanto che per quanto riguarda il lavoro di ufficio stampa, ad esempio, non prendo niente di nuovo: rimango spillata a ciò che già faccio e non aggiungo altro, a parte quello che so di dover fare nei prossimi anni. La cucina occupa una parte importante della mia vita: è un dono che non posso buttare perché ciò che è capitato a me non è che accada tutti i giorni.
Sono una madre, sono una moglie e faccio tanta fatica. Però, mi organizzo e sono qui: il tempo si trova. Magari rinuncio ad altre attività, come con molto dispiacere alle uscite con le amiche, ma si trova. Agli aperitivi, preferisco lo stare con i miei figli. Ma sono serena, i miei bambini sono felici e ho un marito fantastico che mi aiuta tantissimo.