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Green Border: La crisi dei migranti al confine con la Polonia nello scioccante film in concorso a Venezia

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La cineasta Agnieszka Holland guarda nel film Green Border, in concorso a Venezia 2023, alla difficile situazione al confine tra Bielorussia e Polonia, dove le vite dei rifugiati sono solo pedine di un gioco ordito da un dittatore senza pietà.

Green Border è il nuovo film della regista Agnieszka Holland in concorso al Festival di Venezia 2023. Coproduzione tra Polonia, Francia, Repubblica Ceca e Belgio, il film in Italia uscirà nelle sale cinematografiche grazie a Movies Inspired.

Con un’anteprima americana al Festival di Toronto e a quello di New York, Green Border vede i destini di una famiglia di rifugiati siriani, di una giovane attivista e di un ufficiale della guardia di frontiera incrociarsi durante una crisi umanitaria al confine polacco-bielorusso (della situazione avevamo parlato in esclusiva con l’attrice e regista Caterina Shulha). Riusciranno a passare il confine oppure le milizie statali li fermerà?

Il poster internazionale del film Green Border.
Il poster internazionale del film Green Border.

La trama nel film

Green Border, il film in concorso a Venezia, ci porta nelle foreste insidiose e paludose che costituiscono il cosiddetto “confine verde” tra Bielorussia e Polonia. Qui, i rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa, che cercano di raggiungere l’Unione Europea, rimangono intrappolati a causa di una crisi geopolitica cinicamente architettata dal dittatore bielorusso Alexander Lukashenko.

Nel tentativo di provocare l’Europa, i rifugiati vengono attirati al confine dalla propaganda che promette loro facile accesso all’Unione Europea. Pedine di una guerra silente e nascosta, le vite di Julia, un’attivista che ha rinunciato alla sua vita agiata, di Jan, una giovane guardia di frontiera, e di una famiglia siriana si intrecciano inesorabilmente.

Green Border: Le foto del film

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Un pugno nello stomaco

Una famiglia siriana si lascia alle spalle la violenza del proprio Paese, sperando di passare dalla Bielorussia alla Polonia per raggiungere la Svezia, dove troverà sicuro rifugio. Ma, come tante altre anime perdute, i componenti della famiglia finiscono intrappolati in un vortice politico, demonizzati dal governo e dalla stampa polacchi e usati come pedine di un disumano e mortale gioco di confine.

Con Green Border, film presentato a Venezia 80, la maestra Agnieszka Holland costruisce un intricato resoconto della crisi umanitaria globale contemporanea, evidenziando come si interconnettano le vite degli ufficiali di sicurezza, degli attivisti e dei civili che rimettono il loro destino nelle mani di sconosciuti. Con Green Border, la cineasta polacca fa riflettere e sciocca il pubblico, riaffermando il suo inflessibile impegno nel cinema politico ma anche una capacità di narrazione unica nel dar luce anche a storie che avvengono negli angoli più bui del mondo.

Era il 2021 quando il dittatore bielorusso Lukashenko (sconfitto democraticamente da Svjatlana Tsikhanouskaya) ha concesso alle persone inorridite e spaventate in fuga da Medio Oriente e Africa quello che sulla carta era un passaggio sicuro per raggiungere l’Europa. Il suo atto, all’apparenza benevolo, nascondeva però un sotterfugio strategico per sovraccaricare la già difficile situazione europea legata al reinsediamento dei rifugiati. Lo scopo era quello di inimicarsi l’Unione Europa ma in tutta risposta la vicina Polonia ha costruito come contromisura un muro d’acciaio e filo spinato.

Costruire il muro ha però richiesto del tempo e, quando i rifugiati sono arrivati a Minsk, sono stati trasportati immediatamente in una zona di confine nel profondo dei boschi (“la zona rossa”) in un paesaggio spietato, da dove era possibile di notte attraversare le aree non protette dalle guardie di sicurezza. Da qui, potevano sperare di scappare e non essere catturati dagli agenti polacchi e ricondotti con la forza in Bielorussia.

Colpita dal ritrovamento di 37 cadaveri, Holland ha voluto evidenziare nel film Green Border, in concorso a Venezia, l’ipocrisia spietata che regna da entrambi i lati del muro, dove Dio sembra non vedere ciò che accade. La prospettiva usata passa da quella dei rifugiati a quella delle guardie di frontiera ma anche dei gruppi di pattugliamento di cittadini polacchi che cercano gli esuli per garantire loro diritti umani fondamentali come cibo, acqua e assistenza medica, sebbene sia loro vietato di portarli in salvo. Tuttavia, molto amaramente, la prospettiva cambia quando la crisi dei migranti si sposta al confine tra Polonia e Ucraina, Paese i cui rifugiati sono apparentemente accolti a braccia aperte.

Girato in bianco e nero, Green Border è un pugno nello stomaco per ogni società civile. "Viviamo in un mondo in cui sono necessari grande immaginazione e coraggio per affrontare tutte le sfide dei nostri tempi", ha commentato la regista. "La rivoluzione dei social media e l’intelligenza artificiale hanno ostacolato sempre di più l’ascolto di voci autentiche. A mio avviso, non ha alcun senso impegnarsi nell’arte se non si lotta per quelle voci, se non si lotta per porre domande su questioni importanti, dolorose, a volte irrisolvibili, che ci mettono di fronte a scelte drammatiche. Questa è esattamente la situazione in atto al confine tra Polonia e Bielorussia".

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