Rai 4 trasmette la sera del 1° giugno in prima visione tv, Holy Spider, il film che il regista Ali Abbasi ha portato in concorso al Festival di Cannes 2022. Protagonista ne è l’attrice Zahra Amir Ebrahimi (Palma d’Oro come Miglior attrice), nei panni di una giornalista di Teheran che arriva nella città iraniana di Mashhad per indagare su un serial killer che ha preso di mira le prostitute.
Thriller dalla forma perfetta, Holy Spider ci appare come un film totalmente nuovo per via del contesto in cui è inserita la narrazione: quell’Iran in cui la misoginia, come dimostra anche il recente caso di Mahsa Amini, è spesso spiegata e avallata da motivi religiosi e culturali.
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Un serial killer eroe
Il film di Rai 4 Holy Spider ci porta nell’Iran del 2001. Raihimi, una giornalista di base a Teheran, si sposta nella città santa di Mashhad per indagare su un serial killer che uccide le prostitute convinto di liberare le strade dai peccatori per conto di Dio. Nonostante il numero delle vittime continui ad aumentare, le autorità locali non sembrano aver fretta di risolvere il caso e Raihimi si rende presto conto che potrà contare solo sulle proprie forze.
Ispirato a una storia realmente accaduta a Mashhad, la città più sacra dell’Iran, Holy Spider ruota intorno alla figura del serial killer Saeed Hanaei e la sua identità è chiara allo spettatore sin dall’inizio. Ali Abbasi non ne nasconde viso e modus operandi: non siamo in un giallo e possiamo quindi addentrarci nella sua vita. Non abbiamo bisogno di capire chi per le strade della città strangola prostitute usando il loro stesso velo. Anzi, lo vediamo persino immerso nella sua quotidianità, fatta di momenti con la famiglia, attimi di passione con la moglie e condivisione di preghiere e giochi con i due figli ancora in tenera età.
Ciò che stupisce è però il trattamento che sia nel film sia nella realtà è riservato al serial killer, considerato al pari di un salvatore del buon costume e dei dogmi religiosi. Arrestato nel 2001 con l’accusa di aver ucciso sedici prostitute nel suo moto di “pulizia sociale”, il vero killer è stato salutato infatti come un eroe dai fanatici religiosi, in grado di vedere nelle sue terribili gesta una missione santa, quasi una crociata da portare a termine.
“Quando ebbero inizio gli omicidi, l’anno precedente, la cosa non mi aveva interessato particolarmente perché in Iran gli omicidi seriali non sono insoliti”, ha dichiarato Abbasi. “In Iran purtroppo la criminalità è piuttosto diffusa. Il mio interesse per questa storia ha avuto inizio quando le persone iniziarono a fare riferimento a Saeed come ad un eroe, quando iniziarono a dire che stava compiendo il suo dovere di persona devota uccidendo le prostitute di Mashhad. Nonostante questo individuo avesse assassinato tante donne la gente discuteva per decidere se avesse fatto qualcosa di sbagliato oppure no”. Come se, poi, le prostitute non si vendessero agli uomini, depositari di certi valori solo dalla testa al busto.
Nel film di Rai 4 Holy Spider, Abbasi ci racconta di Hanaei (Mehdi Bajestani) come un normalissimo padre di famiglia. Agli occhi di tutti, è un padre devoto e apparentemente innocuo, un uomo rispettato dalla sua comunità e religioso. Peccato, però, che di notte giri con la sua motocicletta per le strade della città a caricare prostitute. Non c’è nessun approccio sessuale con loro, anzi. Nel momento in cui queste cercano un contatto parte la furia di Hanaei, sulla cui psiche grava anche il fatto di non essere diventato un martire per aver prestato servizio nella guerra tra Iran e Iraq.
Una giornalista sola
A cercare di svelare l’identità di Hanaei nel film di Rai 4 Holy Spider è la giornalista Raihimi (Zar Emir-Ebrahimi). Di lei, al contrario del serial killer, sappiamo ben poco. Le uniche cose certe è che arriva da Teheran, la capitale, e che ha lasciato una posizione di prestigio a causa delle molestie sessuali del suo capo. Machismo e misoginia sono due degli elementi che accompagnano ogni suo passo: le indagini che conduce sono costantemente ostacolate ed è vittima di pregiudizi (basta vedere la scena in cui un portiere d’albergo si rifiuta quasi di affittarle la stanza in quanto donna) e tentativi poco graditi di avances (da parte del capo della polizia Rostami).
Fortunatamente per Raihimi, non tutti gli uomini di Mashhad sono dei mostri e trova un fedele alleato in Sharifi (Arash Ashtiani), un giornalista che dopo ogni omicidio viene contattato dal serial killer. Sharifi è l’esatto opposto di Rahimi: a lui, ad esempio, manca il coraggio di esporsi in prima persona e di finire nel mirino dell’assassino. Cosa che invece Rahimi è disposta a fare nella sua ricerca della verità, facendosi passare lei stessa per prostituta e finendo tra le grinfie di Hanaei.
“Il personaggio di Raihimi esisteva già in un certo senso”, ha sottolineato Abbasi. “C’è una giornalista nel documentario di Maziar Bahari dedicato al caso che parla del caso davanti alla telecamera e intervista Saeed. Ma lei è di Mashhad e non è stata coinvolta nell’indagine sui delitti. Ha coperto il processo e ha scritto un articolo eccellente sull’esecuzione di Saeed che mi ha ispirato. Ha riportato le sue ultime parole “il nostro accordo non era questo”, parole che suggerivano che ci fosse un accordo con le autorità”.
Ma perché tra serial killer e autorità avrebbe dovuto esserci un accordo? Alla domanda, Abbasi nel film Holy Spider, portato nei nostri cinema da Academy Two, risponde mostrando il processo a Saeed Hanaei. Arrestato dalla polizia grazie al lavoro di Rahimi, Saeed occupa le prime pagine dei giornali e l’agenda setting con le sue motivazioni: ha agito in nome della religione. Agli occhi dei più tradizionalisti ha riportato ordine sociale, un ordine che in Iran necessita sempre di relegare le donne al loro posto.
Un posto che ancora oggi non è né egualitario né liberale: sottomesse, in silenzio, agli ordini dei loro uomini padroni. Non libere di mostrare nemmeno la loro chioma o di studiare all’università. Non libere di vivere la propria sessualità in maniera aperta o di ribellarsi a dettami che le privano di ogni dignità. Ancor peggio se sono vittime degli uomini: l’oblio è dietro l’angolo.
“Non voglio che il pubblico veda Holy Spider come un film con un messaggio preciso anche se tratta di temi come la misoginia e la disumanizzazione”, ha ricordato Abbasi. “Era mia intenzione rispecchiare la società iraniana e sebbene lo specchio possa essere sporco o rotto, mostra una buona visuale di quello che significa vivere in quel Paese. Una altra profonda ingiustizia ha colpito le donne che sono state uccise, sono diventate dei numeri e le persone hanno smesso di provare compassione per loro e per le loro famiglie. Eppure, erano persone reali e raccontando chi fossero e quale è stato il loro destino chi sopravvive può impedirci di dimenticare che erano esseri umani come noi”.
Se vogliamo, Holy Spider su Rai 4 è un film anche duro e difficile da guardare con gli occhi di noi occidentali. Sono dure le scene che ritraggono senza compassione gli omicidi ma è terribile anche la sequenza finale in cui i due figli di Hanaei simulano i delitti del padre come se fosse un gioco da emulare, una forma di evasione o di divertimento. Ma va visto perché è un’opera ben costruita, diretta e interpretata, che rende ancor più attuale e necessario un intervento sociale che non si fermi solo al #MeToo.