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Grace Kicaj: “Casa è dove sto bene” – Intervista esclusiva

grace kicaj la rosa dell'istria
Va in onda su Rai 1 il film La Rosa dell’Istria con protagonista una debuttante assoluta: l’attrice Grace Kicaj. The Wom l’ha incontrata per conoscere chi è: ne è emersa una conversazione sulle sue origini, sui suoi ricordi, sulla pittura, sull’autodeterminazione, la paura e la solitudine, con la consapevolezza che è sbocciata una giovane donna di cui sentiremo molto parlare.

Grace Kicaj è la protagonista del film di Rai 1 La Rosa dell’Istria (prodotto da Publispei, Venice Film e Rai Fiction) in onda il 5 febbraio in prima visione assoluta. Nel film tratto da un romanzo di Graziella Fiorentin, Grace Kicaj è la Rosa dell’Istria del titolo, la giovane Maddalena, colei che è costretta a lasciar la sua casa a Canfanaro, in Istria, mentre è in corso la Seconda guerra mondiale. In un contesto in cui i partigiani titini incutono paura e mettono a repentaglio vite, Maddalena e la sua famiglia sono costretti ad abbandonare la propria terra e a cercare salvezza in Italia, dove ricominciare non è però semplice.

Bella e solare, la diciottenne Maddalena ha la passione per la pittura, un’inclinazione natura che non intende abbandonare per nessuna ragione. Determinata a realizzare il suo sogno di dipingere, è disposta a tutto, anche a scontrarsi con il padre Antonio. Per assecondare il suo talento, Maddalena non esita a rimettere in discussione se stessa trovando un suo personalissimo pigmalione nel venticinquenne Leo.

L’autodeterminazione è la caratteristica principale della protagonista del film La Rosa dell’Istria ma è anche quella che inevitabilmente contraddistingue Grace Kicaj. Per concretizzare il suo sogno di diventare attrice, ha combattuto contro il padre, un uomo che temeva gli ostacoli, i pericoli e tutte quelle situazioni in cui, mosso da amorevole spirito genitoriale, non avrebbe potuto aiutarla. E, che nel suo intimo, ha sempre sperato che la figlia non abbandonasse mai la pittura.

Già, Grace Kicaj e la Rosa dell’Istria hanno in comune il talento per la pittura, come dimostrano gli anni di studio dell’attrice al suo esordio all’Accademia delle Belle Arti, un percorso che ha completato in pieno ma che inevitabilmente ha deragliato le sue aspirazioni per motivi che lei stessa ci rivelerà. Sinceramente se stessa, tanto fragile quanto forte, Grace Kicaj non ci nasconde le sue paure e non solo sul set di La Rosa dell’Istria: da giovane donna che sta crescendo e sta mettendo insieme i pezzi del puzzle del suo futuro, ci racconta le sue incertezze, le sue aspirazioni e le sue convinzioni. E con assoluta naturalezza e dolcezza apre la porta dei suoi ricordi da bambina in Albania, la terra dei suoi genitori che sente propria tanto quanto l’Italia.

Grace Kicaj (Production: Muro Production; Photographer: Erica Fava; Make up and Hair Stylist: Daniel
Grace Kicaj (Production: Muro Production; Photographer: Erica Fava; Make up and Hair Stylist: Daniele Peluso; Photo Assistant: Carolina Smolec & Angela Arena; Location: ISFCI).

Intervista esclusiva a Grace Kicaj

“È stato molto emozionante per me: era la prima volta in generale che assistevo a una conferenza stampa e rilasciavo interviste. Avendo una batteria di energie sociali che si consuma in fretta, mi sono presa i giorni successivi per riposare”, mi risponde Grace Kicaj quando le chiede che effetto le ha fatto prendere parte alla presentazione del film di Rai 1 La Rosa dell’Istria. In quel contesto, era un’esordiente assoluta: il ruolo di Maddalena è il primo con cui si cimenta e da protagonista.

Raccontaci chi è Maddalena e cosa ti ha lasciato.

Maddalena rimarrà per sempre con me: è il primo personaggio che ho avuto la fortuna di interpretare. Spero che ne siano altri ma è sicuramente un personaggio che mi somiglia tanto e che ha diversi punti in contatto con me, a cominciare dalla passione per la pittura. Caratterialmente è un po’ testarda ed è pronta ad affrontare tutti, a partire da suo padre, per realizzare i suoi sogni: anche nei momenti in cui pensiamo che si arrenda, non è così. In questo mi somiglia parecchio.

Maddalena è un personaggio dalla forza incredibile: nonostante la tragedia che vive e tutto quello che in seguito accade, trova la forza di andare avanti senza farsi buttare giù né dalla morte né dalla malattia. Nel mio caso, la malattia è qualcosa che mi spaventa molto, mi farebbe male vedere le persone a me più care spegnersi piano piano, mentre lei, anche quando perde la madre, trova ugualmente forza e non si annulla come persona. Ecco, forse per me sarebbe stato inconcepibile farlo.

Come ci ha detto Verdiana Bixio, la produttrice del film La Rosa dell’Istria, hai colpito tutti sin dal primo provino. Com’è stato per te questo primo set da protagonista? Che suggerimenti ti ha dato la regista Tiziana Aristarco? Ti ha aiutato il fatto che alla guida ci fosse una donna?

Assolutamente sì, è stato molto importante perché mi è venuto più facile aprirmi a livello emotivo. Ho percepito un feeling particolare con la regista anche prima di cominciare le riprese, da quando abbiamo cominciato a vederci per le prove costumi o la lettura del copione. Con Tiziana è stata come se ci conoscessimo da sempre, sebbene lei non fosse presente fisicamente al momento del provino perché aveva la febbre: era collegata a distanza. Quel giorno, andai via pensando che fosse stato uno di tanti di quei provini che avevo sostenuto e che non erano andati a buon fine. E, invece, già l’indomani ho ricevuto la notizia di essere stata presa: ero ancora a letto ed è stato fantastico.

Alla vigilia del primo giorno di set, non ho dormito tutta la notte: l’agitazione aveva preso il sopravvento, avevo realmente la tachicardia ed è stato terribile. La mattina, invece, mi sono preparata con calma e fino al momento prima di entrare in scena, quando mi trovavo in attesa nel mio camerino, non sapevo cosa mi aspettasse o a cosa stessi andando incontro. Non sapevo nemmeno come si guardasse in favore di camera o come “prendersi le luci”: son tutte cose che ho imparato man mano su quel set con l’aiuto di Tiziana ma anche di tutti gli altri attori.

Ricordo ancora la prima scena che ho girato in assoluto. Era con Eugenio Franceschini, che è stato per me di grandissimo aiuto: mi ha preso per mano e mi ha guidato in quel mondo che non conoscevo, sarà per me sempre importantissimo. Mi piace ricordarlo perché non sento di aver meritato in nessun modo di aver incontrato tutto un gruppo di persone meravigliose. Mi dicevano tutti che il mondo del cinema non era come io credevo, che era difficile incontrare persone buone ed empatiche e che sarebbe stato complicato. E, invece, no: ho avuto la grandissima fortuna di incontrare persone meravigliose e il che mi ha facilitato tantissimo il lavoro.

Andrea Pennacchi è, poi, la persona più carina, gentile, intelligente e buffa che io abbia mai conosciuto: lavorare con lui è stato divertentissimo, potrei fare l’elenco delle cose buffe che sono successe sul set. Inizialmente avevo quasi timore a dover lavorare con lui e a tener testa a un attore di quel livello: da persona che si mette spesso in discussione, ho rischiato la sindrome dell’impostore.

Costantino Seghi è diventato quasi il mio fratellino: ci sentiamo costantemente e ci vogliamo davvero bene. L’idea che l’esperienza sia conclusa mi fa star quasi star male. Ecco, sono stati tutti per me famiglia.

Grace Kicaj ed Eugenio Franceschini nel film di Rai 1 La Rosa dell'Istria.
Grace Kicaj ed Eugenio Franceschini nel film di Rai 1 La Rosa dell'Istria.

Temi il giudizio della gente nel vederti?

Ho trascorso l’ultimo mese con il timore di ciò che avrebbe pensato la gente sul mio lavoro. Del resto, è stato straniante anche per me rivedermi al montaggio. Poi, invece, ripensando all’esperienza bellissima vissuta, non mi sono più preoccupata del giudizio altrui. Spero però che chiunque veda La Rosa dell’Istria percepisca quanto amore ci abbiamo messo tutti quanti.

La Rosa dell’Istria è un film che parla di casa e di abbandono della stessa. Maddalena sembra avere in comune anche questo aspetto con te. Cosa significa per te la parola “casa”?

Crescendo, ho imparato che non sempre casa e famiglia hanno un significato dettato dai legami di sangue: spesso, sono le persone che incontriamo durante il nostro percorso o i luoghi che ci fanno stare bene. Di mio, non ho sentito il peso dell’abbandono della propria terra: sono arrivata in Italia dall’Albania quand’ero molto piccola. In un modo o nell’altro mi sono sempre sentita a casa, non sono mai stata emarginata per le mie origini e non ho vissuto alcun trauma.

L’Italia è dunque stata per me sempre “casa”, come lo è l’Albania, a cui sono molto legata e in cui torno tutte le volte che posso perché comunque i miei genitori hanno voluto insegnarmi anche a leggere e scrivere nella loro lingua. Forse, quelli che subiscono maggiormente la distanza da ciò che percepiscono come casa sono i miei genitori, soprattutto mio padre. Avverto la sua sofferenza quando ne parliamo e il suo pensiero è quello di tornare a casa “sua”.

Tra le righe, hai sottolineato che un po’ come Maddalena anche tu hai dovuto lottare con tuo padre per affermare il tuo desiderio di affermazione come attrice.

Studiavo all’Accademia delle Belle Arti e in comune con Maddalena ho la passione per la pittura. Mio padre è stata la prima persona che mi ha appoggiato e lo ha fatto sin da quando ero piccola. Ci rimaneva persino male quando si accorgeva che non dedicavo del tempo alla mia passione: secondo lui, è il mio principale talento per cui sarebbe stato un dispiacere se lo avessi abbandonato.

Quando mi sono trasferita a Milano per frequentare l’Accademia, ho cominciato a lavorare come modella e ho incontrato il mio agente cinematografico, Matteo Lipani, per me importantissimo, a cui voglio un bene dell’anima. A differenza della pittura, il mondo del cinema, però, spaventava mio padre.

La mia è una famiglia molto umile: i miei genitori non hanno avuto la possibilità di studiare, hanno lasciato la loro terra per un futuro migliore e hanno sempre lavorato molto, ragione per cui mio padre mi ha sempre ripetuto di non potermi aiutare nel cammino che ho intrapreso proprio perché non lo conosce. Lo spaventa, quindi, l’idea che mi possa ritrovare in situazioni che non conosce e per cui non può essermi d’aiuto.

La sua reazione inizialmente è stata estrema, un aut aut: se avessi proseguito e varcato la porta di casa, non avrebbe voluto saperne più niente… sarebbe stato male del vedermi in difficoltà e non potermi essere di supporto. Fortunatamente, a distanza di un anno, abbiamo sanato le nostre divergenze e il nostro rapporto si è ricucito. Quando penso ai miei genitori mi si riempie il cuore di gioia: per me, sono due figure da ammirare.

Che tipo di pittura è la tua?

Per molto tempo, in Accademia, mi sono dedicata alla pittura figurativa: riproducevo su tela ciò che l’occhio vedeva davanti a sé, rispondendo a ciò che mi veniva richiesto senza tenere conto di come si sia evoluto lo stile. Oggi, invece, che dipingo molto meno rispetto a un tempo, la pittura arriva come esigenza nei momenti in cui sento la necessità di raccontarmi in un altro modo: è per me un mezzo per fare i conti con me stessa e chiedermi cosa mi rende la versione più vera di me. Nelle mie opere, è molto forte il tema dell’infanzia: sono presenti tutti quegli elementi che mi fanno tornare bambina e che mi fanno sentire al sicuro quando tutto sembra un po’ più difficile.

È alla pittura che si deve il tuo nome sui social, “Blu quasi trasparente”?

Lo si deve a un libro che ho letto tanti anni fa di cui mi colpì particolarmente il titolo. Il blu è sempre stato il mio colore preferito e anch’io vorrei essere un po’ trasparente, senza maschere. Considero la sincerità un gran valore, oltre che un ottimo passepartout: arriva sempre il momento in cui le sovrastrutture cadono e occorre fare i conti non tanto con gli altri ma con se stessi.

A proposito di libri, hai letto Chi ha paura dell’uomo nero? di Graziella Fiorentin da cui è tratto il film di Rai 1 La Rosa dell’Istria?

L’ho letto subito dopo aver scoperto che mi avevano scelta per interpretare Maddalena. Tuttavia, il film è molto diverso dal libro, declinato in una chiave molto più personale: quasi per metà, è come se l’autrice fosse sola e parlasse con se stessa: è come se le persone che la circondano non la capissero fino in fondo e non sapessero quale paura o gioia prova.

E tu ti sei mai sentita sola?

Mi capita. Mi spaventa molto la solitudine, sia quella fisica sia quella emotiva. Tutti siamo soli, c’è chi ha un buon rapporto con la solitudine e di invece come me ha più paura di affrontarla. Ho sempre cercato di non stare mai da sola, di impegnarmi nel far qualcosa o di uscire con gli altri. Ma, per cercare anche di migliorare me stessa, ultimamente provo a cercare dei momenti di solitudine anche se mi fanno star male.

Maddalena è una ragazza molto autodeterminata. Anche Grace lo è?

Sì, penso di esserlo. Qualche anno fa mi son detta che era arrivata il momento di decidere io della mia vita, di trasferirmi, di seguire un certo percorso di studi e di fare tutto ciò che oggi sto facendo. Anche se fosse andata diversamente, avrei dovuto comunque provarci.

Perché hai scelto come nome d’arte Grace e non Gracjela il tuo nome per intero?

Perché da sempre sono Grace per tutti: è il modo in cui mi chiamavano i miei compagni di classe alle superiori. Non tutti erano in grado di pronunciare correttamente Gracjela, il mio nome all’anagrafe, e memore di ciò ho optato per un più semplice Grace anche per il mio percorso artistico, non certo per nascondere le mie origini.

La Rosa dell'Istria: Le foto

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Ti vedremo prossimamente in Ninfa dormiente, il sequel di Fiori sopra l’inferno, a fianco di Elena Sofia Ricci. Cosa significa per te recitare?

Per me, è libertà. Per molti è un paradosso: mi chiedono spesso come faccio a sentirmi libera nell’interpretare la vita di un’altra persona. Ma io sul set mi sento libera ed è una sensazione di cui non posso più fare a meno e che non sentivo più con la pittura per via dell’impostazione data dall’Accademia, in grado di cancellare tutto ciò che di puro c’era in me quando ho iniziato il mio percorso di studi. Si deve anche a ciò la scelta di finire gli studi com’era giusto che fosse ma di dipingere oggi solo per me stessa e basta: voglio che la pittura rimanga per me qualcosa di puro e sacro.

Ti senti libera come giovane donna?

D’acchito, rispondo che mi sento libera. Ma è una risposta che meriterebbe un ampio approfondimento dal momento che nessuna donna lo è realmente. Cerco di evitare ad esempio di fare delle cose che possano nuocere alla mia sicurezza. Vivo a Milano, una città che ultimamente sta diventando un po’ pericolosa: cerco quindi di non uscire sola la sera e non si tratta di essere fifona (sì, un po’ lo sono) ma di istinto di preservazione. Deriva da situazioni spregevoli che mi sono capitate in prima persona: mi hanno rubato la borsa in pieno giorno ed è stato un trauma. Mi ci è voluto un anno e mezzo per uscirne. Prima credevo che il mondo fosse rose, fiori, elfi e fate, ma la consapevolezza del pericolo mi ha portata a cercare di prendermi maggiormente cura di me stessa. Se non lo faccio io, chi deve farlo?

Prendersi cura di se stessi significa anche regalarsi il piacere di vedere un film. Qual è il tuo film del cuore?

La risposta si rinfresca in continuazione ma se devo scegliere qual è il mio film preferito di questo momento direi Ricordi? di Valerio Mieli: i due protagonisti, Luca Marinelli e Linda Caridi, sono per me favolosi.

Ricordi: qual è il primo ricordo di te bambina?

Io nella casa di montagna tanto cara al mio papà mentre gioco con un mio cugino che oggi non c’è più. Gioco come sempre con i maschietti e per emularli mi tolgo la canottiera (con mio cugino che mi riprende, “rimettila, sei una femminuccia) prima di mettermi a correre con loro. È agosto e siamo felicissimi… Ho tantissimi ricordi in quel luogo: ci trascorrevo tutte le estati e l’ho persino odiato da piccola proprio perché mi toccava trascorrere tre mesi in montagna e spesso anche da sola. Capitava che i miei cugini non ci fossero, che mi annoiassi e che dovessi trovare dei modi per evadere. Oggi invece sono grata a tutte le esperienze che ho avuto lì da bambina.

Grace Kicaj (Production: Muro Production; Photographer: Erica Fava; Make up and Hair Stylist: Daniel
Grace Kicaj (Production: Muro Production; Photographer: Erica Fava; Make up and Hair Stylist: Daniele Peluso; Photo Assistant: Carolina Smolec & Angela Arena; Location: ISFCI).
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