Houria è il nuovo film della regista Mounia Meddour. Sarà presentato alla Festa del Cinema di Roma e racconta la storia di Houria, una ballerina giovane e talentuosa che nell’odierna Algeri è costretta a rinunciare al suo sogno dopo una brutale aggressione. Arriverà nei cinema italiani grazie a I Wonder Pictures.
Mounia Meddour è nota per essere la regista del film Non conosci Papicha, in cui raccontava di come una diciottenne si oppone al fanatismo religioso dell’Algeria degli anni Novanta con la moda. In qualche modo, il film Houria continua il percorso intrapreso dalla regista sulle donne arabe e la loro libertà, in un momento in cui la storia terribilmente vera di Mahsa Amini ha catturato l’attenzione di tutto il mondo.
La trama del film Houria
Il film Houria porta direttamente ad Algeri, la città in cui vive Houria (Lyna Khoudri). È una ragazza giovane e dotata di grande talento per la danza. Tuttavia, il mondo di Houria è un universo a due facce: di giorno, lavora come ragazza delle pulizie mentre la sera partecipa a un giro di combattimenti clandestini. Tuttavia, una notte, dopo aver vinto alla grande, Houria viene aggredita da Ali e finisce in ospedale.
Da quel momento, la sua carriera di ballerina si infrange contro una realtà inattesa: non potrà mai più ballare. Houria deve allora accettare e amare il suo nuovo corpo. Circondata da una comunità di donne, darà un nuovo senso alla sua vita inscrivendo la danza nella ricostruzione e sublimazione dei corpi feriti.
Ferita ma in piedi
Houria, il nuovo film di Mounia Meddour, è quasi una metafora dell’attuale situazione dell’Algeria, dove l’Hirak, un imponente movimento politico e civile di opposizione al regime, è stato definitivamente soffocato dalla pandemia ad appena un anno dalla sua nascita. Ma è anche un omaggio alla sorellanza e all’incrollabile resilienza delle donne.
“Houria, il mio film, nasce dal desiderio di continuare a esplorare l’attuale società algerina”, ha commentato la regista. “Mi immergo nella storia del mio paese per raccontare le vicende di una giovane algerina che va incontro a una metamorfosi dopo un incidente. Venendo dal documentario, mi piace attingere ai miei ricordi e alle mie esperienze per imbastire storie di finzione”.
“A seguito di un incidente, ho rimediato una doppia frattura alla caviglia e la riabilitazione mi ha immobilizzata a lungo”, ha proseguito. “Volevo raccontare l’isolamento, la solitudine e la disabilità. Ma soprattutto il rimettersi in piedi come nuovi. Houria dopo l’incidente rinasce più forte di prima e trova se stessa. Houria è il simbolo dell’Algeria stessa, un’eroina della resistenza che, seppur ferita, si rimette in piedi”.
Non è un caso che l’aggressore di Houria sia un ex terrorista islamista: la guerra civile è una delle ferite che il Paese non è ancora riuscito a risanare. “Nonostante siano passati due decenni dalla fine della guerra civile, le famiglie delle vittime reclamano ancora verità e giustizia. L’amnistia di una fetta dei terroristi non ha fatto altro che alimentare il senso di ingiustizia che le famiglie vivono. Il fantasma della guerra civile è sempre in agguato”, ha spiegato Meddour.
Differenze di genere
L’Algeria raccontata dalla regista Mounia Meddour nel film Houria è un Paese in cui sono forti le differenze di genere. Sin dall’inizio, il mondo della danza è simbolico dell’universo femminile mentre quello dei combattimenti clandestini dell’universo maschile.
“La danza si svolge durante il giorno mentre i combattimenti tra arieti, diffusi nel mio Paese, hanno luogo di notte”, ha evidenziato la regista. “Mentre il mondo della danza, femminile, è aereo e solare, quello dei combattimenti è notturno e virile. Dietro a ciò, si nasconde anche il desiderio di filmare qualcosa di caratteristicamente algerino. Conosciamo tutti le battaglie dei bufali in Vietnam o i combattimenti tra galli che hanno origine nell’Inghilterra del XVIII secolo: io volevo far conoscere la tradizione algerina dei combattimenti tra arieti, diffusisi dopo l’indipendenza”.
Tuttavia, scopo dei combattimenti è quello di preparare il terreno per le sequenze di danza contemporanea che occupano la seconda parte del film Houria, “una danza molto ancorata al sole e alla terra”, per usare le parole della regista.
Il tabù del corpo delle donne
Nel film Houria, la protagonista e la madre Sabrina sono due ballerine che vivono senza uomini al loro fianco e non portano il velo. Sabrina, inoltre, fuma e agli occhi di tutti è una donna che aspira a essere indipendente, così come la figlia. La danza, dunque, diventa nelle mani della regista Mounia Meddour sinonimo di aspirazione alla libertà.
“Per me, la libertà è anche manifestarsi attraverso vari percorsi artistici”, ha dichiarato la regista. “In Algeria, il peso delle tradizioni e del patriarcato è fin troppo presente ed è difficile emanciparsi quando sei una donna. Nel film, Sabrina è una donna colta, ha talento e si guadagna da vivere con dignità, anche se per alcuni ballare ai matrimoni è qualcosa di scandaloso”.
Il film Houria sembra anche suggerire che la libertà individuale e l’espressione corporea sono limitate per tutti gli algerini ma ancora di più per le donne. “Per rimanere al solo campo della danza, va ricordato che si pratica solo in luoghi al chiuso e quasi mai all’aperto. I corpi delle donne sono un tabù: serve un necessario cambio di mentalità ma la strada è ancora lunga”.
L’aggressione lascia inoltre Houria muta e per ritrovare se stessa la ragazza trova il sostegno di un gruppo di donne diversamente abili, la maggior parte delle quali anch’esse mute. Il silenzio è la metafora dell’impossibilità di parlare liberamente. “Il silenzio è simbolico di tutte quelle donne che hanno voluto zittire, scacciare, soffocare, mettere da parte, umiliare e zittire. Houria è il simbolo di tutte le donne senza voce che fortunatamente hanno il corpo con cui esprimersi e ribellarsi, un corpo che seppur ferito viene “riparato dalla danza” e si trasforma in linguaggio dei segni, in resistenza”, ha concluso la Meddour.