chi è il capo perfetto
Un’azienda che ambisce a diventare la migliore deve necessariamente affidarsi a un capo magnanimo, a un uomo che con fare amorevole si occupa dei suoi dipendenti come lo farebbe un pater familias. E Blanco, il boss di un’azienda che produce bilance industriali di ogni tipo e misura, è il capo perfetto, al centro del film con Javier Bardem, che tutti vorrebbero: attento alle esigenze e ai problemi dei suoi operai, ha fatto del duro lavoro, dell’equilibrio e della fedeltà le sue parole chiave nella gestione di un’attività che, seppur lasciata dal padre, considera in toto frutto del suo impegno. Per dirla come piace agli americani, Blanco è un self made man, un uomo che senza aiuti esterni ha costruito un impero rappresentato ai cancelli della stessa azienda da una bilancia, perfettamente in equilibrio.
Sin dalle prime scene di Il capo perfetto, commedia in uscita nelle sale italiane il prossimo 23 dicembre con BiM Distribuzione e vista in anteprima da The Wom, si evince che qualcosa non è così in ordine come sembra. Basta un semplice uccellino a squilibrare i piatti e a innescare una serie di dinamiche che mostrano come dietro l’immagine pulita di un capo si celino segreti, sotterfugi, vizi, manipolazioni ed errori di valutazione.
le preoccupazioni del capo perfetto
Come ogni boss che si rispetti, tante sono le preoccupazioni di Il capo perfetto, il film con Javier Bardem. La più importante è vincere quell’ambito premio all’eccellenza aziendale che una commissione è chiamata ad assegnare. Per agguantare quel trofeo che è l’unico che manca sul suo scaffale, tutto deve essere in ordine, in equilibrio. E per raggiungere tale equilibrio servono sforzi e fedeltà da parte dei dipendenti. Ma come far sì che nulla vada storto? Deve operare come un bravo chirurgo davanti a un’amputazione: togliere l’arto che potrebbe devastare l’intero corpo.
Sono tanti problemi che nel giro di una settimana si accavallano: il figlio dell’operaio più anziano della fabbrica è stato arrestato perché coinvolto in una rissa con gli arabi; un altro dipendente non accetta il licenziamento e organizza un sit-in di protesta davanti ai cancelli; il capo della logistica ha tradito la moglie ma al tempo stesso ha l’ossessione di essere tradito; e una nuova stagista si presenta con un sorriso ammaliante e un fisico invitante.
Da padre di famiglia, pronto ad ascoltare i suoi dipendenti, Blanco prova a risolvere ogni cosa ma, dietro alla apparente bonarietà, alla comprensione e alla benevolenza, nasconde un animo beffardo, cinico e poco conciliante. Sì, perché tutto va bene fino a quando non intacca le sue tasche e i suoi guadagni. Amicizia, amore, libertà e giustizia diventano nelle sue mani plastiline da modellare in base alle sue esigenze, ai suoi bisogni e ai suoi guadagni. “Ogni tanto occorre truccare la bilancia” per avere la misura esatta è il suo mantra, una filosofia di vita che non esita ad attuare tutte le volte che lo ritiene necessario.
il capo perfetto di javier bardem
Nel giocare le sue mosse, Blanco calpesta gli stessi ideali e valori di cui si fa portavoce. Con i suoi capelli grigi e i suoi abiti Emidio Tucci, Blanco ha nel sardonico sorriso di Javier Bardem il suo punto di forza. In grado di passare dai toni più comici a quelli più drammatici, Bardem prende in mano le redini di Il capo perfetto e dimostra come con l’umorismo nero si possa far riflettere su tematiche che riguardano la vita di tutti noi lavoratori. Con una prospettiva quasi unica, ci fa entrare nella testa del buen patrón e ci fa sposare il suo punto di vista. Dopotutto, cos’è la direzione di un’azienda se non un’orchestra da sincronizzare eliminando le stonature?
la parità di genere secondo il capo perfetto
Il regista Fernando León de Aranoa, dopo aver presentato Blanco, rimane un passo indietro al personaggio, lasciando campo libero a un uomo che sa come districare grovigli, affari e situazioni sentimentali. Tanti sono i temi che, spesso in maniera politicamente poco corretta, affronta.
Il mondo del lavoro ha caratterizzato uno dei suoi film più noti, I lunedì al sole, con protagonista un giovanissimo Bardem. Mentre in I lunedì al sole raccontava la disoccupazione, Il capo perfetto, il film con Javier Bardem, studia, analizza e critica senza manicheismo le dinamiche che si instaurano in un ambiente lavorativo, tra capo e dipendenti ma anche tra dipendenti stessi. Le diverse sottotrame del lungometraggio mostrano quanto, ad esempio, sia complicato per una giovane donna, una stagista, farsi prendere in considerazione, soprattutto se si è bella.
La figura di Liliana, la stagista, è simbolica di tutte quelle ragazze che, alla prima grande occasione lavorativa, si ritrovano a dover fare i conti con attenzioni che vanno al di là della sfera professionale e con macchinazioni più grandi di loro. Liliana si dimostra però più furba del suo boss e sfrutta la situazione a proprio vantaggio, mostrando come anche nella peggiore delle circostanze una donna può far affidamento sulla propria resilienza, ambiguità e inventiva per avere la meglio. Per molti versi, è lei la vera antagonista di Blanco, il suo controcanto.
la difficile realtà dei licenziati
In Il capo perfetto, il film con Javier Bardem, il personaggio di José apre invece uno squarcio sulla condizione di chi perdendo il lavoro è costretto a trovare un modo per far sentire la propria voce e imporre la propria dignità. Separato e padre di due figli, non può permettersi di perdere il posto nella fabbrica di bilance. Gli costerebbe anche l’affidamento congiunto dei figli. Questa è la ragione per cui rifiuta anche il doppio della liquidazione: lavorare, nel suo caso, equivale a continuare a vivere quell’esistenza che fino a quel momento ha portato avanti, senza scossoni emotivi.
La sua diventa una battaglia contro i mulini a vento ma non si fa corrompere dalla possibilità, forse salvifica, di essere riammesso in famiglia da Blanco come “figliol prodigo”: lavorare diventa ai suoi occhi diritto fondamentale e non accessorio.
quando l'inclusione multiculturale è un'utopia
Interessante è, infine, vedere come il regista affronta il tema della multiculturalità in Il capo perfetto, il film con Javier Bardem. Lo fa da due prospettive diverse: quella di Khaled e quella di Fortuna, un arabo e uno spagnolo. Khaled, accolto in azienda come “figlio adottivo” (per dirla à la Blanco), nonostante la sua cultura diversa e il suo sistema di valori, trova quasi l’ammirazione del capo per come conduce gli affari e trova risoluzioni agli intoppi generati da Miralles, il capo della logistica alle prese con il tradimento della moglie.
Ha dunque modo di farsi strada tra le bilance ed affermarsi perché risponde alle esigenze di Blanco: non gli causa perdite ma profitti. Fortuna, invece, è il dipendente più anziano della Básculas Blanco ed è padre di Salva, giovane irrequieto che con i coetanei arabi ha una rissa all’inizio del film.
Sfruttando l’episodio, Blanco aiuta dapprima il ragazzo ma ciò che gli richiederà in cambio avrà un costo molto alto e spropositato. Se da un lato l’arabo viene incluso nel microcosmo della fabbrica, dall’altro lato è il “nemico” a cui la macrosocietà addossa colpe e crimini sposando tutti i luoghi comuni e le paure che attanagliano la gente.
dietro un capo perfetto c'è una moglie perfetta?
Non ne esce meglio la vera famiglia di Blanco. Ironicamente senza figli, è sposato con Adela, una moglie smemorata, dimenticata e fin troppo tradizionale. Il lavoro entra nella loro camera da letto e le discussioni tra i due sono lo specchio di ciò che interessa al capo: l’immagine. Tutto ai loro occhi deve essere in ordine, anche quando una notte romantica da Giulietta e Romeo serve a celare una resa dei conti sanguinosa e impulsiva. Se è pur vero che dietro a un grande uomo si nasconde una grande donna, non è il caso di Adela. Nonostante in un guizzo di verità, gli ricordi che l’azienda, dopotutto, non l’ha creata lui.
il capo perfetto agli oscar
Candidato a 20 premi Goya, il riconoscimento più importante del cinema spagnolo e scelto per rappresentare la Spagna agli Oscar, Il capo perfetto è nella sua tragicomicità un film perfetto per intavolare discussioni e riflessioni sociologiche. Complesso, ambizioso e, ammettiamolo, divertente, stuzzica curiosità e genera commozione anche nei suoi passaggi più duri o comici.
Adatto a un Natale diverso, concentrato sul capire chi siamo e cosa diventeremo un giorno se non abbiamo la capacità di guardare a cosa succede per le strade della città in cui viviamo, nel chiuso delle nostre camere da letto, negli uffici di lavoro in cui ci rechiamo tutti i giorni e nei nostri profili social, dove tutto mostriamo e niente in definitiva diciamo. Perché, come ci ricorda il principio di indeterminazione che Il capo perfetto cita, esistono sempre gli errori di misura di cui dover tener conto.