Netflix propone dal 6 giugno il film Harriet. Diretto da Kasi Simmons e interpretato da Cynthia Erivo (candidata all’Oscar alla miglior attrice per la sua interpretazione), racconta la vera storia dell’attivista Harriet Tubman (1820-1913), che per tutta la vita ha combattuto per l’abolizione della schiavitù e poi per il suffragio femminile.
Combattente per la libertà, Harriet riuscì a fuggire dal giogo della schiavitù e a divenire una delle più grandi eroine degli Stati Uniti. Il suo coraggio, intraprendenza e tenacia contribuirono a liberare centinaia di schiavi e a cambiare il corso della storia moderna.
La trama del film
All’inizio del film Netflix Harriet, Minty (Cynthia Erivo) – il nome da schiava di Harriet – vive in una piantagione del Maryland. Vuole sposarsi e metter su famiglia con il marito, un uomo libero di nome John Tubman (Zackary Momoh). Tuttavia, i suoi padroni le negano la richiesta di far nascere suo figlio libero. La tensione che si crea raggiunge un punto di non ritorno quando poi John viene bandito dalla piantagione e Minty messa all’asta.
Decidendo che solo da morta tornerà nella piantagione, Minty riesce a fuggire e, dopo un viaggio di 105 miglia, raggiungere la libertà a Filadelfia. Al suo arrivo in città, incontra l’abolizionista William Still (Leslie Odom Jr.): l’uomo la informa dell’esistenza della ferrovia sotterranea, una rete informale di itinerari segreti e luoghi sicuri creata allo scopo di far fuggire gli schiavi afroamericani negli “Stati liberi” del Nord.
Ed è così che Minty trova la sua vocazione trasformandosi in una guida per la ferrovia sotterranea e cambiando il suo nome in Harriet, in onore della madre.
La vera storia di Harriet Tubman
Frutto di 19 anni di lavoro della regista Kasi Lemmons, il film Netflix Harriet permette di ricostruire con accuratezza la vera storia di Harriet Tubman (al secolo Araminta Ross), considerata una figura fondamentale per i salvataggi della ferrovia sotterranea (tanto da essersi guadagnata il soprannome di Mosé degli afroamericani) e per le lotte dei diritti della popolazione afroamericana. Nell’arco di dieci anni, riuscì infatti a compiere ben 19 anni dal sud verso il nord degli Stati Uniti e a scortare verso la libertà oltre 300 schiavi (non perdendone mai uno, come lei stessa sottolineò una volta al politico, scrittore e abolizionista Frederick Douglass).
Nata schiava nella contea di Dorchester nel Maryland intorno al 1820, Harriet cominciò a lavorare come domestica già all’età di cinque anni prima di essere mandata a sette anni a lavorare nei campi. Sempre pronta a difendere tutti coloro che ne avevano bisogno, da adolescente rimase vittima di un grave infortunio che segnò per sempre la sua esistenza solo per agevolare la fuga di uno schiavo da un padrone fin troppo arrabbiato.
Fu intorno al 1844 che Harriet sposò John Tubman, un uomo libero di cui prese il cognome. Il 1849 fu l’anno in cui, temendo di essere venduta, fuggì dalla piantagione di notte. Seguendo la stella polare, raggiunse Filadelfia, dove trovò lavorò e cominciò a mettere da parte i suoi primi soldi. Come raccontato anche dal film Netflix Harriet, fu a Filadelfia che entrò in contatto con William Still e in breve, nel giro di un anno, si ritrovò a compiere il suo primo salvataggio: tornò infatti nel Maryland per liberare la sorella e i suoi due bambini. La volta successiva salvò invece il fratello e altri due uomini mentre una terza volta fece rientro nello stato per salvare il marito, prima di scoprire che questi si era nel frattempo risposato.
Imperterrita, continuò più e più volte a viaggiare verso sud affrontando ostacoli e pericoli per liberare quanti più schiavi possibili. La leggenda vuole anche che avesse ideato alcune tecniche intelligenti che contribuirono non poco al successo delle sue incursioni: viaggiava con un cavallo e un calesse da “padrone”, si muoveva sempre di sabato sera (in modo che le notizie delle fughe di schiavi non potevano essere pubblicate non prima del lunedì mattina) e portava con sé una pistola che usava per scoraggiare coloro che liberava dal voler tornare indietro (capitava per stanchezza o per paura che volessero farlo) al grido di “libero o morto”.
Nel 1856, su di lei pendeva persino una taglia di circa 40 mila dollari. Sui manifesti, c’era scritto che era analfabeta e, quando si imbatteva in qualcuno che avesse potuto riconoscerla, usava un espediente alquanto furbo: apriva un libro per fingere di leggere e depistare i sospetti.
Negli anni della Guerra Civile, non fece mai mancare il suo sostegno all’Unione lavorando come cuoca, infermiera e persino spia. Dopo la guerra, si stabilii ad Auburn, dove trascorse il resto della sua vita morendo quasi centenaria nel 1913 per le conseguenze di una polmonite.