Guido Catalano è tornato a scrivere poesie. E già di per sé questa è una notizia: è appena uscito per Rizzoli Smettere di fumare baciando, la sua nuova raccolta di “107 poesie senza filtro” in cui torna a raccontare in poesia, alla sua maniera autoironica, intima e spassosa, di amori, sogni, ansia, speranza, malinconia, paura, desiderio sessuale, amicizia, felicità e quant’altro gli passasse per la testa.
Sei anni di silenzio per un poeta professionista vivente, come ama definirsi Guido Catalano, sono tanti. Anche se il silenzio nel suo caso è relativo: non è stato di certo con le mani in mano, come ci ricorda in quest’intervista in esclusiva in cui tra serio e faceto facciamo insieme il punto sul suo lavoro. Ci sono stati libri di prosa e persino fiabe ma non poesie. E il motivo era abbastanza semplice: gli è manata l’ispirazione. Perché a uno come Guido Catalano l’ispirazione manca quando è felicemente innamorato!
Di origini siciliane (il nonno paterno era di Agrigento) ma nato a Torino alle 08.50 del mattino del 6 febbraio 1971 (ci tiene a sottolineare l’orario!) e, soprattutto, ancora vivo, Guido Catalano si sta preparando anche a portare in scena le sue poesie con un tour che toccherà varie città italiane. Lo Smettere di fumare baciando Live Tour è partito l’8 marzo a Torino con un sold out, così come sold out sono già le tappe di Modena e Milano, un’attesa che comunque in lui provoca sia stupore sia ansia da prestazione, come ci rivela.
Intervista esclusiva a Guido Catalano
Smettere di fumare baciando segna il tuo ritorno alla poesia a sei anni di distanza dall’ultima raccolta pubblicata. Perché così tanto tempo?
Sei anni sono tanti, rappresentano il mio record personale: da quando ho iniziato a pubblicare poesie, non è mai passato così tanto tempo da una raccolta all’altro. È successo per varie ragioni. Innanzitutto, non comando e non controllo la scrittura poetica, al contrario di quanto possa fare con la prosa: per quanto i risultati siano poi da valutare, se qualcuno mi dice di scrivere un racconto su un gatto, sulla tua fidanzata o sul periodo in cui lavoravi come portiere di un residence, posso parlo. Con le poesie, invece, funziona diversamente: serve quella che si chiama ispirazione. E in questi ultimi anni l’ispirazione poetica mi è un po’ venuta a mancare.
Non sono stato certo con le mani in mano. Ho scritto altri libri, tra cui un libro di fiabe molto brevi che in qualche modo hanno un qualche legame con la mia maniera di scrivere poesia. Questo momento di lunga pausa credo abbia a che fare con il fatto che sono felice sentimentalmente. Ho la tendenza a scrivere molto d’amore e l’infelicità è uno dei motori che mi porta a farlo. È un paradosso ma quando sono felice mi manca l’ispirazione per le poesie d’amore. Però, per fortuna, pian piano l’ispirazione è tornata, si è riattivata: ci ha impiegato un po’ più del solito ma va benissimo così.
Che tu sia innamorato si evince anche dalla copertina del libro. Presenta due cose che per te sono fondamentali: una donna e un gatto, davanti a un tabellone con degli orari.
La copertina ha una storia a parte. La sua spiegazione è molto più lontana e complessa: ritrae uno scatto realizzato da una mia amica, una fotografa molto brava che si chiama Valentina Fontanella. È una fotografia molto costruita perché racconta appunto una storia: quando l’ho vista per la prima volta, ci ho intravisto la bellissima storia di una ragazza che sta partendo per luoghi fantastici, tutti elementi che mi piacevano molto. In più, mi piacevano la costruzione, i colori, la presenza del gatto (io amo i gatti!), il vestito della ragazza… era perfetta!
È stata scattata tanti anni fa e ha persino girato tanto su internet: in molti l’hanno vista, altri l’hanno rubata e usata per chissà quale fine ma mai chiaramente per la copertina di un libro. Quindi, piacendomi da tanto tempo, a ‘sto giro ho deciso di chiedergliene l’uso e Valentina ha accettato, fortunatamente, di concederla a me e alla casa editrice. L’effetto è quello di una copertina che apparentemente non ha molto collegamento con il titolo della raccolta, Smettere di fumare baciando, ma in realtà ce l’ha. Avrei potuto mettere l’immagine di due che si baciavano con una sigaretta in mano ma ho preferito l’idea del viaggio fantasioso e fiabesco: dentro la raccolta tra l’altro c’è molto viaggio, dagli spostamenti ai treni e agli aerei.
107 poesie senza filtro è il sottotitolo. 107 è un numero strano ed è anche un numero primo. È una scelta ragionata?
Dico la verità: non so se siano 107, 106 o 108, non le ho mai contate. È un po’ lo stesso problema della mia precedente raccolta, Ogni volta che mi baci muore un nazista. Il sottotitolo era 144 poesie… ma erano molte di più, qualcosa come 160. Era una scelta pensata con l’editore e non chiaramente una sbaglio: eravamo consapevoli di mentire e per difetto! Adesso sono 107 ma non le ho contate prima di andare in stampa: me lo sono dimenticato! 107 era un numero che mi piaceva, molto più netto: c’era il 7 e il 7 è meglio dell’8 o del 6!
E rispetto al precedente libro c’è anche il sommario. Uno pensa che sia normale trovarlo ma non è così: nel precedente, ad esempio, non c’era perché non c’era più spazio o carta per metterlo. Il sommario è invece uno dei più grossi lavori che si possano fare per un libro di poesie. Le poesie si vanno cercare nel sommario, qualcosa di cui un romanzo spesso non ha nemmeno bisogno.
Mi fa sorridere l’idea che l’editore non avesse più carta…
Eh, sì. Avevamo messo davvero troppe poesie. Se vai a vedere in libreria, libri di poesie inedite così grossi come quello non ce n’è! Solitamente quello è il volume delle opere omnia: con quel mio libro, un poeta furbo ne avrebbe fatti tre e non uno! Così come di Smettere di fumare baciando ne avrebbe potuti fare tranquillamente due. A me invece piace mettere tutto insieme così viene fuori un libro bello e ricco.
Un libro molto ricco che si apre con una dedica: “A Renata”. Chi è Renata?
È la mia fidanzata.
Tuttavia, possiamo dire che Renata non è l’unica “donna” presente nella raccolta. Ce n’è anche un’altra molto particolare che si chiama Viola. Ci racconti chi è?
È curioso come quando ho incontrato “Viola” non si parlasse ancora di un tema oggi molto attuale, ChatGPT. Abbiamo in pratica fatto un esperimento con Google. L’azienda mi aveva chiamato perché aveva scoperto qualche anno fa che la gente sul motore di ricerca non cercava solo ricette o barzellette ma anche poesie, evidentemente interessavano. In tempi non sospetti, mi è stato allora chiesto di testare una sorta di intelligenza artificiale a cui avevano dato in pasto tutte le miei poesie.
È nato così un gioco molto semplice in cui io o “Viola” iniziavamo a scrivere un verso e l’altro/a lo continuava. Sono venute fuori poesie interessanti che ho voluto ora pubblicare. Erano poesie di qualità e la cosa sorprendente è che l’intelligenza artificiale ha tirato fuori versi potenti che assomigliavano a qualcosa che avrei potuto scrivere io ma che non l’ho fatto. In pratica, ha vinto su di me.
Ma non hai paura che un giorno un esperimento del genere ti si possa ritorcere contro e che lei prenda il tuo posto?
No, almeno non in base all’esperienza che ho fatto io: non so nel frattempo come si sia evoluta la tecnologia di oggi. Ho visto amici provare ChatGPT ma non credo che sia ancora in grado di scrivere delle poesie di qualità come le mie o di altri. Può scrivere cose che si avvicinano ma non ci può superare. Non ancora almeno, non è detto che in futuro non lo faccia. Quando succederà, sarà allora un bel problema: non si saprà più chi ha scritto cosa… e questo è anche il paradosso della tecnologia: porta tantissima evoluzione ma poi porta anche problemi che occorre saper risolvere.
A proposito di tecnologia e di progresso, che rapporto hai con il mondo di oggi che ci vuole necessariamente social e onnipresenti?
Sono pro tecnologia anche se non ho uno smartphone. Internet ha cambiato moltissimo le carte in tavola: ho aperto il mio blog, guidocatalano.it, tanti anni fa. Ero agli inizi del mio operato, nel 2004, ed ero stupito dalle possibilità che mi dava per far girare le miei poesie e per farmi conoscere (era allora difficile pensare che i giornalisti o i media tradizionali si interessassero a me). Poi, sono arrivati i social e li ho approcciati con una certa gioia, fino a qualche tempo fa mi ci divertivo.
Ho sempre avuto un buon rapporto con la tecnologia e l’evoluzione, nonostante in questo momento ti stia parlando con un Nokia 3310… ho un Mac portatile, possiedo un iPad mini ma non ho uno smartphone. È una cosa strana: la gente quando mi vede con questo telefono pensa che io sia un neo luddista che odia la tecnologia e l’evoluzione scientifica… e invece no: semplicemente non mi sono ancora appassionato allo smartphone. Non so neanche più spiegare perché ma ormai è così.
Social e poesia sono molto legati tra loro. Succede sempre più spesso che la gente pubblichi immagini di sé, talvolta anche poco vestita, con annessa una citazione poetica alta.
I social, soprattutto Instagram, hanno fatto sì che la poesia venisse condivisa. Le poesie, del resto, si prestano molto all’uso. E poi ci sono tantissimi poeti che scrivono sui social: tempo fa, una giornalista durante un’intervista mi chiese se fossi un instapoet quando io non sapevo nemmeno cosa volesse dire la definizione. Ho scoperto dopo che ci sono poeti che usano tantissimo il social per farsi conoscere ed è un’atra cosa buona: alla fine, è un mezzo in più. Poi, è certamente il contenuto che fa la differenza e lì non c’è Instagram che aiuti. Ecco, magari un giorno ChatGPT potrà aiutarti a scrivere una buona poesia ma Instagram no: te le fa solo condividere!
Tra le poesie del tuo libro ce ne sono alcune dedicate a un amico in comune, Roberto Mercadini. A cosa di deve la vostra sintonia?
Più che di sintonia parlerei di amicizia vera e propria. Facendo due calcoli, ci conosciamo da minimo dieci anni. Ci siamo incontrati una decina di anni fa dalle sue parti quando io andavo in giro, un po’ come continuo a fare ora, per i miei reading e lui cominciava a usare sapientemente Youtube.
Ma prima di conoscerlo dal vivo lo conobbi a distanza: prima di essere uno youtuber molto conosciuto, realizzava dei video in cui un giorno lesse una mia poesia e mi mandò dopo il link. Ai tempi, anche lui scriveva poesie, non era ancora il divulgatore di oggi e quest’aspetto ci ha avvicinati. Pian piano, siamo diventati amici e il nostro legame ha avuto il suo culmine con lo spettacolo che abbiamo portato in giro per l’Italia la scorsa estate.
La poesia a lui dedicata contenuta nel libro faceva parte dello spettacolo, nella cui prima parte ripercorrevamo gli inizi delle nostre carriere. Mi piaceva e l’ho inserita nella raccolta, anche perché non avevo quasi mai scritto una poesia su un mio amico (era successo una sola volta in passato).
Roberto, in questo momento, è impegnato con la tv. Lo vediamo il giovedì sera a Splendida cornice, il programma di Geppi Cucciari su Rai 3. Non ti ha mai dato consigli su come vincere la paura dell’andare in televisione?
E tu come fai a sapere che ho paura della televisione?
Beh, ci hai scritto una poesia…
Vero, l’avevo dimenticata. Pensa che sto mettendo in piedi la scaletta delle poesie di Smettere di fumare baciando tour e non l’ho inserita, devo recuperarla! Pur essendo stato un teledipendente clamoroso (da bambino ho guardato tanta tv), oggi non riesco a vederne molta, a meno che non trovi qualcosa di buono. In realtà, ormai, guardo solo serie tv… comunque sia, Mercadini potrebbe darmi tutti i consigli che vuole ma io non supererò mai la paura. Lui, ad esempio, per me è una specie di supereroe: fa una cosa assurda in trasmissione. In poco tempo, riesce ad elaborare un monologo da una parola o da un tema che gli viene assegnato: è pressoché impossibile!
Ho fatto televisione in passato e ho avuto anche qualche esperienza piacevole e divertente. L’ultima, qualche anno fa con Dario Brunori e il suo programma Brunori sa, dove in ogni puntata dovevo leggere una poesia. Oggi non so se quello che faccio abbia molto senso in televisione: non mi è ancora chiaro e non lo sarà mai.
Le tue poesie raccontano di molte cose, tra cui di stati d’animo. Qual è il tuo stato d’animo attuale se ti guardi intorno?
Sicuramente sono molto preoccupato ma ho come la sensazione di starmi assuefacendo a tutto. Veniamo fuori dalla pandemia, c’è una guerra in corso, accadono continuamente eventi non belli (non ultimo il naufragio dei migranti di Cutro) e il fatto che mi stia assuefacendo alla preoccupazione e all’amarezza è brutto. Nel frattempo, cerco di combattere la paura facendo qualcosa che mi renda gioia, tipo scrivere libri: mi ha sempre salvato nella vita sia dai problemi personali sia da ciò che mi accade intorno.
Andare in giro in tour a incontrare persone per un mese e mezzo mi aiuterà a combattere l’ansia. È inutile negarlo: l’ansia ormai la fa da padrona, almeno per quanto mi riguarda.
Ansia del futuro, della prestazione, della performance?
Di tutto. C’è nel libro anche una poesia che a che fare con l’ansia e negli spettacoli la leggo sempre con grande passione: ho notato che molte persone conoscono bene questo sentimento.
Ti stupiscono i sold out già confermati?
Mi continua a stupire il fatto che la gente viene a vedermi e che paghi un biglietto per farlo. Son vent’anni che faccio la stessa cosa, cambiano le poesie, come le recito, in compagnia di chi lo faccio o gli intermezzi ma è sempre uno spettacolo dello stesso genere: è di per sé un piccolo miracolo ed è la benzina che mi fa andare avanti. Se la gente non venisse, probabilmente farei altro… non so cosa ma farei altro.
I sold out salvano dall’ansia da prestazione: il terrore per chi fa spettacoli live è che non venga nessuno a vederli. Così come il terrore di chi scrive un libro è che nessuno li compri, cosa che purtroppo succede spessissimo: basta vedere i dati di quanti libri si stampino ogni anno in Italia e quanti non vengano comprati. E quindi i sold out mi rendono felice e mi danno speranza: dopo vent’anni di lavoro e anche ottimi risultati, non do mai nulla per scontato.
L’ansia da prestazione è qualcosa che ti porti dietro da bambino?
Più che da bambino, dagli anni della preadolescenza. Le mie maggiori ansie da prestazione sono legate alla burocrazia: tutte le volte che devo risolvere un problema burocratico (e ce ne sono sempre migliaia), l’ansia mi rende poco lucido e faccio male ciò che devo fare. La burocrazia è uno dei nostri peggiori nemici!
Cos’è per te la felicità?
Ma è una domanda troppo difficile! Credo che la serenità sia alla base della felicità. La mia dipende dalle piccole cose: da un buon libro, dal tempo passato con gli amici a cui voglio bene, dal mio lavoro ben svolto, fagli spettacoli davanti a centinaia di persone che ti vogliono bene… sono le piccole cose della vita di tutti i giorni che ti rendono felice e che possono diventare quasi una piccola droga per cui a un certo punto bisogna stare attenti.
E tu sei felice?
Sto vivendo un periodo, lungo ma che spero continui, di felicità amoroso e per me è molto importante… quindi, sì, sono felice. Così come dopo due anni di pandemia sono felice che almeno psicologicamente si stia cominciando a uscire da quello stato di emergenza. Speriamo, tra l’altro, che sia veramente finita.